Yay *_* qui
sono Mikael_Ace e Nacchan
a parlare!! Questa è la prima storia roundrobin che scriviamo assieme!!
Ed è una delle più grosse minchiate (nel senso che ci fa piegare ogni volta che
la leggiamo ç_ç sì, la fottuta modestia è andata a
donnine 8D) che abbiate mai letto *___* tutto è partita
dall’idea di partecipare al concorso di roundrobin
della True Colors Community ma poi, vuoi per voglia di pubblicare
tutto subito, vuoi perché probabilmente siamo andate OT XD eccola qui subito
*__* noi ci fangirliamo da quando siamo arrivate ad
un numero decente di pagine ç_ç
Via, il
primo capitolo *_*!!
An Embarassing
Situation
(ovvero: come rovinarsi la vita presente e
futura con della vodka, un corpo poco resistente e un uomo col cognome da
cavallo)
Capitolo primo
(dove si avrà cibo sui muri e sulla
faccia e l’arrivo del Messo Del Demonio)
Okay che
Alphonse era suo fratello minore e, più o meno, quel
che diceva era legge.
D’accordo
che Alphonse aveva quella maledetta, fottutissima
capacità di farlo capitolare semplicemente aggrottando le sopracciglia.
Andava bene
tutto ma…
“No, ALPHONSE,
Mustang NON verrà a cena DA NOI stasera!!”
"Non
riesco proprio a capire perché, niisan!"
Aprì il
rubinetto, riempendo il bicchiere stretto nella sua
mano d'acqua, per poi dedicarsi nuovamente al fratello col suo solito,
insostenibile sguardo da cucciolo.
Era
totalmente cosciente della sua influenza, ed era quasi certo che anche stavolta
l'avrebbe avuta vinta.
Il
maggiore, per evitare strategicamente di non essere impietosito dagli occhi
dell’altro, voltò la testa verso sinistra, a contemplare il cielo invernale che
si stava scurendo attraverso le finestre appena pulite (da Alphonse,
ovviamente).
Molto interessante, eh.
Iniziò a
dondolare sulla sedia all’indietro, rischiando una rovinosa e ben poco
dignitosa caduta all’indietro.
“Come PERCHE’? Ma l’hai visto com’è,
Mustang? Non lo voglio alla prima cena della nostra nuova casa!! Non voglio inaugurarla con… quel coso!!”
Benché
fosse il più grande dei due, Edward finiva sempre per fare la figura del
bambino – che, in realtà, ancora era – e dimostrare gli anni che la tua scarsa
altezza denunciavano.
Al sospirò, sollevando le spalle. Era totalmente inutile
cercare di farlo ragionare per vie traverse, non ci era
mai riuscito, e ed era quasi certo che neanche stavolta avrebbe ottenuto un
risultato.
Così, dopo
aver mandato giù tutta l'acqua, si avvicinò al suo amato fratello, poggiandogli
le mani sulle spalle e interrompendo la sua dondolata.
"Niisan... è grazie al generale di brigata Mustang se ora abbiamo questa casa. Non pensi che lui prima
di chiunque altro meriti di vedere cosa siamo riusciti ad avere? E poi, su. Non chiamarlo coso, non è carino..."
Ammettere
la realtà, per Ed, era doloroso circa come un calcio nelle palle dato da un automail.
Non la
realtà in generale, ma la realtà riguardante il
generale Mustang.
“Coso è fin
troppo lusinghiero per lui.”
Sbuffò in
faccia ad Al – gesto molto poco carino, ma quando
Edward era girato… era girato -, guardandolo dal basso. Beh, in realtà era una
vita che lo guardava dal basso, ma almeno questa volta aveva la giustificazione
di essere seduto su una sedia che sembrava implorare – nella mente un po’
contorta del Fullmetal – di continuare a dondolare per produrre quel
fastidiosissimo rumore di legno vecchio che tanto irrita i giovani e fin troppo
difficili da irritare nervi di Alphonse.
“Non c’è
altra gente da invitare?! Winry,
zia Pinako…”
Sollevò un
sopracciglio, contrariato. Quando ci si metteva,
Edward sapeva essere davvero intollerabile. Ma in
fondo, c'era abituato, per lui non era che pane quotidiano.
"Per
arrivare a Central impiegherebbero troppo tempo. Tutti impiegherebbero troppo tempo. Tranne il generale Mustang. E poi, loro possono venire quando vogliono, e lo sai che verranno. Anche senza che noi glielo diciamo..."
Gli prese
una guancia tra le dita, tirandogliela un poco.
"In
fondo saranno solo un paio di ore, che male c'è?"
“Il paio
d’ore più infernale della mia vita!”
Come i
bambini piccoli, il maggiore dei due sapeva rendersi decisamente
insopportabile. E neppure ci si metteva d’impegno, era
quasi un dono naturale.
Povero
Alphonse.
“Anche Mustang può venire altre volte! E lo farà senza essere
invitato, maleducato com’è!!”
"Ed. Se non lo vuoi fare per lui, almeno fallo per
me..."
E
avvicinò il viso al suo, sperando che i suoi occhi su di lui sortissero
l'effetto sperato.
"Ci
tengo alla sua presenza, per favore..."
Sotto sotto sperava che una cena insieme avesse portato un po' di
tranquillità, sia in Ed, che nel quartier generale.
Ultimamente non era altro che un urlarsi contro e fiamme che schizzavano in
giardino.
"Lo
fai per me?"
“… Al, cavati quegli occhi…”
Ed
nascose la frase pronunciandola in un borbottio di basso tono.
Colpo. Basso.
Decisamente. Basso.
Ma se
c’era una cosa che Edward Elric detestava era cedere al primo colpo.
