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Autore: Elric_Kyoudai    11/05/2007    15 recensioni
Okay che Alphonse era suo fratello minore e, più o meno, quel che diceva era legge.
D’accordo che Alphonse aveva quella maledetta, fottutissima capacità di farlo capitolare semplicemente aggrottando le sopracciglia.
Andava bene tutto ma…
“No, ALPHONSE, Mustang NON verrà a cena DA NOI stasera!!”

(Qui il seguito!)
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Yay *_* qui sono Mikael_Ace e Nacchan a parlare!! Questa è la prima storia roundrobin che scriviamo assieme!! Ed è una delle più grosse minchiate (nel senso che ci fa piegare ogni volta che la leggiamo ç_ç sì, la fottuta modestia è andata a donnine 8D) che abbiate mai letto *___* tutto è partita dall’idea di partecipare al concorso di roundrobin della True Colors Community ma poi, vuoi per voglia di pubblicare tutto subito, vuoi perché probabilmente siamo andate OT XD eccola qui subito *__* noi ci fangirliamo da quando siamo arrivate ad un numero decente di pagine ç_ç

Via, il primo capitolo *_*!!

 

An Embarassing Situation

(ovvero: come rovinarsi la vita presente e futura con della vodka, un corpo poco resistente e un uomo col cognome da cavallo)

 

Capitolo primo

(dove si avrà cibo sui muri e sulla faccia e l’arrivo del Messo Del Demonio)

 

Okay che Alphonse era suo fratello minore e, più o meno, quel che diceva era legge.

D’accordo che Alphonse aveva quella maledetta, fottutissima capacità di farlo capitolare semplicemente aggrottando le sopracciglia.

Andava bene tutto ma…

“No, ALPHONSE, Mustang NON verrà a cena DA NOI stasera!!

"Non riesco proprio a capire perché, niisan!"

Aprì il rubinetto, riempendo il bicchiere stretto nella sua mano d'acqua, per poi dedicarsi nuovamente al fratello col suo solito, insostenibile sguardo da cucciolo.

Era totalmente cosciente della sua influenza, ed era quasi certo che anche stavolta l'avrebbe avuta vinta.

Il maggiore, per evitare strategicamente di non essere impietosito dagli occhi dell’altro, voltò la testa verso sinistra, a contemplare il cielo invernale che si stava scurendo attraverso le finestre appena pulite (da Alphonse, ovviamente).

Molto interessante, eh.

Iniziò a dondolare sulla sedia all’indietro, rischiando una rovinosa e ben poco dignitosa caduta all’indietro.

“Come PERCHE’? Ma l’hai visto com’è, Mustang? Non lo voglio alla prima cena della nostra nuova casa!! Non voglio inaugurarla con… quel coso!!

Benché fosse il più grande dei due, Edward finiva sempre per fare la figura del bambino – che, in realtà, ancora era – e dimostrare gli anni che la tua scarsa altezza denunciavano.

Al sospirò, sollevando le spalle. Era totalmente inutile cercare di farlo ragionare per vie traverse, non ci era mai riuscito, e ed era quasi certo che neanche stavolta avrebbe ottenuto un risultato.

Così, dopo aver mandato giù tutta l'acqua, si avvicinò al suo amato fratello, poggiandogli le mani sulle spalle e interrompendo la sua dondolata.

"Niisan... è grazie al generale di brigata Mustang se ora abbiamo questa casa. Non pensi che lui prima di chiunque altro meriti di vedere cosa siamo riusciti ad avere? E poi, su. Non chiamarlo coso, non è carino..."

Ammettere la realtà, per Ed, era doloroso circa come un calcio nelle palle dato da un automail.

Non la realtà in generale, ma la realtà riguardante il generale Mustang.

“Coso è fin troppo lusinghiero per lui.”

Sbuffò in faccia ad Al – gesto molto poco carino, ma quando Edward era girato… era girato -, guardandolo dal basso. Beh, in realtà era una vita che lo guardava dal basso, ma almeno questa volta aveva la giustificazione di essere seduto su una sedia che sembrava implorare – nella mente un po’ contorta del Fullmetal – di continuare a dondolare per produrre quel fastidiosissimo rumore di legno vecchio che tanto irrita i giovani e fin troppo difficili da irritare nervi di Alphonse.

“Non c’è altra gente da invitare?! Winry, zia Pinako…”

Sollevò un sopracciglio, contrariato. Quando ci si metteva, Edward sapeva essere davvero intollerabile. Ma in fondo, c'era abituato, per lui non era che pane quotidiano.

"Per arrivare a Central impiegherebbero troppo tempo. Tutti impiegherebbero troppo tempo. Tranne il generale Mustang. E poi, loro possono venire quando vogliono, e lo sai che verranno. Anche senza che noi glielo diciamo..."

Gli prese una guancia tra le dita, tirandogliela un poco.

"In fondo saranno solo un paio di ore, che male c'è?"

“Il paio d’ore più infernale della mia vita!”

Come i bambini piccoli, il maggiore dei due sapeva rendersi decisamente insopportabile. E neppure ci si metteva d’impegno, era quasi un dono naturale.

Povero Alphonse.

Anche Mustang può venire altre volte! E lo farà senza essere invitato, maleducato com’è!!

"Ed. Se non lo vuoi fare per lui, almeno fallo per me..."

E avvicinò il viso al suo, sperando che i suoi occhi su di lui sortissero l'effetto sperato.

"Ci tengo alla sua presenza, per favore..."

Sotto sotto sperava che una cena insieme avesse portato un po' di tranquillità, sia in Ed, che nel quartier generale. Ultimamente non era altro che un urlarsi contro e fiamme che schizzavano in giardino.

