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Autore: mavi    11/05/2007    9 recensioni
Appena sentì la porta aprirsi alzò di scatto la testa e si raddrizzò sulla sedia. Scrutò la persona di fronte a sé, prima di altre due, e in un attimo lo riconobbe. Era davvero molto tempo che non lo vedeva...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Per lui

Non ci posso credere, ma finalmente son tornata…. So che probabilmente a voi ve ne importa poco quindi non mi dilungo nella descrizione dei miei mesi d’attesa e di scontento per non poter più prendere parte a questo nostro mitico” mondo parallelo”. In questo periodo di attesa il mio ingegno tuttavia non poteva stare fermo, anzi, e così è nata questa fanfiction, come molte altre, che spero vi piacerà dato che è frutto di elaborazione, di ore a pensare, di fantasia e tanta tanta passione per questo romanzo che tutti adoriamo. Son ritornata poetica, e spero sia un bene…




Buona Lettura ( e buona fortuna… ve ne servirà).



“Per lui?!”

Harry urlava e la pioggia attutiva le sue urla, ma non lo faceva abbastanza da non far trasparire tutto il dolore, il rancore, e le accuse che erano gridate in quelle parole.

“Per lui hai fatto soffrire Ron? Per lui l’hai lasciato…” un nodo alla gola che gli impediva di finire quella frase, un’ esitazione che faceva capire molte cose e che rendeva tutto più difficile e doloroso. “…per lui l’hai lasciato morire…?”

“No!”

Lei piangeva. Forse la pioggia scrosciante che cadeva su di loro, sulla terra, e sul corpo che cercava di proteggere tra le sue braccia, non lo faceva vedere. Ma piangeva tanto, tanto come non avrebbe mai creduto di poter fare. Un pianto che le toglieva il respiro, che non le dava tregua, che le rendeva difficile, quasi impossibile parlare. Ancor di più gridare…

“Lo sai che non… non avrei mai voluto!”

Il ragazzo si voltò dall’altra parte, dandole le spalle. Non la voleva vedere, non la voleva sentire.

Il suo mantello era fradicio e, invece di coprirlo, lo appesantiva soltanto grondando d’acqua. I suoi occhiali li aveva persi chissà dove, in quel terreno ormai semi distrutto, e la frangetta gli ricadeva sugli occhi, oscurandoglieli.

Era appena sera, e mai come allora l’oscurità gli sembrò più spaventosa. Nell’aria aleggiava ancora quel freddo.

Era buio, ma distingueva bene i profili di quei palazzi verso cui il su amico si era allontanato, per salvare anche tutti loro, e dai quali non aveva più fatto ritorno. Mosse un passo in quella direzione, sarebbe stato difficile ma ce la doveva fare.

Eppure, non poteva essere vero…

***

Era seduto nella sala d’aspetto e ogni volta si stupiva sempre più della sporcizia di quel posto, ma d’altronde parliamo del centro di raduno degli auror. Il posto dove gli auror stanchi e sporchi, di ritorno dalle battaglie combattute nei posti più impensabili (dalle strade di periferia alle fogne), si recavano per i verbali, per gli interrogatori, per riposarsi tra un turno di guardia e l’altro. Il pavimento bianco, decorato da centinaia di impronte, ne dava conferma.

Da un anno a questa parte frequentava, assieme a Ron, assiduamente quel posto. Più o meno dal giorno in cui aveva avuto il permesso di divenire un membro attivo dell’Ordine della Fenice.

A soli vent’anni doveva ritenersi più che fortunato ad avere un simile incarico. Se lo ripetevano spesso lui e Ron… E a proposito, dove era finito?!

Era più di un quarto d’ora che ormai lo aspettava.

Dopo essere giunti insieme, a causa della convocazione concitata avuta nel bel mezzo di un pattugliamento da un auror “secondino”(nel senso di novello), aveva detto di andare a chiedere informazioni sul loro richiamo e poi, non l’aveva più visto…

Si stava giusto infervorando quando, mentre sbuffava e controllava l’orologio per l’ennesima volta, Ron arrivò a passo spedito e con uno strano sorriso sulle labbra.

“Era ora!” disse a tono di voce abbastanza alto, in modo che lo potesse sentire forte e chiaro, nonostante stesse ancora attraversando il lungo corridoio davanti a lui.

“Harry… ce l’abbiamo fatta, amico!”

Gli lanciò uno sguardo interrogativo e Ron non si fece pregare oltre.

“C’è l’abbiamo, abbiamo chi potrebbe darci delle informazioni utili… Bisogna solo convincerlo…”
“Vuoi dire che sono riusciti a catturare un Mangiamorte
del gruppo?” chiese, scattando in piedi con il pugno destro chiuso a mo’ di vittoria.

“Esatto.”

Ron si voltò e cominciò a ripercorrere il lungo corridoio che sembrava non aver fine e che si perdeva nell’oscurità delle ombre, sino a quel giorno per loro mai esplorate.

“Fantastico!”

Harry lo seguì senza perder tempo, con bramosia.

“Quando l’hanno preso?”

“Questa mattina presto. Il gruppo di auror era in pattuglia e non si aspettava di trovare un Mangiamorte a passeggiare per le vie di Notturney Alley, per la verità dicono che anche lui sembrava essere molto sorpreso.”

“Ma sei sicuro che sia uno dei Mangiamorte a diretto contatto con Voldemort e che ci possa davvero dire qual cosa di concreto? Mi sembra uno un po’ sprovveduto… o inesperto…”

“Sì, l’ho pensato anch’io. Ma mi hanno assicurato che è per certo uno del gruppo…Inoltre pare che siamo stati gli unici membri dell’Ordine che sono riusciti a rintracciare.”

“Saranno tutti molto impegnati con i loro incarichi... Ed Hermione, invece, l’hai sentita?”

“No, anche lei è molto impegnata. L’ultima volta che ci siamo visti mi ha parlato per tutto il tempo della sua missione con Tonks, ai confini della Scozia, poi è ripartita. Adesso comunque dovrebbe essere ritornata a Londra, le missioni fuori per l’Ordine sono finite… Avremmo potuto farci anche noi un bel viaggietto ma-”

“Sì, ma… non ti ha detto proprio nient’altro…?” chiese con quella inconfondibile punta di malizia, interrompendo Ron sul principio di un monologo tutto mirato a distogliere l’attenzione dal suo rapporto con Hermione.

“Ecco, guarda, siamo arrivati!” disse, afferrando con uno scatto veloce la maniglia dell’unica porta presente in quell’ultima fazione di corridoio.

“Lungo questo corridoio, eh?” aggiunse poi spalancando la porta e sparendo dietro di essa con disinvoltura, senza mai guardarlo negli occhi.

Harry lo seguì alzando lo sguardo al soffitto. Ultimamente Ron era diventato sin troppo bravo a dissimulare e a glissare su determinati argomenti, quando non li voleva trattare.

La piccola stanzetta in cui si ritrovarono era semibuia, non vi erano finestre e aveva tutta l’aria di essere un’anticamera.

Un auror, seduto davanti ad una scrivania malconcia e sterile, si alzò al loro arrivo e li salutò porgendoli la mano.

“Signor Potter, signor Weasley. Piacere di conoscervi, Matias Cavral.”

Ricambiarono il saluto stringendo la mano del distinto auror che era davanti a loro. Alto, sulla quarantina ( anche passata), e dall’ espressione composta. Mai visto prima d’allora.

“Ho voluto accogliervi e guidarvi personalmente. So che da tempo l’Ordine vuole catturare un Mangiamorte di questo calibro. Ero a capo della pattuglia, istruivo il corpo di Auror novellini… Spero di aver reso un buon servigio.”

“Sicuramente l’ha fatto, capitano. Ora mi dica, sappiamo chi è?” chiese in tono professionale e sicuro Harry.

Cavral ispirò, annuendo poi impercettibilmente.

“Draco Malfoy. Credo che comprendiate la nostra sorpresa…”

“Ma…non è possibile! Malfoy non era…”

“Morto?” termino l’auror per Ron.

“Sì. Almeno su carta.”

Harry non aspettò oltre, oltrepassò sia Ron che il capitano Cavarl e aprì la porta. Non poteva farsi sfuggire un’ occasione del genere.

Qualche minuto prima dubitava ancora dell’utilità dell’ostaggio, ma se Malfoy non era uno tra i più fidati Mangiamorte del Signore Oscuro, chi se no?

Avrebbe dovuto farsi dire tutto, ogni dettaglio, ogni piano, anche a costo di essere poco “gentile”. La guerra durava già da troppo, troppe vittime erano state fatte, ed era il momento di compiere giustizia (nonché la sua personale vendetta per tutte le persone che aveva perso ingiustamente, una dopo l’altra, sempre in maniera più crudele).

Ron e l’auror lo seguirono subito dopo. La stanza in cui entrarono era leggermente più grande della precedente, di forma rettangolare, e un vetro trasparente la divideva da un altro ambiente.

Lì, in quei pochi metri illuminati da una luce bianca e fredda, Draco Malfoy era seduto su di una sedia in ferro battuto, non molto massiccia, ma dall’aria di esser molto pesante. Le mani legate dietro alla spalliera con delle manette, il capo abbandonato all’indietro, tutto a creare l’immagine di un uomo che si stava inequivocabilmente annoiando.

Appena sentì la porta aprirsi alzò di scatto la testa e si raddrizzò sulla sedia.

Scrutò la persona di fronte a sé, prima di altre due, e in un attimo lo riconobbe. Era davvero molto tempo che non lo vedeva, tolte le rapide occhiate durante le varie battaglie tra Auror e Mangiamorte.

Ghignò, in una sua espressione abituale.

“Potter, da quanto tempo…”

Il giovane Auror venne avanti in silenzio, e lui continuò.

“ Non sei un uomo dalle grandi sorprese, però. Cosa ci si poteva aspettare da te, in fondo, se non che diventassi un Auror per conto del magnifico Ordine della Fenice?”

Potter lo guardò con repulsione, come se fosse l’essere più immondo di tutto il pianeta, ma fu un’altra voce a rispondergli.

“Anche tu, Malfoy, non sei da meno. Cosa ci si poteva aspettare da te, in fondo, se non che diventassi un fottuttissimo Mangiamorte?”

“Weasley! Ma certo… non poteva mancare il fido cagnolino…” rise sgradevolmente al viso infuriato del rosso.

“Anche tu sei rimasto uguale, dici sempre e solo baggianate…” aggiunse poi, smettendo di ridere.

“Basta con i convenevoli, Malfoy. Sai cosa vogliamo.”

Draco sentì la punta di una bacchetta premere pericolosamente contro la sua nuca, ma persistette nel suo atteggiamento sfacciato e imprudente.

“Sai qual è la mia risposta.”

“Siamo qui per farti cambiare idea, d’altronde.”

Harry si posizionò nuovamente accanto a Ron, di fronte a Malfoy, mentre il terzo auror rimaneva sul fondo della stanza, assistendo muto alla scena.

“Ho una testa piuttosto dura, sai? Me lo dicono in tanti.”

“Vedremo…”

“Cos’è quel tono minaccioso, Sfregiato?

“ Tu non faresti male nemmeno ad una mosca. Non ne sei capace” sentenziò velenosamente.

“Dipende dalle situazioni e da chi mi trovo di fronte. Ma hai ragione, non ho una predisposizione alla violenza… e ne sono orgoglioso.”

“Te lo chiediamo un’ultima volta. Vuoi collaborare… con le buone?” insistette Weasley.

“Potrei avere un bicchiere d’acqua?” chiese in risposta.

“Come vuoi” rispose Harry, impugnando saldamente la bacchetta.

