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Autore: franceskik    28/10/2012    4 recensioni
"Mi hanno detto che sei gay." Sibilò il giovane, con lo sguardo fisso verso il cielo, sotto gli occhi immobili del cantante. "E vero?" chiese infine.
"No, non lo sono." Rispose Louis, palesemente in difficoltà.
"Ah." Commentò il giovane. "Io sono gay, invece."
E da lì, iniziò un discorso di cui Louis aveva bisogno da troppo tempo.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ultimamente i ragazzi stavano partecipando ad una serie di icontri benefici, che miglioravano l'immagine commerciale e sicuramente anche il loro spirito.
Erano cinque ragazzi giovani, con un cuore puro e abituato ad esser protetto, con gli occhi fragili e sinceri, davanti all'immagine di un bambino malato, si erano anche lasciati andare ad una lacrima, nascondendosi dalle telecamere, per vergogna, imbarazzo, pudore, non sapevano neppure loro.

Quel pomeriggio erano ospiti della "White-House Association." Una casa che accoglieva i ragazzi dai sei ai venti anni, sfrattati di casa, abbandonati dai genitori, esclusi dal mondo.
I ragazzi entrarono con passo lento, seguiti da qualche telecamera e dal proprietario dell'edificio.
Le pareti erano colorate, vivaci, ma palesemente piene di dolore e d'ansia, di solitudine e di ricerca: ricerca di famiglia vera, di casa, di felicità.
"Benventi ragazzi..." Si avvicinò una signora sulla sessantina, con in mano cinque spille con il logo dell'associazione, che i ragazzi prontamente si infilarono nella maglia, all'altezza del cuore. Altra odiosa pubblicità, anche in casi come quello. "Questi sono i nostri ragazzi, sono molto felici di avervi qua oggi..." I trentacinque ragazzi all'interno del salone sorridevano, con le labbra, applaudendo con le mani, alcuni continuavano a disegnare, indisturbati. Ma i loro occhi erano spenti, erano cupi, erano bisognosi, chiedevano aiuto.
"Sono ragazzi molto particolari, cercate di farli sorridere." La signora dette le spalle ai trentacinque per dedicarsi a Louis, Liam, Niall, Harry e Zayn. "Sono vostri fan, sono molto emozionati all'idea di potervi incontrare.. per favore, fateli sorridere.." Il tono della signora era pacato e tranquillo, dolce e caritevole.
"Faremo del nostro meglio, signora." Sussurrò sorridente Louis.
Iniziarono a dividersi per il salone, a fare foto e colorare disegni con i bambini, a sorridere e scherzare quando i più piccoli montavano sulle loro ginocchia.
Era un clima caldo, un clima unito, come d'un pomeriggio di Dicembre intorno ad un caminetto ed una tazza di ottima cioccolata calda.
Louis si avvicinò ad un ragazzo moro, a giudicare dalla postura, dall'abbigliamento, dall'entusiasmo quasi morto, doveva esser stato il più grande lì.
"Ciao." Lo salutò entusiasta il castano, senza esser degnato dal giovane, che continuava a guardare fuori dalla finestra il cielo monotono e grigio di una Londra invernale.
"Cerchi di ignorarmi?" Domandò scherzando Louis, nel tentativo di una qualsiasi risposta.
"Va' dai bambini, ne hanno più bisogno..." Sussurrò freddo il ragazzo, non distaccando lo sguardo.
"Sono già stato da loro, vorrei fare due chiacchere anche con te." Nessuna risposta, Louis continuò. "Piacere, sono Louis."
"So chi sei." Rispose freddo il ragazzo.
"Sicuramente i miei discografici sono ben contenti di sapere che tu sappia chi sono.." Si lasciò scappare ironico, Lou.
Sul volto del giovane si trasferì un mezzo sorriso che quasi subito venne spazzato via. "Tu, sei?" Domandò curioso Tomlinson.
"Mi hanno detto che sei gay.." Sibilò il giovane, con lo sguardo fisso verso il cielo, sotto gli occhi  immobili del cantante. "E vero?" chiese infine.
Louis sorrise, sarebbe dovuto andar via subito, appena constatato che il tipo era piuttosto freddo, ma lui aveva voluto sfidarlo e adesso stava perdendo.
