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Autore: Pendragon of the Elves    27/10/2012    6 recensioni
Breve storiella scritta sopprappensiero in un momento di completo disinteresse. Ho voluto sperimentare un genere in cui non mi ero mai cimentata e una tecnica di scrittura creativa. Assolutamente senza trama, solo un piccolo brivido.
Sconsigliata altamente a coloro che odiano sentire scriocchiolare le ossa.
Un piccolo tributo al mio alluce "Tony".
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Crackle Crackle Little Bone

 

Crackle crackle  little bone
In the darkness you alone
Crackle crackle little bone
in my body it has home
Crackle crackle little bone
silence after you are done

 
 


La casa è buia e silenziosa. Fuori dalla finestra, la pioggia comincia a cadere.
Pli… Pli Pli Pli… Plick
Dapprima sembra un dolce tamburellare di dita sui vetri, poi lo scroscio leggero diviene un rullo continuo.
Plick Plick Plick Plick
Una parata di echi che scende dalle nuvole.
Sul tetto sembra essersi riversata un'ondata di dadi leggeri che scivolano giù per le tegole rimbalzando. Il suono della pioggia avvolge tutto, cancellando il silenzio e divenendo lo sfondo.
Nel buio, sotto le coperte, un fruscio. La creatura abbandonata sul letto come un mucchietto scomposto di membra si muove: prima una gamba, poi un braccio. Pare un insettino scheletrico imprigionato nella stoffa che lo opprime col suo peso, troppo debole per liberarsi. La testa si rizza sul collo sottile: una piccola oliva su uno stuzzicadenti. Da qualche parte sotto il piccolo teschio, qualcosa scricchiola debolmente.
Sgnick
Il rumore di cartilagine tirata.
Muove le membra irrigidite come se fossero legnetti attaccati al corpo. Un piedino poggia per terra, seguito dal gemello. Sul pavimento buio i tendini si tendono con uno schiocco siamese.
Scra-crack.
Le piccole dita infreddolite si distendono accanto al famigliare rumore dell'alluce destro, loro fratello maggiore, che si articola con un rumore secco: quello di un ossicino di uccello che viene spezzato.
Stick
Lei poggia le mani sul materasso per issarsi a sedere: ogni falange ticchetta nella sua custodia di pelle. Si issa piano in piedi e si piega sulle ginocchia intirizzite che rispondono scricchiolando, i tendini delle caviglie vibrano in risposta e lassù, lontano, si ode il vocione dell'anca che morde il femore.
Stack, Stack 
Scra-crack
Crock, Crock
Una conversazione di monosillabi nel linguaggio anatomico dello scheletro.
Ritorna in piedi, su quelle gambette sottili come rami attaccati ad un tronco fino e asciutto. La braccia nodose di alzano, si trovano sopra la testa e le spalle girano sfasandosi sul bacino.
Cr-Cr-Cr-Cr-Cr-Cr-Cr-Crock
La colonna vertebrale, si distende in tutte le sue vertebre che ruotano nel loro nido di cartilagine in una sinfonia di scrocchi: un'unica corda d'arpa che produce 33 suoni diversi con un unica torsione. Il rumore del pilastro osseo, una cascata di ossicini sul pavimento di legno.
Per un attimo si sente solo la pioggia: quel suono, l'unico respiro di quel costato atrofico. Poi, il piccolo tonfo attutito dei talloni sul pavimento: sassolini che cadono sul cotone, tracciano una soffusa scia che descrive il corridoio nel buio. Ogni tanto, il rumore del collo individua una porta chissà dove nel muro.
Crack
crack
rack
ck
Ci sono quattro stanze, al piano di sopra. I piedini continuano verso le scale e le scendono con cautela -un ruzzolone lassù spazzerebbe via quel piccolo fragile ossario- in punta di piedi: l'alluce destro, ligio al suo dovere, pigola ad ogni scalino giocando a battimani col tendine della caviglia.
Stick... Stock   Stick…Stock   Stick…Stock   Stick… Stock   Stick…Stock
Tutto è rumore, un ticchettio di un metronomo morto sul velo di pioggia che sussurra fuori.
Stick
È l'alluce che arriva in fondo alle scale.
Cro
Sono le scapole che si baciano.
Sgneck
È il ginocchio che si distende nel passo.
Crackle
È il gomito che si tende nel buio.
Crick Crick Crick Crick Crok
La ragnatela di dita che si apre.
Crack
Il capo che si inclina con sguardo innocente.
CRACK
È il tuo collo che si spezza.


Fuori dalla finestra, la pioggia continua a cadere: tante piccole dita scheletriche che tremano.




The End




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The Bone-house:  ovvero, l'inutile spazio dell'autrice


Indegna di essere chiamata horror, fiera di essere nonsense.

Per chi non lo sapesse, anche io possiedo un dito parlante, come in bambino di Shinig, solo che il mio non parla (nè tantomeno mi fa avere visioni Kubrikkiane di atroci arredamenti anni '70 o valaghe di sangue che sembrano marmellata) e si limita scricchiolare ogni volta che lo muovo verso l'alto, con gli sguardi interdetti di tutti i presenti.
Oggi l'ho fissato molto intensamente e poi mi sono messa a scrivere. Lui se ne è stato buono buono a fare crick sotto la scrivania. Ho provato a scrivere giocando coi suoni, gli accostamenti delle parole e la grafica. Un po' come fa Baricco, per capirci.
La filastrocca l'ho scritta durante latino.

  Pendragon of the Elves
  
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