… okay,
proprio il primo colpo non era, ma il cervello del ragazzo
aveva un funzionamento che l’umana comprensione non riusciva (e non tentava,
molto probabilmente) a capire.
“Non
chiedermelo come un favore personale! E’… odioso! E io
non lo sopporto!”
I muli, ad
Edward Elric, gli facevano una pippa.
"Io
non sopporto doverti ricattare, ma se è l'unico modo per farti dire sì, allora
pazienza, metterò da parte i sensi di colpa."
Ghignò.
Alphonse
era decisamente pericoloso, quando si trattava di
convincere suo fratello a fare qualcosa. Poteva capire se gli avesse proposto
qualcosa di impossibile, o assolutamente
inconcepibile, ma quella di avere il generale in casa non si avvicinava neanche
lontanamente a nessuna delle due possibilità.
Gli mollò
le spalle, trottandogli attorno e prendendolo da dietro. Cominciò a dondolarlo
con lentezza, quasi fosse un bambino bisognoso solo di
un po' di attenzioni.
"O forse... la tua è paura, niisan?"
“… di cosa
dovrei aver paura, Al?”
Questo.
Era. Decisamente. Un. Colpo. Bassissimo.
(In
verità si chiamava Psicologia Inversa, qualcosa che il più piccolo degli Elric
oramai conosceva a menadito – la regola, se si vuole convivere col Fullmetal Alchemist, che d’acciaio, oltre un paio d’arti, aveva anche
la testa.)
Ed voltò
il capo all’indietro e la coda che teneva alta frustò leggermente il petto del
fratellino.
“Ma non dire idiozie! Paura di cosa? IO paura? Spero tu stia
scherzando!”
"Mah…
Forse hai paura che il generale si dimostri quella bella persona che
effettivamente è… - fece, portando l'indice alla bocca e guardando
innocentemente il soffitto -… O forse hai semplicemente paura della sua
presenza...o di fare brutta figura… o…"
Prese una
ciocca di capelli tra due dita, cominciando a giocarci.
"Semplicemente,
hai paura di lui, niisan. Non so. - sollevò le
spalle, innocentemente - Non mi spiegherei il motivo di tutta questa ostilità, altrimenti. Forse... - e se questo non lo
avesse fatto cedere, lo avrebbe costretto a bere latte per il resto dei suoi
giorni, giurò su Dio - hai paura di non essere alla sua altezza?"
“Io sono
molto, molto, MOLTO meglio di lui!!”
Edward
saltò in piedi sulla sedia e quella non cadde per puro miracolo. Anche le leggi della natura e della fisica sono un’opinione,
intorno a lui.
Puntò un
indice accusatore sul volto innocente di Alphonse, che
gli sorrideva sornione, adorabilmente maligno e innocente, come a renderlo
colpevole di un’onta imperdonabile nei suoi confronti.
“Sono più
alto di lui, lui non è una bella persona, le mie figure davanti a lui sono
sempre ME-RA-VI-GLIO-SE e non ho paura di lui!!”
“E non serve una stramaledetta cena per dimostrarlo!
Lo dimostrano i fatti di tutti i giorni! Lo dimostra
"Sul
fatto che tu sia più alto di lui...io avrei qualcosa da ridire...- fece,
prendendo la mano del fratello e strattonandola un po', giusto per
infastidirlo. - Ma tralasciando questo...suppongo che quindi qualche ora di
conversazione con lui davanti a un bel tacchino non sarà un problema per te,
neh, niisan?"
Sorriso
puro, innocente e malvagio.
“Eh, NON
serve una CONVERSAZIONE per dimostrare che IO sono MEGLIO di LUI!!”
Edward, nel
parlare, calcò le parole che servivano ad afferrare il senso preciso della
frase.
Edward, nel
parlare, iniziò a regredire. In un Edward moralmente sempre più basso.
"Hai-paura. E lo sai, niisan."
Era così
agitato che quasi gli faceva tenerezza. Fosse stata un'altra occasione, forse
gliel'avrebbe anche potuta dar vinta. Ma stavolta, voleva davvero che Mustang
sedesse a quel dannatissimo tavolo, perché era sicuro che lui, più di chiunque
altro, dovesse mettere piede lì dentro come ospite.
"Ah, niisan."
Lo guardò,
aspettando.
"...
Avevo pensato di uscire a comprare qualcosa di buono, per l'occasione… Ma visto
che tu non sembri intenzionato ad ospitarlo... Credo che potremo accontentarci
del latte che c'è nel frigo, no? A te va bene, vero?"
“Ma quale latte
e latte!!”
Quel
giorno, Al pareva vivere di colpi bassi e mirati alle palle di suo fratello
maggiore.
Colpi bassi
pronunciati con quella sua voce sottile, da ragazzino, che ancora possedeva un
timbro infantile ed innocente. Quella sua voce che mascherava deliziosamente le
cose più perfide e maligne.
Alphonse
stava diventando grande un po’ troppo in fretta, per i gusti di Edward.
“Possiamo
friggere Mustang. Anche se la sua carne sarà dura e immangiabile.”
"Immagino
che questo sia un assenso! Benissimo, allora vado a chiamarlo!"
Gli
scompigliò i capelli, sorridendo e dandogli un bel bacio a stampo sulla
guancia, poi zampettò verso il telefono, sparendo dalla visuale di un Ed
decisamente irritato.
"Ah, niisan! Mi accompagneresti al supermercato? Sta facendo
sera!"
“Al, questa
si chiama Libera Interpretazione Delle Parole Di Tuo Fratello!!”
Una scienza
più volte usata nei suoi confronti.
