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Autore: manicrank    29/10/2012    6 recensioni
Questo, caro lettore, è il triste resoconto che mi appresto a lasciarti. Sperando che tu possa diffonderlo alle generazioni future. Ma saltiamo la parte noiosa in cui ti prego di non ignorarmi semplicemente, e veniamo a noi.
Halloween, come ogni festività Americana che si rispetti, è passata anche in Giappone. E non sia mai che quei quattro iperattivi dei miei band-mates non decidano di festeggiarla.
Fin qui sarebbe okay, insomma, un'uscita non si rifiuta mai, ma non quando l'uscita in questione trascende il senso stesso dell'uscita.
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Reita, Ruki, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi bellezze mie. Questa storiella priva di senso è nata così. Spero vi piaccia ^^ 
La dedico a due amici del mio PG Reita. Hideto&Gackt. Perché sono tanto felice per quei due che ruolano benissimo. 

Inoltre volevo dire a tutti voi che leggete che vi voglio bene benissimo, e che non dovete preoccuparvi. La vostra Manic non vi abbandona. #proudtobeamanicranker. Okay non trascendiamo la realtà, ma che poi, si dice trascendiamo? 





                                        La cospirazione delle zucche

 

 

 

 

 

 

 

Questo, caro lettore, è il triste resoconto che mi appresto a lasciarti. Sperando che tu possa diffonderlo alle generazioni future. Ma saltiamo la parte noiosa in cui ti prego di non ignorarmi semplicemente, e veniamo a noi.

Halloween, come ogni festività Americana che si rispetti, è passata anche in Giappone. E non sia mai che quei quattro iperattivi dei miei band-mates non decidano di festeggiarla.
Fin qui sarebbe okay, insomma, un'uscita non si rifiuta mai, ma non quando l'uscita in questione trascende il senso stesso dell'uscita.
Per essere più chiaro: avete presente quel momento in cui, saliti su una ricca nave stellare, scoprite che la persona con cui ci avete provato tutta la sera – che vi ha mollato con il fighetto di turno – è anche il vicecomandante, amante del fighetto di turno che è anche il presidente della galassia? No? Non avete mai guardato Guida Galattica per Autostoppisti allora. Beh, facciamo un altro esempio... è come se voi vi svegliaste, faceste il caffè, viveste la vostra giornata normalmente, e poi Dio dall'alto prendesse tutte le pedine sulla scacchiera e le mescolasse. Voi vi ritrovereste ubriachi fradici in una stanza di un Love Hotel qualsiasi, con i vostri cinque 'amici' nudi e più scandalizzati di te. E tu ovviamente non ricordassi nulla. Solo per fare un esempio.
   Quindi, Halloween, per me non consiste in un amichevole uscita, dolcetto o scherzetto, e poi tutti a casa propria, ma in una partita a roulette russa, dove i cinque proiettili sono altrettante occasioni per incontrare la morte, ma non quella fisica, no, ma quella della tua autostima e del tuo orgoglio.
Partendo con queste premesse, tutt'altro che rosee, possiamo quindi immaginare la mia reazione quando quell'oscenità glitterata, alias Takanori, mi ha mandato, non un semplice messaggio, ma IL messaggio.
Quello che suona più o meno come un editto di morte, della tua morte, che ti invita alle diciassette a prendere posto sul patibolo ed impiccarti da solo con un festone a forma di pipistrello. Ma ovviamente al Nano non si dice mai di no, sopratutto se quel Nano ti ha fatto diventare completamente esaurito, psicopatico, irascibile... pazzo. Si, di lui.
Perché, mandando a puttane anni di buono e sano manage etero, ti ritrovi in balia di un deficiente vestito di fuxia che urla in scream, e che ovviamente, il manage, te lo fa e anche molto volentieri.
Chiudendo questa parentesi oscena, e che teoricamente, sarebbe vietata in fascia protetta.
Quindi assicuratevi di star leggendo dopo le 22.00 di sera.

