Chi di noi arriverà per primo a Kira…?
Le parole risuonavano
nella mente di Near, mentre accoccolato al centro del
complicato sistema di binari, osservava i suoi trenini giocattolo muoversi
intorno a lui, appena quel tanto troppo veloci che ad ogni curva rischiavano di
sbandare. Il ragazzino prodigio strinse appena gli occhi, pensieroso. Inutile
rimuginare sulla sfida inconsulta che Mello, sempre
il tipo competitivo, aveva fatto diventare quella indagine,
meglio concentrarsi sui nuovi dati. Quindi, una delle
regole sul Death Note era falsa. Applicando la sua
immensa capacità di deduzione, la risposta possibile era una sola…
(seriamente, Mello sapeva che ci sarebbe arrivato comunque,
e probabilmente cinque decimi di secondo prima di lui, con gli stessi dati e lo
stesso ambiente in cui riflettere, quindi perché
fare la persona insopportabile e non dirglielo chiaramente… era proprio un
bambino, faceva così dai tempi delle gare di economia domestica in prima
elementare alla Wammy House, da quella storia del
riciclatore di bucce di patata che diceva di aver inventato per primo…)
E la risposta era…
Un fastidioso beeeeeep
interruppe la sua catena di infallibili collegamente mentali. Near lanciò
un occhiataccia a Giovanni. Glielo aveva detto almeno
quindici volte di mettere la vibrazione per tutto ciò che non fossero le chiamate di quel bastardo supponente del finto L…
non si poteva riflettere in quel posto rumoroso, figurarsi poi completare
puzzle tridimensionali!
L’uomo si affrettò a
controllare su uno schermo di cosa si trattasse, e poi
si voltò verso il suo capo con aria imbarazzata.
“Uhm… Near?
E’ Mello.”
“Di nuovo? Ma che vuole ancora?” Sospirò. “Vabbè,
fallo entrare. Spero che non abbia deciso che la sua comparsa
non è stata caratterizzata da troppo poche scenate isteriche e abbia deciso di
rimediare…”
“No, veramente è di sotto,
dal portone. Sta chiamando col videocitofono.”
“Eh?” Near
controllò la parete di schermi e ne trovò uno che mostrava Mello,
con la testa ingrandita dalla videocamera, accanto ai vasi di
azalee che stavano nell’ingresso.
“Aspetta…
ma non ti avevo detto di togliere la targhetta SPK dai nomi sul
citofono? Che razza di organizzazione super-segreta
siamo?!”
“No, veramente l’aveva detto
a Johnson, che però si è suicidato
con una penna bic qualche giorno fa, ricorda?”
“Ah, già…” Near si soffermò un attimo a riconsiderare l’evento.
Bisognava ammettere che verso la fine quei mafiosi avevano
dimostrato fantasia…
BEEEEEEEEP!
Mello stava premendo il tasto del citofono, la sua
espressione in veloce cambiamento dal “sono infastidito” al “sono
incazzato come un’attrice adolescente al primo ruolo
famoso a cui stanno tardando a portare il cocktail analco-anticalorico
che ha ordinato a questo party di merda dove non c’è
nessuno di famoso e dov’è il mio agente comunque?”
Near fece un sospiro rassegnato e premette il tasto del
microfono.
“Che
c’è ora?”
“Hey,
senti… questo palazzo è tuo vero?”
“…Sì.”
“Quindi
tu c’entri anche con i cartelli di proprietà privata vietato il parcheggio che
ci sono per due chilometri tutt’intorno?”
“Sono solo sul marciapiede
circostante, non per due chilometri, e comunque sì,
questa è proprietà privata federale.”
“Bene, allora puoi dire a
qualcuno dei tuoi dannati agenti di venire a togliermi le ganasce dalla
motocicletta? Vorrei andarmene a casa, se non vi dispiace!”
“...Mello,
hai lasciato la tua motocicletta in sosta vietata e ti hanno messo le ganasce?”
“No, ho ordinato ad un jet di venirmi a prendere ma non può atterrare e
manderanno un elicottero. Sì, che mi ci hanno messo quelle dannate ganasce, sei
sordo?!”
“Il tuo sarcasmo è fuori
luogo.”
“Oh, come mi dispiace.
Insomma, mandi giù qualcuno o no?!?”
“Io non c’entro con le
ganasce. Di solito se ne occupano i bravi vigili di
New York… aspetta un attimo.” Near riflettè per un nanosecondo. “Ma tu non eri venuto in
macchina con Halle ? Cosa ci fa qui la tua moto?”
“Uhmmmm…”
Mello sembrò un attimo a disagio, ma si riprese
subito mascherandolo con la sua migliore espressione da gattino offeso.
“L’avevo lasciata qui quando mi sono messo a pedinarla
per trovare il suo nuovo appartamento. Attirava troppo l’attenzione e l’ho
sostituita con un Ciao che ho… preso in prestito.”
“Vuoi dirmi
che l’hai seguita da qui a casa sua per poi farti riportare qui?” Near ripetè le cose lentamente,
tanto per essere sicuro di non sbagliare.
“…è così difficile da
credere?! Questo palazzo sembra un dannato centro
estetico,” lanciò un’occhiata sprezzante alle azalee
“Non c’era niente di strano che ci venisse ogni giorno a passarci delle ore,
conoscendola! E non è questo il punto!”
“…Ti sei sentito almeno un
po’ idiota, vero?”
“MA CHE CAZZO TE NE FREGA DI
COME MI SIA SENTITO E COMUNQUE NO, NON ESSENDO TUTTI DEI DANNATI ROBOT COME TE CAPITA DI SBAGLIARE E NON C’è NIENTE DI MALE, MA QUESTO NON
C’ENTRA!!!! VOGLIO SOLO
“Anche il tuo linguaggio
sboccato è fuori luogo.” Near
si tappò le orecchie e guardò altrove per evitare di leggere il labiale degli
smodati insulti che seguirono.