“Voglio parlare con qualcuno di importante. Un membro anziano dell’Ordine. Lupin, magari...”

“Per adesso ti accontenti di noi” disse serafico il rosso.

“Non me ne faccio niente di due incapaci che non contano nulla come voi, devo parlare con i vertici alti!”

Non c’era nulla da fare, si divertiva troppo a punzecchiarli, e sapeva bene che con quelle parole aveva colpito… e affondato.

“Taci Malfoy.”

Per la seconda volta Harry Potter gli puntò la bacchetta contro e, per la seconda volta, lui rimase impassibile.

“ L’Ordine della Fenice non è fatto di gerarchie come il vostro mondo, e come quello che vorreste imporci. Sta sicuro che tutto quello che dirai verrà riferito e ciascun membro dell’Ordine.”

Draco lo continuava a guardare torvo, ma non aprì bocca.

Non aveva nulla da dire a due come loro.

“E inoltre l’incapace qui mi sembri tu. Farsi catturare così stupidamente per Notturney Alley è davvero una cosa poco dignitosa.”

Accusò il colpo e rimase zitto.

“Forse è stato Piton a salvarti in tutto questo tempo, ma ora che è ti ha abbandonato le cose diventano più difficili, eh?”
Ripensò al suo insegnante, ex a dir la verità, scoperto come spia e… “sparito”. Lo riteneva una persona più intelligente, sinceramente, ma forse si era sbagliato anche su di lui.

“Io non ho bisogno di una balia come te e come tutto l’Ordine della Fenice, devo dire, dato che da quando è morto Silente non riuscite a concludere nulla. Altrimenti non vi sareste ridotti a cercare disperatamente un ostaggio da far parlare…”

Vide sia Potter che Weasley irrigidirsi e non rispondere comunque alla sua provocazione.

“Inizia col dirci perché vi spingete sempre di più oltre i confini, verso Nord, forse qualche altra mostruosa creatura da arruolare?” iniziò a chiedere Potter.

“E i Dissennatori, che fine hanno fatto? Sono mesi che non attaccano, che state preparando?” continuò Weasley.

“Dov’è finito il Ministro Emil?”

“E gli Armatori di Incantesimi scomparsi un mese fa?”

Le domande si susseguivano, le voci si alternavano, ma il loro ostaggio restava muto e continuava a fissarli senza alcun indugio negli occhi.

Un rumore fragoroso, reso tale dal silenzio che per qualche secondo si era venuto a creare, fece salire un brivido sinistro sulla schiena di ciascuno, benché nessuno avesse dato a vederlo. Il rapido rumore metallico provenì dalla stanza di fronte e l’Auror in fondo alla sala si allontanò rapidamente dalla parete a cui era appoggiato.

“Vado a controllare.”

Detto questo attraversò il vetro e sparì nell’oscurità della stanzetta che fungeva d’anticamera. Ritornò poco dopo, richiudendosi la porta alle spalle.

“Non era nulla, potete procedere.”

Quando il silenzio tornò e quando gli occhi di Potter gli furono nuovamente puntati contro, aprì bocca.

“Ve l’ho già detto, non dirò una parola… Specialmente a voi.”

Ancora silenzio e poi ultra domanda, l’unica di fronte a cui tutte le altre passano in secondo piano. La chiave d’accesso per tutto. Lo scacco matto. Il primo tassello di un immenso domino.

“Dov’è Voldemort?”

Malfoy rise.

“Mi fa ridere la tua ingenuità, Potter. Davvero credi di poter avere una tale informazione così? Davvero credi che vorrei, che potrei rispondere ad una domanda del genere? ”

“E’ questo il punto. Tu puoi, Malfoy.

“Perché tu sai dove si trova il luogo in cui si nasconde, non è vero? O vuoi farmi credere che non conosci il posto delle vostre allegre riunioni?”

“Cimiteri, per lo più” rispose con leggerezza.

“Ci avrei scommesso, ma a noi servono informazioni più dettagliate. Quella serpe con manie di grandezza avrà sicuramente organizzato qualcosa di colossale, quanto invisibile…!”

“Il Signore Oscuro è un grande mago, il più grande! Porta rispetto!”

Passi frettolosi che salivano scale sembrare infinite, respiri affannati e menti concentrate su di un solo pensiero, su di una solo preoccupazione. Arrivare in tempo.

Tre tipi di impronte andarono ad adornare nuovamente il quadro di fango che il pavimento, raramente bianco, era diventato.

Facili deduzioni ad osservarle: scarpe da uomo le prime, tacchi da donna le seconde e comuni ballerine le terze, dal numero non molto grande. Indossatore di giovane età.

Era incredibile quante cose si potessero capire osservando solo un pavimento, era incredibile quante cose si potessero intuire osservando e basta.

Essere l’osservatore, colui che c’è sempre ma è ignoto a tutti. Essere l’ombra, agire nell’ombra indisturbato a tirare le fila di un gioco sin troppo reale per permettersi di perdere.

Le suole delle ballerine di cuoio nere sbatterono ancora una volta sul pavimento, da sotto il mantello nero cadde un ciondolo dorato. Il live rumore che provocò toccando terra fu tuttavia impossibile da udire tra il frastuono di passi frettolosi, di respiri affannati e di menti occupate. Dall’ombra una mano veloce raccolse l’oggetto e, silenziosa come era arrivata, così sparì.

Harry guardò un’altra volta Malfoy e poi spostò lo sguardo su Ron.

Come procedere ora?

Non poteva negare che in quel momento gli sarebbe piaciuto avere l’appoggio di qualche membro dell’Ordine più esperto. Magari Malocchio, per quelle cose era sicuramente il più adatto.

La porta si aprì di scatto e subito l’attenzione di tutti fu catturata da un affannato e sudaticcio Remus Lupin, seguito da una apprensiva Hermione.

Appena Harry vide l’uomo entrare nella stanza fu come se un ingombrante peso sullo stomaco fosse scomparso, e sorrise raggiante all’Auror.

Remus, ancora con una mano appoggiata al vetro per riprendere fiato e il mantello spostato, il cui colletto si andava a chiudere esattamente sulla sua spalla al posto che sulla gola, osservò attentamente i tre ragazzi.

Ron guardò subito verso Hermione, ma incontrò il suo sguardo solo per poco. Lei guardava Malfoy. Nessuno comunque fece troppo caso alla sua espressione d’improvviso sollevata ma comunque scura, poiché l’ennesima caduta di una Tonks in arrivo catturò nuovamente l’attenzione dei presenti.

Una volta aiutata la ragazza ad rialzarsi, mentre lei era ancora intenta a riinfilarsi un tacco ormai spezzato, Remus fissò Malfoy, che ricambiava il suo sguardo con ostilità e con una sorta di inspiegabile rancore. Una volta esaminatolo da capo a piedi, si rivolse a Ron ed a Harry.

“Che è successo qui?” chiese con un tono che sembrò ai due ragazzi un po’ troppo severo e indagatore.

“Mi è arrivata solo ora la notizia. Io e Ninphadora eravamo alla conclusione di un incontro con il Ministro della Magia” proseguì senza dar loro la possibilità di rispondere e tornando a fissare Malfoy, sempre immobile ed incatenato che, dal canto suo, non gli toglieva gli occhi di dosso.

“Ci hanno chiamato, dicendo di ritornare alla base di corsa, e quando siamo arrivati ci hanno detto di Malfoy e della pattuglia a Notturney All-”

“Sì, sì. So già tutto di questo, Harry” lo interruppe l’uomo.

“State tutti bene?” chiese poi Tonks.

Ron si voltò accigliato verso di lei, ritenendo scontata e fuori luogo quella domanda.

“Certo” disse occhieggiando con rammarico verso Malfoy.

“Adesso fatemi il favore di andare tutti via” disse Remus facendo qualche passo avanti verso il prigioniero e guardando uno ad uno prima Ron, Harry e infine anche Hermione che, stranamente, non aveva proferito parola e si muoveva inquieta.

“Perché non possiamo restare?” chiese Harry cercando di nascondere la rabbia. Perché, se erano a tutti gli effetti membri dell’Ordine della Fenice, venivano trattati come intrusi di cui sbarazzarsi ogni volta che le cose divenivano più complicate e, inevitabilmente, “delicate”?

Anche Ron stava per ribattere, ma uno sguardo ammonitore di Tonks li fece desistere dal continuare oltre. Così, sotto il mezzo sorriso insolente di Malfoy ( che Harry fece finta di non vedere) lui e il suo amico si avviarono verso l’uscita dalla stanza. Una volta sulla soglia Ron si voltò e fece segno ad Hermione, che era immobile mentre fissava Malfoy, di seguirli.

Lupin chiese anche all’auror Cavral di abbandonare la sala e, soprattutto, di accompagnare loro furori. Così, una volta superata l’anticamera, Malfoy era rimasto solo con Tonks e Lupin.

Hermione guardò un’ultima volta verso quella porta e tutti, nel silenzio che li sovrastava, poterono udire le voci alte e tuttavia incomprensibili che iniziarono a provenire da dietro la piccola porticina bianca.

Uscirono fuori, il cielo era plumbeo e pioggia sottile continuava a scendere da esso. Harry, Ron ed Hermione erano riparati sotto il porticato, ognuno di loro appoggiato stancamente a ciascun lato della medesima colonna.

L’edificio alle loro spalle si ergeva bianco ed elegante, caratterizzato da una semplice e sorprendente finezza, che tuttavia ai Babbani sarebbe apparsa solo come un cumulo di ruderi. Il ricordo sbiadito di vecchie costruzioni dell’età classica.

Nessuno di loro parlava ma, per la terza volta, Hermione si accorse delle veloci occhiate che Ron le rivolgeva.

“Non mi aspettavo di vederti, Hermione. Pensavo fossi ancora in missione…” iniziò finalmente.

“Già, è vero. Come mai sei qui?” le chiese poi Harry.

“Sono tornata ieri sera con Tonks. Mi aveva detto dell’incontro con il Primo Ministro e così ero al Ministero con loro, per sapere subito se c’erano novità riguardo alle nuove forze da arruolare. Ad un certo punto poi gli ho visti uscire come due pazzi dall’ufficio del Ministro… All’inizio credevo fosse successo qualcosa là dentro, ma non avevo sentito gridare… Poi, strada facendo, mi hanno spiegato.”
Fece una pausa, ma dato che nessuno parlava continuò.

“Erano molto preoccupati per voi, temevano che avreste potuto fare qualcosa di sbagliato…”

Ron contrasse il viso in una espressione amara ed Harry emise un verso di rabbiosa protesta.

“Certo, d’altronde, siamo dei tali incapaci!”

“No, Harry. Lo sai che non è questo, la faccenda è molto delicata… E’ giusto che se ne occupino loro…” detto questo alzò gli occhi al cielo e non parlò più, né nessuno dei suoi amici fece diversamente.

Avrebbe voluto chiedere loro come stessero, cosa avessero fatto in quei giorni, ma aveva la testa e il cuore troppo impegnati in quel momento.

Dopo non molto tempo Harry e Ron andarono via e lei rifiutò il loro invito di pranzare assieme. Una volta rimasta sola guardò verso l’edificio che era alle sue spalle, assottigliando gli occhi con determinazione.

Con passo felpato attraversò l’ingresso e, guardandosi intorno con circospezione, iniziò a salire le scale. Passi piccoli, veloci ma resi leggeri il più possibile.

Finita la rampa di scale dovette evitare due Auror e una donna delle pulizie, nascondendosi in stanze vuote o dietro a qualunque cosa potesse coprirla sufficientemente.

Stava così percorrendo nuovamente il lungo corridoio, sapeva di correre dei rischi ma voleva sapere. Voleva sapere ora cosa sarebbe successo, voleva vederlo e magari parlargli un’ultima volta.

