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Autore: L_Fy    11/05/2007    167 recensioni
Vi è mai successo di sbagliare numero di telefono? Almeno una volta nella vita, di sicuro. E se quella fosse stata la volta giusta...?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ciao, amore

Milano, Maggio 2007

“Pronto?”

“La verità è che ho una fifa del diavolo. Ecco, adesso l’ho ammesso, contento?”

“Uh, come siamo aggressivi oggi. Ti sei messa anche lo stivalone di vernice fetish o ti limiti allo scudiscio uncinato?”

Piantala di ironizzare. Voglio rimanere arrabbiata con te e se mi fai ridere non ci riesco.”

“Arrabbiata con me? E che ti ho fatto?”

“Niente. E’ questo il punto, vedi?”

“Non vedo né punti né virgole e nemmeno apostrofi. Brancolo nel buio più totale, hai mica un cane guida da prestarmi?”

“Etienne, tu sei… troppo.”

“Ti giuro che peso meno di settantacinque chili, di cui uno di materia cerebrale, quindi non fa testo.

“Uffa, perché rendi le cose così difficili?”

“Perché intuisco che stai rimuginando delle stronzate, e visto che non hai filtro tra cervello e corde vocali, tento di distruggerle in fase embrionale prima che scendano giù.

Breve silenzio da parte di Elisa.

Ma non eri antiaborista, tu?” mormorò alla fine, divertita suo malgrado.

“Non se si parla di stronzate e mi sa che tu ne hai parecchie per la testa, adesso.

Infatti” confermò lei imbronciandosi di nuovo “Vedi che vieni anche tu dalla mia parte?”

Etienne fece un breve silenzio dubbioso.

Ops, forse mi sono perso di nuovo nella corrente.

“Etienne, voglio essere sincera con te” sentenziò Elisa con decisione “Non ci possiamo incontrare: in ogni caso sarebbe una tragedia annunciata e io non sono nella situazione adatta per gestirla.

“Che vuoi dire?” si lamentò Etienne “Fammi un diagramma di flusso perché non ci sto capendo dentro niente.”

“Te la faccio ermetica, così è più indolore per entrambi: io mi sto quasi prendendo una cotta per te anche solo sentendoti al telefono, e sono ragionevolmente sicura che se ti incontrassi sarebbe ancora peggio perché da quanto ho capito esteticamente non sei del tutto repellente e comunque la tua voce è una cosa così sconvolgente, da far venire i brividi, che se faccio tanto di chiudere gli occhi in qualsiasi momento sono fregata, a meno che il tuo odore non sia così orribile, ma hai fatto intendere di sapere dell’esistenza degli Arbre Magique quindi qualcosa sul fattore puzza devi averlo studiato, e comunque anche la puzza andrebbe in secondo piano perché quando sento la tua voce che si abbassa io comincio a vibrare come un maledetto diapason e sento quasi il bisogno fisico di dare una faccia a quel batticuore! E io, con la mia incontinenza verbale e i miei sessanta chili di peso, con gli occhiali e la sclerosi galoppante, io con il mio set completo di gaffes e gli occhi color topo di fogna, che figura ci farei davanti a te? So già come andrebbe a finire, con te che mi offri un caffé stampandoti in faccia un sorrisetto mentre pensi Gesù, chi  me l’ha fatto fare di voler incontrare questa cozza?; andiamo in un bar giusto per poter mettere un tavolino tra di noi e a me viene un attacco di colite verbale e ti vomito addosso tutta la mia vita, compresi gli anni di scuola materna e le vacanze dalla nonna, e tu ti fai chiamare da un tuo complice appostato all’angolo che ha visto quanto sono racchia e finge di essere tuo padre che chiama dall’ospedale dove hanno ricoverato tua nonna per una trombosi cerebro spinale e tu dici che devi correre via e che mi richiamerai, ma io non ti sentirò più e rimarrò a bere quel maledetto caffé chiedendomi perché con i ragazzi mi va sempre tutto male, e sai qual è la cosa più triste? Che io odio il caffé!”

Elisa riprese fiato, lasciando che scariche elettrostatiche invadessero il silenzio attonito dall’altro capo del telefono.

“Wow” mormorò infine Etienne, impressionato “Fortuna che questa era la versione ermetica. Lasciatelo dire, Ungaretti si sta rivoltando nella tomba.