“In ogni caso, te l’ho
detto. Vai dalla polizia, lascia un nome falso, paga la multa e recupera il
motorino dal loro garage.”
“E’ una motocicletta! E ci vorranno giorni, una settimana almeno!”
“Soffro per te.”
“No, senti…” Mello si guardò intorno e poi avvicinò il viso alla
videocamera, provocando una deformazione prospettica tale da suscitare un
piccolo mancamento in Near. “Non posso aspettare! Lo
sai cos’è questa motocicletta?! E’ un Harley con motore originale del ’71, serie con la cromatura
limitata e numerata, un pezzo unico! Ed è tenuta
benissimo!”
“Aha…”
Near recuperò le sue bamboline di carta e le forbici.
La conversazione stava rasentando l’assurdo. Meglio tornare a ritagliare i
vestiti di Anna dai capelli rossi.
“Ed
è…” Mello fece un profondo respiro. “E’ la moto di Matt. Gliel’ho presa in prestito.”
Near alzò gli occhi, colto di sorpresa.
“Matt?
Occhialoni indecenti-nintendo
dipendente Matt? Quello che ti
viene dietro dalla quarta elementare?”
“Proprio lui.” Mello sembrava sinceramente abbattuto. “Dopo l’esplosione ero col culo per terra e sono
andato a chiedergli una mano…”
Near scosse la testa, un’espressione incredula disegnata
sul volto. “Ma sei proprio indecente! Lo sai che
quello farebbe tutto per te, ha pure sabotato il mio modellino di pianeta terra
con separazione in movimento della pangea in prima
media, pur di attirare la tua attenzione. Tentativo fallito, mi preme sottolineare, perché prevedendo incidenti avevo approntato
delle misure di sicurezza.”
“La canna
del gas deviata e quattro accendini, alla faccia delle misure di sicurezza…”
“Ma accuratamente progettate
affinché la fiammata fosse direzionata e non danneggiasse nulla a parte il
malintenzionato.”
“E
la donna delle pulizie.”
“Non è questo il punto.
Insomma, ti stai approfittando di lui in questo modo? Gli hai preso la
motocicletta?”
Mello tossicchiò “E, uhm, mi faccio
ospitare a casa sua, uhm.”
“Ma
sai che sei proprio una piattola? Che poca considerazione per i bisogni degli
altri… E lui che è così puro nei suoi sentimenti, e disinteressato… ti ricordi di quando si prese la colpa dell’incidente con il generatore
a idrogeno e la maionese? O di quando distraeva il prof
durante le simulazioni di scena del reato perché tu potessi inquinare le prove?”
“…Anni di mafia mi hanno
reso duro ed insensibile, ok? E’ stato il prezzo
della mia vendetta!”
“Insieme al boa e ai
pantaloni di pelle?”
“Insomma! Matt è via per qualche giorno, non sa che gli ho rubato le
chiavi, se succedesse qualcosa alla moto sarebbe
distrutto e, ecco, avrebbe un buon motivo per farmi sentire in colpa e la
situazione potrebbe farsi imbarazzante, sai, vivendo nella stessa casa e tutto
quanto… potrebbe farsi… un po più insistente su certe
cose, certi… approcci.”
“Ribadisco
che quei pantaloni non aiutano a scoraggiarlo.”
Mello era sull’orlo della disperazione. “…per favore…”
“Mmmh.”
Near ponderò su cosa potesse
fare del suo rivale, ora che lo aveva in una posizione di evidente svantaggio.
Un sorrisetto quasi diabolico gli si disegnò sul
volto.
“Mello?”
“Che c’è!?”
“Fai quella cosa.”
“Eh? Ma
che…” Capì all’improvviso. “No. No, ti prego, non puoi chiedermi
questo…”
“E
invece posso. Ed è dai tempi delle scommesse perse alla Wammy
che non mi godo quello spettacolo.”
“Ti supplico…
non ho il vestito adatto…!”
“Va
benissimo così come sei. Oppure” Near guardò
altrove “ti posso lasciare con le ganasce.”
“…maledetto...”
“Ma
soddisfatto.” Near continuava a sorridere. “Avanti,
fallo.”
Mello gemette, passandosi le mani sul viso. Poi,
rassegnato, fece un paio di passi indietro, e si mise in posizione. Aprì la
bocca e…
I membri rimasti dell’SPK osservarono francamente terrorizzati il loro
giovane capo, genio precoce di fama presto mondiale, che si rotolava per terra
ridendo come una iena mentre Mello saltellava qua e
là cantando:
Com’è bello far l’amore da Trieste in giù
L’importante e farlo solo con chi hai voglia tu
Tanti auguri…
Finita la canzone Near si rialzò asciugandosi gli occhi. Mello
guardava la videocamera moralmente distrutto.
“Contento? Mi fai andare
adesso?”
“…sì” Near
soffocò le ultime risatine. “Lester? Per favore puoi
prendere quel piede di porco nello stanzino e andare a dare una mano a questo
disgraziato?”
Lester si affrettò ad
ubbidire, mentre Mello esclamava nel citofono “Piede
di porco? Sai, vero, che se Matt ci trova un graffio
sono nella merda uguale? Aspetta, da dove sta
uscendo…” Sparì dalla visuale del videocitofono, e Near scosse la testa, tornando serio. Come diceva prima,
che bambino.
Dunque, cosa stava facendo? La regola del
Death Note, sì, e poi…
Ah, già! Le bamboline di
carta.