“Non ho
detto che va bene che venga!! Ho solo detto che possiamo friggerlo, così, per
mangiare pollo fritto alla cinese!!”
Scese dalla
sedia dove ancora si erigeva.
“Comunque
ti accompagno.”
In fondo,
rimaneva un fratello maggiore e non voleva che Al andasse in giro da solo – e
poi, soprattutto, perché sprecare anche un solo, singolo attimo accanto a lui
ora che aveva di nuovo il suo corpo fatto di carne respirante e sangue pulsante
nelle vene?
"Grazie,
sei un tesoro!"
Lo sentì
ridacchiare, di quella risata cristallina che poco tempo fa entrambi potevano
solo immaginare esistesse.
Alphonse
risolse la questione in pochi minuti, con un sorriso sornione sul volto, mentre
torturava con l'indice destro il filo del telefono. Decise, senza consultarsi
con il fratello, che la cena sarebbe stata pronta per le nove e mezza, e che la
sua presenza sarebbe davvero stata gradita.
Sottolineando
l'ultima parola, ovviamente, mentre osservava il fratello muoversi in cucina ed
avere un fremito lungo la schiena.
Cavolo, se
il Fullmetal non avesse fatto tutta quella fatica per riportarlo indietro,
probabilmente Alphonse a quest'ora sarebbe già bello
che morto e sepolto.
“Sei anche
diventato bugiardo, Al?”
Si lasciò
andare ad un basso ringhio che gli proveniva diritto dallo stomaco. Si slegò la
coda per rifarsela meglio.
Da quando
avevano comprato casa, loro due da soli, e Alphonse aveva ottenuto nuovamente
il suo corpo umano, aveva cominciato a tenere la coda alta al posto della
treccia.
“Mi devi un
grande, grande, GRANDIIISSIMO favore, Al!!”
"Non
sono bugiardo..." bisbigliò in risposta, arricciando le labbra come se
fosse un coniglietto.
"Avevo
solo pensato che un po' di compagnia non ci avrebbe fatto male... So che il
generale non rientra nella top ten delle tue persone preferite, ma pensavo che
fosse solo un modo carino per dimostrargli la nostra gratitudine... Se andrà
male poi non ti costringerò più a farlo venire, promesso..."
Puntellò un
piede sul pavimento, facendolo roteare un poco.
"E...
farò tutto quello che vuoi!" concluse, sorridendo innocentemente.
“Lo
facciamo stare mezz’ora, del tipo gli facciamo vedere quanto cucini bene e poi
buttiamo fuori a calci nel culo!!”
Gli occhi
ambrati di Ed brillavano nel progettare malignità dei confronti dell’uomo col
cognome da cavallo.
“Certo che
la compagnia ci fa bene, ma NON-LA-SUA!”
Il broncio
bambinesco che aveva normalmente dipinto sul viso si pronunciò di più.
Stava
diventando troppo abile, quel moccioso che fino a qualche anno fa lo seguiva
col moccio al naso tenendosi alla sua canottiera.
Troppo
abile.
Eccessivamente
abile.
Eccessivamente
troppo abile a leggere nel suo cervello e rivoltarlo come un calzino.
O
Interpretare Liberamente Le Sue Parole e rivoltarlo così.
"Ma
così cucinerò per niente, non credi?" gli disse Alphonse di rimando,
entrando nella stanza da letto per cercare il portafoglio.
Mentre
apriva il cassetto, si ritrovò a pensare che vedere Ed con i suoi occhi,
finalmente, era davvero una delle cose che più amava fare. In verità si
divertiva a stuzzicarlo, perché ora poteva sentire le sfumature del suo
carattere su tutto il corpo.
"E
avere Mustang a casa temprerà ancora un po' il tuo carattere!"
Prese in
mano il portafoglio e riuscì.
"Se lo
teniamo per due ore, farò quello che vuoi per tutto il mese."
“Il mio
carattere non ha bisogno di essere temprato! La maestra ha già fatto tutto!”
Un brivido
gelato passò per la schiena del fratello maggiore mentre, come se fosse stato
in punto di morte, gli passarono davanti una carrellata di immagini del
soggiorno sull’isola e presso Izumi-san.
“E,
soprattutto, un maniaco che pensa solo alle donne non può temprare proprio
nessuno!”
Seguì il
fratellino fuori, abbassandosi le maniche della camicia bianca.
Anche solo
standogli affianco, ne poteva intuire il calore.
Il nuovo,
prezioso, ritrovato calore di umano corpo morbido.
Ma Edward non
occupava di certo il suo cervello per pensare a cose così poetiche.
Progettava
tutto ciò che avrebbe potuto far fare al fratello che per trenta giorni sarebbe
stato l’ideale schiavetto.
Iniziò a
gongolare, visibilmente.
"Niisan, un po' di contegno su..."
Lo prese
sottobraccio, sorridendo, e presero a camminare lungo il viale alberato che
portava in centro.
"Cosa
vorresti mangiare?" chiese, mentre la sua testa ciondolava a destra e
sinistra, destra e sinistra, a ritmo col loro passo.
“Cavallo.”
Una risposta
buttata lì, a metà tra l’osceno godimento all’idea del periodo di schiavitù del
fratello – diventato, per assurdo, più alto di lui, quasi per dispetto – e
l’osceno godimento all’idea di poter mangiare Mustang fritto.
"... E
cavallo sia. Spero solo che il generale non colga il sottile legame che lo
accomuna a quella povera bestia."
Al era
sempre stato quello con maggior controllo tra i due. Forse era per questo che,
all'udire la parola "cavallo", non era scoppiato a ridere come una
ragazzina isterica.
Doveva
ammetterlo, suo fratello era sbalorditivo, il più delle volte.
“Io invece
spero colga la citazione.”