   Ora, dopo aver ricevuto IL messaggio, che non ho potuto minimamente rifiutare, sono dovuto ricorrere alle così dette misure di sicurezza. Cioè un auto-imposizione di non bere, e di tanto sano autolesionismo. Non saprei dire cosa mi spinge ogni volta a vestirmi come se volessi essere stuprato, ma essendo una festa, la mia mente si preparava subito al fare baldoria. E alle cinque meno un quarto, cioè quando avrei dovuto essere a casa del Takanano, decido di alzare il culo dal divano e di appurare che forse, in boxer, non è bene che esca.
Niente doccia, fatta ieri sera, e mi fiondo in camera con la velocità di un bradipo addormentato. Tento di non inciampare nelle pantofole, anfibi, mutande, jeans e quant'altro possa trovarsi in terra dal 70'000 a.C anno più anno meno.
Akira Suzuki, l'atleta Giapponese, si piazza primo, con la medaglia d'oro, nel salto ad ostacoli sui mille metri piani. Nella mia mente la folla esulta, ed io apro l'armadio studiando gli abiti appesi alle stampelle. La metà sono estivi, l'altra metà non sono stirati. Quindi, a meno che non voglia rendere partecipe il mondo della mancanza vistosa di una donna in casa, seppur domestica che viene a pulire e stirare – anche se dovrei fornirle uno stipendio mensile a parecchi zeri, a giudicare dallo sporco – decido che forse quella maglietta a mezza manica nera, con il teschio disegnato, non è poi tanto male. La infilo, trovandola un minimo più aderente dell'anno scorso, ma solo perché con il lavaggio sbagliato si è ristretta, e poi prendo il primo paio di pantaloni di pelle che mi capitano.
I capelli li lascio così, sono lisci sulla testa, e forse è arrivata l'ora vada a fare la ricrescita, anche se la voglia di sedermi da un parrucchiere mi fa rimpiangere il mio stesso pensiero.
   L'unica cosa per cui perdo tempo è per truccarmi, che mi strappa ben 0.2 decimi di secondo.
Akira Suzuki, il campione Giapponese, si piazza primo, con la medaglia d'oro, nella corsa del trucco, con il suo nuovo record di 0.2... e di nuovo la folla esulta. Inizio a chiedermi se abito sopra uno stadio o è la mia mente ubriaca da televisione, videogiochi e week-end libero che crea gli effetti.
Dopo aver tracciato la riga nera, aver messo la noseband, sempre nera, ed il rossetto, di un viola livido tipico di Halloween – a sentire Takanori – cerco gli anfibi consunti sotto al letto e li infilo allacciandoli alla buona, stringendo le due fettucce di strap che impediscono di farmeli volare via dal polpaccio. Con due salti, memore del salto ad ostacoli, zompetto fino un cucina. Sono le cinque e dieci, perfetto. In ritardo. Ma pur sempre perfetto. Spengo la televisione che ancora dava le immagini di un vecchio film sugli alieni – che adoro – e chiudo le serrande, il gas e persino la porta del bagno. Non mi va che il primo ladro che entra si faccia i cazzi miei su dove piscio e passo il miglior tempo di qualità della mia vita. Che sia giocare ai videogiochi sul cesso o... beh forse non dovrei dirlo.
   Poi, cercando di fare l'elenco delle poche cose che mi servono, inizio a raccattarle. Il portafoglio, scivolato tra due cuscini del divano, il cellulare, che sono costretto a chiamare con il telefono di casa per individuarlo.
Dopo IL messaggio, l'ho gettato da qualche parte, e forse ho fatto anche qualc'altra cosa. Tanto che lo ritrovo sotto una scodella in cucina, accanto alla moca del caffè.

