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Autore: Yuki Delleran    12/05/2007    17 recensioni
Come sarebbe stata la vita del giovane principe Athem se al suo fianco ci fosse stato un piccolo schiavo? Il suo ruolo come Faraone sarebbe cambiato? E come sarà la vita di Yugi alla corte d'Egitto? La storia di un'amicizia nata durante l'infanzia che a poco a poco si approfondisce diventando il legame più importante.
Soggetto: masayachan
Sviluppo e stesura: Yuki Delleran
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Atemu, Yuugi Mouto
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buongiorno a tutti, sono tornata!!!
Due parole prima di iniziare. Questa fic è nata da un'idea di masayachan per una doujinshi, quindi il soggetto di base è suo. Io ho sviluppato la trama (allungandola enormemente... sono prolissa... ^_^) e ho di fatto scritto la fic. In un certo senso si può considerare un'AU, anche se ho tentato di rispettare il più possibile il contesto originale inserendo solo in aggiunta il personaggio di Yugi. Ho immaginato come sarebbe stata la vita di Athem prima dello scontro con Bakura.
Salvo imprevisti e casini di vario genere, la pubblicazione dovrebbe essere settimanale.
Detto questo, buona lettura a tutti!

DISCLAIMER: tutti i personaggi appartengono a © Kazuki Takahashi.


The Pharaoh & the Slave 1
THE PHARAOH & THE SLAVE

di Yuki Delleran




01
L'INCONTRO


Il sole splendeva alto nel cielo e la tranquillità regnava sovrana nei lussureggianti giardini del palazzo del grande re d’Egitto. Gli unici suoni erano lo sciacquio dei ruscelli che vi scorrevano e il canto melodioso degli uccelli esotici.
«Principe! Dove sei? »
La voce gracchiante di un vecchio spezzò quella pace idilliaca e il bambino si rannicchiò ancora di più tra le fronde di un cespuglio particolarmente folto.
«Vieni fuori! La lezione non è ancora finita! » continuò quello che da poco era stato nominato precettore del giovane erede reale.
«Non ne ho la minima intenzione. » pensò tra sé il piccolo. «Mi hai annoiato abbastanza. »
Athem, sette anni, erede al trono d’Egitto, aveva deciso che per quel giorno aveva studiato a sufficienza le regole e il cerimoniale. Sfuggire al maestro Shimon ultimamente era diventata una delle sue attività preferite. Certo, se avesse avuto la compagnia di qualche coetaneo con cui giocare si sarebbe divertito di più, ma purtroppo i bambini a palazzo erano pochi e quasi tutti figli di schiavi con cui non gli era consentito fraternizzare. Gli unici con cui riusciva a passare del tempo in allegria erano Mana, figlia di un funzionario di corte, e Mahad, un ragazzo di qualche anno più grande che suo padre gli aveva rifilato come sorta di guardia del corpo. In quel momento però non era presente nessuno dei due.
Quando la voce del maestro si spense verso l’estremità opposta del grande giardino, finalmente Athem si azzardò ad uscire dal nascondiglio improvvisato e prese ad aggirarsi tra gli arbusti dai fiori sgargianti. Mentre si chiedeva che gioco avrebbe potuto improvvisare da solo, giunse alle sue orecchie una risata argentina. Sbirciando da dietro una siepe scoprì una delle ancelle con un bambino. Athem ricordava di averla incrociata qualche volta, doveva essere una schiava di una delle dame reali. Vista la moltitudine di servitori di cui si circondavano il Faraone e le sue mogli, era difficile per lui ricordarli tutti.
Quando il bambino si voltò nella sua direzione, il principe sgranò gli occhi per la sorpresa. La somiglianza tra loro era impressionante: gli stessi capelli scuri mesciati di biondo, gli stessi grandi occhi color ametista, la sola differenza era il colore bianco latte della carnagione del piccolo sconosciuto. Athem fissò le proprie mani dalla pelle ambrata e si chiese come fosse possibile. Non aveva mai visto persone come lui e la giovane madre. In quel momento l’ancella lo abbracciò e il bambino rise di gioia. Quando lasciò le braccia della madre, il suo sguardo incrociò quello di Athem e gli sorrise con naturalezza. Il principe si ritrasse istintivamente e senza capirne esattamente il motivo si trovò a scappare a gambe levate. Mentre correva alla cieca per il giardino, si scontrò con qualcosa e stava per precipitare a terra quando due braccia robuste lo afferrarono al volo.
«Che stai facendo, principe? » chiese ironicamente il giovanotto vestito di bianco davanti a lui. «Scappi di nuovo dal maestro Shimon? »
Athem si raddrizzò fieramente.
«Non è vero! » esclamò. «Scappare è disonorevole, Mahad, e un principe non scappa mai! »
«Ah, no? Allora cosa succede? »
«Io stavo… ehm… ti stavo cercando! » annaspò il bambino tentando di darsi un contegno. «Ho visto una cosa strana e siccome tu sai sempre tutto, volevo chiederti una spiegazione. »
Mahad sorrise con condiscendenza e annuì.
«Mi sopravvaluti, principe, comunque sai che sono sempre a tua disposizione. »
«Allora… ecco… ho visto un bambino strano. E’ uguale a me solo che ha la pelle bianca bianca. Com’è possibile? Tu me lo puoi spiegare, Mahad? »
Il ragazzo sembrò riflettere un attimo, poi si decise e iniziò a parlare.
«Ho capito a chi ti riferisci. Quel bambino è figlio di una schiava della nobile Tiye, la moglie del maestro Aknadin. Il capo della servitù Aton l’ha acquistata da mercanti che provenivano da oltre la Mesopotamia, affermavano di averla catturata ancora più a oriente. »
Mahad sbirciò l’espressione di Athem, evidentemente poco interessato alle nozioni geografiche e continuò: «La donna si chiama Yume, il bambino Yugi. E’ venuto al mondo qui a palazzo il tuo stesso giorno. Inizialmente il nostro sovrano voleva sacrificarlo poiché considerava la vostra somiglianza di cattivo auspicio, ma con l’andare del tempo si è rivelato del tutto innocuo. »
Athem sorrise con entusiasmo.
«Hai detto che si chiama Yugi, giusto? Voglio conoscerlo! »
Si sarebbe precipitato di nuovo attraverso il giardino se proprio in quel momento alle sue spalle non fosse spuntato Shimon con un rotolo di papiro in una mano e una pila di tavolette nell’altra.
«Finalmente ti ho trovato, principe. Non è il momento di perdere tempo a chiacchierare con Mahad, la discendenza di Amon-Ra aspetta solo di essere imparata da te! »
Così dicendo, il vecchio azzerò le speranze di libertà del ragazzino per quel giorno.