Con stupore e paura sentì la serratura della porta che aveva progettato di attraversare segretamente, e anche con l’aiuto di qualche incantesimo, scattare. Pietrificata rimase a fissare la maniglia abbassarsi, sentì le voci di un uomo e di una donna parlare e ridere provenire dalla stanza, la voce di Tonks e Remus. E questo sembrò risvegliarla.

Si guardò velocemente attorno e vide che a neanche un metro da lei un altro corridoio, più stretto e protetto in parte dalle ombre, che si univa a quello principale. Corse verso di esso e appena in tempo riuscì a svoltare l’angolo. Appiattendosi contro il muro, si riparò così tra le ombre.

Tonks e Remus le passarono incredibilmente vicino ma per fortuna non si accorsero di lei. Sentì la ragazza dire un “per fortuna”, o qualcosa del genere, e le si strinse il cuore.

Erano tutti felici perché finalmente avevano una possibilità di poter superare le difese del Signore Oscuro e lei invece stava male, desiderando che quella occasione non si fosse mai presentata. Desiderando che non l’avessero mai catturato.

Sospirò sommessamente e, una volta sicura che i due si fossero allontanati, decise di tornare velocemente in quella stanza.

Era strano, pensò, che l’interrogatorio fosse già finito. In genere erano cose, quelle, che richiedevano tanto tempo e molta pazienza. Ma in ogni caso da lì a poco una squadra di Auror sarebbe venuta a prendere Draco per portarlo ad Azkaban, perciò non aveva molto tempo.

Decise di correre il rischio, perché il desiderio di rivederlo dopo due settimane era troppo forte, e svoltò l’angolo.

Teneva gli occhi bassi e sussultò rumorosamente quando si accorse che davanti a lei c’era qualcuno, quando vide un mantello nero arrivare a sfiorare terra e a coprire un paio di scarpe altrettanto nere.

Un pensiero velocissimo, tanto desiderato quanto sbagliato, le attraversò la mente.

Alzò di scatto il viso e lo vide, un po’ trasandato, con delle occhiaie evidenti, ma sempre lui. I folti capelli chiari di quel colore platinato, particolare ed unico che creava un perfetto parallelismo con il suo carattere, con quelli occhi grigi, nei quali vide tanta sorpresa almeno quanta ve ne era nei suoi.

Ci fu qualche secondo di silenzio in cui rimasero semplicemente a guardarsi negli occhi e poi, proprio mentre lei apriva bocca per parlare, lui la prese per un polso e la condusse con sé nella stanza da cui era appena uscito.

Draco chiuse la porta, girando velocemente la chiave, e si voltò verso di lei.

“Cosa ci fai qui?”

Aspettò qualche minuto, era sicuro che fossero lì dentro. Sentiva le loro voci, a tratti alte e a tratti sussurrate. Talvolta ascoltava solo il silenzio.

Sollevò l’angolo della bocca pensando a cosa quella improvvisa mancanza di parole fosse dovuta. Comunicazione non verbale, molto efficace.

Riparato tra le ombre dello stretto corridoio aspettò ancora e poi, finalmente, la porta si aprì. Uscì il ragazzo, si guardò un attimo attorno e poi a passo lento iniziò ad allontanarsi.

Draco aveva gli occhi fissi a terra, era pensieroso. Dopo poco però, alzata la testa, si fermò di scatto.

Si sporse leggermente per capire meglio cosa fosse successo, ma tutto era tranquillo. Per fortuna, inizialmente aveva pensato che vi fosse qualche Auror nelle vicinanze.

Si acquattò nuovamente tra le ombre quando sentì i passi frettolosi di lei, che usciva dalla piccola stanza.

Ecco allora, forse la stava semplicemente aspettando.

“Che vuoi dire? Cosa significa “sta attenta”? Sono un Auror e ogni giorno partecipo a perlustrazioni e battaglie, e non mi hai mai detto di “stare attenta”. Perchè ora sì? Che sta succedendo, Draco?”

Hermione l’aveva ormai raggiunto e, fattolo voltare, lo guardava negli occhi.

“Nulla, ma la guerra diventa ogni giorno più pericolosa…”

La ragazza intensificò lo sguardo, non l’avrebbe presa in giro così facilmente.

Draco si voltò e riprese a camminare.

“Fammi andare, ora. Non voglio restare in questo posto un minuto di più.”

“Forse perché stai fuggendo e non è vero che ti hanno rilasciato per mancanza di prove?” rispose sarcastica e offesa per essere stata ritenuta così stupida da bersi una menzogna come quella.

“Ti sbagli, altrimenti gli Auror sarebbero già qui per condurmi ad Azkaban.”
La ragazza voltò il viso di lato e rimase zitta, non riuscendo effettivamente a spiegarsi quella assurda situazione.

Sospirò e si avvicinò nuovamente a lui, gli posò una mano sulla spalla e, alzandosi leggermente sulle punte dei piedi, gli diede un leggero bacio a fior di labbra.

“Sta attento anche tu.”

Si sarebbe aspettata una risposta a quel bacio, invece Draco sollevò il viso e assottigliò lo sguardo, sondando poi l’intero corridoio.

“Che hai?”

“Non so… mi sento osservato…”

Hermione rise sommessamente.

“Stiamo diventando paranoici.”

Draco la guardò e rilassò i muscoli del viso. Respirò profondamente e poi le rispose.

“Forse hai ragione.”

Harry e Ron erano seduti davanti ad un tavolo, nel Paiolo Magico. Nel posto come al solito affollato poterono affrontare tranquillamente anche i discorsi più segreti.

Ron posò l’osso della coscia di pollo appena mangiata nel piatto e si stese sulla sedia, allungando le gambe sotto il tavolo. Harry invece non aveva molta fame e metà del suo pranzo si era raffreddato in toccato, così giocherellava distrattamente con la forchetta.

Ripensava alle insinuazioni di Malfoy, al suo sorrisetto quando erano stati cacciati via. Una rabbia furente lo assalì, strinse la mano attorno all’acciaio freddo della posata e vide le sue nocche farsi bianche.

“Speriamo almeno che riescano a combinare qualcosa di buono con Malfoy.”

Ron annuì e poi si mise a fissare il legno del tavolo, pensieroso.

“Pensi ad Hermione?” chiese dopo qualche minuto Harry.

Il ragazzo si voltò a guardarlo, gli occhi tristi e le labbra piegate in una smorfia altrettanto triste.

“E’ come se fosse lontana, da noi… da me.”
“Hai ragione, non è più come una volta. Ma non te la devi prendere tanto, oggi è stata una giornata dura per tutti e l’ha detto lei che era stanca. E’ tornata solo ieri… Dalle tempo, vedrai che tutto si aggiusterà.”

“Non si tratta solo di oggi, Harry. Io… io credo di amarla, sai?”

Ron abbassò gli occhi mentre un rossore incontrollabile colorava le sue guance… e non solo.

“Lo so” rispose sorridendo l’altro.

Fu al tramonto che l’intero Ordine della Fenice venne richiamato, assieme ad alcuni dei corpi più numerosi e abili tra gli Auror.

I Mangiamorte avrebbero attaccato durante la notte la Gringott, la banca dei maghi. Lord Voldemort, una dopo l’altra, si sarebbe impadronito di tutte le istituzioni su cui ruotava la vita del mondo magico e Babbano. Ma soprattutto, Lord Voldemort avrebbe attaccato la Gringott perché desiderava impadronirsi di qualcosa che era protetta al suo interno. Qualcosa di cui purtroppo era ancora sconosciuta la natura.

Una soffiata, avevano detto.

Harry si era avvicinato Remus chiedendo se quelle informazioni le avevano ottenute da Malfoy o da una qualche “spia”, ma l’uomo non aveva risposto, fingendosi troppo indaffarato a organizzare il piano d’attacco e di difesa, i gruppi di guardia e quelli che sarebbero stati nascosti all’interno della banca… Ma tutto era già stato deciso.

“Perché sono stata messa a vigilare a tre strade di distanza dalla Gringott?!”

Hermione era appena arrivata dinnanzi a Remus, parlando ad alta voce e attirando l’attenzione di non pochi Auror lì presenti.

Remus le intimò di abbassare la voce e di parlare in privato, nella stanza accanto.

“Allora?” chiese impazientemente, senza neanche aspettare che l’Auror chiudesse la porta.

“Quando mai si è visto che un membro dell’Ordine della Fenice svolge i lavori degli apprendisti Auror?!”

“Non è un lavoro solo da apprendista Auror” rispose con pazienza.

“Ma comunque hai ragione, non è un impiego che spetterebbe a te…” aggiunse poi.

“Infatti, allora perché me l’ha assegnato? So che è stato lei…”

Remus sospirò e si sedette su di una poltroncina dello studio in cui erano entrati.

“Perché è meglio che sia così.”

“Non accetto questa spiegazione. Mi dia un valido motivo per cui io non dovrei dare una mano a tutti voi nella battaglia, altrimenti…”

“Loro ti conoscono, sanno che fai parte dell’Ordine e sanno che sei figlia di Babbani. Si accanirebbero contro di te più di chiunque altro…”

“Questo potrebbe essere vero, ma non è di certo la prima volta che combatto. Quale è la verità?”

“Non c’è una verità, Hermione. Non insistere. Sai benissimo che a me sta a cuore la tua vita, come quella di Ron ed Harry, e se faccio qualcosa di apparentemente ingiusto lo faccio nel vostro bene.”

Lo vide alzarsi e dirigersi vero la porta.

“Ma Ron ed Harry combattono! Cos’è questo? Maschilismo per caso?”

Remus rise silenziosamente in risposta.

“Io voglio combattere… e lo farò! Non sono entrata nell’Ordine per restarmene con le mani in mano nel momento del bisogno!”

“Ma tu non resterai con le mani in mano…”

Cercò di controbattere, ma lo sguardo infuriato e determinato di lei lo scoraggiò dal continuare.

“E va bene, Hermione. Sarai all’interno della Gringott come tutti gli altri, come Ron ed Harry. Combatterai, ma sei sicura di essere pronta?”

Remus parlò molto piano, scandendo bene le parole e guardandola negli occhi in uno strano modo, come a volerle dire qualcosa che non riuscì a cogliere.

“Certo.”

Il fatto che alcuna notizia o alcun segnale fosse giunto dagli Auror di guardia… era abbastanza insolito e preoccupante. La sorpresa che ebbero quando si accorsero che i Mangiamorte li avevano addirittura preceduti e che in realtà si trovavano già all’interno della Gringott… era stata scioccante.

La battaglia infuriò sulle ampie scale di marmo tra un Auror e un Mangiamorte e mano a mano si spostò sempre più verso l’esterno, coinvolgendo tutti.

Hermione combatteva contro un Mangiamorte che, da alcune piccole cose (come il sottile respiro affannato e i gemiti di dolore che ogni tanto poteva sentire), capì essere una donna.

Nel continuo parare e scagliare incantesimi vide anche Harry combattere non molto distante da lei. Per ora la situazione era equilibrata. Nessuno perdeva e nessuno vinceva, poiché le forze si eguagliavano, ma la situazione peggiorò quando altri Mangiamorte arrivarono in aiuto dei loro compagni.

Gli Auror erano in difficoltà e, stando attenta ad evitare una Cruciatus, Hermione vide Remus correre lontano dal centro della battaglia e, prima di smaterializzarsi, gridare ad una affannata ma combattiva Tonks di star andando a reclutare le forze supplementari richieste quella mattina.

Pochi minuti e sarebbe stato di ritorno con la forza necessaria per tener testa, e forse anche battere completamente, i Mangiamorte. Avrebbero dovuto resistere solo pochi minuti altri.