   Poi tocca all'impresa più complessa. Le chiavi. Sono due giorni che non metto piede fuori casa, e l'unica visita che ho ricevuto è stata da un venditore di enciclopedie sui ragni, a cui ho regalato un pasticcino alla crema perché mi faceva pietà. Spengo la luce e prendo il cellulare. E qui mi ritrovo a ringraziare quei quattro santi dei miei amici che mi hanno regalato questa cosa meravigliosa al compleanno. Tengo premuto il cancelletto e parte una chiamata rapida, verso il mio portachiavi.
Si è una cosa estremamente figa, perché appena inizia a squillare, il portachiavi si illumina e prende ad intonare dei rapidi beep.
Sento uno squillo estremamente vicino e mi volto, trovando le chiavi sotto ad un mobile nel genkan, finite li sotto chissà come. Le recupero, quasi scartavetrandomi una mano, e poi chiudo il cellulare, ficcandolo in tasca.
   Con tutti e tre i trofei che mi sono duramente sudato finalmente esco, bloccando la porta con il codice e la chiave, mentre mi preparo psicologicamente a sei piani a piedi. Maledetto ascensore rotto. Sono mesi che è bloccato tra il primo ed il secondo piano, ma ovviamente un tecnico che lo aggiusti non viene nemmeno a pagarlo oro. No, perché tanto si romperebbe dopo due giorni, ne sono certo.
Inizio a fare i gradini correndo, ed ogni scossone mi fa saltellare tutte le cose che ho in tasca. La mia mente pensa ad una ragazza bella prosperosa che scende dalle scale nel mio medesimo modo, e allora rido, accompagnato dalle mie stronzate perverse fino all'ultimo gradino. Saluto il portiere, che ormai mi conosce e mi augura: “Passi un buon Halloween, e cerchi di tornare a casa stasera!” io ricambio con una battutina sarcastica e poi esco, gelandomi sul posto. Okay forse la t-shirt non è stata una grande idea, ma per questo che ringrazio di aver preso il giacchetto di pelle. Mi stringo in esso come farei in un abbraccio di una madre, calda, e poi arrivo nel parcheggio antistante casa mia, individuando la mia vecchia signora tra tutte le altre macchine. Con un sorriso di pura soddisfazione rivolto alla lucidatura che le ho dato, apro lo sportello, e poi mi fiondo dentro, affondando nel morbido sedile di pelle nera. Le mani mi si chiudono sul volante e sulle marce, e parto in automatico con una retromarcia per uscire dal parcheggio.
   Io di solito devo sempre pensare a tutto mentre lo faccio, non solo per avere sempre il controllo, ma anche perché non voglio perdermi passaggi fondamentali. Spesso accadeva che, perso nel mio mondo interiore, perdessi molti passaggi fondamentali, e che quindi quasi evitassi di proposito il cross che mi avrebbe permesso un perfetto tiro in porta. E molti di quei passaggi fondamentali mi sono costati occhiatacce per un mese da Kouyou e Yutaka, che volevano prendere la mia testa ed impalarla, ballando la hula intorno ad essa e facendo riti a dei sanguinari. Ma tornando al discorso principale, le uniche tre cose che faccio in automatico sono, nell'ordine di importanza:

  • scopare

  • guidare

  • fumare

Quindi queste sono anche le mie tre priorità. È strano che non ho inserito suonare nell'elenco, dato che è la mia prima principalissima perfettissima priorità (secondo la legge delle 4P inventata da Yuu). Beh suonare è la mia vita, non devo pensare, non devo andare nemmeno in automatico. È un mix di sensazioni strane, come se stessi suonando me stesso, la mia anima. E non la vedo come un'azione automatica, estremamente semplice. Ma più come una cosa complessa che impegna la mia mente al punto tale da non accorgermene.
   Quindi, presa una Mild Seven Light dal pacchetto leggermente schiacciato, dato che ieri mi ci sono seduto sopra, e portatala alle labbra, finalmente mi immetto nel placido traffico di Tokyo. Non è eccessivo, anzi, è quasi rilassante. Le poche macchine fanno i loro giri ignare di me che attento studio il loro percorso, mentre trovo il mio. Sembro una piccola formica che si dimena, nel formicaio, alla ricerca della luce.