Alphonse lo
ignorò, continuando ad elencare quel che serviva alla loro dispensa per la
cena.
"Prenderemo
anche delle patate... e un po' di insalata... E niente alcolici."
“Se la
coglie, può benissimo offrirsi di essere mangiato al posto suo.”
Edward,
ch’era tornato sul discorso, piccato per non essere stato ascoltato, continuò a
perdersi nell’estasiante visione di Mustang su un piatto di portata con una
mela in bocca, fino a quando non realizzò le ultime parole del fratello.
“Come
niente alcolici?!”
Non che
fosse diventato un alcolizzato. Ma, per sorbirsi il generale di brigata, ci
voleva per forza una percentuale
abbastanza elevata di alcool nelle vene. Almeno per sopportarlo.
Anche se
lui, l’alcool, lo reggeva ben pochino.
Ma aveva un
così buon sapore…
"So
già come andrebbe a finire se entrambi alzaste in gomito. E credimi, niisan, tu te ne pentiresti..."
Al strinse
di più la presa, mentre mettevano piede al supermarket.
"Pensaci...
- continuò - E se ti chiedesse di spogliarti e ballare sul tavolo? Nessuno ti dice che, ubriaco, non lo faresti.
Supponi che
ti lanci una sfida. E in palio c'è la tua dignità. Io dico che accetteresti. E tu non vuoi correre il rischio, vero?”
“Se ballassi nudo sul tavolo – iniziò a replicare l’altro –
sarebbe solo invidioso del mio corpo, quello. Altrochè. Non gli conviene.”
Al aveva
azzeccato appieno quel che sarebbe successo se i due si fossero dati
all’alcool. O era un bravo preveggente o, assai più probabile, aveva imparato
benissimo ad analizzare il fratello.
Poi Ed non
lo sopportava poi tantissimo. In fin dei conti era un ragazzino.
"Sarà,
ma vorrei evitarti certe situazioni... E poi - allungò il braccio verso la
carne di cavallo, controllandone la scadenza - non mi piacerebbe affatto sapere
gli occhi del generale di brigata puntati sul corpo del mio fratellone..."
E ok, forse aveva osato troppo, ma in fondo era la sacrosanta
verità. Al era così morbosamente attaccato a suo fratello da pensare che
condividesse con lui il cordone ombelicale, anziché con sua madre.
Ma la cosa
era totalmente ricambiata. Quel senso di possessione era insediato in entrambi.
Era chiaro, erano cresciuti insieme in un quasi società esclusiva. Legati da un
legame invisibile ma profondamente radicato.
“I suoi
occhi mi guarderebbero solo con un mare d’invidia e tu sarai superorgoglioso di
avere un fratello così figo.”
Ed diede
uno sguardo alla carne e ne vide una vaschetta di carne scaduta due giorni
prima.
“Ehi,
questa speciale per Mustang!”
"Non
ho bisogno di vederti nudo per essere superorgoglioso di te! E superorgoglioso
è anche limitativo!"
Prese in
mano la confezione che Ed indicò con gli occhi, poi lo guardò, contrariato.
"Ma...
Niisan, non dobbiamo mica avvelenarlo!! Se poi
finisci in prigione, io come faccio a togliertici
fuori?!"
E rise.
Fare la
spesa con Ed era sicuramente una delle cose più divertenti che gli capitava di
fare quando erano insieme.
Semplicemente,
era quella quotidianità che a loro mancava così tanto. Quei gesti, quella
routine che era diventata così preziosa perché così tanto a lungo mancata.
“Beh,
possiamo bruciare il suo cadavere e nessuno si accorgerà della sua assenza,
inutile com’è. E comunque nudo sono un figo.”
"Sei figo comunque... E... Io non voglio bruciare cadaveri in
casa mia, diventerebbe una casa maledetta!!"
Era certo
che suo fratello scherzasse. Ok, non così certo, a
dire la verità.
Però sapeva
che non sarebbe stato capace di mettere fuoco ad un uomo, anche se si trattava
di Roy Mustang.
"E
poi, lui col fuoco ci convive. Ti arrostirebbe lui, prima di morire. E
sinceramente l'idea di restare senza un fratello non mi piace affatto, no,
no!"
Detto ciò,
prese in mano la vaschetta di carne fresca, e trascinò Ed altrove.
Il ragazzo
ignorò bellamente le proteste dell’altro riguardante la muffa della carne di
cavallo che poteva invero fare bene all’organismo del generale.
“Ma io sono
così veloce che non mi beccherà mai! E sarei figo
pure da abbrustolito.”
"Ma
non faresti bella figura incenerito. E ora su, aiutami a scegliere un dolce! E
che non sia scaduto, dobbiamo cibarcene anche noi!"
Gli diede
un buffetto sulla testa, chiedendogli tacitamente di non infierire più di tanto
su Mustang, o la cosa gli si sarebbe ritorta contro.
Non
svegliare il can che dorme, diceva il detto.
Ma se il
cane è un povero idiota, perché non rompergli un po’ le scatole?, diceva un
detto molto famoso nell’Ed world.
“Ma noi
prendiamo quello buono, e a lui diamo quello avariato! E’ talmente idiota che
non se ne accorgerà. Daaaaaiii…”
"No, Ed. Niente cibo avariato per oggi, levalo dal menù! E
ora... SCEGLI, da bravo!"
Lo guardò
con quell'aria innocente che a tutto faceva presagire
benché a nulla di buono.
Ed – oddio,
lo aveva chiamato *Ed*! Alphonse Elric stava realmente crescendo?! -, sbuffando
d’impazienza – un’impazienza acquerellata da un color azzurro infantile.