Elisa si decise a infuriarsi, sollevata.

“Dì un po’, hai sentito o no quello che ho detto?”

“Una parola su tre, ma il senso è chiaro: hai paura di non piacermi e odi il caffé. Hei, mi sa che questa è la versione ermetica.

“Oh. Effettivamente, così è molto sintetica, ma si perdono un sacco di particolari interessanti.”

“Tranquilla, ho memorizzato tutto. Anche se devo avvisarti che non esiste la trombosi cerebro spinale e non ho capito bene a cosa corrisponde il color topo di fogna.

Comunque, hai capito adesso perché non voglio incontrarti?”

“Francamente no, ma confido di riparlarne dopo il caffé.

Ettie, non fare così” mormorò la voce improvvisamente rotta di Elisa “Non essere così intrigante, o va a finire che mi innamoro sul serio e se dopo divento una psicopatica come Glenn Close in Attrazione Fatale? Devo prima laurearmi, santo cielo…”

“Elisa, Elisa” sospirò Etienne vagamente divertito “Tu sei un vulcano di deliziose e inutili domande, però ti perdi e non arrivi mai a fare quella giusta.”

“Ma se te ne ho fatte pochissime” berciò Elisa adombrata “Devo ancora informarmi su tutto il settore abbigliamento, hobbies, sport, letture, dati sanitari e fiscali… Merda! A pensarci bene, noi due non ci conosciamo! Com’è che sto per diventare Glenn Close con un perfetto sconosciuto?”

“Tesoro, non farti prendere dal panico” rise Etienne, rilassatissimo “La domanda che volevo mi facessi è un’altra.”

“Visto che io sono così tarda da non arrivarci, perché non te la fai da solo?” mugugnò lei, offesa.

“E va bene” sospirò Etienne paziente “Ettie, dove abiti?”

Silenzio.

Elisa si morse il labbro, irritata.

Cazzo, è davvero una domanda intelligente. ammise riottosa.

“Grazie” sorrise Etienne con modestia “Non come la tua sulla tonalità di marrone dei miei occhi, ma si lascia ascoltare.

“Allora?”

“Allora cosa?”

“Di dove sei, Ettie?”

“Di Milano.”

Una vampata di calore raggiunse le corde vocali di Elisa, che vibrarono.

“Oh. Anche io.”

“Lo so. Hai un accento lombardo che innamora, più tipico della Madunina.

Merda, non avevo valutato il fattore dialettico: come CSI varrei una cippa lippa.”

“Credo che ti fossi già giocata il posto con la camminata modello Panzer tedesco. Non ti viene in mente nessun’altra domanda inerente ai luoghi dove viviamo?”

“Ehm… abiti in un condominio?”

“Acqua, acqua…”

“Abiti sui Navigli?”

Sii seria, dai.”

“Magari frequentiamo gli stessi posti.”

“Fuochino…”

Elisa trattenne bruscamente il fiato con un improvviso singulto.

“Etienne!” strillò scandalizzata “Frequenti l’Università?”

“Fuoco!”

“Oh, merda…”

“Eh, i bei vecchi nomignoli… mi mancavano quasi, sai?”

“Tu… tu… tu mi conosci?!?

Fuocone!”

Un leggero tramestio interruppe brevemente la comunicazione.

Che è successo?” domandò Etienne sogghignando “Ti è venuta una trombosi cerebro spinale?”

“Mi è caduto il cellulare” grugnì Elisa di malumore riprendendo la comunicazione “Ma stavo per dirti… BASTARDO!”

Etienne allontanò la cornetta, improvvisamente assordato.

“Dai, non ti arrabbiare” sorrise poi premuroso “E’ stato un caso davvero singola…”

“STRONZO!”

“Su, su, non ti fa bene agitarti così, dopo va a finire che ti viene davvero una trombosi cerebro spinale…”

“Tu mi conosci!! Tu sai chi sono… e hai fatto lo stesso tutta questa sceneggiata?!?”

“Prima di tutto, non ho fatto nessuna sceneggiata: ho capito che eri tu solo dopo la seconda telefonata, quando hai parlato di Mork da Ork. E poi non è che ci conosciamo intimamente: ci siamo incrociati un paio di volte, in segreteria. Io faccio giurisprudenza e tu sociologia... ho firmato una tua petizione, una volta: avevi una sciarpa gialla, i guanti con tutte le dita colorate e il naso rosso come Mastro Ciliegia.”