Finalmente con uno Schiantesimo riuscì a liberarsi della sua avversaria e guardandosi intorno, mentre riprendeva fiato, vide Ron combattere con un Mangiamorte molto più grosso di lui in quanto corporatura. Scagliò un incantesimo di impedimento al Mangiamorte e questo diede tempo a Ron di riprendersi.

“Forza Ron! Resistiamo solo qualche minuto ancora!”

Distratta non si accorse del Mangiamorte alle sue spalle, che le bloccò le mani dietro la schiena e le puntò la bacchetta alla gola.

Sentì una voce bassa e sprezzante vicino al suo orecchio.

“Muori, sporca mezzosangue.”

Le stringeva così tanto i polsi che dovette lasciare la presa attorno alla bacchetta e sgranò gli occhi a quelle parole, aspettando un’ Avada Kedavra che però non arrivò mai. Il Mangiamorte difatti fu allontanato con un potente Schinatesimo.

Appena si sentì libera recuperò la bacchetta e la posizionò in avanti, in maniera difensiva. Guardò verso Ron, Harry e gli altri Auror, ma erano tutti impegnati nella loro battaglia e non si erano accorti di nulla.

Si guardò ancora una volta intorno, nella speranza di trovarlo.

Era certa che fosse stato lui, e questo voleva dire che sotto una di quelle maschere, a pochi metri da lei, Draco stava combattendo contro di loro e che da un momento all’altro avrebbe potuto ritrovarselo di fronte, o lo avrebbe visto combattere contro uno dei suoi amici… E allora avrebbe dovuto colpirlo…

Distrattasi ancora una volta sentì un forte dolore al braccio destro e si accorse di star sanguinando, si voltò verso il Mangiamorte che le puntava la bacchetta contro e ricominciò a combattere.

Purtroppo per lei in quel combattimento il suo avversario e stava avendo la meglio e la ferita al braccio, inoltre, diminuiva la sua agilità e la sua precisione nel colpire.

Resisteva e resisteva, ma la situazione precipitò ulteriormente per l’Ordine quando un freddo improvviso preannunciò l’arrivo dei Dissennatori.

Alcune di quelle malefiche creature erano già giunte e urla di Auror si andarono ad unire alle voci che evocavano e scagliavano incantesimi.

Il Mangiamorte che combatteva contro di lei sembrava esser stato distratto dall’arrivo dei Dissennatori e abilmente, ma con grande sforzo, Hermione riuscì ad incarcerarlo tra catene magiche.

Decise di allontanarsi da quel luogo, magari avrebbe raggiunto Ron, ma il Mangiamorte a terra le sferrò un potente calcio sulla caviglia e cadde in ginocchio.

Strinse forte le mani attorno al punto dolorante, serrando gli occhi. Dopo poco si rialzò, piano, guardandolo con odio. Il desiderio di restituirgli quel calcio fu forte, ma si accorse di avere la caviglia slogata.

Fece qualche passo lungo il muro, appoggiandovisi con una mano, e vide Harry evocare il suo Patronus per sconfiggere i Dissennatori che iniziavano ad affollare.

Se era vero che ai Mangiamorte piaceva attaccare lei, figlia di Babbani, era pur vero che gli insulti che in continuazione riceveva non erano nulla in confronto alle schiere di Mangiamorte che erano pronte a battersi contro il Bambino Sopravvissuto e che, una dopo l’altra si susseguivano, non dandogli un attimo di tregua.

Alzò gli occhi al cielo, respirando profondamente e ringraziando Merlino per quei momenti in cui nessuno sembrava accorgersi di lei. Tuttavia quando assieme alla ormai flebile luce del tramonto vide prospettarsi all’orizzonte una macchia nera sempre più vicina, le si gelò il sangue nelle vene.

Erano troppi, troppi altri Dissennatori.

Hermione non fu l’unica ad osservare la minaccia che si avvicinava e, dall’altra parte della strada, vide Ron correre verso di essa.

“Ron! Dove stai andando?!”

Era Harry che urlava, mentre piccole gocce iniziavano a bagnare il terreno.

“Non possono arrivare sin qui, Harry!” rispose urlando e correndo via.

“Che cosa vuoi fare?”

“Li blocco, appena arrivano i rinforzi fammi raggiungere!”

Mentre Harry continuava a combattere, preoccupato e in disaccordo con il suo amico, Hermione sgranò gli occhi.

“Ron!”

Doveva raggiungerlo. Toccava a lei.

Non poteva lasciarlo a combattere da solo.

Mosse qualche passo in quella direzione, nella speranza di non essere coinvolta in qualche duello che le avrebbe solo fatto perdere tempo, ma non fu per colpa di un duello che dovette fermarsi.

Qualcuno la prese violentemente per un polso e la addossò al muro, poco gentilmente. Non fece neanche in tempo a stupirsi o a reagire in qualche modo, perché il Mangiamorte che si ritrovò davanti si sfilò velocemente la maschera.

“Dove stai andando?”

Draco era sudato e respirava velocemente, riprendendo fiato.

“Vado ad aiutare Ron! Sono troppi i Dissennatori per lui solo” disse convinta cercando di liberarsi dalla sua presa, inutilmente.

“Non puoi andare da nessuna parte conciata così, va piuttosto a metterti al riparo!”

Hermione assottigliò gli occhi, strattonando la mano nel tentativo di liberarsi.

“Devo andare da Ron” rispose scandendo bene le parole.

“Weasley è un Auror, no? Se la saprà cavare da solo.”

Draco iniziò a trascinarla via, fuori dal campo di battaglia, al limitare della strada. Hermione dietro di lui puntava i piedi e cercava di opporre resistenza in tutti i modi, ma era troppo debole… e lui troppo forte.

Vide alcuni Mangiamorte ghignare a Draco d’intesa, non avevano capito nulla… ma tanto meglio così. Si voltò un’altra volta verso gli edifici ai quali Ron era andato incontro, i Dissennatori aleggiavano già là sopra.

Cercò di opporre ancora una volta resistenza, portando il peso del corpo tutto sulle gambe e fu in quei pochi secondi che accadde l’irreparabile.

Draco si voltò rabbioso verso di lei.

“Vuoi stare ferma una buona volta e piantarla con tutte queste proteste?!”

Vide un Mangiamorte di fronte a loro scagliare una Avada Kedavra, diretta a lei. Con la coda dell’occhio vide Harry correre verso di loro, la rabbia negli occhi rivolta a Malfoy, la mano alzata e la bacchetta pronta per colpire.

“Lo vuoi capre che lo faccio per te…” la sua voce sfumò e fu l’ultima cosa che Hermione ebbe la coscienza di sentire.

Un incantesimo potente può essere contrastato solo con un incantesimo altrettanto potente. Quell’Avada Kedavara non avrebbe nemmeno sfiorato la sua amica.

Velocemente quanto nemmeno credeva di poter fare Harry scagliò un’altra Avada Kedavra e, a pochi centimetri da Hermione e da Malfoy, che solo ora si era accorto di quello che stava succedendo, si scontrò con la Maledizione scagliata dal Mangiamorte. I due zampilli verdi si cozzarono, non perfettamente, ma questo bastò a far cambiare la traiettoria al primo Anatema che, una frazione di secondo dopo, aveva colpito in pieno petto Malfoy.

Hermione urlò, mentre seguiva il corpo del ragazzo cadere a terra, tra pietre e fango. Si avvicinò a lui terrorizzata e scioccata, passi piccoli e una mano tesa in avanti. Si gettò sulle ginocchia, gli occhi sbarrati a guardare in realtà il nulla.

Perché era come se non lo vedesse, là a terra. Perché non lo voleva vedere.

Sbattè le palpebre per una esigenza fisica, il bruciore attorno agli occhi era diventato insostenibile, e piano lo abbracciò. Un abbraccio intenso e disperato.

Iniziò a singhiozzare affondando la testa sul collo del ragazzo… e pianse.

Harry intanto assisteva a quella scena senza aver la forza di dire una parola, senza poter muovere un muscolo. Il braccio abbandonato lungo fianco e la bacchetta impigliata fra le sue dita. Anche un alito di vento avrebbe potuto portargliela via.

La pioggia iniziò a cadere più fitta, sentì tutto il suo peso sulle spalle e anche un altro tipo di peso. Quello della morte del suo migliore amico.

I Dissennatori erano arrivati sin lì. Ora le decine e decine di Auror che erano giunti in loro soccorso, che stavano combattendo, che gli passavano accanto e a volte anche che lo urtavano, li stavano sconfiggendo. Ma se Ron non era lì e i Dissennatori sì, c’era un’unica spiegazione.

L’aveva capito in pochi secondi, da solo, appena dopo aver scagliato quell’Avada Kedavra. Quando aveva visto tutto farsi di ghiaccio e ombre nere oscurare le deboli luci delle torce appese lungo la strada, ormai spente del tutto a causa della pioggia.

In un attimo tutte le sensazioni che stava provando si tramutarono in rabbia, e fu come se avesse ritrovato d’improvviso la voce, la forza, la voglia di reagire.

Strinse pugni e iniziò ad urlare.

“Per lui?!”

***

Uscito finalmente dalla folla di Auror che andavano e venivano, impaziente di potersi congratulare con tutti per l’ottimo lavoro svolto, Remus dovette fermarsi di colpo, mentre il sorriso si spegneva sul suo viso.

Guardò Harry, aveva gli occhi vuoti rivolti oltre il campo di battaglia, e poi Hermione, piangeva e singhiozzava su di un corpo che aveva riconosciuto subito essere quello di Draco Malfoy.

Abbassò la testa e rimase in silenzio.

Pochi secondi dopo sentì Harry muoversi, alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Hermione pieni di lacrime e di odio dedicato esclusivamente al Bambino Che E’ Sopravvissuto.

“Harry… dimmi che non c’entri nulla con questa storia, che non hai alcuna responsabilità…” disse inquieto e con voce supplichevole, guardando prima il ragazzo accanto a sé e poi i due giovani a terra.

Harry si voltò, fissando Hermione con occhi inespressivi e poi rispose a bassa voce, con una apparente calma.

“Ron è morto.”

E si voltò di nuovo.

“Ron? Che… Cosa stai dicendo?”

“E’ andato a bloccare i Dissennatori… e non è più tornato…”

“No… io…”

Remus si guardò indietro e abbozzò un sorriso.

“No, io l’ho visto.”

Un Auror sorreggeva Ron, ferito e sporco ma che, pur zoppicando, voleva raggiungere a tutti costi il suo amico.

Il volto di Harry d’improvviso si illuminò e corse verso di lui.

“Ron! Io pensavo che…”

“Un miracolo, Harry… un miracolo bianco…” detto questo svenne tra le braccia dell’Auror che delicatamente lo posò a terra. Harry gli si inginocchiò accanto, alzando gli occhi al cielo, lasciandosi bagnare il viso dalla pioggia e sorridendo felice.

Di qualsiasi miracolo si fosse trattato, ne sarebbe stato grato sino alla morte.

Nonostante alzando lo sguardo avesse visto Ron, vivo se pur ferito, e avesse silenziosamente ringraziato il cielo per quel dono, Hermione non riusciva a far altro che piangere.

Sapeva che in quella guerra, da un momento all’altro, lo avrebbe potuto perdere. Sapeva che il loro essere un Auror e un Mangiamorte li avrebbe solo allontanati e portati all’autodistruzione… ma non così.

Draco era morto senza nemmeno avere il tempo di accorgersene, lei aveva visto quelle azioni veloci, troppo per poter fare qualcosa.

Il Mangiamorte, l’Avada Kedavra, Harry… Mai come in quel momento lo stava odiano.