"Lo fai per me?"

“… Al, cavati quegli occhi…”

Ed nascose la frase pronunciandola in un borbottio di basso tono.

Colpo. Basso.

Decisamente. Basso.

Ma se c’era una cosa che Edward Elric detestava era cedere al primo colpo.

… okay, proprio il primo colpo non era, ma il cervello del ragazzo aveva un funzionamento che l’umana comprensione non riusciva (e non tentava, molto probabilmente) a capire.

“Non chiedermelo come un favore personale! E’… odioso! E io non lo sopporto!”

I muli, ad Edward Elric, gli facevano una pippa.

"Io non sopporto doverti ricattare, ma se è l'unico modo per farti dire sì, allora pazienza, metterò da parte i sensi di colpa."

Ghignò.

Alphonse era decisamente pericoloso, quando si trattava di convincere suo fratello a fare qualcosa. Poteva capire se gli avesse proposto qualcosa di impossibile, o assolutamente inconcepibile, ma quella di avere il generale in casa non si avvicinava neanche lontanamente a nessuna delle due possibilità.

Gli mollò le spalle, trottandogli attorno e prendendolo da dietro. Cominciò a dondolarlo con lentezza, quasi fosse un bambino bisognoso solo di un po' di attenzioni.

"O forse... la tua è paura, niisan?"

“… di cosa dovrei aver paura, Al?”

Questo. Era. Decisamente. Un. Colpo. Bassissimo.

(In verità si chiamava Psicologia Inversa, qualcosa che il più piccolo degli Elric oramai conosceva a menadito – la regola, se si vuole convivere col Fullmetal Alchemist, che d’acciaio, oltre un paio d’arti, aveva anche la testa.)

Ed voltò il capo all’indietro e la coda che teneva alta frustò leggermente il petto del fratellino.

Ma non dire idiozie! Paura di cosa? IO paura? Spero tu stia scherzando!”

"Mah… Forse hai paura che il generale si dimostri quella bella persona che effettivamente è… - fece, portando l'indice alla bocca e guardando innocentemente il soffitto -… O forse hai semplicemente paura della sua presenza...o di fare brutta figura… o…"

Prese una ciocca di capelli tra due dita, cominciando a giocarci.

"Semplicemente, hai paura di lui, niisan. Non so. - sollevò le spalle, innocentemente - Non mi spiegherei il motivo di tutta questa ostilità, altrimenti. Forse... - e se questo non lo avesse fatto cedere, lo avrebbe costretto a bere latte per il resto dei suoi giorni, giurò su Dio - hai paura di non essere alla sua altezza?"

“Io sono molto, molto, MOLTO meglio di lui!!

Edward saltò in piedi sulla sedia e quella non cadde per puro miracolo. Anche le leggi della natura e della fisica sono un’opinione, intorno a lui.

Puntò un indice accusatore sul volto innocente di Alphonse, che gli sorrideva sornione, adorabilmente maligno e innocente, come a renderlo colpevole di un’onta imperdonabile nei suoi confronti.

“Sono più alto di lui, lui non è una bella persona, le mie figure davanti a lui sono sempre ME-RA-VI-GLIO-SE e non ho paura di lui!!

La Psicologia Inversa sembrava procedere perfettamente nel suo funzionamento. Meraviglioso.

“E  non serve una stramaledetta cena per dimostrarlo! Lo dimostrano i fatti di tutti i giorni! Lo dimostra LA MIA ESISTENZA!!”

"Sul fatto che tu sia più alto di lui...io avrei qualcosa da ridire...- fece, prendendo la mano del fratello e strattonandola un po', giusto per infastidirlo. - Ma tralasciando questo...suppongo che quindi qualche ora di conversazione con lui davanti a un bel tacchino non sarà un problema per te, neh, niisan?"

Sorriso puro, innocente e malvagio.

“Eh, NON serve una CONVERSAZIONE per dimostrare che IO sono MEGLIO di LUI!!”

Edward, nel parlare, calcò le parole che servivano ad afferrare il senso preciso della frase.

Edward, nel parlare, iniziò a regredire. In un Edward moralmente sempre più basso.

"Hai-paura. E lo sai, niisan."

Era così agitato che quasi gli faceva tenerezza. Fosse stata un'altra occasione, forse gliel'avrebbe anche potuta dar vinta. Ma stavolta, voleva davvero che Mustang sedesse a quel dannatissimo tavolo, perché era sicuro che lui, più di chiunque altro, dovesse mettere piede lì dentro come ospite.

"Ah, niisan."

Lo guardò, aspettando.

"... Avevo pensato di uscire a comprare qualcosa di buono, per l'occasione… Ma visto che tu non sembri intenzionato ad ospitarlo... Credo che potremo accontentarci del latte che c'è nel frigo, no? A te va bene, vero?"

“Ma quale latte e latte!!”

Quel giorno, Al pareva vivere di colpi bassi e mirati alle palle di suo fratello maggiore.

Colpi bassi pronunciati con quella sua voce sottile, da ragazzino, che ancora possedeva un timbro infantile ed innocente. Quella sua voce che mascherava deliziosamente le cose più perfide e maligne.

Alphonse stava diventando grande un po’ troppo in fretta, per i gusti di Edward.

“Possiamo friggere Mustang. Anche se la sua carne sarà dura e immangiabile.”

"Immagino che questo sia un assenso! Benissimo, allora vado a chiamarlo!"

Gli scompigliò i capelli, sorridendo e dandogli un bel bacio a stampo sulla guancia, poi zampettò verso il telefono, sparendo dalla visuale di un Ed decisamente irritato.