   Al primo semaforo rosso prendo lo zippo, argentato, con una lunga fiamma incisa, e lo faccio scattare, avvicinando la fiammella gialla alla punta di tabacco e carta. Questo momento è quello che preferisco di più in assoluto. Il mondo si spegne, c'è solo la consapevolezza della fiamma e della carta. Solo la punta marroncina della Mild e del suo boia, fratello fuoco. Per andare sul filosofico. Nessuno ci pensa mai, ma potrebbe trattarsi quasi di una coscienza Zen, solo tu, l'accendino e la sigaretta. Tre cose, il triangolo perfetto. Ma questo istante così pregno di pensieri profetici è destinato a finire, non appena il fuoco attacca e la punta si arrossa, diventando incandescente. Allora infilo lo zippo in tasca e scanso la sigaretta dalle labbra, sbuffando la prima di una lunga serie di nuvolette grigie, destinate a disperdersi nel piacevole e familiare smog della metropoli.
   Non impiego molto ad arrivare a casa nel piccolo vocalist, e quando sbircio l'orario sul cellulare, un modernissimo Xperia del 2007, scopro che quel piccolo e perfetto ritardo, si è trasformato in una patetica ora e mezza. Parcheggio, accanto al marciapiede, ed esco dalla piccola ampolla sicura del sedile, poi mi guardo intorno ed a passi lenti mi avvio all'ingresso della piccola villetta. È un classico, tetto basso, un piano solo, giardino all'inglese e porta sul retro. Ma a Takanori piace, e non contesto le sue scelte di vita. Dopotutto finché sta bene anche io sto bene.
   Oh nulla di romantico, è solo che appena il suo equilibrio viene infranto da qualche improbabile quanto assurdo agente esterno, lui inizia a torturare me. Mi morde, mi tira i capelli, mi sveglia alle quattro di notte per disperarsi. E ormai ho perso il conto, di quante volte l'ha fatto, propinandomi come scusa del suo turbamento: “Ho sognato che i piccoli unicorni arcobaleno venivano mangiati da un grande cornetto alla crema”. Certo, mi ha fatto scoppiare a ridere, con conseguente bestemmiamento pesante del mio cervello stanco. Se mi chiamasse quando non ho nulla da fare andrei pure a casa sua per consolarlo, ma nel cuore della notte, dio no.
   Mi avvicino al cancelletto, poi avvicino il dito al citofono e faccio una leggera pressione, aspettando qualche attimo.
Chi è?” la voce metallica, dall'altro lato, mi strappa uno sbuffo.
Sono Io”
Io chi?”
Akira”
Ah e dillo subito, scemo”.
Poi il cancelletto scatta ed io lo apro, entrando nel piccolo giardinetto curatissimo. Il pratino non supera il centimetro e mezzo d'altezza, facendo invidia ai migliori campi da golf, e lungo tutto il perimetro sorge una folta e, altrettanto curata, siepe verde. Alcune piante di fiori accompagnano la siepe, insieme a due alberi di ciliegio. Uno accanto al cancelletto alle mie spalle, ed un altro in un angolo, dietro la casa. Vedo che ha mandato gli idranti da poco, essendo l'erba ancora bagnata, e con passo deciso mi limito ad acciaccare il vialetto di pietra grigia. Salgo i tre gradini che mi portano al piccolo portico, con il pavimento in maioliche rosso mattone.
   Il freddo qui sembra non entrare, merito del tetto di legno e delle pareti di vetro, che creano una specie di piccola veranda.

