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Autore: kiara_star    27/10/2012    2 recensioni
"Non ha osato mai chiamare il suo nome in tutto quel tempo. Non osa chiedere perdono, perché non riesce a concederselo lui stesso e sa che da Loki, non riceverebbe trattamento diverso. [...]Quel perdono non ricucirebbe lo squarcio che ancora sanguina nel suo cuore, che nessuna medicina mistica può curare. Non esiste sollievo per quel martirio. Non esiste risposta a quella domanda."
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[Thorki soft e a libera interpretazione]
[post-The Avengers]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thor
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incest
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thor
Altra storia ispiratami dall’ascolto di una canzone che avevo dimenticato. Riascoltandola mi ha fatto nascere l’urgenza di scriverci su qualcosa perché, dannazione, mi ispirava troppo! È Live Forever” de The Rasmus. Ascoltatela prima, dopo o durante la lettura. Non importa, ma ascoltatela.
Dedicata a chi come me crede che il dio del tuono sia quasi più complessato del fratello e che sotto la sua aura da macho in realtà si nasconda un animo fragile bisognoso di conferme ❤.
Vi lascio un breve intro e vi auguro una buona lettura.
Kiss Kiss Chiara
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Incipit:  I chitauri hanno attaccato la Terra e Thor si è unito ai vendicatori per proteggerla. [Ma in questa versione non c’è Loki alla loro guida.] Finita la lotta e avuto vittoria, Thor deve tornare ad Asgard ma si ferma un’ultima notte sulla Terra. Pago per la vittoria non riesce comunque ad ignorare quel vuoto incolmabile che si porta dentro da un po’. Così si incammina per le strade caotiche di New York, perso fra mille pensieri,  in cerca di una risposta.




La preghiera di un Dio


'' Was it an angel that knocked on my door?
Or was it the wind?
Was I still sleeping lost in a dream?
Or was it you? ''



New York è bella. Bellissima. Se Thor deve usare un aggettivo, direbbe abbagliante, quasi come le colonne dorate del palazzo dove ha trascorsi tanti anni. Alza la testa per mirare gli alti grattacieli che sembrano non finire mai, e da dove si trova riesce a vedere le poche lettere ancora intatte ergersi sulla Stark Tower, dove solo la “A” si è lasciata cadere al suolo.
Sospira sonoramente tirando a forza un sorriso. Perché la vittoria e le vite salvate, devono renderlo felice. Ha rispettato la sua promessa ed ha protetto la sua preziosa Terra. Se le persone che gli passano accanto non lo ringraziano è perché sotto la felpa presa in prestito da Steve, è difficile riconoscere l’armatura divina. Sotto il cappuccio calato quasi sugli occhi, è impossibile scorgere le ciocche bionde dei suoi capelli. Si vuole nascondere, non dai loro occhi, ma da quelli del suo cuore.

Le auto sfrecciano come un meccanico gregge per le ampie strade della città. Gialli taxi si fermano per far scendere e salire miriadi di visi diversi. E Thor vorrebbe riuscire a non vedere sempre il sorriso di suo fratello su quei volti. Ma non ci riesce.
Le vite che ha salvato quel giorno, non possono ricucire la ferita che porta nell’anima per aver perso quella della persona a lui più cara. Perché Loki, il potente Thor, non è riuscito a salvarlo.
Riabbassa gli occhi azzurri al cemento, intanto che il rumore della città urla nelle sue orecchie,  ma non riesce ad impedirgli di sentire i battiti sordi del suo cuore. Batte forte, ed a ogni colpo fa più male. Quella realtà gli bruca nella gola e scende fino allo stomaco. Lo contorce, gli  si attanaglia alle viscere e a Thor sembra di sentirsi spaccare a metà.
La sua voce gli riecheggia nella testa ogni notte da allora, i suoi occhi che versano lacrime d’odio lo torturano in ogni sogno. La colpa di essere lui il responsabile della sua morte, non lo abbandona mai.
Mai Thor dimenticherà che il male che Loki ha fatto, è stato a causa sua. Perché non è stato in grado di amarlo abbastanza, non è stato capace di renderlo fiero di sé. Non è riuscito a leggere nel suo cuore. In tutti quegli anni, non ha capito cosa aveva provato Loki nello stargli accanto. Ha fallito come fratello, come compagno. Ha fallito senza possibilità di rimedio.
I giorni da fanciulli, a correre a perdifiato per  i corridoi, con le raccomandazioni delle balie di fare attenzione.
I giorni da principi, a sfidarsi a chi avrebbe raccolto il fiore più bello da donare alla Madre Regina la quale, anche se diceva che erano entrambi meravigliosi, Thor sapeva preferiva il fiore di Loki. Perché lui è sempre stato più bravo ad osservare.
I giorni da fratelli, con i richiami di Odino affinché fosse più coscienzioso e non trascinasse anche Loki nelle sue scorribande da testa calda. Ma Loki lo seguiva ugualmente in tutto. E se Thor qualche volte lo aveva lasciato indietro, era perché sapeva che solo di suo fratello poteva fidarsi. Gli avrebbe sempre coperto le spalle; dai richiami del Padre degli Dei, dalle gelosie di qualche ancella infatuata, dall’attacco di un nemico. Dalla sua stessa irruenza e sconsideratezza.
Quante volte Loki gli aveva salvato la via? Tante. Così come Thor aveva salvato la sua, ma non quella volta. Ed avrebbe potuto farlo.
Si ritrova a camminare a passo svelto per sfuggire da quella vergogna che ha riposto dentro di sé, e rischia di travolgere un passante