"Ah, niisan! Mi accompagneresti al supermercato? Sta facendo sera!"

“Al, questa si chiama Libera Interpretazione Delle Parole Di Tuo Fratello!!”

Una scienza più volte usata nei suoi confronti.

“Non ho detto che va bene che venga!! Ho solo detto che possiamo friggerlo, così, per mangiare pollo fritto alla cinese!!”

Scese dalla sedia dove ancora si erigeva.

“Comunque ti accompagno.”

In fondo, rimaneva un fratello maggiore e non voleva che Al andasse in giro da solo – e poi, soprattutto, perché sprecare anche un solo, singolo attimo accanto a lui ora che aveva di nuovo il suo corpo fatto di carne respirante e sangue pulsante nelle vene?

"Grazie, sei un tesoro!"

Lo sentì ridacchiare, di quella risata cristallina che poco tempo fa entrambi potevano solo immaginare esistesse.

Alphonse risolse la questione in pochi minuti, con un sorriso sornione sul volto, mentre torturava con l'indice destro il filo del telefono. Decise, senza consultarsi con il fratello, che la cena sarebbe stata pronta per le nove e mezza, e che la sua presenza sarebbe davvero stata gradita.

Sottolineando l'ultima parola, ovviamente, mentre osservava il fratello muoversi in cucina ed avere un fremito lungo la schiena.

Cavolo, se il Fullmetal non avesse fatto tutta quella fatica per riportarlo indietro, probabilmente Alphonse a quest'ora sarebbe già bello che morto e sepolto.

“Sei anche diventato bugiardo, Al?”

Si lasciò andare ad un basso ringhio che gli proveniva diritto dallo stomaco. Si slegò la coda per rifarsela meglio.

Da quando avevano comprato casa, loro due da soli, e Alphonse aveva ottenuto nuovamente il suo corpo umano, aveva cominciato a tenere la coda alta al posto della treccia.

“Mi devi un grande, grande, GRANDIIISSIMO favore, Al!!”

"Non sono bugiardo..." bisbigliò in risposta, arricciando le labbra come se fosse un coniglietto.

"Avevo solo pensato che un po' di compagnia non ci avrebbe fatto male... So che il generale non rientra nella top ten delle tue persone preferite, ma pensavo che fosse solo un modo carino per dimostrargli la nostra gratitudine... Se andrà male poi non ti costringerò più a farlo venire, promesso..."

Puntellò un piede sul pavimento, facendolo roteare un poco.

"E... farò tutto quello che vuoi!" concluse, sorridendo innocentemente.

“Lo facciamo stare mezz’ora, del tipo gli facciamo vedere quanto cucini bene e poi buttiamo fuori a calci nel culo!!”

Gli occhi ambrati di Ed brillavano nel progettare malignità dei confronti dell’uomo col cognome da cavallo.

“Certo che la compagnia ci fa bene, ma NON-LA-SUA!”

Il broncio bambinesco che aveva normalmente dipinto sul viso si pronunciò di più.

Stava diventando troppo abile, quel moccioso che fino a qualche anno fa lo seguiva col moccio al naso tenendosi alla sua canottiera.

Troppo abile.

Eccessivamente abile.

Eccessivamente troppo abile a leggere nel suo cervello e rivoltarlo come un calzino.

O Interpretare Liberamente Le Sue Parole e rivoltarlo così.

"Ma così cucinerò per niente, non credi?" gli disse Alphonse di rimando, entrando nella stanza da letto per cercare il portafoglio.

Mentre apriva il cassetto, si ritrovò a pensare che vedere Ed con i suoi occhi, finalmente, era davvero una delle cose che più amava fare. In verità si divertiva a stuzzicarlo, perché ora poteva sentire le sfumature del suo carattere su tutto il corpo.

"E avere Mustang a casa temprerà ancora un po' il tuo carattere!"

Prese in mano il portafoglio e riuscì.

"Se lo teniamo per due ore, farò quello che vuoi per tutto il mese."

“Il mio carattere non ha bisogno di essere temprato! La maestra ha già fatto tutto!”

Un brivido gelato passò per la schiena del fratello maggiore mentre, come se fosse stato in punto di morte, gli passarono davanti una carrellata di immagini del soggiorno sull’isola e presso Izumi-san.

“E, soprattutto, un maniaco che pensa solo alle donne non può temprare proprio nessuno!”

Seguì il fratellino fuori, abbassandosi le maniche della camicia bianca.

Anche solo standogli affianco, ne poteva intuire il calore.

Il nuovo, prezioso, ritrovato calore di umano corpo morbido.

Ma Edward non occupava di certo il suo cervello per pensare a cose così poetiche.

Progettava tutto ciò che avrebbe potuto far fare al fratello che per trenta giorni sarebbe stato l’ideale schiavetto.

Iniziò a gongolare, visibilmente.

"Niisan, un po' di contegno su..."

Lo prese sottobraccio, sorridendo, e presero a camminare lungo il viale alberato che portava in centro.

"Cosa vorresti mangiare?" chiese, mentre la sua testa ciondolava a destra e sinistra, destra e sinistra, a ritmo col loro passo.

“Cavallo.”

Una risposta buttata lì, a metà tra l’osceno godimento all’idea del periodo di schiavitù del fratello – diventato, per assurdo, più alto di lui, quasi per dispetto – e l’osceno godimento all’idea di poter mangiare Mustang fritto.

"... E cavallo sia. Spero solo che il generale non colga il sottile legame che lo accomuna a quella povera bestia."

