Londra.
La sveglia sta suonando già da 5 minuti e l’uomo
che l’ha impostata non sembra,
o non vuole, sentirla.
John Hamish Watson, chirurgo militare del
battaglione d’India, 5° Reggimento dei Fucilieri di
Northumberland , tornato
dall’Afghanistan da 2 mesi congedato
con onore. Con il segno di una ferita alla spalla e una zoppia, di
natura
psicosomatica secondo la sua analista.
Ogni notte gli incubi lo riportano in quell’inferno e ogni
mattino lo trova
ansioso e spaventato, incapace di alzarsi e affrontare anche solo la
noiosa
monotonia di Londra.
Si rigira nel letto creando un groviglio di lenzuola che
ritroverà relegate
nell’angolo più lontano, almeno finché non troverà quel
minimo di autoconservazione
che tutte le mattine gli permette di alzarsi dal letto, riordinarlo
perfettamente, bere
una tazza di tea, vestirsi e uscire a
cercare una soluzione per il suo alloggio. Non può
più permettersi neanche quel
monolocale con la sua misera pensione da soldato.
Estenuante.
Una ricerca estenuante che non gli sta portando risultati. E’
da una settimana
che trascina la sua
gamba sinistra in
giro per Londra e in tutte le agenzie immobiliari, ma non ha trovato
nulla di
accessibile per le sue tasche.
Chiedere aiuto? Nei momenti peggiori ha vagliato anche questa ipotesi,
ma a
chi?
La realtà della guerra l’ha portato per troppo
tempo lontano dalle sue amicizie
e, come succede spesso, gli ha lasciato un malcelato cinismo nei
confronti
degli “ altri “ e di quello che possono essere
capaci di fare.
In Afghanistan ha sperimentato sulla sua pelle quanto possa essere
semplice per
un uomo ucciderne altri, basandosi solo sul credere che “
è giusto “. Lui è
stato un soldato, e ha dovuto uccidere per difendersi, ma è
stato anche il
medico che doveva far i conti sulle reali conseguenze di quelle azioni
ricucendo le ferite, spesso incurabili, dei suoi compagni o peggio
registrandone il decesso.
Oltre alle sue vecchie conoscenze, resta soltanto sua sorella. Ma per
quanto la
sua situazione sia delicata non vuole chiedere aiuto a lei. Si sarebbe
preoccupata, l’avrebbe aiutato volentieri, ma sarebbe stato
un altro problema
da aggiungere a quelli che già ha di suo.
Tutte le mattine le passa così, cercando appartamenti ,
stancando la gamba, e
sconfortandosi con quei pensieri.
Arrivata l’ora di pranzo il dottore si ferma sempre in una
tavola calda
scoperta qualche giorno prima. Non si mangia granché
però è economica e, cosa
fondamentale per lui, confina con un parco.
La gamba gli fa sempre male, ma starsene immerso nel verde gli ha
sempre dato
un senso di pace.
Anche solo stare seduto su una panchina
lo aiuta ad arrivare
fino a sera leggermente
più felice.
Questa routine va avanti ancora per giorni finché, in quello stesso parco,
finalmente succede
qualcosa. Incontra un suo vecchio compagno di studi in medicina, Mike
Stamford.
Londra.
Dalle finestre dell’appartamento 221B di Backer Street
entrano le prime luci
dell’alba mentre il telefono sul tavolo della cucina non
smette di vibrare. Il
padrone è troppo intento a osservare e analizzare le
reazioni chimiche che sta
sperimentando da qualche giorno per rispondere a suo fratello. Mycroft
Holmes.
Non sono mai andati troppo d’accordo ma, da quando si
è trasferito in
quell’appartamento non smette di chiamarlo ad orari insoliti.
Si preoccupa che
ora, essendo praticamente da solo, possa sciupare del tutto la sua vita
e, più
importante, il suo genio.
Sì, perché Sherlock Holmes è un
sociopatico arrogante e ingestibile, ma
comunque un genio.
Una persona che, fin
da bambino, con un
semplice sguardo può sapere chi sei, cosa fai e anche il
perché, anche se tu
non ne sei a conoscenza.
Mycroft si preoccupa
per lui.
Sa che sarebbe potuto diventare uno scienziato o qualsiasi altra cosa
avesse
voluto. Avrebbe potuto.
Invece Sherlock Ha
scelto di fare il “
consulting detective “ e
di trasferirsi
al 221B, da solo.
Ha raccomandato a
Mrs. Hudson, la
padrona di quell’appartamento, di provvedere a suo fratello.
La sua indole lo porta a non dormire, non mangiare e dissociarsi dalla
realtà per
ore, anche giorni, e quando ha qualche relazione con gli altri riesce a
farlo
sempre nel modo peggiore. Quante volte, anche nelle cene in famiglia,
ha
assistito alle reazioni offese di estranei, o parenti, che lo
cacciavano via in
malo modo. E’ preoccupato, ed ha ragione di esserlo. Per
questo chiama Sherlock
anche all’alba se sa che lo troverà sveglio. E lo
sa perché ci sono delle
guardie fuori all’appartamento che gli comunicano tutti i
suoi movimenti.