“Petizione… sciarpa gialla… avevi un cappotto blu?”

“No, una giacca a vento.”

“Giacca a vento, giacca a vento….”

“Nera con un dragone sulla schiena.”

Silenzio pesantissimo, come se Elisa avesse interrotto la comunicazione.

“Ehm… Rivombrosa, mi sentite?”

“Animale!”

, almeno è più vicino alla realtà di minerale o vegetale.

“Tu sei quel figquel pez… quel ragazzo con i capelli lunghi e il piercing sul labbro che va sempre in giro con quel cerebroleso dal cappello jamaicano e i rasta fino al sedere?”

“I capelli li ho un po’ tagliati” ghignò Etienne serafico “Il cerebroleso, invece, è sempre quello, fatto e sputato. Per la cronaca, si chiama Andrea, anche se cerebroleso rende meglio l’idea.

“Oh, merda…”

“Non dirlo così, sembra che implori la Madonna.

“Oh, Madonna…”

“Ecco, adesso comincio davvero a pensare che quella cosa della trombosi cerebro spinale sia fattibile.

“Io… tu! Non avevo idea… le mie figure a mitraglia… Mastro Ciliegia?!? Se solo… oh, merda.”

“Vedo che il dono della sintesi sta entrando a far parte del tuo DNA” rise Etienne “Anche se in maniera un po’ confusa, a dire il vero.

“Voglio morire” pigolò Elisa con voce querula “Voglio annullarmi, disintegrarmi, porre per sempre fine a questo coacervo di imbarazzanti figuracce!”

“Ti prego vivamente di non farlo” sorrise Etienne ispirato “Almeno, non prima di aver sentito la mia proposta.”

Silenzio dubbioso di Elisa, lungo un’eternità. Il cuore di Etienne rombava di attesa come un motore a scoppio.

“Proposta?” sospirò alla fine Elisa, timida come il primo fiore di primavera “Sentiamo.”

Etienne inspirò a fondo, sentendo uno strano e vittorioso calore salirgli al viso.

“Prima di tutto, fammi indovinare: sei in giro a fare compere.

“Va che intuito” sbuffò Elisa sprezzante “Sai che offro di shopping compulsivo già dalla prima telefonata!”

“Perché allora non prendi l’autobus o la metro e cominci a dirigerti verso Piazza dell’Ateneo?”

Ettie, io non…”

“Tranquilla, ho detto solo di cominciare. Fai in tempo a cambiare idea in qualsiasi momento.

Silenzio molto serio, così serio da non appartenere nemmeno a loro.

“E va bene” sorrise Etienne con gaiezza forzata “Fingiamo che stai prendendo l’autobus, va bene? Cos succederebbe secondo te?”

“Io ho già illustrato ampiamente la mia visione dei fatti” grugnì Elisa sottovoce “Dal mio punto di vista sono ancora là davanti a quel caffé. Anzi, ormai si sarà freddato.”

“Ti racconto la mia visione, allora. Dunque, c’è questo ragazzo in piedi in mezzo alla strada…”

“Posso suggerirgli di spostarsi sul marciapiede?”

“Non interrompere, Sasà. Allora, questo ragazzo in piedi…”

“Com’è vestito?”

“Non è rilevante ai fini della storia.”

“Per favore…”

“Uffa. Ha un paio di jeans e una camicia bianca.

“Qualcosa di più banale, no?”

“Se vuoi gli faccio togliere la camicia e lo costringo ad avvolgersela in testa come un turbante, così lo scambieranno per un integralista islamico e lo toglieranno dal fatidico marciapiede.

“No… non fa niente.”

“Bene.”

“Nemmeno una bandana o un cappellino per riconoscerlo…?”

Sasàààààà!”

Ok, scusa, prosegui.”

“Dunque… c’è questo ragazzo vestito in modo banalissimo che si vergogna da morire per la sua banalissima camicia bianca; sta pensando di suicidarsi per aver permesso a se stesso di indossare qualcosa di così anonimo quando finalmente si distrae perché arriva l’autobus che lui sta aspettando…”

“Si è tolto dalla strada? Non vorrei che l’autobus lo investisse prima ancora di iniziare la storia.