Al era sempre stato quello con maggior controllo tra i due. Forse era per questo che, all'udire la parola "cavallo", non era scoppiato a ridere come una ragazzina isterica.

Doveva ammetterlo, suo fratello era sbalorditivo, il più delle volte.

“Io invece spero colga la citazione.”

Alphonse lo ignorò, continuando ad elencare quel che serviva alla loro dispensa per la cena.

"Prenderemo anche delle patate... e un po' di insalata... E niente alcolici."

“Se la coglie, può benissimo offrirsi di essere mangiato al posto suo.”

Edward, ch’era tornato sul discorso, piccato per non essere stato ascoltato, continuò a perdersi nell’estasiante visione di Mustang su un piatto di portata con una mela in bocca, fino a quando non realizzò le ultime parole del fratello.

“Come niente alcolici?!”

Non che fosse diventato un alcolizzato. Ma, per sorbirsi il generale di brigata, ci voleva per forza una percentuale abbastanza elevata di alcool nelle vene. Almeno per sopportarlo.

Anche se lui, l’alcool, lo reggeva ben pochino.

Ma aveva un così buon sapore…

"So già come andrebbe a finire se entrambi alzaste in gomito. E credimi, niisan, tu te ne pentiresti..."

Al strinse di più la presa, mentre mettevano piede al supermarket.

"Pensaci... - continuò - E se ti chiedesse di spogliarti e ballare sul tavolo? Nessuno ti dice che, ubriaco, non lo faresti.

Supponi che ti lanci una sfida. E in palio c'è la tua dignità. Io dico che accetteresti. E tu non vuoi correre il rischio, vero?”

Se ballassi nudo sul tavolo – iniziò a replicare l’altro – sarebbe solo invidioso del mio corpo, quello. Altrochè. Non gli conviene.”

Al aveva azzeccato appieno quel che sarebbe successo se i due si fossero dati all’alcool. O era un bravo preveggente o, assai più probabile, aveva imparato benissimo ad analizzare il fratello.

Poi Ed non lo sopportava poi tantissimo. In fin dei conti era un ragazzino.

"Sarà, ma vorrei evitarti certe situazioni... E poi - allungò il braccio verso la carne di cavallo, controllandone la scadenza - non mi piacerebbe affatto sapere gli occhi del generale di brigata puntati sul corpo del mio fratellone..."

E ok, forse aveva osato troppo, ma in fondo era la sacrosanta verità. Al era così morbosamente attaccato a suo fratello da pensare che condividesse con lui il cordone ombelicale, anziché con sua madre.

Ma la cosa era totalmente ricambiata. Quel senso di possessione era insediato in entrambi. Era chiaro, erano cresciuti insieme in un quasi società esclusiva. Legati da un legame invisibile ma profondamente radicato.

“I suoi occhi mi guarderebbero solo con un mare d’invidia e tu sarai superorgoglioso di avere un fratello così figo.”

Ed diede uno sguardo alla carne e ne vide una vaschetta di carne scaduta due giorni prima.

“Ehi, questa speciale per Mustang!”

"Non ho bisogno di vederti nudo per essere superorgoglioso di te! E superorgoglioso è anche limitativo!"

Prese in mano la confezione che Ed indicò con gli occhi, poi lo guardò, contrariato.

"Ma... Niisan, non dobbiamo mica avvelenarlo!! Se poi finisci in prigione, io come faccio a togliertici fuori?!"

E rise.

Fare la spesa con Ed era sicuramente una delle cose più divertenti che gli capitava di fare quando erano insieme.

Semplicemente, era quella quotidianità che a loro mancava così tanto. Quei gesti, quella routine che era diventata così preziosa perché così tanto a lungo mancata.

“Beh, possiamo bruciare il suo cadavere e nessuno si accorgerà della sua assenza, inutile com’è. E comunque nudo sono un figo.”

"Sei figo comunque... E... Io non voglio bruciare cadaveri in casa mia, diventerebbe una casa maledetta!!"

Era certo che suo fratello scherzasse. Ok, non così certo, a dire la verità.

Però sapeva che non sarebbe stato capace di mettere fuoco ad un uomo, anche se si trattava di Roy Mustang.

"E poi, lui col fuoco ci convive. Ti arrostirebbe lui, prima di morire. E sinceramente l'idea di restare senza un fratello non mi piace affatto, no, no!"

Detto ciò, prese in mano la vaschetta di carne fresca, e trascinò Ed altrove.

Il ragazzo ignorò bellamente le proteste dell’altro riguardante la muffa della carne di cavallo che poteva invero fare bene all’organismo del generale.

“Ma io sono così veloce che non mi beccherà mai! E sarei figo pure da abbrustolito.”

"Ma non faresti bella figura incenerito. E ora su, aiutami a scegliere un dolce! E che non sia scaduto, dobbiamo cibarcene anche noi!"

Gli diede un buffetto sulla testa, chiedendogli tacitamente di non infierire più di tanto su Mustang, o la cosa gli si sarebbe ritorta contro.

Non svegliare il can che dorme, diceva il detto.

Ma se il cane è un povero idiota, perché non rompergli un po’ le scatole?, diceva un detto molto famoso nell’Ed world.

“Ma noi prendiamo quello buono, e a lui diamo quello avariato! E’ talmente idiota che non se ne accorgerà. Daaaaaiii…”

"No, Ed. Niente cibo avariato per oggi, levalo dal menù! E ora... SCEGLI, da bravo!"

Lo guardò con quell'aria innocente che a tutto faceva presagire benché a nulla di buono.