Sapeva che probabilmente l’aveva fatto per salvarla, fraintendendo, ma sua razionalità l’aveva abbandonata. Non voleva scuse, non voleva capire… e l’odiava.

Strinse ancora più forte Draco contro di sé e singhiozzò un’altra volta. La pioggia sola le faceva da compagnia.

Nessuno l’avrebbe creduta, ma lei lo amava. Sì, amava un Mangiamorte. Scoperto nella sua menzogna della falsa morte, ormai quasi un anno fa, e innamoratasi di lui per strane coincidenze degli eventi che più volte li avevano uniti.

Lo guardò in viso, gli chiuse gli occhi e, seppur con lo sguardo offuscato, vide le sue lacrime bagnare le palpebre del ragazzo.

“Lo vuoi capre che lo faccio per te…”

Le sue ultime parole. Voleva solo proteggerla.

“Mi dispiace…”

Remus richiamò a sé un Auror con un gesto della mano, gli occhi fissi sui due ragazzi. Subito l’Auror gli fu accanto.

“Mi dica, Signore.”

“Di’ al comando che ne abbiamo perso uno” disse con voce triste e sottile.

Harry, vicino a lui a tal punto da poter udire le sue parole ma comunque sempre accanto a Ron, si voltò sorpreso.

“Ma… come? Ron è vivo, sta bene!”
Remus Lupin non rispose e non si voltò a guardarlo.

Dal fondo della via, con alle spalle i palazzi di una città fantasma e nascosto dalle ombre, un uomo osservava quella scena. Sfilò dall’interno del mantello un medaglione d’oro che aveva allacciato al collo, rotondo e compatto.

“E’ora che la storia cambi il suo corso.”

Uno, due, tre. Tre giri dovrebbero bastare.

Tutto si perse nel vorticare confuso delle immagini e dei suoni: gli Auror, i Mangiamorte, i feriti, i vinti, i vincitori, le morti… E fu nuovamente mattina.

La strada era discretamente affollata di gente. Uomini e donne entravano ed uscivano da quella che era la principale Banca dei Maghi.

Severus Piton, coperto dal suo mantello nero, a scanso di fastidiosi incontri e sguardi indagatori, velocemente si smaterializzò. Lasciando dietro di se solo un leggero “POP”.

Pochi attimi dopo, ai suoi occhi, la base centrale degli Auror si presentava piuttosto tranquilla.

Prese dall’interno della borsa consunta che si era portato dietro il Mantello dell’Invisibilità e se lo getto sulle spalle. Poi, alzandolo all’altezza della testa, si coprì del tutto.

Costretto in una posizione semicurva si incamminò verso il bianco edificio. La posizione scomoda per lo meno valeva la tranquillità del camminare senza essere visti, benché avesse fatto lo stesso altre volte. Anche senza l’aiuto del mantello magico…

Erano precisamente le dodici e un quarto quando vide Draco nel corridoio, quella mattina.

Estrasse l’elegante orologio dalla tasca del suo abito nero e si accorse che aveva tempo, erano ancora le undici e mezzo.

Stando ben attento a non fare rumore e a non farsi scoprire giunse nel corridoio. Di Draco ancora nemmeno l’ombra.

Si mise a pensare su quale maniera sarebbe stata la migliore per somministrargli la pozione senza destare sospetti e potendo così passare inosservato, ma la situazione si presentava insidiosa.

Nel peggiore dei casi avrebbe potuto colpirlo e, una volta svenuto, fargli bere la sostanza. Pensando a ciò strinse la fialetta dal colore verde smeraldo nella mano, all’interno della tasca.

Delle voci lo distolsero dai suoi pensieri e si accorse di una porta, bianca come il resto della parete, che prima non aveva notato. Voci alte e aggressive erano quelle provenivano dall’suo interno.

In un attimo pensò a quella mattina e a quello che aveva visto, a quello che stava per vedere… a dir la verità. Osservò il giratempo che gli aveva permesso di tornare in quel luogo, a quel tempo, e si avvicinò alla porta. Piano l’aprì, assicurandosi che nessuno potesse vederne l’aprirsi e il richiudersi spontaneo, ed entrò in una piccola stanza buia.

“E i Dissennatori, che fine hanno fatto? Sono mesi che non attaccano, che state preparando?”

Corrugò la fronte e si avviò verso il filo di luce bianca che proveniva dalla porta socchiusa di fronte a sè.

“Dov’è finito il Ministro Emil?”

Si accostò alla porta e cercò di spiare al suo interno, ma non vide nulla se non la sagoma di una persona appoggiata di spalle ad un vetro, più in fondo nella stanza.

Si spostò a sinistra, cercando così di avere un angolazione visiva differente.

“E gli Armatori di Incantesimi scomparsi un mese fa?”

Il movimento del suo mantello urtò qualcosa, non seppe nemmeno lui cosa, che cadde a terra creando un fragrante rumore nel silenzio che subito prima si era venuto a creare.

Si allontanò a passo svelto dalla porta, era buio e non riusciva a vedere nulla.

“Vado a controllare.”

Udì una voce più matura, rispetto alle altre, dire quelle parole e poco dopo la porta si aprì. Il fascio di luce che si allargò sul pavimento illuminò un portapenne in metallo riverso a terra, proprio come il suo contenuto.

L’uomo appena giunto si guardò intorno e, constatando che non c’era nessuno, si abbassò a raccogliere l’oggetto caduto.

Severus approfittò della porta momentaneamente spalancata per entrare velocemente nella stanza successiva, da cui intanto non si udiva alcun rumore.

Si posizionò sul fondo della stanza, al buio, per maggiore sicurezza. O forse semplicemente perché non gli piaceva essere alla luce… pur sapendo che nessuno l’avrebbe visto.

Oltre il vetro che tagliava nettamente in due la stanza vi erano tre ragazzi. Due erano in piedi di spalle e uno invece era seduto, a quanto poteva vedere. Quando il ragazzo moro si spostò, potè finalmente rendersi conto di cosa stesse succedendo in quella stanza.

In un lampo ogni cosa circa quell’insolito raduno gli fu chiara. Li riconobbe tutti.

Draco Malfoy, naturalmente, Harry Potter e Ronald Weasley.

L’uomo di prima, che capì essere un Auror e che ogni tanto gli sembrava anche di aver già visto, tornò nella stanza e chiuse la porta alle sue spalle.

“Non era nulla, potete procedere.”

Assistette al procedere dell’interrogatorio, ma… se i suoi sospetti erano fondati, perché allora tutto quello stava accadendo?

Ricordò quale era lo scopo principale del suo rischioso vagare tra le pieghe del tempo. Il piano che aveva in mente, tuttavia, poteva essere attuato soltanto se Draco fosse stato da solo.

Ci fu un susseguirsi di altre domande, uno scambio di battute pungenti, di sguardi incerti e poi la porta venne spalancata. Assistette all’entrata di Remus Lupin, della ragazza Hermione Granger e di Ninphadora Tonks.

In quel preciso istante il Severus Piton di quel tempo stringeva tra le mani il giratempo che gli avrebbe permesso di essere lì, ad assistere a quella scena, all’incirca una decina di ore dopo.

Osservò meglio i tre nuovi arrivati e le corrispondenti reazioni dei ragazzi. Si accorse così di alcuni sguardi e di alcuni comportamenti che non sapeva spiegarsi.

Draco aveva assottigliato gli occhi e guardava Lupin, di tanto in tanto anche Tonks, mentre si accorse anche che la ex Grifondoro fissava ansiosamente il ragazzo prigioniero. Non fece molto caso a questo, ma poco prima che i tre ragazzi venissero cacciati via, assieme all’Auror estraneo, intercettò con chiarezza uno scambio di sguardi molto intensi avvenuto tra Draco e la ragazza. Non seppe dare un’interpretazione logica a quei sguardi, qualcosa gli sfuggiva, ma vide anche di non essere stato l’unico ad accorgersene... e a non capire. Velocemente, infatti, Lupin distolse lo sguardo dai due ragazzi.

“Adesso fatemi il favore di andare tutti via.”

Severus restava nel suo angolo, sul fondo della stanza, e fu soltanto quando il prigioniero restò solo con i due membri dell’Ordine che le cose iniziarono a avere un senso, gli avvenimenti passati e futuri ad incastrarsi perfettamente come pezzi di un puzzle complicato e variopinto.

“Era ora!”

Disse infuriato e impaziente il ragazzo, muovendosi sulla sedia e facendo battere le manette contro il pesante ferro della spalliera, causando così un forte rumore metallico.

“Scusa, Draco.”

Gli occhi dell’uomo nascosto sotto il Mantello Magico si illuminarono. Aveva sempre avuto ragione.

Lupin si appoggiò stancamente al vetro mentre Tonks, estraendo la bacchetta dal mantello, si recò dietro il ragazzo e lo liberò dalle manette.

“Perché non siete venuti questa mattina?!”

“Non gridare! Potrebbero ancora sentirci” lo riprese rapidamente la donna, guardando con apprensione verso la porta.

“Avremmo dovuto avvertirti, ma non abbiamo canali di comunicazioni oltre a quelli già stabiliti… lo sai. Purtroppo abbiamo avuto qualche ritardo con le missioni fuori, Alastor non era disponibile e in più siamo stati convocati dal Ministro” continuò poi girando attorno alla sedia Tonks.

“E così mi avete mandato una pattuglia di Auror” ribattè sarcasticamente, massaggiandosi i polsi segnati ed indolenziti.

“Avremmo dovuto avvertirti sta mattina anche di questo, sono stati cambiati i turni e i giri di guardia… D’altronde la staticità non è garanzia di sicurezza in questi casi, anzi. Mai essere prevedibili” disse Lupin pacatamente.

“Lo so, lo so” rispose seccato.

“Ma tu ti sei fatto catturare come un imbecille.”
“Non me l’aspettavo, Remus. Non iniziare.”
“Allora, che novità ci porti?”

Remus si scostò dalla parete, cambiando completamente tono e assumendo un’ espressione seria e preoccupata.

Draco intanto si risedette sulla sedia, guardandolo negli occhi.

“Non belle… Prima però, si può avere un bicchiere d’acqua?”

Disse toccandosi la gola.

“Richiamalo!” rispose come fosse la cosa più scontata la donna.

“Non ho la bacchetta!” ribattè il ragazzo, come se la cosa fosse ancora più logica e scontata. Ed infatti così era, perché balbettando ed arrossendo leggermente per non averci pensato, Tonks roteò la bacchetta verso il soffitto e pronunciò un “Aguamenti”.

Il bicchiere trasparente e ricolmo d’acqua apparve sospeso in aria, nella discesa l’acqua vacillò e in parte andò a finire sul pavimento. Tonks allungò una mano per prendere il bicchiere ma, avendo preso male le misure, questo cadde rovinosamente a terra, frantumandosi.

La ragazza fece una risatina nervosa mentre Draco la guardava con una smorfia quasi schifata, ma non del tutto, poiché c’era anche rassegnazione per la sua natura d’essere che ormai aveva imparato a conoscere.

“Emh…scusate” arrossì ancora e pronunciò un veloce “gratta e netta”.

“Allora, Draco, inizia a dirmi” esordì Remus osservando Tonks che si avvicinava ad un bacchetto addossato alla parete, poco dopo il vetro, e che si accingeva a riformulare nuovamente l’incantesimo prima fallito…o meglio, distrutto.

“Gli Armatori d’Incantesimi sono ancora vivi, mi ha mandato da loro l’altro ieri. Il Signore Oscuro li sta facendo lavorare per creare un incantesimo che si possa contrapporre all’Avada Kedavra. Si dice che in un primo momento tentò la stessa impresa con le pozioni, ma possono essere solo chiacchiere infondate… Non vi so dire se ha ottenuto dei risultati, questo non lo dice neanche a noi. Per i motivi che già sapete ovviamente non posso rivelarvi il luogo in cui sono prigionieri.”