Il pomeriggio di alcuni giorni dopo, il piccolo Yugi stava giocando come al solito in un angolo appartato del grande giardino. Era un bambino timido e poco socievole, difficilmente passava del tempo in compagnia dei coetanei, preferiva al contrario giocare da solo con le statuine che fabbricava con le sue mani. Aveva un carattere mite e gentile e la madre lo aveva cresciuto come il suo unico tesoro, l’ultimo ricordo rimastole del defunto marito. Anche la padrona, la nobile Tiye, l’aveva sempre trattato gentilmente e Yugi le voleva bene. Al contrario Aknadin lo intimoriva, aveva sempre l’impressione che lo guardasse male nonostante non avesse fatto nulla per suscitare la sua disapprovazione.
Stava disponendo in ranghi il suo piccolo esercito di statuine di legno, quando una voce attirò la sua attenzione.
«Ehi! Tu sei Yugi, vero? »
Il bambino alzò gli occhioni ametista per incrociarne due dello stesso identico colore. «Sì, sono io. » rispose. «Tu invece sei quello dell’altro giorno. Allora non mi ero sbagliato, sei davvero uguale a me! »
Il nuovo venuto avanzò nello spiazzo tra i cespugli.
«Io mi chiamo Athem. Perché te ne stai qui da solo? Ti va di venire a giocare con noi? »
Alle sue spalle spuntò una bambina dai capelli scuri.
«Io sono Mana. Dai, vieni! »
Yugi era piuttosto perplesso, non gli capitava praticamente mai che qualcuno richiedesse la sua compagnia. Di solito gli altri bambini lo tenevano alla larga considerandolo strano per il suo carattere schivo e la sua pelle chiara. Viste però le espressioni speranzose degli altri due, non poté fare altro che accettare. Quella fu la prima volta che si divertì davvero in compagnia di qualcuno che non fosse sua madre. La sua risposta sancì la nascita di un legame che sarebbe diventato molto più forte di quanto entrambi potessero immaginare.
Stavano giocando a rincorrersi con Mana quando sopraggiunse un quarto ragazzo, più grande di loro, che indossava una lunga veste bianca. Yugi lo aveva già visto e sapeva che in un certo senso si trattava di una persona importante.
«Principe, sua maestà richiede la tua presenza nella sala del trono. » esordì.
I tra bambini si bloccarono: Athem sbuffò sonoramente, Mana alzò gli occhi al cielo e Yugi si guardò attorno confuso. A chi si era riferito il ragazzo con quel titolo?
«Certo che a volte mio padre è proprio una noia! » esclamò Athem. «Va bene, Mahad, arrivo. »
Yugi non credeva alle proprie orecchie: quel ragazzino era il principe? Aveva giocato tutto il tempo con il futuro sovrano d’Egitto.
Athem e Mana lo salutarono con la promessa di rivedersi e si avviarono al seguito di Mahad.
Ancora sconvolto dall’identità del suo compagno di giochi, voltandosi Yugi si accorse che Yume lo osservava da lontano. Le corse incontro sorridendo e la giovane madre lo abbracciò. Non si rese conto minimamente dello sguardo velato di tristezza che lo seguiva.