Ed – oddio, lo aveva chiamato *Ed*! Alphonse Elric stava realmente crescendo?! -, sbuffando d’impazienza – un’impazienza acquerellata da un color azzurro infantile.

“Non me ne intendo! Che ne so! Prendi tu! Qualcosa pieno di panna!”

"Ahahah, niisan, certe volte sei davvero buffo!" rise lui, accarezzandogli la testa come fosse un cane.

Lo adorava quando faceva così, era qualcosa di irresistibile. E poi lui si chiedeva perché, tra i due, passasse sempre per il fratello minore.

"Qualcosa pieno di panna, eh... Che ne dici di quella torta?" fece, indicandone una che si addiceva alla descrizione di Edward.

“Va benissimo… ehi! – voltò il capo per guardare negli occhi il suo fratellino minore, anche se tale non sembrava affatto – A chi hai dato del ridicolo nanetto carezzandogli la testa come il tuo animaletto domestico, eh, eh, eh?! La vicinanza di Mustang ti fa male, malissimo!! Vedi perché non lo voglio a casa mia?! Lui-ti-fa-MALE!!”

"Io non ho detto così, niisan! - sbuffò, portando le mani ai fianchi - E' che eri così... tenero che non ho resistito, ecco! E non mettere Mustang in ogni frase che dici, non è un chiodo fisso!"

“Non sono tenero! Una bistecca è tenera! Le bambine lo sono! Non io!!”

Okay, anche fare l’isterico in mezzo al supermercato mentre tutti ti guardano – ma tutti, più o meno, ti conoscono – era all’ordine del giorno per Edward, che non si preoccupava minimamente del possibile imbarazzo che avrebbe potuto creare al fratello.

Uff, dai, muoviti, o si scioglie la torta. Paghiamo e andiamocene. Su.”

Prese la spesa dalle mani del più piccolo (oramai più alto di lui di dieci centimetri buoni) per andare spedito verso una cassa.

Al rimase interdetto.

L'imminente arrivo di Mustang doveva proprio turbarlo nel profondo, per farlo diventare così scontroso nel giro di pochi minuti. Oltretutto, la torta non poteva sciogliersi, no. Forse la panna. Forse. Ma di certo la torta non si sarebbe liquefatta dentro la sua confezione.

Scosse la testa, pensando che in fondo era fatto così e di sicuro lui non poteva cambiarlo, poi lo raggiunse alla cassa, allungandogli il portafoglio.

"Senza questo non puoi pagare..." bisbigliò.

Vabbè, ti aspettavo per pagare, era ovvio…”

Mustang era una di quelle persone odiose ad Edward in modo indicibile. Le persone odiose lo rendono isterico e collerico.

Un momento.

Lui lo era già.

Ma le persone a lui odiose peggioravano la situazione di molto.

“Va, paga te…”

"Ok..."

Al passò davanti al fratello, mogio, per poi sfoderare il sorriso il più smagliante possibile alla cassiera, che intanto batteva i prezzi.

... Che avesse esagerato? In fondo pensava solo di manifestargli un po' di innocente affetto, non voleva scatenare la sua collera.

Di quel passo la serata sarebbe stata un vero disastro.

La signorina indicò il prezzo, lui pagò, e quando Edward fu carico della busta, uscirono dal negozio, in religioso silenzio.

Quest’ultimo non era, forse, la persona più sensibile del mondo.

Togliamo il forse.

Ma lui e suo fratello stavano circa sulla stessa lunghezza d’onda.

Si trattava di pura empatia.

Utile, alle volte.

“Ehi, Al… guarda che non ce l’ho con te. Stupido.”

Gli rifilò un colpetto alla spalla con la mano libera, tentando di risollevarlo.

"... Davvero?"

Lui si limitò soltanto a piegare di lato la testa, guardando con sguardo triste. Odiava vedere suo fratello alterato, se poi ad essere la causa scatenante di ciò era lui...

Avrebbe potuto anche proporsi come schiavo per ben due mesi, pur di farsi perdonare.

“No, è colpa di Mustang che esiste e ha una brutta influenza su di te per cui ti sei ritrovato ad invitarlo.”

Dal canto suo, Ed odiava vedere suo fratello triste e vedere gli occhi farsi leggermente liquidi. Soprattutto se la causa era lui.

“Vedi? E’ odioso! Addirittura ti fa deprimere! Vedi? E’ il MALE!!”

"Basta con questa storia, niisan!" ridacchiò lui, dandogli un buffetto sulla testa.

"Non fasciarti la testa prima del tempo, magari sarà una serata piacevole, al contrario di quanto tu possa pensare...E poi non ha nessuna influenza su di me!!"

Era una dote innata, quella di Edward. Era l'unico che riuscisse a risollevargli il morale dopo neanche cinque minuti.

Il risultato di una vita assieme era quello. La capacità di sollevarsi a vicenda – come quella di prendersi cura uno dell’altro. Una promessa sul letto di morte della mamma inseritosi e fuso nel loro DNA.

“NIENTE è piacevole con quell’uomo. Non capisco come le donne possano andarci a letto. Ed influenza male i bambini, quello.”

"I bambini? Quali bambini?" chiese, sorridendo. “E poi, niisan, ammettilo, non è mica un uomo brutto... Anzi, secondo me è proprio di bell'aspetto!"

Sentì Edward deglutire al suo fianco, appena sentito "bell'aspetto" associato a "Mustang", e con nonchalance portò le mani dietro la nuca, guardando il cielo e aspettando la sua reazione.

E il cielo si aprì.

“QUELLO?! DI BELL’ASPETTO?! MA L’HAI VISTO BENE IN FACCIA?!”

