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Autore: Ato    28/10/2012    4 recensioni
«Sasuke-kun», rise, incapace di trattenersi. «Che ce ne facciamo di tutta questa roba?»
Sasuke arrivò in cucina chiedendosi come potesse non essere chiara la ragione di quella riserva. «Secondo te io posso mai uscire di notte per soddisfare tutte le voglie che ti verranno?»
«E ci volevano tre marche diverse di salsa di soia?»
Sasuke le si avvicinò, guardingo, anche un po’ pensieroso. «Di più?»
Sakura si dichiarò offesa, lo riprese esclamando un paio di volte il suo nome con un’enfasi tutta da lei. Gli diede anche un pizzicotto sul fianco. Lui le bloccò la mano prima che gli lasciasse un livido senza nemmeno accorgersene. L’interno del suo polso era liscio, la pelle finissima. Si sentiva il sangue che scorreva veloce. Sasuke la sentiva sotto le dita, quella vita, eppure sembrava che stesse esplodendo ovunque. Bellissima.
[...]
Sasuke voleva diventare papà (?) e io mi sono sentita moralmente obbligata a scrivere una raccolta di momenti in cui pian piano lo diventa. Sì, più o meno.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Fluff a secchiate, io lo dico in anteprima perché non è detto che qui vivete tutte con una dose di insulina a portata di mano.

La mia scusa è che certe cose le scrivo per tenermi in allenamento in vista del giorno in cui Kishi mi farà sciogliere al punto che qualcuno per pietà dovrà a raccogliermi col cucchiaino – ssssì.

In realtà è sempre colpa di Sasuke che è bello in ogni momento ma ancora di più quando si permette di guardare al futuro col passato negli occhi, ecco.

Grazie a tutti quelli che si sono presi la briga di dare un’occhiata e buona lettura!

J

 

 

Esplosioni

 

 

 

 

 

 

Secondo mese.

 

Sasuke aveva fissato di sottecchi la sua mano per almeno cinquantasette secondi contati – aveva tenuto il conto con molta attenzione. Poi si era deciso ad avvicinarsi un po’ in più.

Aveva afferrato una sedia e l’aveva accostata al lettino su cui lei era distesa, col ventre scoperto e la mano di Tsunade che vagava liberamente sulla sua pelle. Ogni tanto loro due si dicevano qualcosa che lui non capiva, Sakura tendeva la propria mano e imitava la sua maestra per capire bene come si conducevano quegli esami.

A lui non restava altro da fare se non sbuffare.

«Ora farà un po’ male, Sakura». Tsunade concentrò il chakra sul palmo della mano e lo tenne sollevato fin quando la sua allieva non annuì, pronta.

Sasuke la osservò con attenzione: si stava mordendo le labbra, aveva stretto il pugno e chiuso gli occhi. Faceva male sul serio. Allora lui distese appena il braccio sul lettino accanto al viso di Sakura, le sfiorò la spalla con le dita.

Lei non impiegò molto a sentire la sua presenza: si voltò nella sua direzione, poggiando la guancia sul suo avambraccio. Alla fine fu lei a stringergli la mano, così forte da togliere il fiato.

Ma non gli importava: erano entrati lì dentro con un peso sul petto e dita sanissime.

Ne sarebbero usciti con ferite nuove sulle dita e occhi luminosissimi.

«Procede tutto bene».

 

***

 

Terzo mese.

 

Era l’alba. Sakura si era alzata presto perché era stata di nuovo colta dalla nausea. Non accadeva più tanto spesso, ma lei ormai aveva preso l’abitudine di andare a distendersi sul divano dopo essersi allontanata dal letto. Non voleva disturbarlo, soprattutto quando Sasuke aveva missioni impegnative per il giorno dopo.

Eppure lui non ci metteva molto ad alzarsi, la raggiungeva in soggiorno. Le dedicava un’occhiata veloce, spesso non diceva nemmeno una parola. Si limitava a sedersi sul tappeto davanti al divano, poggiava un rotolo sul tavolino di cristallo che aveva di fronte e prendeva a leggerlo.

Da tre giorni però Sasuke si era intestardito a fissare il suo ventre con occhi rossi ed espressione corrucciata. Attivava lo sharingan e lo studiava. Quando era particolarmente preso le sollevava anche la maglietta, per non avere ostacoli di sorta.

«Allora, oggi vedi qualcosa?» Sakura sapeva che la sua nuova mania era dovuta al fatto che lui moriva dalla voglia di conoscere il sesso del bambino.

Sasuke aggrottò un po’ le sopracciglia, facendosi addirittura più vicino. «Ma è enorme».

«Sasuke-kun?»

Lui si ridestò dal suo personalissimo studio: aveva le labbra piegate un po’ all’insù, lo sguardo presissimo e un’espressione quasi luciferina. «Gli hai fatto un bel regalo. Ha una fronte gigante, Sakura».

 

 

Quarto mese.