   Finalmente, superato quel metro di giungla creato dalle piante di Takanori, anch'esse estremamente curate, arrivo alla porta e busso con impazienza. Non tanto perché voglio tuffarmi nell'incubo di Halloween, letteralmente, ma perché più semplicemente sto congelando, e se non voglio rischiare l'ipotermia, mi conviene farmi sentire.
All'ennesimo cazzoto dato sulla porta decido di sfondarla, e proprio in quel momento qualcuno apre. Con un largo sorriso, Takanori, nel suo vestito attillato di pelle, con in testa un cerchietto con le cornette da diavolo, mi augura il benvenuto. Entro, sorridendo a mia volta, felice del calore della casa, e levo il giacchetto appendendolo all'attaccapanni. Tutta l'abitazione, già prima sui toni del nero e del grigio, è resa più cupa da ragnatele finte e festoni di carta crespa nera appesi qui e li.
Aki-chan” mi sussurra il vocalist, sfiorandomi la mano, ed io mi inchino su di lui per lasciargli un bacio casto sulle labbra. “Sei in ritardo”
Uno stregone non arriva mai in ritardo, né in anticipo, Takanori Matsumoto, arriva precisamente quando intende farlo” dico in tono solenne, e se non avete colto la citazione di Gandalf allora mi dispiace dirvi che dovete farvi una vita.
Imbecille” poi il castano si alza sulle punte e mi infila un cerchietto con appese due molle che terminano con due zucche. Ridacchio e sfilo gli anfibi, sfoggiando i miei bellissimi calzini neri, così anonimi che mi vergogno persino a mostrarli il pubblico, e mi avvio insieme al piccolo diavoletto in salotto. La sala, grande e ben arredata, è piena di piccoli coriandoli neri e rossi in terra, dal soffitto pende un lungo striscione fatto di pipistrelli di carta, e sui divani stravaccati siedono i tre band-mates mancanti.
Yuu, con un trucco viola sugli occhi ed una specie di segno rosso che gli riga il mento.
Kouyou con una specie di rotolo di carta igienica avvolta qui e li.
E Yutaka, che in testa ha il cerchietto con le orecchie da renna che a quanto pare gli è rimasto da natale passato.
Dio mio che squallore” dico, arricciando le labbra. I tre si voltano con una specie di ghigno strano, forse più una smorfia di disgusto, e poi arriva la voce piatta di Yutaka a chiedermi: “Squallore?”
Beh nemmeno hai cambiato le corna. È Halloween non Natale” dico ridendo, e finalmente sento l'atmosfera sciogliersi e tornare quella calda ed oscena che tanto mi fa ribrezzo. Anche se in fondo in fondo, molto in fondo, mi fa piacere. Mi siedo comodo sul divano e Takanori si accomoda sulle mie ginocchia, tamburellando a terra col piede ed improvvisando il ritmo di Mad Marble Hell Vision. Un classico.
E quindi che si fa? Restiamo a fissarci così?” chiedo, con una sommessa risata, mentre Yuu mi porge una birra, annuendo, e tornando a fissare la parete spoglia.
Che divertimento”.
Chissà perché, dopo la mia frase neutra, ad Uruha viene in mente che potremmo anche giocare a qualcosa. Ma non un videogame, no, mi sarebbe andato bene persino il più schifosissimo capitolo della più schifosissima saga fantasy. Mi sarebbe andata bene anche una giocata a scopa delle nostre, tipicamente Hallowiniane, o se vogliamo, festive in generale. E pure una patetica partita al gioco della bottiglia. 
   Ma lui no. Doveva proporre proprio nascondino al buio. E gli altri, con il cervello da struzzi che si ritrovano, dovevano trovare quell'idea geniale ed innovativa, tanto da propormi come cercatore. Takanori deve notare la mia faccia stizzita, perché si piega fino al mio orecchio e mi sussurra: “Ovviamente, stasera la passiamo insieme, nee?” io annuisco, improvvisamente motivato, e lui si scosta con un ultimo bacio sul naso, cosa che mi fa arrossire violentemente.
Dai, ai posti, via!” urla Kouyou, spegnendo la luce, mentre io mi appoggio al muro con la fronte ed inizio il lento conteggio fino a cinquanta. Mi concentro sui rumori, distinguendo i passi di ognuno, che conosco come le mie tasche, e rifletto su cosa esattamente sto percependo. Passi pesanti ma svelti, Yuu, che sgattaiola in bagno e si chiude dentro. Poi sento dei passi leggeri, che si udiscono appena. Questo è Kouyou, che si acquatta contro il divano. Poi sento un tremendo rumore di pentolame che si infrange a terra.