Ed puntò un indice accusatore (per la decimillesima volta) al volto innocente di Al, tenendo la busta con l’altra.

“COME PUOI DIRE UN’ERESIA SIMILE?! VERGOGNATI!! TI HA FATTO IL LAVAGGIO DEL CERVELLO QUEL CANE?! DI SICURO!! ALTRIMENTI NON POTRESTI DIRE UNA COSA SIMILE!! NESSUN ESSERE UMANO POTREBBE!! ERETICO!! CIARLATANO!! BUGIARDO!!”

Al prese il dito e glielo morse. Semplicemente.

Gli lasciò i segni degli incisivi tutt'attorno, sperando che quel piccolo dolore lo riportasse un po' coi piedi per terra.

"Non mi ha fatto il lavaggio del cervello, anche perché tu passi più tempo con lui che non io, o mi sbaglio? E poi, potresti offendermi sai?"

Gli diede le spalle, incrociando le braccia, mentre tirava fuori la lingua, divertito.

Tanto lui non lo avrebbe visto.

“Mi hai fatto male!!”

Edward, con una lacrimuccia all’occhio sinistro, si mise il dito in bocca dopo averci soffiato un attimo sopra.

“Da quando sei così violento e irrispettoso verso tuo fratello maggiore? Non sai che dovresti portare rispetto? E… non offenderti! E’ tutta colpa di Mustang! Io sono innocente!!”

Gli andò davanti alla faccia che Al aveva gonfiato come uno scoiattolo per tutta finta ira.

Non alzò lo sguardo per puro orgoglio.

Perché non poteva permettere che Al fosse più alto.

“Dai, su, non arrabbiarti e andiamo a casa…”

Al sgonfiò le guance, sorridendogli, poi lo prese sottobraccio, senza dire una parola e trascinando il fratello verso casa.

"... Poi mi aiuti a cucinare?" mormorò poi, lasciando ciondolare la testa di lato, guardandolo con occhi da cucciolo. "Da solo non ce la farò mai per le nove..."

“… Al, sei pazzo? Ricordi che l’ultima volta che ho cucinato qualcosa ha lasciato l’impronta di sé sul soffitto?”

"… se lo fai... doppia razione di torta!" aggiunse poi Al, in tono solenne, quasi senza ascoltare la risposta del fratello.

Che piccolo tentatore subdolo.

“… okay.”

Più che per la torta, accettò con l’idea di poter avvelenare Mustang. Gli occhi iniziarono a brillare indegnamente.

"Cosa non si fa per un po' di dolcezza..." rise Alphonse.

Il fatto che avesse accettato, pur sapendo che lo aveva fatto solo per secondo fine, lo rallegrò. Voleva fare il maggior numero di cose possibili con lui, e vederlo imbrattarsi con sale, salse o chissà cos'altro gli metteva addosso un senso di felicità difficilmente scalfibile.

E poi... diciamocela tutta: lo stomaco del generale di brigata Mustang non era importante quanto qualche momento solo per loro due. Ed non era certo un genio dei fornelli, ma anche in un’ eventuale intossicazione se la sarebbe cavata con poco.

“Oh oh, sarà tutto mooolto dolce per Mustang…”

Ed chiuse la mano a pugno come in segno di vittoria.

Il ragazzo appariva meno sensibile al legittimo desiderio – in realtà radicato in entrambi – di passare più momenti possibili assieme, ora che anche Al respirava e camminava ed emetteva calore. Ma anche dal canto suo, la voglia era enorme. Non si era mai spenta, in quegli anni. Mai, neppure una volta. Neppure una notte, quando i ricordi venivano a bussargli alla mente che tentava di tenere ermetica. Mai la fiamma che ardeva, bruciando quei ricordi come legna per alimentarlo, di desiderio di vivere tranquillamente col fratello aveva dato cenni di indebolirsi davanti al vento.

"Niisan, se nomini quel cognome un'altra volta prima dell'arrivo del diretto interessato, ti mando a letto senza cena, chiaro?" brontolò il minore, mentre frugava nella tasca per prendere le chiavi di casa.

Pochi passi, uno scatto della serratura, e furono nuovamente dentro.

"Da' qua..." disse gentile, mentre sfilava dalle mani di Edward la busta e andava in cucina, canticchiando il motivetto che Ed riconobbe come quello che faceva da sottofondo alla loro piccola permanenza nel supermercato.

“Al, non puoi mandarmi a letto senza cena, sono tuo fratello maggiore, IO!”

Il più basso brontolò in risposta per le parole del fratello che avevano tutto il sapore di un rimprovero, ma di quel genere di rimprovero che viene inferto ai bambini piccoli, quelli che lui odiava profondamente.

Non che si stesse comportando, in verità, da essere umano adulto.

“Ah! Allora quando arriva posso coprirlo d’insulti, allora?”

"Niisan... - cantilenò Alphonse, togliendo il cibo dalla busta e mettendo in frigo la torta - Puoi farne quello che vuoi, basta che non sia in MIA presenza... Ok?"

Sperò che il tono fintamente duro facesse demordere suo fratello dal continuare ad infangare in tutti i modi possibili l'immagine del generale di brigata.

Era più facile cercare di far ragionare un bambino, accidenti a lui!

"E ora, qua, subito!"

“Ma sarebbe bello vederlo ricoperto d’insulti e umiliato! Non credi??”

Decisamente, far ragionare Edward sembrava una missione impossibile.

Fortuna che tra qualità di Alphonse spiccava un’innata ed infinita pazienza, soprattutto nei confronti del fratello.