"Sai che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?" Chiese Louis, con il tono divertito.
"L'hai appena fatto." Osservò attento il moretto. Quel ragazzo sembrava sveglio, sembrava in gamba, quel ragazzo aveva l'aria bisognosa, fin troppo.
"No, non è vero. Non sono gay." Rispose freddo Louis, scocciato dalla domanda, dal fatto che un giovane ragazzino l'avesse potuto mettere alle strette.
Il moro si voltò. I suoi occhi incrociarono lo sguardo freddo di Tomlinson.
Erano verdi, di un verde chiaro, limpido, fragile. Stavano urlando di dolore, stavano chiedendo pietà. Erano occhi giovani, Louis si fermò a fissarli.
"Ah." Commentò il giovane. "Io sono gay, invece." Affermò poi, per fare una pausa, guardare le mani di Louis che avevano preso a torturarsi freneticamente.
Il ragazzo sorrise, era sempre la stessa storia: spiazava le persone ogni volta che confessava i suoi gusti.
"Mia madre è morta quando avevo cinque anni." Il moro prese a parlare, e da quel momento, le urla dei bambini, i flash delle fotocamere, le voci dei suoi amici si fecero sorde all'udito di Louis, che osservava il verde degli occhi di quel ragazzo e l'ascoltava, l'ascoltava attentamente più col cuore che con le orecchie.
"E' morta di cancro." Louis rabbrividì, odiava quella parola. Ma il moro non poteva saperlo e continuò. "Da quel giorno mi sono detto che nessuna donna avrebbe potuto sostituire mia madre. Ero legatissimo a mio papà, fin quando lui non si è regalato all'alcool. Diventava ogni giorno più violento, più meschino... Io avevo iniziato le medie, capii fin da subito che niente era capace di scioglermi più di un sorriso sincero sul di un bel ragazzo."
Louis si bloccò, sorrise involontariamente a quella frase, alla spontaneità con cui quel ragazzo stava parlando, era allibito dalla sua forza.
"Dissi a mio padre che ero gay, in seconda liceo." Continuò il giovane. "Non fece storie. Mi spedì qua la settimana dopo. Mi disse che dovevo curarmi, che questa era la migliore associazione in zona e che qualora fossi tornato normale sarei poturo rincasare."
Louis rabbrivì, di paura, di orrido, di shock. "E tu?" Domandò, semplicemente.
"Non potevo disobbidire, avevo già troppi lividi nel corpo.." Il moro abbassò lo sguardo, Louis appoggiò una sua mano sul un suo ginocchio e sorridendogli dette la forza al giovane per continuare a parlare. "E poi, la calma con cui mio padre mi invitò a curarmi, mi fece pensare che beh, forse stava avendo ragione lui: forse ero malato."
"Ma non è così. Essere omosessuali, amare il sorriso di un ragazzo, sentire le farfalle nello stomaco per i ricci di un tuo amico non significa essere malati." Louis lo interruppe, alzò il tono, iniziò a parlare contro gli occhi verdi del moro, che sorrise, involontariamente, capendo i riferimenti, non poco casuali, di Louis.
"Ma non si può capire, sai? Non è così facile.." Sibilò il giovane. "Quando vivi in questa società, che elimina il diverso, che ripudia la minima disoluguaglianza, non è facile ammettere a se stessi che si è gay, che saremo portatori sani di insulti e d'offese, non è facile lasciare che  uccidano noi stessi per la persona che si ama.."
Tomlinson tremava, le sue mani tremavano, le sue gambe tremavano, i suoi occhi tremavano, il suo cuore tremava.
Come poteva un ragazzo di diciassette anni parlare così? Come poteva aprirgli il cuore e la mente più di quanto avessero saputo fare tutti gli strizzacervelli che aveva frequentato?
"Cosa ti ha fatto cambiare idea?" Domandò Louis. "Cosa ti ha fatto capire che nulla sarebbe stato più forte del tuo sentimento?"
"La voglia di amare, Louis. La voglia di sorridere, e soprattutto il bacio che il mio ragazzo mi concesse davanti a mio padre. Sapevo che fino a quando avessi avuto affianco lui, niente e nessuno avrebbe vinto sul mio stato d'animo, eravamo forti, siamo forti.."