E’ sul marciapiede, ho detto. Ed è anche un po’ stufo dei dettaglio inutili, a dire il vero.

“…’usa…”

“Allora, arriva l’autobus. Le porte si aprono e arriva lei…”

“La signora Brambilla con la sporta della spesa e il bastone da passeggio che gli sfrangia via i maroni in un sol colpo… glielo avevo detto io di togliersi dalla strada!”

“Lei, dietro la signora Brambilla. E’ adorabile. Ha gli occhi più luminosi che lui abbia mai visto e un sorriso che non se ne vuole mai andare dalle sue labbra e che trascina sempre tutti gli angoli del viso all’insù.”

“E’ grassa come una balena” mormorò  Elisa dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte “La signora Brambilla si sta chiedendo che diavolo ci trova quel bel ragazzo col labbro sforacchiato in una tale palla di lardo.”

“Lei non è una palla di lardo: lei è morbida. Ha un bel corpo pieno di curve e credimi, il ragazzo adora le curve.

“E lei ne ha fin troppe” sussurra la voce tremula di Elisa “Il poveraccio si è portato dietro il Travelgum?”

“Lui si avvicina e le dice: ciao, splendore. Non le offrirà un caffé. Non metterà nessun tavolo tra di loro, perché detesta l’idea di allontanarla; la vuole guardare da vicino perché da tempo aspetta di vedere come si accendono e si spengono i suoi occhi seguendo il filo del discorso… la vuole annusare, perché sa già che ha un profumo dolcissimo che sa di pulito. Spegnerà il cellulare per evitare che la sua arzilla nonnina si faccia cogliere da qualche improbabile malattia esotica proprio sul più bello e le chiederà di raccontarle tutto quello che le passa per la mente, accontentandosi di guardarla sprizzare vita da tutti i pori. Alla fine le chiederà un appuntamento ma continuerà a non offrirle nessun caffé. Anche  perché francamente lo detesta.”

Elisa non rispose. Lasciò che un silenzio quieto e definitivo scorresse nell’etere, legando il suo cuore a quello di Etienne con un fragile filo di speranza. Lo ascoltò mentre respirava, aspettando, decidendo.

“Metti giù.” mormorò alla fine, chiudendo la comunicazione.

*          *          *

L’autobus si fermò sussultando alla fermata, facendo stridere i freni esausti. Le porte a soffietto si aprirono, mostrando sulla soglia una ragazza dall’aria guardinga. Era vestita con una svolazzante camicia indiana, un paio di improbabili zatteroni di paglia ai piedi e i capelli arruffati che le davano un’aria simpatica e un po’ selvatica. Aveva due occhi grandi, luminosi e indifesi in maniera commovente. Quegli occhi si posarono su un ragazzo che stava in piedi sul marciapiede: aveva le mani in tasca, indossava una camicia bianca e un paio di jeans e sorrideva, rassicurante e malizioso allo stesso tempo. Era un bel ragazzo, pensò vagamente la signora Brambilla contenendo un attimo l’impazienza mentre aspettava che la ragazza si decidesse a scendere; peccato per quell’anella al labbro. Così triviale! Il giovane stava aspettando la ragazza e la ragazza stava chiaramente andando dal giovane; perché allora rimanevano impalati come due stoccafissi?

Sveglia, giovani, non abbiamo tutto il giorno libero!” berciò allora la signora Brambilla, severamente.

La ragazza sobbalzò e scese il primo gradino così precipitosamente che rischiò di inciampare.

Il giovane fu lesto ad allungarsi e sostenerla per un braccio. Quando si toccarono, per poco non partirono le scintille. Ah, l’amore!, pensò esasperata la signora Brambilla.

“Largo, largo.” grugnì sgomitando mentre la ragazza e il ragazzo si guardavano negli occhi, persi come se non esistesse nient’altro al mondo.

Mentre si allontanava brontolando, con la sua fida borsa della spesa che sbatacchiava sulla coscia, la signora Brambilla carpì le prime parole del giovane, dette con voce emozionata e traboccante allegria.

“Ciao, splendore.”  

 

 

FINE

 

Scritto da Elfie, maggio 2007

 

 

Un besito a todos!! Londolilyt, Marzy, Roby, Rik Bisini e chiunque passi di qui. Grazie !!!!!

 

 

 

  
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