“Non me ne
intendo! Che ne so! Prendi tu! Qualcosa pieno di panna!”
"Ahahah, niisan, certe volte sei
davvero buffo!" rise lui, accarezzandogli la testa come fosse un cane.
Lo adorava
quando faceva così, era qualcosa di irresistibile. E poi lui si chiedeva
perché, tra i due, passasse sempre per il fratello minore.
"Qualcosa
pieno di panna, eh... Che ne dici di quella torta?" fece, indicandone una
che si addiceva alla descrizione di Edward.
“Va
benissimo… ehi! – voltò il capo per guardare negli occhi il suo fratellino
minore, anche se tale non sembrava affatto – A chi hai dato del ridicolo nanetto carezzandogli la testa come il tuo animaletto
domestico, eh, eh, eh?! La vicinanza di Mustang ti fa male, malissimo!! Vedi
perché non lo voglio a casa mia?! Lui-ti-fa-MALE!!”
"Io
non ho detto così, niisan! - sbuffò, portando le mani
ai fianchi - E' che eri così... tenero che non ho resistito, ecco! E non
mettere Mustang in ogni frase che dici, non è un chiodo fisso!"
“Non sono
tenero! Una bistecca è tenera! Le bambine lo sono! Non io!!”
Okay, anche
fare l’isterico in mezzo al supermercato mentre tutti ti guardano – ma tutti,
più o meno, ti conoscono – era all’ordine del giorno per Edward, che non si
preoccupava minimamente del possibile imbarazzo che avrebbe potuto creare al
fratello.
“Uff, dai, muoviti, o si scioglie la torta. Paghiamo e
andiamocene. Su.”
Prese la
spesa dalle mani del più piccolo (oramai più alto di lui di dieci centimetri
buoni) per andare spedito verso una cassa.
Al rimase
interdetto.
L'imminente
arrivo di Mustang doveva proprio turbarlo nel profondo, per farlo diventare
così scontroso nel giro di pochi minuti. Oltretutto, la torta non poteva
sciogliersi, no. Forse la panna. Forse. Ma di certo
la torta non si sarebbe liquefatta dentro la sua confezione.
Scosse la
testa, pensando che in fondo era fatto così e di sicuro lui non poteva
cambiarlo, poi lo raggiunse alla cassa, allungandogli il portafoglio.
"Senza
questo non puoi pagare..." bisbigliò.
“Vabbè, ti aspettavo per pagare, era ovvio…”
Mustang era
una di quelle persone odiose ad Edward in modo indicibile. Le persone odiose lo
rendono isterico e collerico.
…
Un momento.
Lui lo era già.
…
Ma le
persone a lui odiose peggioravano la situazione di molto.
“Va, paga
te…”
"Ok..."
Al passò
davanti al fratello, mogio, per poi sfoderare il sorriso il più smagliante
possibile alla cassiera, che intanto batteva i prezzi.
... Che
avesse esagerato? In fondo pensava solo di manifestargli un po' di innocente
affetto, non voleva scatenare la sua collera.
Di quel
passo la serata sarebbe stata un vero disastro.
La
signorina indicò il prezzo, lui pagò, e quando Edward fu carico della busta,
uscirono dal negozio, in religioso silenzio.
Quest’ultimo
non era, forse, la persona più sensibile del mondo.
Togliamo il
forse.
Ma lui e
suo fratello stavano circa sulla stessa lunghezza d’onda.
Si trattava
di pura empatia.
Utile, alle
volte.
“Ehi, Al…
guarda che non ce l’ho con te. Stupido.”
Gli rifilò
un colpetto alla spalla con la mano libera, tentando di risollevarlo.
"...
Davvero?"
Lui si limitò
soltanto a piegare di lato la testa, guardando con sguardo triste. Odiava
vedere suo fratello alterato, se poi ad essere la causa scatenante di ciò era
lui...
Avrebbe
potuto anche proporsi come schiavo per ben due mesi, pur di farsi perdonare.
“No, è
colpa di Mustang che esiste e ha una brutta influenza su di te per cui ti sei
ritrovato ad invitarlo.”
Dal canto
suo, Ed odiava vedere suo fratello triste e vedere gli occhi farsi leggermente
liquidi. Soprattutto se la causa era lui.
“Vedi? E’
odioso! Addirittura ti fa deprimere! Vedi? E’ il MALE!!”
"Basta
con questa storia, niisan!" ridacchiò lui,
dandogli un buffetto sulla testa.
"Non
fasciarti la testa prima del tempo, magari sarà una serata piacevole, al
contrario di quanto tu possa pensare...E poi non ha nessuna influenza su di
me!!"
Era una
dote innata, quella di Edward. Era l'unico che riuscisse a risollevargli il
morale dopo neanche cinque minuti.
Il
risultato di una vita assieme era quello. La capacità di sollevarsi a vicenda –
come quella di prendersi cura uno dell’altro. Una promessa sul letto di morte
della mamma inseritosi e fuso nel loro DNA.
“NIENTE è
piacevole con quell’uomo. Non capisco come le donne
possano andarci a letto. Ed influenza male i bambini, quello.”
"I
bambini? Quali bambini?" chiese, sorridendo. “E poi, niisan,
ammettilo, non è mica un uomo brutto... Anzi, secondo
me è proprio di bell'aspetto!"
Sentì
Edward deglutire al suo fianco, appena sentito "bell'aspetto"
associato a "Mustang", e con nonchalance
portò le mani dietro la nuca, guardando il cielo e aspettando la sua reazione.
E il cielo si aprì.
“QUELLO?!
DI BELL’ASPETTO?! MA L’HAI VISTO BENE IN FACCIA?!”
Ed puntò un
indice accusatore (per la decimillesima volta) al volto innocente di Al,
tenendo la busta con l’altra.