Drastico, megalomane, probabile. Ma è il suo modo di
dimostrare affetto.
E così
continua a chiamarlo, finché non
riceve la tanto agognata risposta.
- Cosa vuoi?
Il tono scocciato e scortese di Sherlock avrebbe fatto tornare sui suoi
passi
qualsiasi interlocutore dall’altra parte della cornetta. Ma
non lui.
- Accertarmi che tu non sia morto sul tavolo della cucina, per
cominciare.
Nessun cerimoniale, sono abituati ad essere diretti e a non far capire
all’altro se è una cosa a cui tengono o meno.
- Ti ho risposto. Buona giornata.
Semplice, conciso e diretto. Appunto
- Sherlock, vorrei assicurarmi che tu abbia evitato di rispondere alle
mie
chiamate solo per pigrizia o eccesso di zelo nel tuo lavoro, e non
perché
svenuto a causa di qualche strano esperimento.
Sa che non avrà una risposta esaustiva, ma solo sarcasmo,
pungente, ma non può
far a meno di chiederlo.
- Chiedilo ai tuoi uomini. Oppure da fuori non riescono a vedermi bene,
forse
dovrei invitarli a salire per una tazza di tea, che dici?
Parole che trasudano
superiorità e
sarcasmo. Ma da cui Mycroft può trovare un appiglio.
Perfetto.
- Stai bene, ho
capito. Ma potrebbe non
essere sempre così, Sherlock. Ne abbiamo già
parlato, ma visto che non vuoi uno
dei miei uomini, perché non ti trovi tu un coinquilino?
Non gli serve immaginare, può vedere benissimo il sorriso
ironico comparso sul
volto del fratello. Ma deve riuscire a convincerlo. O
impazzirà aspettando che
da un momento all’altro i suoi uomini lo informino di un
incidente che ha
coinvolto suo fratello al 221B. Non sa preservarsi quindi deve pensarci
lui.
- E chi mai accetterebbe di venire ad abitare con me?
Come dargli torto. Risulta ostico aver a che fare con lui anche alla
sua
famiglia. Ma non importa.
- Resteresti stupito di quanta gente potrebbe essere disposta a
condividere un
appartamento. Anche con te. Prova ad uscire da quella tana e vedrai che
sarà
semplice.
Ovviamente sta mentendo, ma ormai ha imparato che per ottenere il suo
scopo
sono concesse anche le bugie.
- Rallegrati, oggi avevo intenzione di uscire da questa “
tana “ .
Sorpresa.
-Oh …
Ma non fa in tempo a sperare, con Sherlock è inutile
sperare.
- Vado nell’obitorio del St’ Barths per degli
esperimenti. Molly mi permette di
monitorare la formazione di ematomi sulla pelle dei cadaveri.
In un obitorio. Solo Sherlock può pensare che andare in un
obitorio equivalga ad
uscire.
- Sherlock, non troverai un coinquilino tra i cadaveri. Ti servono
persone
vive. E per quanto la signorina Hooper possa soddisfare almeno questa
qualità,
non credo vada bene per i tuoi progetti. Ti serve una persona viva e
con una
vita sociale, almeno più movimentata della tua.
Silenzio, probabilmente ha smesso di sentirlo dalla seconda frase e ora
è
riperso tra le sue provette. Sarebbe utopico sperare di continuare
questa
conversazione e Mycroft lo sa.
- Buona giornata, Sherlock.
L’unica risposta che riceve è il segnale che
l’altro interlocutore ha staccato
la chiamata.
Tarda mattinata. Il “ quando “.
L’obitorio del St’Barths. Il
“dove”.
Un esperimento. Il “cosa”.
Un cadavere. Il
“chi”.
Un frustino. Il “ come “
Sherlock è votato alla scienza da sempre, sapere,
analizzare, dedurre.
La vita è questo, tutto il resto è noia.
Le informazioni non utili ad un fine più alto vanno recepite
ed eliminate nello
stesso momento.
Gli ematomi sul cadavere e il tempo che impiegano a formarsi sono
informazioni
utili per risolvere un omicidio.
La dottoressa che compare e scompare con una tazza di tea ed un
rossetto nuovo,
non porta a soluzioni. Quindi è irrilevante.
Così com’è irrilevante l’uomo
che dopo un po’ compare insieme a lei.
Grasso, postura sciatta. Giacca logora intorno alle maniche, camicia
macchiata
e pantaloni non stirati. Tutto di qualità non eccellente.
Occhiali,
probabilmente ha sforzato troppo la vista leggendo: Vita sedentaria e
non troppo
agiata.
Si guarda intorno con nostalgia: Studente di medicina? Probabilmente ha
finito
gli studi, ma non esercita direttamente, almeno non più.
Il suo lavoro non lo
soddisfa: Ora
insegna.
Nel complesso noioso e irrilevante, può tornare al suo
cadavere.
Fa solo uno sbaglio.
Quando alza lo sguardo per prendere la tazza che Molly gli sta offrendo
lui ne
approfitta per presentarsi.
- Mike Stamford, e lei?