Alphonse, però, sembrava star sviluppando uno strano senso di superiore autorità nei confronti dell’altro.

“Non ti sembra di stare diventando un po’ irrispettoso con me, fratellino?”, disse con le mani dietro la nuca e le labbra arricciate all’infuori. Senza ubbidire.

"... Latte, lattino..."

Non sapeva perché lo avesse detto. Sperava però che alle orecchie di suo fratello suonasse come una minaccia.

"No, non lo sono. Però se continui ad eccitarti così tanto, pensando alle molteplici fini che Mustang potrebbe fare, potrebbe venirti un'ulcera, o qualcosa così. E io ci tengo tanto alla tua salute..."

Rise sotto i baffi. A dire la verità si divertiva a stuzzicarlo, ogni tanto.

“Sì, lo stai diventando, invece! E io sono troppo bello per pigliarmi cose del genere! E soprattutto progettare il modo in cui potrebbe morire Mustang è molto divertente e rilassante. No?”

Normale routine in casa – in trasferta – Elric. Bisticci di poca importanza e battibecchi sciocchini,  perché il tempo passato fosse sempre ricordo.

“E non azzardarti a dire ancora LATTE!!”

E Al non ce la fece più.

Dapprima leggeri sobbalzi delle spalle, che diventarono risata fragorosa, che riempì la cucina, insidiandosi nelle orecchie di entrambi.

"Niisan sei... troppo... divertente..."

Si affacciò alla porta, guardandolo divertito, senza intenzione alcuna di schernirlo o metterlo in imbarazzo. Ed era capace di metterlo di buon umore in qualunque modo, fossero coccole, discussioni animate o insulti riferiti a un certo uomo d'alta statura col cognome da cavallo.

La risata di Al era come l’acqua di ruscello: pura, limpida, rinfrescante.

Edward dovette arrendersi a quell’evidenza, senza percepire la stranezza di apprezzare così tanto un aspetto del proprio fratello.

(Se mai ce ne fosse stata.

Probabilmente no.)

La risata di Al non gli apparse, esattamente come doveva essere, ironica o sarcastica.

Semplicemente acqua.

Fresca, dolce.

E gli rimbalzava nei timpani con la calma di un sottile fiume di montagna.

“… perché sono divertente?”

"Perché, deve esistere un motivo?" fece, sorridendo dolcemente.

Avanzò di uno, due, dieci passi. Gli si fermò davanti, prendendogli le mani.

"E ora... - se le portò vicine, lasciandogli stendere le braccia - Verresti ad aiutare il tuo fratellino irrispettoso?"

Ooh, senti che sviolinatore che sei! Sì che t’aiuto, senza che usi quella vocina!”

Ed sbottò in una lieve risata, roteando gli occhi.

Il fratellino cresceva a vista d’occhio e imparava come aver a che fare con lui. Un po’ alla volta, piano piano – ma Ed non lo avrebbe mai ammesso.

“Poi non lamentarti che rimarranno impronte su soffitto e pareti. E io non pulisco!”

"Pulirò io, tu faresti solo danni, sai?"

E mano nella mano andarono in cucina, posizionandosi tra i fornelli.

Al guardò la stanza, sospirando.

"Addio, ordine, ci si vede presto!" disse sollevandosi le maniche della maglia, poi liberò gli alimenti dalle confezioni, e la cucina si trasformò in un via vai di parole e pietanze.

Un grandissimo trambusto invase quella povera stanza che così tanto tempo ci aveva messo ad essere ordinata. Ma non ebbe il tempo di piangere le sue lacrime che venne invasa di uova, farina, latte (“AAAAAAARGH!!” “Nii-san, ho sbagliato, non sbraitare cosììì…”), verdure d’ogni tipo – bucce e gusci d’uovo per terra in un’unica poltiglia -, pesce e pane tostato.

Un miscuglio di profumi che avrebbero fatto venir fame ad un morto.

“Al, se la carne inizia a diventare nera vuol dire ch’è cotta?”

"Si, niisan! Spegni e lasciala a riposo! E... hai della farina sul naso..." fece, agitando il dito sul suo naso, a suggerire al fratello la mossa più intelligente da fare per non peggiorare la situazione.

Intanto, con l'altra mano, rigirava con lentezza le patate che, minuto dopo minuto, prendevano un bel colorito dorato, assumendo un aspetto decisamente invitante.

Talmente invitante che Ed si premurò di sentirne il sapore in anteprima.

“Troppo buone per rifilarle a Mustang.”

Si leccò le dita ancora sporche della farina che aveva levato dal naso.

Era ricoperto, letteralmente, di macchie di cibo e le guance sporche di qualcosa non umanamente definito.

Al lo guardò, mentre trionfante mandava giù un'altra patatina, e sorridendo gli si avvicinò, stampandogli un bacetto sulla guancia.

"Avevi dell'uovo... - rise - o almeno spero fosse tale!"

Anche lui non era messo tanto meglio: era stato così intelligente da versarsi addosso le uova di lompo che invece erano destinate alle tartine.

"Credo che avremmo tutti e due bisogno di una bella doccia dopo... Per fortuna c'è solo da - spense il fornello delle patate - fare la pasta..."

“Posso piombare su Mustang sporco di cibo così da far accorrere i cani del quartiere? Io sto benissimo così. Magari se ci vede sozzi se ne va! E noi mangiamo di più! Mi sta facendo una fame che non puoi immaginare…”

Tentò di allungare le mani sporche verso il salmone, pienamente intenzionato a farlo fuori almeno per metà. Colpa di Al, ch’era troppo bravo a cucinare e gli faceva venire la bava alla bocca.