“COME PUOI
DIRE UN’ERESIA SIMILE?! VERGOGNATI!! TI HA FATTO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO QUEL
CANE?! DI SICURO!! ALTRIMENTI NON POTRESTI DIRE UNA COSA SIMILE!! NESSUN ESSERE
UMANO POTREBBE!! ERETICO!! CIARLATANO!! BUGIARDO!!”
Al prese il
dito e glielo morse. Semplicemente.
Gli lasciò
i segni degli incisivi tutt'attorno, sperando che
quel piccolo dolore lo riportasse un po' coi piedi per terra.
"Non
mi ha fatto il lavaggio del cervello, anche perché tu passi più tempo con lui
che non io, o mi sbaglio? E poi, potresti offendermi sai?"
Gli diede
le spalle, incrociando le braccia, mentre tirava fuori la lingua, divertito.
Tanto lui
non lo avrebbe visto.
“Mi hai
fatto male!!”
Edward, con
una lacrimuccia all’occhio sinistro, si mise il dito
in bocca dopo averci soffiato un attimo sopra.
“Da quando
sei così violento e irrispettoso verso tuo fratello maggiore? Non sai che
dovresti portare rispetto? E… non offenderti! E’ tutta colpa di Mustang! Io
sono innocente!!”
Gli andò
davanti alla faccia che Al aveva gonfiato come uno scoiattolo per tutta finta
ira.
Non alzò lo
sguardo per puro orgoglio.
Perché non
poteva permettere che Al fosse più alto.
“Dai, su,
non arrabbiarti e andiamo a casa…”
Al sgonfiò
le guance, sorridendogli, poi lo prese sottobraccio, senza dire una parola e trascinando
il fratello verso casa.
"...
Poi mi aiuti a cucinare?" mormorò poi, lasciando ciondolare la testa di
lato, guardandolo con occhi da cucciolo. "Da solo non ce la farò mai per
le nove..."
“… Al, sei
pazzo? Ricordi che l’ultima volta che ho cucinato qualcosa ha lasciato
l’impronta di sé sul soffitto?”
"… se
lo fai... doppia razione di torta!" aggiunse poi Al, in tono solenne,
quasi senza ascoltare la risposta del fratello.
Che piccolo
tentatore subdolo.
“… okay.”
Più che per
la torta, accettò con l’idea di poter avvelenare Mustang. Gli occhi iniziarono
a brillare indegnamente.
"Cosa
non si fa per un po' di dolcezza..." rise Alphonse.
Il fatto
che avesse accettato, pur sapendo che lo aveva fatto solo per secondo fine, lo
rallegrò. Voleva fare il maggior numero di cose possibili con lui, e vederlo
imbrattarsi con sale, salse o chissà cos'altro gli metteva addosso un senso di
felicità difficilmente scalfibile.
E poi...
diciamocela tutta: lo stomaco del generale di brigata Mustang non era
importante quanto qualche momento solo per loro due. Ed non era certo un genio
dei fornelli, ma anche in un’ eventuale intossicazione se la sarebbe cavata con
poco.
“Oh oh, sarà tutto mooolto dolce per
Mustang…”
Ed chiuse
la mano a pugno come in segno di vittoria.
Il ragazzo
appariva meno sensibile al legittimo desiderio – in realtà radicato in entrambi
– di passare più momenti possibili assieme, ora che anche Al respirava e
camminava ed emetteva calore. Ma anche dal canto suo, la voglia era enorme. Non
si era mai spenta, in quegli anni. Mai, neppure una volta. Neppure una notte,
quando i ricordi venivano a bussargli alla mente che tentava di tenere
ermetica. Mai la fiamma che ardeva, bruciando quei ricordi come legna per
alimentarlo, di desiderio di vivere tranquillamente col fratello aveva dato
cenni di indebolirsi davanti al vento.
"Niisan, se nomini quel cognome un'altra volta prima
dell'arrivo del diretto interessato, ti mando a letto senza cena, chiaro?"
brontolò il minore, mentre frugava nella tasca per prendere le chiavi di casa.
Pochi
passi, uno scatto della serratura, e furono nuovamente dentro.
"Da'
qua..." disse gentile, mentre sfilava dalle mani di Edward la busta e
andava in cucina, canticchiando il motivetto che Ed riconobbe come quello che
faceva da sottofondo alla loro piccola permanenza nel supermercato.
“Al, non
puoi mandarmi a letto senza cena, sono tuo fratello maggiore, IO!”
Il più
basso brontolò in risposta per le parole del fratello che avevano tutto il
sapore di un rimprovero, ma di quel genere di rimprovero che viene inferto ai
bambini piccoli, quelli che lui odiava profondamente.
Non che si
stesse comportando, in verità, da essere umano adulto.
“Ah! Allora
quando arriva posso coprirlo d’insulti, allora?”
"Niisan... - cantilenò Alphonse, togliendo il cibo dalla
busta e mettendo in frigo la torta - Puoi farne quello che vuoi, basta che non
sia in MIA presenza... Ok?"
Sperò che
il tono fintamente duro facesse demordere suo fratello dal continuare ad
infangare in tutti i modi possibili l'immagine del generale di brigata.
Era più
facile cercare di far ragionare un bambino, accidenti a lui!
"E
ora, qua, subito!"
“Ma sarebbe
bello vederlo ricoperto d’insulti e umiliato! Non credi??”
Decisamente,
far ragionare Edward sembrava una missione impossibile.
Fortuna che
tra qualità di Alphonse spiccava un’innata ed infinita pazienza, soprattutto
nei confronti del fratello.
