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Autore: _Trixie_    30/10/2012    3 recensioni
Amavo la festa di Halloween. Le voci infantili dei bambini che ripetono all’infinito dolcetto o scherzetto?, i costumi, dai più comuni a quelli decisamente improbabili, le zucche intagliate, le storie di case infestate, Callie che, ogni anno, mi sorprendeva con un costume diverso, mai banale, mai scontato, ma sempre, incredibilmente sexy.
Amavo Halloween, lo amavo davvero, finché un giorno Sofia, la mia bambina di soli quattordici anni, rientrò dopo la scuola, con la chiara intenzione di chiedermi qualcosa.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Arizona Robbins, Callie Torres
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Nickname: _Trixie_
Titolo: Broncio da Callie e faccia da Sloan
Personaggi: Arizona Robbins (PoV), Calliope Torres, Sofia Robbin Sloan Torres
Pairing: Calliope/Arizona, 
Tipo di coppia: Femslash
Genere: Slice of life
Lunghezza storia:One-Shot
Rating: verde.
Avvertimenti: -
Note: -
Contesto: Nel futuro
Introduzione: Amavo la festa di Halloween. Le voci infantili dei bambini che ripetono all’infinito dolcetto o scherzetto?, i costumi, dai più comuni a quelli decisamente improbabili, le zucche intagliate, le storie di case infestate, Callie che, ogni anno, mi sorprendeva con un costume diverso, mai banale, mai scontato, ma sempre, incredibilmente sexy.
Amavo Halloween, lo amavo davvero, finché un giorno Sofia, la mia bambina di soli quattordici anni, rientrò dopo la scuola, con la chiara intenzione di chiedermi qualcosa.
 
 

Broncio da Callie e faccia da Sloan

 
 