Takanori ti ho beccato” dico senza nemmeno voltarmi o cercarlo, e lui impreca sedendosi sul divano. “Possibile che perdo sempre anche prima di iniziare?”
Se sei un elefante non è colpa mia” dico placido, arrivando fino alla fine del conteggio. All'Armageddon del nascondino. Al temuto ed odiato numero c i n q u a n t a.
Mi volto e con sicurezza vado a stanare i miei band-mates uno per uno. A partire da Kouyou dietro al divano, Yuu nella doccia e Yutaka, dalle lunghe corna, sotto al letto. Tutti mi insultano dicendo che non c'è partita contro di me e mi tirano un cuscino, che mi arriva dritto in faccia. Con una smorfia lo prendo e glielo tiro di nuovo, mentre avverto Takanori che tocca a lui fare la conta adesso.
   Poi pian piano con gli altri sguscio via, andandomi a sistemare dietro una sedia con dei panni arrotolati sopra. La posizione è ottimale, poiché la sedia è all'angolo, quindi sono chiuso tra due pareti e le zampe di legno spesse, e oltretutto, nascosto da un piumone e due lenzuola. Mi accuccio in ginocchio ed attendo, nel silenzio. Odio ammetterlo ma ho il cuore in gola, gli occhi spalancati cercano di capire se qualcuno entra nella stanza, o se anche un solo millimetro del mio corpo è vulnerabile. Però non sento né vedo nulla, così mi circondo le gambe con le braccia e cerco di non pensare ad ogni film horror che ho visto, o gioco spaventoso a cui ho mai giocato. Certo, non mi aiuta il cervello, che si sa, nei momenti in cui serve è sempre a fare qualcos'altro. In questo caso è impegnato a mandare a ripetizione tutte le scene paurose di Slenderman, Paranormal Activity e The Ring. Dio non devo fare la femminuccia, no, nessuno sbucherà dal pavimento, né dalle pareti. Non morirò. No. Non esistono queste cose.
   Devo solo stare calmo, fare respiri profondi eeeEEEAAAARGRRH. Stiamo calmi, non sono due occhi rossi quelli che ho visto contro il muro. No. Era solo la luce della sveglia di Takanori sul comodino... dio che colpo. Mi sembravano due occhi, piccoli, che ti scrutano. Sono solo un idiota, non era nulla.
   Torno a concentrarmi sulla regolarizzazione del respiro e sui bei ricordi che ho, dei prati verdi e delle risate, si, ci riesco. ARGH. Okay questo non me lo sono sognato. Un lungo scricchiolio proprio davanti a me. La porta si è socchiusa.
   Okay stiamo calmi, questo è Takanori che è venuto a fare il coglione la sera di Halloween per spaventarmi e farmi fare una figura di merda davanti a tutti. si. si. Ne sono certo. Socchiudo gli occhi per calmarmi e poi li riapro lentamente. 
ARGH. Mi ritrovo ad un millimetro dal naso una maschera argentata con due occhi rossi che mi fissa. Sgrano gli occhi, vedo la scena dall'esterno, a rallentatore, e mi alzo con uno scatto urlando un poco virile: “TAKANORI KYAAAA~” e poi mi appiattisco contro il muro appena la luce si accende. Ho il respiro a mille. Dio.
   Davanti a me ci sono i quattro coglioni, che ridono spanciandosi. Takanori si sfila la maschera e la getta sul letto, accasciandosi in ginocchio e lacrimando, mentre Yuu ormai sbatte i piedi in terra, Kouyou ride come uno sguaiato e Yutaka rotola contro il muro.
Cazzo” impreco, portandomi una mano al cuore che martella incessantemente. Ora mi viene da ridere si, ma una risata isterica, per scaricare la paura. Esibisco il mio miglior sguardo incazzato e prendo un cuscino, avvicinandomi a passi lenti ai quattro, che si fanno seri non appena si accorgono che non possono fuggire.
Ah ah ah... Akira-sama noi stavamo solo scherzando” dice il Leader, scuotendo le mani, mentre io inesorabile li raggiungo, alzo il cuscino sulla testa e lo calo su di loro.

   Tra risate e cadute varie alla fine anche la mia vendetta finisce, poggio di nuovo l'arma del delitto al suo posto e scuotendo la testa ce ne torniamo in salotto.
E ora?” eh, bella domanda. Forse questo Halloween non è stato poi tanto male, no. Stranamente non mi ha ucciso, non mi sono ritrovato ubriaco in un Love Hotel, non ho ballato nudo su di un tavolo e nemmeno mi sono addormentato su di una panchina.
Quindi potrei dire che è andato alla grande.
Certo, quando gli altri se ne sono andati, lasciandomi solo con Takanori, beh, è diventato anche memorabile. Oh si. Vi stupirete di quanti usi ha una torta alla zucca. 

 

   
 
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