Alphonse,
però, sembrava star sviluppando uno strano senso di superiore autorità nei
confronti dell’altro.
“Non ti
sembra di stare diventando un po’ irrispettoso con me, fratellino?”, disse con
le mani dietro la nuca e le labbra arricciate all’infuori. Senza ubbidire.
"...
Latte, lattino..."
Non sapeva
perché lo avesse detto. Sperava però che alle orecchie di suo fratello suonasse
come una minaccia.
"No,
non lo sono. Però se continui ad eccitarti così tanto, pensando alle molteplici
fini che Mustang potrebbe fare, potrebbe venirti un'ulcera, o qualcosa così. E
io ci tengo tanto alla tua salute..."
Rise sotto
i baffi. A dire la verità si divertiva a stuzzicarlo, ogni tanto.
“Sì, lo
stai diventando, invece! E io sono troppo bello per pigliarmi cose del genere!
E soprattutto progettare il modo in cui potrebbe morire Mustang è molto
divertente e rilassante. No?”
Normale
routine in casa – in trasferta – Elric. Bisticci di poca importanza e
battibecchi sciocchini, perché il tempo
passato fosse sempre ricordo.
“E non
azzardarti a dire ancora LATTE!!”
E Al non ce
la fece più.
Dapprima
leggeri sobbalzi delle spalle, che diventarono risata fragorosa, che riempì la
cucina, insidiandosi nelle orecchie di entrambi.
"Niisan sei... troppo... divertente..."
Si affacciò
alla porta, guardandolo divertito, senza intenzione alcuna di schernirlo o
metterlo in imbarazzo. Ed era capace di metterlo di buon umore in qualunque
modo, fossero coccole, discussioni animate o insulti riferiti a un certo uomo
d'alta statura col cognome da cavallo.
La risata
di Al era come l’acqua di ruscello: pura, limpida, rinfrescante.
Edward
dovette arrendersi a quell’evidenza, senza percepire
la stranezza di apprezzare così tanto un aspetto del proprio fratello.
(Se mai ce
ne fosse stata.
Probabilmente
no.)
La risata
di Al non gli apparse, esattamente come doveva essere, ironica o sarcastica.
Semplicemente
acqua.
Fresca,
dolce.
E gli
rimbalzava nei timpani con la calma di un sottile fiume di montagna.
“… perché
sono divertente?”
"Perché,
deve esistere un motivo?" fece, sorridendo dolcemente.
Avanzò di
uno, due, dieci passi. Gli si fermò davanti, prendendogli le mani.
"E
ora... - se le portò vicine, lasciandogli stendere le braccia - Verresti ad
aiutare il tuo fratellino irrispettoso?"
“Ooh, senti che sviolinatore che
sei! Sì che t’aiuto, senza che usi quella vocina!”
Ed sbottò
in una lieve risata, roteando gli occhi.
Il
fratellino cresceva a vista d’occhio e imparava come aver a che fare con lui.
Un po’ alla volta, piano piano – ma Ed non lo avrebbe
mai ammesso.
“Poi non
lamentarti che rimarranno impronte su soffitto e pareti. E io non pulisco!”
"Pulirò
io, tu faresti solo danni, sai?"
E mano nella
mano andarono in cucina, posizionandosi tra i fornelli.
Al guardò
la stanza, sospirando.
"Addio,
ordine, ci si vede presto!" disse sollevandosi le maniche della maglia,
poi liberò gli alimenti dalle confezioni, e la cucina si trasformò in un via
vai di parole e pietanze.
Un
grandissimo trambusto invase quella povera stanza che così tanto tempo ci aveva
messo ad essere ordinata. Ma non ebbe il tempo di piangere le sue lacrime che
venne invasa di uova, farina, latte (“AAAAAAARGH!!” “Nii-san,
ho sbagliato, non sbraitare cosììì…”), verdure d’ogni
tipo – bucce e gusci d’uovo per terra in un’unica poltiglia -, pesce e pane
tostato.
Un
miscuglio di profumi che avrebbero fatto venir fame ad un morto.
“Al, se la
carne inizia a diventare nera vuol dire ch’è cotta?”
"Si, niisan! Spegni e lasciala a riposo! E... hai della farina
sul naso..." fece, agitando il dito sul suo naso, a suggerire al fratello
la mossa più intelligente da fare per non peggiorare la situazione.
Intanto,
con l'altra mano, rigirava con lentezza le patate che, minuto dopo minuto,
prendevano un bel colorito dorato, assumendo un aspetto decisamente invitante.
Talmente
invitante che Ed si premurò di sentirne il sapore in anteprima.
“Troppo
buone per rifilarle a Mustang.”
Si leccò le
dita ancora sporche della farina che aveva levato dal naso.
Era
ricoperto, letteralmente, di macchie di cibo e le guance sporche di qualcosa
non umanamente definito.
Al lo
guardò, mentre trionfante mandava giù un'altra patatina, e sorridendo gli si
avvicinò, stampandogli un bacetto sulla guancia.
"Avevi
dell'uovo... - rise - o almeno spero fosse tale!"
Anche lui
non era messo tanto meglio: era stato così intelligente da versarsi addosso le
uova di lompo che invece erano destinate alle
tartine.
"Credo
che avremmo tutti e due bisogno di una bella doccia dopo... Per fortuna c'è
solo da - spense il fornello delle patate - fare la pasta..."
“Posso
piombare su Mustang sporco di cibo così da far accorrere i cani del quartiere?
Io sto benissimo così. Magari se ci vede sozzi se ne va! E noi mangiamo di più!
Mi sta facendo una fame che non puoi immaginare…”
Tentò di
allungare le mani sporche verso il salmone, pienamente intenzionato a farlo
fuori almeno per metà. Colpa di Al, ch’era troppo bravo a cucinare e gli faceva
venire la bava alla bocca.