 
Amavo la festa di Halloween. Le voci infantili dei bambini che ripetono all’infinito dolcetto o scherzetto?, i costumi, dai più comuni a quelli decisamente improbabili, le zucche intagliate, le storie di case infestate, Callie che, ogni anno, mi sorprendeva con un costume diverso, mai banale, mai scontato, ma sempre, incredibilmente sexy.
Amavo Halloween, lo amavo davvero, finché un giorno Sofia, la mia bambina di soli quattordici anni, rientrò dopo la scuola, con la chiara intenzione di chiedermi qualcosa.
Mentre mi aiutava a preparare il pranzo, notai il suo atteggiamento cauto, che mi insospettì, ma non indagai. La strategia migliore in questi casi, avevo imparato, era aspettare che Sofia venisse allo scoperto.
Una volta che la pasta fu pronta, Sofia scelse il condimento: pomodoro.
Il mio preferito. Stava palesemente cercando di corrompermi.
Ben presto ci sedemmo a tavola, io e lei sole, Callie era in ospedale.
Che io o Callie fossimo a casa per quell’ora era di per sé un evento eccezionale e che fossimo tutte e tre presenti per l’ora di pranzo era più unico che raro.
«Come è andata la tua giornata, mamma? Tutto ok? La gamba?» mi domandò Sofia, versandomi dell’acqua nel bicchiere, prima ancora che io la chiedessi.
«Sì, tutto bene. E tu?» risposi con un sorriso neutro, arrotolando gli spaghetti fumanti attorno alla forchetta.
La gamba o, meglio, ciò che ne rimaneva, a volte mi faceva male, svegliandomi di notte, ma era un dolore sporadico e sopportabile. E, in ogni caso, in quel momento mi preoccupava di più lo strano comportamento di mia figlia.
«Benissimo, mamma! Sai, per Halloween alcuni miei amici hanno organizzato una piccola festa» disse, con quel particolare sorriso, identico a quello di mia moglie. «Sono stati davvero molto carini e mi hanno invitato. Mi chiedevo se, insomma, se posso andarci, ecco».
Il mio cervello aveva automaticamente tradotto la richiesta di mia figlia dal suo linguaggio di adolescente inesperta del mondo al mio, donna matura e responsabile: mamma, per Halloween certi miei conoscenti, che è meglio che tu non veda mai, hanno organizzato una festa con un sacco di gente che non conosco, dove scorreranno fiumi di alcool, droga e di non so che altro. Ho già detto che sì, certo, ci sarei andata, quindi, ecco, voglio salvare le apparenze e fingo di chiedere il permesso.
Quello, mi resi immediatamente conto, era un terreno accidentato, pieno di insidie e che avrei dovuto esplorare con estrema cautela.
Presi tempo, portandomi la forchetta alla bocca, addentando la pasta, ancora bollente, che mi scottò lingua e gola.
Masticai lentamente, senza lasciare trapelare alcunché dal mio viso.
Bevvi un sorso d’acqua, con il duplice scopo di guadagnare secondi preziosi e alleviare il dolore.
In tutto quel tempo, Sofia si limitò a giocherellare con i suoi spaghetti, tesa, cercando di capire cosa pensassi della sua proposta dalle espressioni dal mio volto.
«Alcuni tuoi amici hanno organizzato una piccola festa, per Halloween» dissi, ripetendo fedelmente le sue parole, apparentemente priva di emozioni.
In realtà, dentro ribollivo di paura e stupore. Quella era la mia Sofia, così piccola e fragile, dove credeva di andare tutta sola per il mondo?
Non mi sarei mai abituata a vederla uscire da casa senza nessuno con lei, anche se la guardavo farlo, stupita, ogni mattina, per recarsi a scuola o di sera, quando usciva con le amiche. Ovviamente, solo dopo avermi informata su dove si sarebbe trovata ogni singolo minuto di quella uscita, con chi e, soprattutto, a fare cosa.
Calliope a volte mi prendeva in giro per quella mia maniacalità, chiamandomi colonnello Robbins, come mio padre.
«Sì, esatto» annuì Sofia, mordendosi il labbro inferiore.
«E tu vorresti andarci» dissi, appoggiando il bicchiere sul tavolo e guardandola.
«Sì, insomma, ci vanno tutti, anche Amy» rispose, con una scrollata di spalle di finta noncuranza. Smise di giocare con la forchetta, vi arrotolò gli spaghetti attorno, poi li portò alla bocca.
La vidi trattenere a stento un grido di sorpresa e dolore.
La pasta scottava anche per lei.
«E quando sarebbe questa festa? La sera di Halloween?» volli sapere, reprimendo un sorrisetto divertito.
Sofia masticò in fretta, bevve una lunga sorsata d’acqua, tossì un paio di volte.
«Sì, mamma, ad Halloween» rispose con tono strozzato.
«A che ora?»
«Alle otto, credo, otto e mezza, forse» disse, guardando la pasta in cagnesco.
«Dalle otto alle…?» incalzai.
«Non saprei, fino all’una, forse le due» bisbigliò Sofia, tanto piano che dovetti sforzarmi per sentirla.
No!, avrei voluto urlare, ma mi trattenni, limitandomi ad alzare le sopracciglia.
«E chi sarebbero questi tuoi… amici?»
«Non li conosci. Compagni di scuola, comunque».
Soffiai sulla mia nuova forchettata di spaghetti a lungo, non volendo ripetere l’errore precedente. Masticai lentamente, spiando di sottecchi Sofia, sulle spine, che non osava parlare.
«Vediamo cosa ne pensa Calliope» dissi infine, decidendo di chiudere la questione almeno per il momento.
 