L'azzurro degli occhi di Louis si spostò in una gradazione di grigio, simile a quella che colorava il cielo londinese in un normale pomeriggio.
"Lui ha tentato il suicidio." Affermò freddo Lou, con lo sguardo basso, torturandosi le mani.
Si era arreso, stava per raccontare la sua vita ad un adolescente che neppure conosceva.
Ma il moro aveva sempre saputo che Louis ed Harry si amavano, riconosceva lo sguardo di due ragazzi travolti dalla passione.
Sapeva distinguere quattro occhi d'amici da quattro d'amanti.
"Perchè lo ha fatto?" Domandò il giovane.
"Perchè ha paura. Ha paura dell'esterno, ha paura delle critiche, ha paura di se stesso e della sua debolezza.."
Louis si morse un labbro, trattenendo a fatica una lacrima che avrebbe dipinto il suo volto.
"Tu dov'eri, Louis?" Domandò il giovane, guardando Louis in difficoltà, invaso dai rimorsi. "Dov'eri quando il tuo ragazzo aveva bisogno di te?"
Tomlinson alzò lo sguardo e abbracciò quello del moro. "Non c'ero." Affermò, con un tono arreso, ormai consapevole. Consapevole di ogni sua colpa.
"Sai Louis, se non avessi avuto Josh vicino a me non ce l'avrei mai fatta. Tra quattro mesi compirò diciotto anni, andrò via da questa clinica, ormai maggiorenne, passando da casa mia, sorridendo a mio padre, per mano al mio ragazzo e ringraziandolo di avermi mandato qua. Di avermi fatto comprendere il valore delle cose, di avermi dato l'opportunità di reagire alle difficoltà, di avermi avvicinato al mio ragazzo e di capire che niente, assolutamente niente, può abbattere il mio sentimento."
Louis sorrise, d'ammirazione e di stima. "Come fai ad essere così forte?"
"Ho imparato ad esser forte nello stesso momento in cui ho imparato ad amare, Louis."
"E se lui dovesse stancarsi di me?" Chiese preoccupato Louis.
"Harry ti ama, non si stancherà di te. Ma dagli modo, sempre, di pensare ed essere convinto che tutti i suoi sacrifici un giorno verranno ripagati."
"Come fai a sapere che sto parlando di Harry?" Domandò meravigliato il maggiore.
Il moro sorrise, stringendosi nelle spalle: "Sesto senso!"
I due ragazzi si lanciarono un ultimo sguardo.
Entrambi avevano gli occhi lucidi, entrambi avevano il loro cuore in mano e un sorriso sulle labbra.
"E' finito il tempo ragazzi, ringraziate gli One Direction per esser stati qua con noi.." E mentre la signora salutava, sopra gli applausi dei bambini, Louis abbracciava il giovane.
"Grazie." Sibilò allontandosi dalle braccia del moro.
"Comunque sono Will!" Il giovane sorrise, allungando la mano destra.
"Piacere d'averti conosciuto, Will" Louis rispose alla stretta, allontanandosi poi dalla stanza inisieme agli altri quattro.

Harry, Liam, Niall, Zayn e Louis salirono sul loro furgoncino nero, scortati da Paul, sorridendo agli ultimi flash prima di partire.
"Noi vinceremo, Harry..." Sussurrò Louis, lasciando Harold in balia dei suoi brividi, preso da una scossa improvvisa, da parole che sognava.
"Lo so, Louis." Prese una mano al castano. "E' per questo che non ho mai smesso di amarti.."
E si lasciarono andare ad un bacio, sotto i sorrisi orgogliosi dei loro amici, eterni testimoni di un amore sincero.









Beeeene, ho deciso di scrivere questa dopo aver visto le foto dei ragazzi in questi giorni.
Non so che idea strana sia, ma se avete letto altre mie storie avrete sicuramente capito che non sono una dall'ispirazione 'normale'. Loool.
Non c'è molto da dire, vi ringrazio di aver letto e se volete lasciatemi un piccolo commento.
Baci,
Fra.
  
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