"No, -
e un leggero colpo sulla mano bloccò ogni suo intento furtivo - sarebbe solo un
motivo in più per farti prendere in giro, Niisan...
Al massimo.. AL MASSIMO...Puoi infilargli un pezzo di torta in tasca e... Oh
cielo, mi stai traviando coi tuoi Mustang-discorsi,
basta!"
E, facendo
una palletta di pasta con uova e farina, gliela
lanciò dritta sul naso, sporcandoglielo nuovamente.
"Su,
da bravo!"
“Da bravo
cosa?! Mi hai insudiciato di… schifo!!”
Il
malcapitato si levò il composto dalla faccia, buttando quel che ne rimaneva sul
volto sporco del fratello.
“Aaaaah, irrispettoso!! E mi parli come parleresti ad un
moccioso, ti rendi conto?”
"Ma...
ma..." balbettò il minore, passandosi la mano in faccia e guardando il
sudiciume che suo fratello aveva tanto voluto.... condividere con lui.
"EDWARD
ELRIC!! - tuonò poi, resosi conto del reato di cui era stato vittima - Ti
punirò a dovere per questo, sappilo!"
E,
passatesi le mani su quella poltiglia non identificata, attaccò Ed
avvinghiandosi tutt'addosso a lui, restituendogli
doppiamente il "favore".
I vicini,
probabilmente, iniziarono ad odiare gli Elric dal primo giorno, per tutto il
casino che due ragazzini riuscivano a produrre.
“TU!!
ALPHONSE ELRIC!! MOCCIOSO!! STAI CERCANDO
Prese il
miscuglio che serviva per friggere la carne, ne prese una dose sufficiente tra
le mani e poi di volata in faccia al fratello. Ignorando completamente che
tutto quello serviva per la cena.
Al si
ritrovò a non essere molto diverso da un pupazzo di neve sporca, un po' d'uovo,
un po' di pane grattugiato qua e là su per il viso, per il collo.
Dappertutto.
"Niisan, niisan... ti consiglio di
scappare..."
Guerra, eh?
Non sapeva con chi aveva a che fare.
Portò le
mani al tavolo, amalgamando quanta più roba possibile, dimenticandosi che
l'orologio ormai segnava le nove meno cinque, che Mustang sarebbe stato lì a
momenti, e che la cena ancora NON era pronta.
Non esisteva
più niente, se non la lotta all'ultima... palla marcia tra i due fratelli
Elric.
Roba che
sarebbe passata alla storia!
“Non credo
proprio, MOCCIOSO! Sti cavoli che scappo davanti a
TE!!”
Schivò
l’enorme palla di cibo agglomerato che il fratello gli aveva lanciato, per
replicare al fuoco con un uovo intero direttamente sul naso.
“Hai ancora
tanto da imparare, sai?!”
Per fortuna
ch’era tornato umano, sennò Al Armatura lo avrebbe steso. In un nanosecondo.
"..."
Si passò
una mano sul viso, che si fece carico del viscido bianco, schiaffandolo a terra
con un gesto secco. Prima di recarsi verso il frigorifero lo fulminò con lo
sguardo, e poi, quando la mano su poggiò sulla maniglia argentea dello
sportello, canticchiò:
"Latte,
lattino..."
Il volto di
Edward si pietrificò in un’espressione di puro terrore.
“… non… non
oserai…”
In verità
manco sapeva che avrebbe fatto, ma vedere quel maledetto liquido bianco che
puntualmente si faceva ritrovare davanti agli occhi lo inquietava di per sé.
Al liberò
la bottiglia di candido latte da quell'inutile tappo
azzurro, poi si voltò nuovamente verso il fratello, con un sorriso tutto
fuorché rassicurante sul volto.
"Latte,
lattino..."
E splat. Probabilmente Ed non ebbe tempo di realizzare quello
che era successo, neanche quando piccole gocce bianche scivolarono dai suoi
capelli lungo il suo volto, sfiorandogli le labbra ed intrufolandosi sotto la
camicia.
"E
ora?"
“E ORA
MUORI!!”
Il latte
che gli era entrato in bocca mentre sbraitava lo
sputò, incurante del fatto se arrivasse o meno in faccia a quell’altro.
Prese
dall’acqua bollente le patate messe a bollire, oramai per metà molli, e gliela
tirò addosso, centrandogli la camicia bianca. Poi prese le fragole e, col
cucchiaino, iniziò a lanciargliele, colpendolo a caso ovunque.
"Ahi,
scotta!! - piagnucolò, cercando riparo nel salotto - Te lo
sei meritato! E domani ne comprerò altri due litri! E te li farò bere nel
sonno!!! Stupido di un fratello!"
Acchiappò
al volo una fragola, mettendola in bocca e mangiandosela di gusto.
"Alla faccia
tua!"
“Voglio
vedere ora quant’è grande la tua bocca!!”
Ed lo seguì
al volo, tenendo in mano il vassoio delle fragole e iniziando a tartassare Al
come una mitragliatrice. Ma, visto che quest’ultimo
sembrava più furbo di lui, le schivò quasi tutte, finendo per schiantarsi
contro il muro.
Oramai il
Fullmetal non guardava neppure dove fosse la faccia del fratello, lanciando
alla cieca. Ad un tratto sentì il tipico (…?) rumore delle fragole che si
spiaccicano contro la pelle umana.
“AH-AH,
BECCATO MARRANO!!”
“… Nii-san, hai sbagliato persona.”
“… eh?”
“Buonasera,
Fullmetal.”
Sul volto
di Roy Mustang svettava una grossa chiazza rossa.
“…”