Remus annuì.

“E’ lo stesso incantesimo che ti impedisce di indicarci dove si trova il suo nascondiglio?” disse rassegnata Tonks, allontanandosi dal banchetto su cui ora vi era poggiato un perfetto e intatto bicchiere di cristallo pieno d’acqua.

“Sì, lo stesso. Una sorta di Incanto fidelius… ma dalle diverse conseguenze. Dopo gli ultimi avvenimenti il Signore Oscuro ha deciso di prendere misure ancora più ferree. Forse si è accorto che aver avuto una spia tra la sua cerchia di Mangiamorte per tutti quelli anni è stata davvero una pecca alla sua fama” disse con un sorrisetto derisorio il giovane Mangiamorte.

Severus si sentì inevitabilmente chiamato in causa e abbozzò anche lui un ghigno. Poteva essere motivo di vanto… se non fosse “morto”, almeno ufficialmente, per quella impudente impresa. La sua attenzione tuttavia in quel momento era tutta concentrata su quel bicchiere d’acqua lasciato incustodito.

Doveva tentare, se fosse riuscito nel suo intento allora il suo piano sarebbe stato effettuato alla perfezione, senza bisogno di dar vita ad avvenimenti inspiegabili e indagabili. Era rischioso e probabilmente non aveva nemmeno molto tempo, ma decise in ogni caso di farlo.

“E’ per questo che siamo fortunati ad averti dalla nostra parte” disse intanto Lupin.

“E’ per questo che se mi dovesse scoprire non avrei una sola possibilità di salvezza. Ancora meno di quanto ne ha avute Piton…” rispose Draco cupo.

Con cautela Severus si avvicinò al bicchiere, stando attento a non far udire nemmeno il frusciare dei vestiti che si sfioravano tra loro e contro il magico mantello. Ghignò sentendo le parole di Draco e tuttavia, temendo che quel silenzio durasse ancora per molto, fu lieto di sentire ancora una volta la voce di Remus.

“Novità a Nord? E’ riuscito a portare dalla sua parte i Vampiri?”

Draco scosse la testa.

“Non che siano delle creature pacifiche, ma dopo le persecuzioni del 400 hanno detto di voler restare fuori da qualsiasi guerra. Tuttavia non li dispiacerebbe affatto se fosse il Signore Oscuro a vincere.

“Immaginiamo…” disse Tonks.

“Se volete sapere invece dei Dissennatori…” proseguì Draco, guadagnandosi lo sguardo sorpreso e corrucciato di Tonks, che si chiedeva come avesse fatto ad anticipare la sua domanda “… date le numerose perdite avute nei vari attacchi a singoli gruppi, hanno deciso di riunirsi e di attaccare al completo. Non so quando e dove, ma hanno l’approvazione del Signore Oscuro. Così saranno sicuramente più efficaci.”

“Un’ottima strategia, non c’è che dire. Saranno cento volte più pericolosi” ragionò Remus ad alta voce.

Nascosto dal mantello si guardò intorno, l’attenzione di tutti era solo per Draco e per le sue parole. Velocemente si posizionò di fronte al piccolo tavolo e di fronte al bicchiere, portò quest’ ultimò sotto il Mantello dell’ Invisibilità e si allontanò di qualche passo. Con una mano tratteneva il Mantello sopra la testa, con l’altra il bicchiere. Non potendo far altro si accovacciò a terra, posò il bicchiere e vi versò l’intera fialetta.

“Forza… Cosa c’ è altro? Ti vedo preoccupato.”

Voltò di scatto la testa e vide Draco annuire alle parole di Lupin. Tornò ansioso a guardare l’interno del bicchiere dove, dopo aver conservato la fialetta ormai vuota, ora il liquido verde smeraldo si stava mischiano con l’acqua e, proprio come aveva previsto, dissolvendosi.

Riprese il bicchiere e lo poggiò sul banco, un lievissimo e quasi impercettibile rumore fu procurato dallo sbattere del cristallo contro il metallo, ma tuttavia fu coperto dalle parole del ragazzo e nessuno vi badò.

“Sì… posso avere la mia acqua, prima, per favore?” chiese schiarendosi la gola, stanco di ripetere sempre le stesse cose.

“Certo, scusa. Mi ero distratta e lo lasciato lì” Tonks si avvicinò al banchetto, prese il bicchiere e lo porse a Draco.

Severus seguiva ogni azione con occhi attenti ad ogni particolare e sperò vivamente di aver fatto un ottimo lavoro con quella pozione. Non che dubitasse delle sue capacità, ma era importante che il sapore dell’acqua non fosse stato minimamente alterato.

Draco bevve un sorso e allontanò fulmineo il bicchiere dalle labbra.

“Che schifo! Ma che razza di acqua è questa? Sa di ruggine!” detto questo guardò torvo Tonks.

“Ma… io… be’ non è possibile, sono sicura di aver fatto bene l’incantesimo…”

“Smettila, Draco. L’acqua non ha sapore” intervenne Lupin scoccandogli un’occhiata di rimprovero.

Draco fece una smorfia e continuò a bere, sino a terminare tutta l’acqua contenuta nel bicchiere.

“Se proprio non c’è altro…”

Severus tirò un piccolo e silenzioso sospiro di sollievo, per metà non avrebbe avuto lo stesso effetto. Nonostante la buona riuscita del piano si corrucciò, possibile che avesse sbagliato? Doveva ammettere che la pozione era stata preparate abbastanza in fretta, pur rispettando tutti i tempi di ebollizione e cottura, e mai provata.

Ma d’altronde non poteva fare un danno peggiore della morte a cui, inevitabilmente, Draco stava andando incontro.

Gli effetti della pozione si sarebbero manifestati solo dopo che il corpo fosse entrato in contatto con la Maledizione per eccellenza. Solo l’energia dell’Avada Kedavra, infatti, poteva far entrare in funzione il liquido magico nel sangue. Questo avrebbe quindi impedito l’arresto incontrollabile di tutte le funzioni vitali causato dalla Maledizione.

Non restava che aspettare, dunque, e vedere se i suoi studi, iniziati sotto ordine del Signore Oscuro, avevano portato buoni frutti.

Draco si alzò e andò a nuovamente a posare il bicchiere sul tavolino, poi iniziò a parlare, a tono basso.

“Stasera attaccheremo la Gringott.”

“La Banca?! E perché mai?”disse Tonks stupita ed allarmata.

“Il Signore Oscuro vuole impossessarsi di qual cosa di molto prezioso, per lui, che è al suo interno. Non ho la minima idea di cosa possa essere…”

“Dacci indicazioni più precise” disse Lupin.

“Non so dirvi altro. Ci illustrerà il piano d’attacco nella prossima riunione… che avverrà tra non molto, credo. Aspetto la sua chiamata da un momento all’altro.”

“Capisco.”

“Non prima del tramonto, questo è certo. Credo prediliga la notte… e non è una novità.”

“Va bene, grazie Draco. Sta notte combatterai come al solito schierato dalla loro parte, fa attenzione a non commettere errori e a non farti scoprire.”

“Non preoccuparti. So quel che faccio” disse altezzoso e annoiato da quelle raccomandazioni inutili.

“Noi ora andiamo, Ninphadora. Dobbiamo organizzare con il resto dell’Ordine il dafarsi per sta sera.

“Tu sei rilasciato per mancanza di prove, non stavi commettendo alcun crimine quando ti hanno catturato. Per la storia della falsa morte se ne occuperanno i legali…” dicendo queste parole gli lanciò uno sguardo d’intesa.

Draco sbuffò, essendo più che altro preoccupato per la copertura perfetta che si era creato, dandosi morto per il resto del Mondo magico, andata distrutta.

Ancora una volta il Ministero l’avrebbe tenuto sotto controllo, in tutti i suoi spostamenti, in tutte le sue azioni, poiché “sospetto”. Ancora una volta tutto sarebbe stato più difficile.

Essendo morto poteva lavorare meglio per il Signore Oscuro, che gli assegnava sempre e sempre più incarichi, e di conseguenza anche per l’Ordine, al quale poteva fornire informazioni sempre più importanti.

A cosa gli sarebbero servite, in fondo, quelle inutili scuse? A chi avrebbe dovuto raccontarle? Gli altri Mangiamorte non avrebbero saputo nulla di tutto ciò, salvo fughe di informazioni, e non aveva in quel periodo una vita sociale molto vivace. Anche se… forse una persona a cui sarebbe interessato c’era.

Tonks si avviò verso l’uscita e gli fece un segno di saluto con la mano, Draco rispose alla stessa maniera ma dovette cambiare quel gesto di saluto in una salda presa, in modo da afferrare la bacchetta che gli era stata appena lanciata. La sua bacchetta.

“Prendi” disse Lupin dall’altro lato della stanza.

“E prendi anche questi, sono tutti i nuovi orari dei pattugliamenti… Non voglio più vederti qua dentro” aggiunse poi sorridendo e avvicinandosi, dandogli un foglietto bianco ripiegato.

“Figurati io…”

“E occhio alle squadre degli Auror novellini” aggiunse allusivamente.

Draco guardò male tutti e due gli Auror che ora ridevano avviandosi verso la porta.

“Per fortuna erano solo novellini!” aggiunse Tonks aprendo la porta.

Gli osservò andare via e si rabbuiò ancora di più. Lo stavano prendendo in giro, lo sapeva, ma la cosa gli bruciava.

Davvero umiliante…

Una volta che anche Draco uscì dalla stanza, sbuffando, Piton aspetto qualche secondo e poi si mosse per andar via. Fece tuttavia appena in tempo ad allontanarsi dalla porta, dopo aver udito dei passi dirigersi in quella direzione, poiché questa fu nuovamente richiusa.

Osservò stupito Draco che, rientrato velocemente nella stanza, teneva per un polso Hermione Granger e che guardava, attraverso uno spiraglio della porta ancora non perfettamente chiusa, un’ultima volta fuori.

Il ragazzo girò velocemente la chiave e si voltò.

“Cosa ci fai qui?”

“Forse dovrei chiedertelo io, dato che io sono un Auror e sono nella centrale degli Auror. Tu sei un Mangiamorte che, al posto di essere ammanettato su quella sedia, si aggira tranquillo tra i corridoi!”

“Be’ scusa se la cosa ti dispiace” disse lasciandola e allontanandosi di quale passo, appoggiandosi alla porta.

Hermione alzò gli occhi all’aria. La sua aggressività era solo un modo per scaricare la tensione, e in fondo lo sapeva anche lui.

“Certo che non mi dispiace… ma non avresti potuto evitare di farti catturare da un gruppo di novellini?!”

Le sue guance si colorarono di rosso per la rabbia… e anche per qualcos’altro. Possibile che tutti lo sapessero e glielo rinfacciassero?

“Ero distratto” soffiò tra i denti.

Anche se non la vide, avvertì egualmente l’occhiata di trattenuta pazienza della ragazza.

“Come hai fatto a liberarti? Qualcuno potrebbe vederti… dovresti usare un po’ più di cautela.”
“Non sono scappato.”

Hermione rise.

“No? Ti hanno liberato loro?”

La guardò offeso.

“Certo. Non hanno prove contro di me.”

Ci fu qualche secondo di silenzio in cui la ragazza cercò di capire se stesse scherzando o meno.

“E la finta morte? In oltre sei tra le persone più sospette… tutti sanno che sei un Mangiamorte!”

“Le persone semplicemente pensano di sapere, ma non sanno e non hanno prove! Finché non ci saranno sono innocente.”