 

Sasuke diceva che almeno la fronte stava acquistando proporzioni umane. Lei gli aveva spiegato un sacco di volte che era normale che il bambino gli sembrasse tutto sproporzionato, che ci voleva un po’ di tempo per far allungare il resto del corpo, ma per tutto quel mese lui si era dichiarato più preoccupato dalla sua fronte che dal suo sesso.

«Ora la sua fronte è rimasta la mia unica preoccupazione», spiegò Sasuke, distendendosi accanto a lei nel loro letto. Non fece in tempo a sistemarsi che si ritrovò con un cuscino spalmato in faccia.

Era un maschio.

«Sasuke-kun?» lo richiamò lei, con voce bassissima. «Ora puoi dirlo come si chiama, no?»

Non ne avevano mai parlato, ma era talmente ovvio

Lui non aveva mai pronunciato il suo nome, mai, nemmeno quando Naruto lo ripeteva in continuazione e tentava di costringerlo a fare altrettanto.

«Prima tu, Sakura».

E lei lo fece, senza deluderlo. Togliendogli il cuscino di dosso per guardarlo negli occhi. «Itachi».

 

 

Quinto mese.

 

Sasuke aveva sentito da qualche parte che c’era un periodo della gravidanza in cui la donna si ritrovava particolarmente felice – felice di una felicità strana, comunque. Senza motivo apparente.

Perciò decise di non preoccuparsi troppo quando qualcosa di relativamente pesante gli impedì di salire le scale. Per salutarlo a fine giornata Sakura gli si era buttata addosso senza dargli nemmeno la tregua di un respiro dentro casa. Gli teneva le gambe strette attorno alla vita e le dita piantate con forza nella schiena.

«Sakura…»

Sasuke si ricordò che aveva programmato un’accoglienza simile circa cinque mesi prima, con lei che non riusciva a contenere l’emozione e che tremava quasi a dirgli che avrebbero avuto un bambino.

Ora lei non aveva nessuna notizia da dargli, in compenso aveva un po’ di pancia in più. Sasuke non ancora si era abituato a sentire addosso quella curva più marcata.

«Sono felice» disse lei, guardandolo in viso.

Ed era vero. Sembrava che stesse una meraviglia. Era una meraviglia.

«Come mai?»

Sakura si lasciò cadere a terra, gli strinse una mano attorno al polso. Se lo trascinò al piano di sopra velocemente. «Finalmente Ino mi ha accompagnato a comprare la prima tutina» spiegò, raggiante. «Con il ventaglio dietro la schiena. E non è tutto», aggiunse, aprendo la porta della camera che Sasuke aveva occupato da bambino. Era la stessa che stavano allestendo per Itachi. «Ho trovato anche le tue vecchie tutine».

Sasuke si accigliò, chiedendosi se fosse il caso di placarla in qualche modo quando lei si mise praticamente a scalare l’armadio tenendo di mira uno scatolone in alto. Si accostò a lei per aiutarla a prendere quella roba terribile, ma non era certo di avere l’autocontrollo necessario a non darle fuoco appena l’avesse avuta tra le mani.

Eppure non gli importava. Aveva scoperto una cosa nuova sull’ammasso di roba terrificante che Sakura nascondeva nella pancia.

Non rendeva felice solo lei. La illuminava di una felicità contagiosa.

 

Sesto mese

 

Sakura era distesa sul divano, le faceva un po’ male la schiena. Sasuke era seduto a terra davanti a lei, sul solito tappeto. Stava tentando di avere la meglio su uno stereo antiquato. L’aveva ripescato nella vecchia stanza di Itachi insieme alla montagna polverosa di cd che aveva sistemato sul tavolino basso davanti a lui.

Sakura gli aveva confidato che avrebbe fatto bene al bambino ascoltare un po’ di musica. Erano tutte cose che aveva studiato. La musica serviva a stimolare la sua intelligenza.

Sasuke all’inizio aveva sbuffato, senza nemmeno crederci troppo. Quel giorno poi si era ritirato in soggiorno accanto a lei, e aveva iniziato a imprecare contro lo stereo – come se fosse colpa dell’aggeggio se lui non trovava la canzone che si era intestardito a cercare. Doveva esserci affezionato, forse era incastrata nei suoi ricordi di bambino e come tutte le cose che sapevano di Itachi anche quella canzone doveva toccarlo nel profondo.

Quando la trovò se ne stette un po’ a occhi chiusi, con le spalle poggiate contro il divano e la testa abbandonata sul suo grembo. «Le altre sono tutte una palla», spiegò, dal niente.

Sakura scoppiò a ridere, divertita. Non se ne intendeva di musica classica, ma stentava a immaginare che Itachi avesse avuto cattivo gusto. Dalle foto, dai ricordi di Sasuke, le era sembrato una persona elegante, raffinata, forse di quelle un po’ inquietanti, capaci di parlare di qualsiasi cosa.