"No, - e un leggero colpo sulla mano bloccò ogni suo intento furtivo - sarebbe solo un motivo in più per farti prendere in giro, Niisan... Al massimo.. AL MASSIMO...Puoi infilargli un pezzo di torta in tasca e... Oh cielo, mi stai traviando coi tuoi Mustang-discorsi, basta!"

E, facendo una palletta di pasta con uova e farina, gliela lanciò dritta sul naso, sporcandoglielo nuovamente.

"Su, da bravo!"

“Da bravo cosa?! Mi hai insudiciato di… schifo!!”

Il malcapitato si levò il composto dalla faccia, buttando quel che ne rimaneva sul volto sporco del fratello.

Aaaaah, irrispettoso!! E mi parli come parleresti ad un moccioso, ti rendi conto?”

"Ma... ma..." balbettò il minore, passandosi la mano in faccia e guardando il sudiciume che suo fratello aveva tanto voluto.... condividere con lui.

"EDWARD ELRIC!! - tuonò poi, resosi conto del reato di cui era stato vittima - Ti punirò a dovere per questo, sappilo!"

E, passatesi le mani su quella poltiglia non identificata, attaccò Ed avvinghiandosi tutt'addosso a lui, restituendogli doppiamente il "favore".

I vicini, probabilmente, iniziarono ad odiare gli Elric dal primo giorno, per tutto il casino che due ragazzini riuscivano a produrre.

“TU!! ALPHONSE ELRIC!! MOCCIOSO!! STAI CERCANDO LA GUERRA!! EBBENE, E GUERRA AVRAI!! MA ASPETTATI LA SCONFITTA DA ME, IL GRANDE FULLMETAL ALCHEMIST!!”

Prese il miscuglio che serviva per friggere la carne, ne prese una dose sufficiente tra le mani e poi di volata in faccia al fratello. Ignorando completamente che tutto quello serviva per la cena.

Al si ritrovò a non essere molto diverso da un pupazzo di neve sporca, un po' d'uovo, un po' di pane grattugiato qua e là su per il viso, per il collo.

Dappertutto.

"Niisan, niisan... ti consiglio di scappare..."

Guerra, eh? Non sapeva con chi aveva a che fare.

Portò le mani al tavolo, amalgamando quanta più roba possibile, dimenticandosi che l'orologio ormai segnava le nove meno cinque, che Mustang sarebbe stato lì a momenti, e che la cena ancora NON era pronta.

Non esisteva più niente, se non la lotta all'ultima... palla marcia tra i due fratelli Elric.

Roba che sarebbe passata alla storia!

“Non credo proprio, MOCCIOSO! Sti cavoli che scappo davanti a TE!!”

Schivò l’enorme palla di cibo agglomerato che il fratello gli aveva lanciato, per replicare al fuoco con un uovo intero direttamente sul naso.

“Hai ancora tanto da imparare, sai?!”

Per fortuna ch’era tornato umano, sennò Al Armatura lo avrebbe steso. In un nanosecondo.

"..."

Si passò una mano sul viso, che si fece carico del viscido bianco, schiaffandolo a terra con un gesto secco. Prima di recarsi verso il frigorifero lo fulminò con lo sguardo, e poi, quando la mano su poggiò sulla maniglia argentea dello sportello, canticchiò:

"Latte, lattino..."

Il volto di Edward si pietrificò in un’espressione di puro terrore.

“… non… non oserai…”

In verità manco sapeva che avrebbe fatto, ma vedere quel maledetto liquido bianco che puntualmente si faceva ritrovare davanti agli occhi lo inquietava di per sé.

Al liberò la bottiglia di candido latte da quell'inutile tappo azzurro, poi si voltò nuovamente verso il fratello, con un sorriso tutto fuorché rassicurante sul volto.

"Latte, lattino..."

E splat. Probabilmente Ed non ebbe tempo di realizzare quello che era successo, neanche quando piccole gocce bianche scivolarono dai suoi capelli lungo il suo volto, sfiorandogli le labbra ed intrufolandosi sotto la camicia.

"E ora?"

“E ORA MUORI!!”

Il latte che gli era entrato in bocca mentre sbraitava lo sputò, incurante del fatto se arrivasse o meno in faccia a quell’altro.

Prese dall’acqua bollente le patate messe a bollire, oramai per metà molli, e gliela tirò addosso, centrandogli la camicia bianca. Poi prese le fragole e, col cucchiaino, iniziò a lanciargliele, colpendolo a caso ovunque.

"Ahi, scotta!! - piagnucolò, cercando riparo nel salotto - Te lo sei meritato! E domani ne comprerò altri due litri! E te li farò bere nel sonno!!! Stupido di un fratello!"

Acchiappò al volo una fragola, mettendola in bocca e mangiandosela di gusto.

"Alla faccia tua!"

“Voglio vedere ora quant’è grande la tua bocca!!”

Ed lo seguì al volo, tenendo in mano il vassoio delle fragole e iniziando a tartassare Al come una mitragliatrice. Ma, visto che quest’ultimo sembrava più furbo di lui, le schivò quasi tutte, finendo per schiantarsi contro il muro.

Oramai il Fullmetal non guardava neppure dove fosse la faccia del fratello, lanciando alla cieca. Ad un tratto sentì il tipico (…?) rumore delle fragole che si spiaccicano contro la pelle umana.

“AH-AH, BECCATO MARRANO!!”

“… Nii-san, hai sbagliato persona.”

“… eh?”

“Buonasera, Fullmetal.”

Sul volto di Roy Mustang svettava una grossa chiazza rossa.

“…”

  
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