«Mi scusi» sospira ma non riceve risposta, perché l’uomo è già passato oltre sparendo fra la folla. Ed è in quel momento che dal finestrino di un’auto nera, Thor vede brillare due occhi chiari ed il suo cuore si ferma. L’auto va via e lui ingoia un nodo di sofferenza. Quegli occhi.
Quegli occhi che sapevano leggere dentro di Thor come nessun altro. Quegli occhi più lucenti di qualsiasi altra stella che brillasse sul cielo divino di Asgard.
Gli occhi splendidi di suo fratello. Gli occhi che lui aveva visto un’ultima volta lucidi, prima che venissero inghiottiti dall’oscurità. Dall’odio, prima che dall’abisso dell’universo.

Non ha osato mai chiamare il suo nome in tutto quel tempo. Non osa chiedere perdono, perché non riesce a concederselo lui stesso e sa che da Loki, non riceverebbe trattamento diverso. Ma non lo vuole. Non lo accenterebbe. Quel perdono non ricucirebbe lo squarcio che ancora sanguina nel suo cuore, che nessuna medicina mistica può curare. Non esiste sollievo per quel martirio. Non esiste risposta a quella domanda.
Si accorge solo dal velocizzarsi del passo della gente che sta piovendo, e rialza gli occhi al cielo. Lascia che l’acqua gli scorra sul viso, che lo schiaffeggi come piccoli aghi gelidi. Perché quella pioggia brucia sulla sua pelle come solo il ghiaccio eterno può fare. Il ghiaccio di cui ha scoperto essere fatto il sangue di Loki. Ma per lui non ha importanza. Per lui Loki resta suo fratello, la parte razionale e saggia della sua anima, la metà perfetta del suo cuore divino. Non è il mendace tessitore di inganni. Non più. Anche se gli ha sospirato mille volte quanto fosse un abile bugiardo, adesso Thor non crede alle sue stesse parole. Non vuole più crederci. Thor ha dimenticato il suo tradimento, ha dimenticato il suo gesto fratricida. Ha perso memoria di quella parte del suo animo, e conserva nel cuore solo il sorriso gentile del fratello che ha amato per tanto tempo. Che ama, e che amerà anche quando giungerà nelle stanze auree del Valhalla.
Lascia che il cappuccio zuppo scivoli via e che le sue onde dorate si bagnino. Sul viso la pioggia si perde fra le lacrime e i suoi occhi fissano una piccola stella lontana. L’unica che pare brillare fra le nubi cariche d’acqua fredda. E per la prima volta riesce a sollevare una preghiera. Non chiede perdono, mentre sospira debolmente il suo nome. Socchiude le palpebre e prega che suo fratello menta un’ultima volta. Che per un’ultima volta, inganni anche la Morte con il fluire della sua parlantina argentea, e che torni da lui. Perché Thor sa che Loki ne sarebbe capace. E si lascia sfuggire un breve sorriso bagnato.
Se le preghiere degli uomini restano spesse volte inascoltate, Thor spera che quelle di un Dio, trovino una degna accoglienza.







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