«Questa è rilassante», commentò, dando qualche colpetto sulla testa di Sasuke per invitarlo ad alzarsi da terra e distendersi accanto a lei.

Gli fece un po’ di spazio, gli prese la mano e se la poggiò sul ventre. «Lo sai Sasuke-kun» riprese, «come noi sentiamo quando lui si muove, lui sente tutto quello che gli succede intorno. Perciò lo accarezzo continuamente».

Quelle di Sasuke non sembravano sempre carezze, i movimenti della sua mano erano accorti, misurati, ma non sempre lenti. A volte sembrava che quella mano non stesse accarezzando, ma salutando – così per dire piacere Itachi, sono molto lieto di conoscerti.

«Cos’altro sente?» chiese Sasuke.

Lei ci pensò un attimo, raccogliendo tutte le informazioni che aveva. «Ora sente soprattutto il battito del mio cuore. Per lui deve essere quasi assordante, ma non al punto da dargli fastidio. Lo rassicura. Poi sente le nostre voci, e la musica».

«E allora perché ti lamenti che non dorme mai?» gli fece presente lui: evidentemente rabbrividiva al pensiero del casino che doveva sentire suo figlio a tutte le ore del giorno.

Sakura ne sorrise. «Se si abitua adesso ad ascoltare alcune cose, per lui la… scoperta del mondo può essere meno traumatica. Quando sarà nato e sentirà le stesse voci, la stessa musica… queste cose gli sembreranno un po’ più familiari, meno estranee e terrificanti».

Sasuke si disse che per quanto familiari forse alcune cose restavano comunque terrificanti. Anche lui ogni tanto aveva paura di Itachi.

Allora si chiese se non fosse pazzo e giusto così: rassegnarsi a condividere la paure di un bambino e aspettare di placarle contro la sua pelle, come Itachi avrebbe fatto con lui tutte le notti, di lì a pochi mesi, dopo avergli spaccato i timpani e rovinato il sonno.

 

 

Settimo mese

 

«Non è colpa mia se non riesco a dormire» sbuffò Sakura, riempiendosi una tazza con una sostanza dal colore poco invitante. «Ogni volta che tento di girarmi è come se dovessi fare il giro del mondo, mi sembra di metterci ore».

«Non ti posso dare un colpo e risolviamo tutto?» Sasuke guardò disgustato quella roba che lei stava trangugiando senza pensarci troppo. Non riusciva nemmeno a immaginare gli ingredienti improbabili che ci aveva messo dentro per calmarsi un po’.

Sakura lo guardò male e lui pensò di essere stato frainteso: «guarda che non ti lascerei sul divano, ti porterei a letto» promise, quasi ragionevole – per quanto potesse sembrarlo con gli occhi impastati di sonno, cioè. «O forse farei prima a portare il letto giù» considerò, fissando la pancia di Sakura a provando pietà per le sue povere braccia. Probabilmente sarebbe perito nel tentativo di sollevarla.

Lo sguardo di Sakura si fece ancora più sottile, aveva un che di minaccioso. «Sasuke-kun», cominciò, melliflua, «pensavo che avessi superato il periodo in cui riuscivi a dirmi certe cose solo con la certezza che dopo mi avresti tramortita».

Sasuke sobbalzò, ma ebbe lo spirito di non darlo a vedere. «È così infatti» precisò a denti stretti. Non era stato carino da parte di lei fargli notare che era spesso stato costretto a colpirla dopo dichiarazioni particolarmente compromettenti, a partire dalla notte in cui dopo il suo primo grazie l’urgenza di scappare si era fatta sentire. «E poi ora non devo dirti proprio niente. Vorrei solo tornarmene a letto».

«Ma se mi dici qualcosa di carino potrei considerare l’idea di lasciarmi colpire» dichiarò Sakura – forse anche lei era particolarmente disgustata dalla tisana che aveva versato nella tazza.

Sasuke fece l’ultimo sbadiglio, strofinandosi gli occhi per assicurarsi di essere ben sveglio. Le pose due dita sulla noce del collo, come se avesse voluto prendere la mira per un colpo ben misurato.

Lei lo guardò con occhi frementi di aspettativa e trattenne il fiato quando Sasuke le sfiorò il viso con un tocco leggerissimo. «Sakura, tu non dormi perché non sei davvero stanca».

Lei spalancò la bocca pronta a protestare: era davvero stanca e non si sarebbe lasciata colpire senza ricevere una meritata dichiarazione compromettente. Sasuke sapeva che lei gli avrebbe risposto esattamente così, perciò quando si mosse veloce per sfuggirgli, Sasuke non la lasciò allontanare troppo, tappandole la bocca prima che cominciasse con qualche rappresaglia.

Mentre la baciava, sperò solo che dopo averla stancata a dovere Sakura sarebbe stata almeno capace di tenersi in piedi – non era sicuro di riuscire davvero a portare il letto giù per le scale dopo aver finito con lei.

 

   
 
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