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Autore: _xwatson    30/10/2012    2 recensioni
Io per te sono il buio. E tu, nel profondo, lo temi.
Cos'è il buio?
Ciò che non conosci,
ciò che non puoi controllare,
ciò che ti può stupire.
Ciò che nel profondo amerai sempre proprio per questi motivi.
Aprite, se vi ho incuriosito :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


Le cuffiette dell’Ipod nelle orecchie, lo sguardo perso a contemplare lo squallido e banale paesaggio fuori dalla finestra, la campanella che sta per suonare.
Il gomito appoggiato al davanzale, la che mano che regge il viso, il vento che scompiglia quelle poche ciocche di capelli chiarissimi sfuggiti allo chignon.
Le labbra semichiuse, piene e rosee, la mano che batte sul banco il ritmo della canzone, la felpa grigia per metà aperta e le maniche tirate su fino ai gomiti.


DRIIIIIIIIIIIIIIIN
 
La ragazza sobbalzò, gli occhi color ghiaccio si guardarono intorno, confusi, e per un attimo parve indifesa e impaurita, come se l’avessero colta di sorpresa in un momento sbagliato, personale, che avrebbe dovuto essere solo suo.
A Zayn fece tenerezza e, senza accorgersene, iniziò a sorridere, mentre mordicchiava la sua solita matita HB, fedele compagna di tanti giorni di monotonia scolastica.
La vide mettere in ordine le sue infinite biro, come sempre sparse ovunque, preparandosi ad andare nell’aula della materia successiva, ignara che due occhi caldi e profondi seguivano ogni suo singolo movimento con incredibile attenzione.
Zayn era felice di poterla osservare così, di nascosto, senza che lei se ne accorgesse, perché era da quei piccoli gesti spontanei che emergeva il vero carattere della ragazza.
Non sapeva nemmeno qual era il suo nome, aveva sentito la sua voce solo pochissime volte, ma non aveva importanza.
Qualcosa di lei lo attirava, nel profondo; dalla prima volta che i loro occhi si erano incrociati non era più riuscito a scordare il suo viso.

 

 
Arianne sbatté con forza la porta di casa, buttò a terra lo zaino, corse su per le scale, prese la rincorsa e si lasciò cadere senza forze sul letto.
Quando tornava da scuola era sempre esausta, un po’ per la scuola, che la sfiniva, un po’ per tutte le volte che pensava al suo vecchio paese.
Si era trasferita da più o meno tre mesi, e quando aveva saputo della notizia non l’aveva presa proprio bene.
Fortunatamente conosceva un po’ di inglese, ed era migliorata molto durante l’estate, ma non si era proprio ancora ambientata.
Era rimasta bloccata alla sua Francia, alla vecchia scuola, alle persone che conosceva da quando era bambina.
Le salirono le lacrime agli occhi, senza che potesse farci nulla, e scoppiò in un pianto liberatorio.
Si asciugò il viso con rabbia, rimproverandosi per quel momento di debolezza.
Le sarebbe tanto piaciuto essere sempre la ragazza forte e insensibile che se fregava di tutto e di tutti, ma sapeva benissimo che quella era solo la maschera con la quale si proteggeva dalle altre persone.
Si alzò e si sedette alla scrivania, afferrando alcuni dei vari colori che erano spari qua e là per la stanza.
Temperò la matita da disegno, nel tentativo di prendere tempo.
Chiuse gli occhi.
La sua vecchia professoressa di arte le diceva sempre che lei riusciva a vedere più degli altri, capiva le persone, scopriva qual era la vera essenza di qualsiasi cosa, e per questo i suoi disegni potevano trasmettere tutto quello che desiderava.
Appena la sua mano si posò sul foglio, iniziò ad elaborare cosa avrebbe disegnato.
Tracciò con infinita calma qualche abbozzo di un’immagine indefinita, che avrebbe potuto essere qualsiasi cosa, e un’immagine iniziò a farsi strada nella sua mente.
I tratti di matita si sovrapposero l’uno sull’altro, alcuni appena visibili, altri marcati, mentre la parte destra del foglio era quasi interamente sfumata.
Piano piano, come per magia, apparivano le parti mancanti alla fine del disegno.
Finalmente Arianne posò la matita, e sospirò.
Ogni volte che finiva un suo lavoro era in lotta con sé stessa, non sapeva se essere felice o triste.
Era la fine di tutta la sua fatica, ma le sarebbe mancato guardare quello che aveva fatto e pensare che poteva essere ancora perfezionato.
Quando lo appendeva da qualche parte e la gente le faceva i complimenti, non sentiva più il legame così forte con quello che aveva creato, perché ognuno vedeva nei suoi disegni cose diverse, e queste cose completavano quello che aveva fatto, a modo loro.
Lei disegnava per tutte le emozioni che alla fine provava, per sfogarsi, per distrarre la sua mente, per non provare nulla eccetto la sensazione della carta liscia sotto le mani.
Erano gli unici momenti in cui mostrava la vera sé stessa, e non ci avrebbe rinunciato per nulla al mondo.



Ok, questa idea mi è venuta disegnando, e poi ci ho pensato parecchio su... Alla fine è venuta fuori questa roba.
Ci terrei tantissimo se mi fareste sapere il vostro parere :)
Non ho molto altro da dire, quindi... Je vais.
Baci,
Giada

   
 
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