“Ma non lo sei…” disse lei a voce bassa.

Draco fece finta di non sentirla.

“Per la storia della falsa morte sarà aperta una causa. Non potevano trattenermi, discorso chiuso.”

Hermione lo guardò poco convinta ma non insistette oltre. Restò a fissarlo, le braccia conserte, le spalle alla porta. Un Mangiamorte che avrebbe aiutato a scappare, un Mangiamorte che aveva imparato a conoscere e ad amare. Come questo fosse accaduto neanche lei se lo spiegava.

“Che hai?”

“Nulla” scosse la testa, gli si avvicinò e lo abbracciò, posando la testa contro la sua spalla.

Sapeva che sarebbe stato troppo aspettarsi da lui un gesto del genere, la prima mossa per un contatto, ma sapeva anche che non l’avrebbe mai rifiutato, anzi… che addirittura lo aspettava.

Draco le cinse la vita, delicatamente, e abbassò la testa verso l’incavo della sua spalla, socchiudendo gli occhi. Il suo respiro fece muovere i capelli ricci della ragazza, che gli procurarono un leggero solletico al viso. Adorava quando succedeva.

Sollevò il capo e avvicinò le sua labbra a quelle di Hermione. Le loro bocche si sfiorarono ma lei si allontanò di colpo, guardandosi intorno ancora avvolta nel suo abbraccio.

“Siamo sicuri che non c’è nessuno?”

Abbandonandolo, si affacciò velocemente nell’altra stanza.

“Sta tranquilla” rispose, annoiato dall’essere stato interrotto sul più bello.

“Va bene” ritornò tra le sue braccia, unendo delicatamente le labbra a quelle del ragazzo.

Mentre il loro bacio diveniva sempre più affannato e sentito le loro mani, stese lungo il fianchi, si unirono. Le loro dita giocavano, intrecciandosi e sfiorandosi continuamente.

Draco interruppe quel gioco, portando la mano a sistemare dietro l’orecchio i folti capelli di lei. Scostò poi il mantello e le abbassò la maglietta lungo il braccio. Posò le labbra sulla pelle calda del suo collo e proseguì a stuzzicare quel lembo morbido e invitante di pelle.

Hermione rimase ferma, appoggiata a lui, a godersi quei pochi momenti di intimità che riuscivano ad avere. Tuttavia dovette a malincuore fermarlo.

“Aspetta…” si allontanò, appoggiando una mano sul petto del ragazzo e risistemandosi la maglietta. Draco la guardò indispettito, sul punto di chiedere il perchè di quella reazione.

“Sono difficili da nascondere, quando rimangono, i segni…”spiegò lei precedendolo.

“Chi è che ti guarda seminuda, in pieno inverno?” chiese, come se fosse una cosa assurda la spiegazione datagli, e con un pizzico di gelosa preoccupazione che Hermione riuscì a cogliere.

“Ad esempio Ginny, quando dormiamo insieme. O le altre ragazze nelle docce comuni, quando mi capita di farle...”

“E allora? Qual è il problema?”

“Il problema è che seguono delle domande, domande a cui non posso rispondere… mi sembra evidente.”

“Ti è molto difficile dire alle impiccione che hai un ragazzo?”

“A quello credo ci arrivino anche da sole… ma quando vorranno sapere chi sia, questo ragazzo?”

“Di’ che si facessero i fatti loro!”

“Questo già lo faccio, ma a Ginny non posso certo risponder così! Cerca di capire…”

Lo sentì sbuffare pesantemente.

Lui non aveva di questi problemi. Se diceva ad una persona di farsi i fatti propri, così era. Se non voleva dire niente a nessuno non aveva problemi a farlo, nemmeno a quelli che dovrebbero essere i cosiddetti “amici”, ad esempio Blaise.

“Per non parlare di Harry e Ron.”

La fulminò con lo sguardo, e questo lei potè vederlo benissimo anche nell’ombra della stanza.

“Non faccio la doccia con Harry e Ron, se è questo che stai pensando. Ma ogni tanto lego i capelli e una volta sono certa che se ne siano accorti…” disse prontamente.

“Chi se ne frega” rispose bellamente tornado a baciarla, senza darle la possibilità di esporre il suo disappunto. Hermione sentì l’abbraccio in cui era coinvolta farsi più intenso, Draco l’avvicinò di più a sé finchè il suo seno non premette contro il petto di lui. Eppure c’era qualcosa che non andava… e non ci mise molto a capire cosa fosse.

Ancora una volta interruppe il bacio e si allontanò da lui, portandosi questa volta la mano al petto.

“Aspetta!” disse allarmata.

“Che c’è ancora?”

“Ho… ho perso il Giratempo…” disse continuando a tastarsi il petto, incredula.

“Tu hai un Giratempo?”

“Sì, è l’unico rimasto dopo il disastro al Ministero… ne ero in un certo senso la custode, lo porto sempre addosso…”

“Potresti averlo perso chissà dove e quando, ormai è tardi. Lascia perdere” disse avvicinandola di nuovo, poco interessato alla sorte di uno stupido giratempo.

“Ma… è un oggetto potentissimo, e se capitasse nelle mani sbagliate?” ribattè preoccupata

“Non ci pensare ora” la baciò di nuovo e anche lei sembrò piano a piano decidere che quella era una questione di cui poteva occuparsi in un secondo momento.

I baci e le carezze continuarlo silenziose, nell’ignoranza di uno spettatore indesiderato e costretto che, dal canto suo, aveva alzato gli occhi al soffitto e voltato la testa. Un’espressione nauseata accompagnava le maledicenze per la situazione in cui si era venuto a trovare e per la focosità dei giovani.

D’un tratto la mano che Draco teneva poggiata sulla vita della ragazza si contrasse involontariamente. Sul avambraccio sinistro un leggero bruciore lo fece irrigidire e lo costrinse ad allontanarla da sé.

“Ora devo andare.”

Hermione lo guardò preoccupata e annuì.

“Ci vediamo… presto spero.”

Si voltò, girò la serratura e abbassò la maniglia.

L’avrebbe rivista quella sera, ma questo lei non lo sapeva.

“Sta attenta” aprì la porta ed andò via.

La chiamata era stata debole, aveva altre due possibilità. Se alla terza chiamata non si sarebbe presentato, allora avrebbe passato dei guai.

Affrettò il passo lungo il corridoio ma poco dopo si bloccò di colpo. Gli era sembrato di aver visto qualcuno, una figura non distinta in nero che era però velocemente scomparsa dietro l’angolo, a fine corridoio.

Rifletté, fosse stato un Auror più che scappare l’avrebbe affrontato nel tentativo di catturarlo. Forse era stata solo una sua allucinazione. In fondo, ancora vedeva nell’aria a tratti chiazze scure.

Il passaggio dal buio della stanza alla luce del giorno, che illuminava il corridoio, era stato traumatico.

“Che vuoi dire? Che significa “sta attenta”?...”

Piton aveva seguito Draco, fermandosi però nei pressi della porta, ed era stato appena sorpassato dalla ragazza che era nuovamente intenta a discutere con lui.

Poco prima aveva visto se stesso scomparire oltre il corridoio. Ormai avrebbe dovuto avere già con sé sia l’ultimo e importantissimo ingrediente per la sua pozione, sia il Mantello dell’Invisibilità. Aveva trovato entrambi nel “Magazzino oggetti oscuri requisiti” l’uno intenzionalmente (sapendo bene che quello era l’unico posto in cui avrebbe potuto trovarlo) e l’altro per caso, quasi inciampandoci.

Se tutto quello era stato scritto da qualche parte, non avrebbe mai smesso di meravigliarsi della fantasia della Fortuna.

Si chiese se Draco l’avesse visto, si era bloccato era vero, ma le probabilità erano davvero basse. Stava guardano ancora verso i due ragazzi quando fu attratto da un movimento nell’ombra, più avanti rispetto a lui, in un piccolo corridoio che sfociava in quello principale.

La mancanza di finestre in quella porzione di corridoio rendeva buio il luogo dove Severus era fermo, e ancora più buio era il piccolo anfratto dove si nascondeva il presunto intruso.

Solo dopo un paio di metri, proprio dove erano i due giovani, grandi finestre facevano entrare la luce del sole, quel giorno nemmeno particolarmente forte a causa delle nuvole che a tratti lo coprivano.

Fissò intensamente le ombre, cercando di cogliere ogni movimento, e sempre di più si convinceva che qualcuno si nascondeva fra di esse.

“Che hai?”

“Non so… mi sento osservato…”

Guardò Draco e poi ritornò a fissare lo sconosciuto osservatore. Chi altro, quella mattina, si aggirava furtivamente nella Centrale degli Auror oltre che sé stesso passato e futuro?

Draco ed Hermione decisero di cullarsi nella comoda idea delle illusioni, ed andarono via. Li vide allontanarsi e poco dopo che ebbero svoltato l’angolo, quando ancora si sentiva il loro basso vociare, lo sconosciuto abbandonò il suo rifugio.

Fece qualche passo avanti e si lasciò illuminare dalla luce del giorno. Remus Lupin guardava dunque inespressivo il luogo esatto dove prima erano i due ragazzi.

Severus corrugò la fronte e restò a guardare. La privacy non era proprio una caratteristica di quella coppia clandestina.

Aspettò in silenzio fino a quando Lupin decise di andar via e, costatando che anche per lui era giunta l’ora di abbandonare quel luogo, uscì dal bianco edificio. La mente intanto era impegnata a cercare di rimettere insieme, in un disegno logico, tutto quello a cui aveva assistito.

Si riparò, ancora nascosto dal Mantello dell’Invisibilità, dietro a delle siepi che segnavano una sorta di recinto attorno alla costruzione e, facendo un veloce calcolo del tempo trascorso, mandò avanti il giratempo di due giri e mezzo.

Ancora una volta fu avvolto dal vorticare del tempo e pochi secondi dopo si trovava nell’esatto luogo in cui si era fermato, con la differenza che era sera, che delle fiaccole non molto lontane da lui illuminavano l’ambiente, e che nell’aria si udivano voci confuse e grida.

Sbirciò oltre le foglie e vide Remus Lupin parlare a gran voce a degli Auror, impartendo ordini ben precisi. Intanto due squadroni di Auror erano alle sue spalle e, sistemati compostamente in file, si smaterializzavano ciascuna ogni tre secondi.

Senza perdere altro tempo si smaterializzò anche lui e, decidendo di non correre il rischio di ritrovarsi nel bel mezzo della battaglia, apparve in una silenziosa e buia stradina. Da lontano i rumori della battaglia erano comunque ben distinguibili.

Liberatosi del Mantello dell’Invisibilità, scelta dettata anche da una certa insofferenza che iniziava a nutrire nei confronti di quella posizione forzata, si incamminò a passo spedito per uscire da quell’agglomerato di edifici e strade. E iniziò a piovere.

Percorsa anche la seconda stradina in discesa, assistette ad una scena che lo indusse a fermarsi e ad impugnare la bacchetta.

Dinnanzi a lui, in un largo spiazzo, una coltre di nebbia e gelo circondava quella che sembrava essere una cappa inscindibile e demoniaca, almeno quanto le creature che la costituivano. Bagliori discontinui e sempre più deboli provenivano dal suo interno.

Deciso più che mai dal fatto che quell’evento inaspettato non avrebbe fermato la sua avanzata, volendo arrivare in tempo per verificare il suo lavoro, evocò il suo Patronus.

Velocemente la luce bianca, saettante e, cosa più importante, corporea fendè l’aria. Spazzò via alcuni Dissennatori e gli aprì il passaggio.

Un’immensa luce bianca, a seguito, iniziò ad avvolgere l’aria circostante.