La notte era ormai calata da un pezzo e tutti i bravi bambini avrebbero dovuto essere nei loro letti, ma Yugi proprio non riusciva a dormire. Era troppo eccitato dall’esperienza di quel pomeriggio. Aveva scoperto che il bambino che gli somigliava tanto altri non era che il futuro re, e questo futuro re gli aveva promesso che si sarebbero rivisti: gli appariva talmente incredibile da non sembrare vero.
Yume si era già addormentata da parecchio tempo nel letto accanto al suo e Yugi badò bene di non svegliarla mentre lasciava la stanza per uscire in giardino. Il buio gli faceva un po’ paura ma le stelle lassù nel cielo terso erano talmente meravigliose da fargli dimenticare ogni timore. Mentre si addentrava tra i cespugli, sentì un flebile suono provenire da poco lontano. Lo seguì e scostando una fronda particolarmente folta, scorse un fagottino raggomitolato che singhiozzava.
«Perché piangi? » chiese quasi sottovoce.
L’altro bambino sussultò e alzò la testa strofinandosi gli occhi.
«Non sto piangendo! Un principe non piange! »
Yugi riconobbe Athem e si sedette accanto a lui.
«Un bambino però sì, la mia mamma dice che è normale. »
Athem si strinse ancora di più nel lenzuolo che aveva sulle spalle.
«Perché sei qui? » chiese.
«Non riuscivo a dormire e le stelle sono tanto belle da vedere. Tu invece? Un principe non dovrebbe uscire di notte. »
Athem ignorò l’ironia.
«Lo faccio spesso invece. Odio quella grande stanza vuota, faccio fatica ad addormentarmi. Una volta Mahad dormiva vicino a me, ma adesso mio padre ha deciso che sono abbastanza grande per stare da solo. A me… non piace stare da solo…»
Yugi allungò un braccio e sfilandogli un lembo del lenzuolo, vi si avvolse a sua volta.
«Allora stasera ci sto io con te. »
Athem accennò un pallido sorriso e chiuse gli occhi appoggiando la testa sulla sua spalla. Rimasero in silenzio per qualche minuto poi il piccolo principe mormorò qualcosa che sembrò costargli un grande sforzo.
«Ti invidio molto, lo sai, Yugi? »
Il bambino rimase di stucco.
«Tu invidi me? Ma… come? Sei un principe, puoi avere tutto quello che desideri. Cos’ho io che a te manca? »
Seguì ancora un attimo di silenzio poi Athem mormorò: «Una mamma. »
«Cosa dici? Tutti i bambini hanno una mamma. » disse ingenuamente Yugi.
«Io no. La mia… se n’è andata nei giardini di Osiride per colpa mia. »
Yugi era senza parole.
«Ma… non è possibile! Non ci credo! »
«Invece è così. Mio pare mi ha spiegato che è morta dandomi alla luce. Naturalmente lui e tutti gli altri dicono che non è colpa mia e che lei ha semplicemente fatto il suo dovere, però dicono anche che era una persona gentile e buona. Così oltre a sentire la sua mancanza, mi sento anche in colpa. Se non fosse stato per me, questa persona che piaceva a tutti sarebbe ancora qui. »
In quel momento Yugi pensò che non era giusto che un bambino pensasse quel genere di cose e che gli occhi lucidi di Athem erano quanto di più triste avesse mai visto. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di vederlo sorridere.
«Anche tu piaci a tutti! » esclamò d’impulso. «Cioè… in realtà proprio a tutti non lo so, però… a me piaci! »
Finalmente Athem sorrise, un sorriso timido che gli colorò appena le guance.
«Grazie…»


CONTINUA...



NOTICINA DI YUKI:
Ecco l'inizio! I nostri eroi si sono conosciuti, cosa cambierà questo fatto nelle loro vite? Davvero non poco, aspettate e vedrete!
Qualche spiegazione sui nomi: Tiye, il nome della moglie di Aknadin, l’ho trovato aprendo a caso uno romanzo della serie delle “indagini del principe Meren” di Lynda S. Robinson, poi ho scoperto che è il nome della moglie di Amenophis III. Il nome della madre di Yugi, Yume, l’ho scelto perché volevo qualcosa che avesse un’assonanza con il nome del figlio. Poteva essere anche Yumi, ancora meglio, ma di Yume almeno so il significato (sogno).
Spero che l'idea di questa storia possa stuzzicare il vostro interesse, quindi se avete letto e volete lasciare un commentino sarò ben felice di leggere le vostre opinioni. ^_^ Anche se si dovesse trettare di farmi notare qualche involontario strafalcione sull'antico Egitto, so che sono sempre in agguato... ^_^'''
Anche se sono solo alla pubblicazione del primo capitolo volevo ringraziare masayachan, Lunachan62 e VampiraSix che mi hanno sopportata e incoraggiata durante la stesura di questa fic con i loro suggerimenti e complimenti, e anche accompagnandomi a mostre sull'Egitto (vero, Vampy?). Siete troppo carine, vi adoro!
Un bacio e alla prossima!
YUKI-CHAN



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(«Perché mi hai fatto questo?! » «Ma io…» «Pensavo fossi mio amico! Non importa se sei il principe, non voglio più vederti! Ti odio! »)
   
 
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