Vide un uomo a terra, un Auror, ormai sul punto di ricevere il bacio mortale. Il suo Patronus liberò l’uomo e Severus si accorse che più in là un’altra luce si era appena spenta, qualcuno aveva smesso di combattere.

Alcune delle creature infernali si misero in fuga, altre vennero travolte, lui intanto si avvicinò all’altro Auror. Si accorse che era molto giovane, che era solo svenuto e che era un ragazzo che conosceva molto bene: Ronald Weasley.

Passò avanti, mentre il suo Patronus aveva oramai fatto piazza pulita, e si affrettò verso il campo di battaglia. Una seconda ondata di gelo però lo costrinse ad alzare gli occhi e vide un gruppo di Dissennatori sorvolare velocemente i palazzi.

Pochi secondi dopo, si potevano nuovamente vedere le minacciose nuvole cariche di pioggia.

Ebbe percorso solo qualche metro in più, dopo aver preso la via più contorta e deserta (per evitare di scontrarsi con gli eventuali soccorritori degli Auror feriti) quando un Dissennatore, velocemente e silenziosamente, strisciando fuori da una casa dalla porta buttata a terra, lo attaccò.

Sentì coma se il suo viso, la sua mente, venisse risucchiata. Un freddo agghiacciante lo travolse.

Le immagini veloci di una bacchetta, la sua, di uno zampillo verde e di un corpo gracile e ossuto, tuttavia elegante, che scompariva oltre i bastioni merlati di una torre.

Con tutta la forza che aveva in corpo e con tutta la volontà che possedeva alzò la bacchetta e gridò un bisognoso “Expecto Patronus”. In men che non si dica l’oscura creatura era dissolta.

Appoggiò le spalle al muro e riprese fiato solo per pochi secondi, sapendo di non poterselo permettere, quindi proseguì la sua corsa. Vide il terreno sotto di lui trasformarsi da una curiosa fantasia a poìs, quale era prima, ad una distesa grigia scuro. La pioggia era divenuta più fitta, bagnandogli viso e vestiti.

Lasciatosi alle spalle le sagome degli edifici fantasma vide da lontano un uomo sparire nell’ombra. Sorrise e prese il suo posto. Tutto coincideva perfettamente.

Troppe erano le persone là presenti, troppo grande il rischio di essere visto. Ancora una volta si avvolse nel mantello magico e subito dopo si avvicinò al gruppo sgomento di Auror e giovani ragazzi, che vivevano e assistevano a qualcosa di paradossale quanto reale.

Harry Potter guardava insistentemente verso Lupin, Hermione Granger aveva sollevato la testa per qualche secondo, gli occhi gonfi e il petto ansante per i singhiozzi che sfuggivano la suo controllo.

Draco Malfoy ancora a terra, immobile e pallido più del solito.

Sapeva che si sarebbero potuti verificare dei ritardi, ci voleva tempo affinché l’effetto della pozione si realizzasse completamente… ma, comunque, se tutto era andato secondo i piani, Draco non doveva essere realmente morto. Solo apparentemente.

Le funzioni vitali si sarebbero ripristinate una per volta.

“Che… che dici Remus?” chiese tremante Hermione, osservando spaventata lo sguardo dell’Auror fisso su Draco, iniziando a forse a capire qualcosa che tuttavia non riusciva ancora razionalizzare.

L’Auror al fianco di Lupin annuì incerto e andò via, solerte nell’ubbidire all’ordine ricevuto.

“Harry… dimmi cos’è successo. Come è morto Draco?”

Il ragazzo moro sgranò gli occhi sentendo che il Mangiamorte veniva chiamato per nome e, intimorito e spaesato da quello strano comportamento, aprì e richiuse la bocca un paio di volte prima di rispondere.

“Io ho…ho visto che Malfoy stava cercando di portare via Hermione con la forza, lei voleva andare da Ron. Intanto…un Mangiamorte stava scagliando un’Avada Kedavra contro d lei, l’ho deviata… ed ha colpito Malfoy.”

Remus non ebbe alcuna reazione, mentre vide Tonks portarsi una mano alla bocca e abbassare il viso. Stava piangendo.

“Che sta succedendo?!” chiese poi Hermione esasperata dai comportamenti inspiegabili e consumata dalla voglia di sapere, di conoscere la verità.

Forse questo le avrebbe dato la possibilità di dare una spiegazione a tante cose strane, ambigue, poco chiare, ma probabilmente avrebbe reso ancora più crudele la realtà. Perché non sarebbe stato “semplicemente” ucciso un Mangiamorte, per la felicità di tutti ma non di lei, ma bensì…

Fissò intensamente Remus, l’uomo la guardava con pena negli occhi.

“Draco era la spia per conto dell’Ordine… da circa un anno ormai.”

Era stata una voce autoritaria e un po’ roca a parlare.

Zoppicando Malocchio Moody era appena giunto, andando ad affiancare Tonks.

D’un tratto aprì gli occhi.

Vedeva tutto sfocato e confuso, i suoni erano ovattati e lontani ma finalmente tutte quello che aveva sentito sino ad allora aveva colore e forma.

Dopo il lancinante dolore al petto aveva sentito solo un tonfo, il suo corpo che cadeva, e tante voci, voci di persone che conosceva. Il racconto di Potter, l’arrivo e le stentate parole di Weasley, i singhiozzi d’Hermione, la rivelazione di Moody… ma nessuna sensazione, nessun altro contatto con la realtà se non quell’ascoltare a cui non poteva anche volendo sottrarsi e per il quale aveva la sensazione di star galleggiando nel vuoto. Un forte dolore al petto lo fece sentire per qualche secondo vivo e gli riportò alla mente ciò che, in quei attimi di confusione aveva quasi scordato, la ragione di tutto quello che stava vivendo. Uno zampillo verde. Era dunque così morire?

Man mano che la vista si focalizzava riuscì a riconoscere Hermione, gli era accanto. La guardava dal basso ma lei non si era accorta di lui, aveva lo sguardo fisso davanti a sé. Cercò di chiamarla, di alzare una mano verso di lei, ma non riuscì a fare nessuna delle due cose.

Era morto, prima. O così pensava…

Era spaventato, ora.

“Io non volevo che tu oggi combattesti, Hermione, perché sapevo che avrebbe combattuto anche Draco. Sapevo di voi. Avevo paura… Avreste potuto non saper controllare le vostre razioni, avreste potuto fare qualche passo falso… era troppo pericoloso ma… non son riuscito ad evitarlo” Remus chinò il capo e tacque, una pressante colpa lo tormentava.

Harry rimase pietrificato, incapace di dire qualsiasi cosa. Hermione aveva serrato gli occhi, abbassando il viso.

Ancora in capace di muoversi, di parlare, di farsi in qualche modo notare, Draco si chiedeva come tutto quello fosse possibile. Da un’ Avada Kedavra non si sfuggiva (Harry Potter escluso) e lui l’aveva presa in pieno, ne era sicuro.

Troppe cose strane erano successe in quella giornata, troppe le piccole sensazioni e allucinazioni da ignorare, in una situazione come quella.

Una goccia di pioggia, anzi forse meglio, una lacrima (quella di Hermione che piangeva sopra di lui), si insinuò fra le sue labbra. Era salata.

Sveglia come non mai, a differenza del suo corpo, la sua mente iniziò a richiamare uno ad uno tutti quegli eventi inspiegabili, iniziando proprio da lì, dall’acqua.

L’acqua dal sapor della ruggine, un’acqua non pura, alterata. Un sapore già conosciuto in realtà, troppe volte l’aveva assaporato sperimentando le pozioni più assurde che puntualmente avevano sempre qualcosa che non andavano.

La sensazione di essere osservati, figure in nero che scomparivano dietro corridoi… figure che ora sapeva non essere solo allucinazioni. E anche la più insignificante della cose, come i rumori inspiegabili, gli tornò alla mente. Poi voci, e ricordi.

Ho… ho perso il giratempo…”

“Un miracolo, Harry… un miracolo bianco…”

“Severus è stato scoperto, Voldemort non perdona i traditori… e da sei mesi che non lo sentiamo. Non sappiamo quale sorte gli sia toccata, alcune voci parlano di una punizione esemplare inflittagli dal Signore Oscuro… ed è sparito…” le parole di Remus quando l’Ordine l’aveva trovato a diciannove anni solo, confuso e spaventato. Quando l’aveva convinto a prendere il posto del suo ex insegnante, a divenire un traditore e a passare dalla parte giusta. Quando per la maggior parte del mondo Draco Malfoy morì.

Sparito, aveva detto. Sparito in fondo poteva significare tante cose…

Tutto quello non era un caso, non poteva esserlo.

Se la prima volta che intravide quella figura, in quel corridoio, avesse avuto la sensazione giusta non lo sapeva, ma in quel momento ancora solo quel nome era stampato nella sua mente. Severus Piton.

Un’altra volta si sentì osservato, voltò faticosamente lo sguardo da un lato e dall’altro. Erano solo sensazioni, un accumulo di avvenimenti, parole e ricordi che non sapeva ordinare ma che, ne era profondamente convinto, portavano tutte ad una sola risposta, ad una sola persona.

Voleva vederlo, sapeva che c’era, ne era convinto, ma dov’era?

Severus sorrise vittorioso sotto il suo mantello e andò via indisturbato come era arrivato in tutta quella storia, unico ad essersi accorto di due occhi che, all’insaputa di tutti, si erano riaperti. E che probabilmente lo stavano cercando, ma che non l’avrebbero mai trovato.

Aveva sempre creduto nell’intelligenza e nella scaltrezza di quel ragazzo, per questo aveva anche preso in considerazione l’idea di essere scoperto, una volta intrapresa quella complicata missione. Avrebbe spedito a Draco un campione della sua ancora di salvezza, assicurandosi di allegare minuziose istruzioni sull’uso e la preparazione e forse lui, Severus Piton,un giorno sarebbe anche tornato a dare una mano. Ma no, prima di tutto avrebbe eliminato quel piccolo difetto rugginoso che l’aveva fatto scoprire e che nella sua carriera da grande Pozionista non poteva essere menzionato.

Una gran bella beffa per il Signore Oscuro avere per nemico un esercito armato di quello su cui lui per primo stava lavorando e unicamente grazie al quale, a dirla tutta, un progetto simile era stato possibile da realizzare. Non era da tutti avere certi gradi di conoscenza della magia oscura e Voldemort aveva dato la sua parte per creare l’arma che avrebbe distrutto lui e i suoi Mangiamorte. Un nemico che non si può colpire, indebolire e quindi sfoltire e quanto più si avvicina all’ aggettivo imbattibile.

Sentì un altro singhiozzo, Hermione Granger ancora piangeva, ma avrebbe dovuto aspettare davvero poco ormai. Qualche secondo altro e il suo alunno preferito sarebbe stato come nuovo.

Ormai lontano udì un urlo di gioia…

“Draco!”




Ringrazio chiunque sia arrivato a leggere quell’ultima parola scritta in corsivo. Speri che non sia stato troppo problematico leggere questa storia, o troppo fastidioso data la matassa di eventi e argomenti a cui vi ho sottoposto. Ditemi sinceramente le vostre impressioni e soprattutto ditemi se ci avete capito qualcosa e se la narrazione ero o non era adatta.

Posso capire i momenti in cui leggendo questa fanfiction avete storto il naso non capendo cosa diavolo stesse accadendo, è normale… ci son capitata anche io.

Anzi, vi dirò di più… neanche io ne stavo uscendo fuori. C’è stato un punto in cui non stavo capendo più niente e ci hò messo una settimana a sciogliere li problema … ^^ Aspetto le vostre recensioni

  
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