Quella sera, cenammo io e Callie da sole. Sofia era da Amelia, meglio conosciuta in casa nostra come Amy, una delle sue amiche di infanzia.
«Sofia ti ha parlato della festa di Halloween?» domandai a Callie, gustando la cena cinese ordinata per telefono che stavamo mangiando sdraiate sul divano. Quello era uno dei piccoli lussi che potevamo concederci quando Sofia non c’era.
«Festa di Halloween?»
Il tono di mia moglie era sorpreso, evidentemente ne sapeva meno di me.
«Oggi a pranzo mi ha chiesto se poteva andare a una festa organizzata da certi suoi amici il giorno di Halloween» spiegai. Appoggiata al suo petto, sentivo il ritmo del suo respiro e del suo cuore e, come accadeva sempre in quei casi, il mio battito e la mia respirazione si erano armonizzati ai suoi.
«E scommetto che tu hai fatto il colonnello Robbins e hai troncato sul nascere ogni sua speranza» ridacchiò Callie.
«No, questa volta no» la contraddissi. «Questa volta, Calliope, sarai tu a dirle di no!»
«Cosa, stai scherzando? Sei tu il colonnello, Arizona. Odio negare qualcosa a Sofia, anche se è per il suo bene» si lamentò Callie, risentita.
Non potevo vedere il suo volto, ma sapevo con certezza che il suo viso aveva assunto quel suo adorabile Broncio che mi faceva impazzire.
«Non sto affatto scherzando» dissi, con un’alzata di spalle.
«E poi lei fa quella faccia, la stessa di suo padre quando gli negavo qualcosa! E io non so dire di no alla faccia da Sloan, Arizona, sei tu quella brava in queste cose» mugugnò Callie.
«Il fatto è che non vorrei proibirglielo, insomma, io ho partecipato a certe feste di Halloween a dir poco memorabili, ma se i miei avessero saputo anche solo un quarto di quello che accadeva… Mi avrebbero segregata in casa» dissi, ripensando a quelle serate così lontane. «Quindi, vedi, non posso dire no, senza sentirmi una schifosa ipocrita, ma non posso nemmeno dirle , senza sentirmi una schifosa ipocrita. Sofia è una brava ragazza, ha la testa sulle spalle, lo so, l’abbiamo educata noi, ma il mondo fa schifo e lei è così giovane, ancora» riflettei, rivolgendomi più a me stessa che a Callie.
«Credo che tocchi a te questa volta, Calliope» conclusi poi, dopo un attimo di esitazione.
«E cosa ti dice che io non abbia mai partecipato ad una festa del genere?» domandò lei piccata.
Io mi alzai dal suo petto, mi voltai per guardarla, scettica.
Callie mi aveva raccontato spesso della sua adolescenza e sapevo meglio di lei che non era il tipo di ragazza che potevi incontrare a feste affollate dove l’alcool ti privava di ogni freno inibitorio.
«Hai mai partecipato a una festa del genere, tu?» chiesi, sostenendo il suo sguardo.
Lei rimase in silenzio, cercando il modo migliore per eludere la domanda, ma non lo trovò.
«D’accordo, no, ma non è questo il punto!»
«Sì, invece, questa volta dovrai fare il colonnello Torres» dissi, puntellandomi sulle braccia per girarmi completamente e avvicinare il mio volto al suo.
Aveva ancora il Broncio da Callie, al quale non riuscii a resistere, così la baciai.
«E poi, colonnello Torres, la novità mi eccita, sapete?»  
 
«Arizona, ti devo parlare di Sofia».
Mi ero appena svegliata e mi stavo stiracchiando nel letto. Guardai Callie, che era appena tornata a casa dopo un turno di notte, poi l'ora. Erano le otto meno un quarto, Sofia doveva essere da poco uscita per andare a scuola, che le fosse successo qualcosa?
«Sofia?!» esclamai allarmata, ormai completamente sveglia.
«Sì, non ti preoccupare, non le è successo nulla» disse mia moglie, gettandosi sopra le coperte ancora completamente vestita.
«E cosa è succ-» iniziai, ma lei mi interruppe.
«Le ho detto di sì» gemette.
Non capii, non subito, ma poi la consapevolezza si fece strada nella mia mente.
«Che cosa diavolo le hai detto?!» esclamai, incredula.
«Te l’ho detto che non so resistere alla faccia da Sloan!» si difese lei, esasperata. «Ero appena tornata da un turno lungo ore, ero stanca, lei mi ha bloccata, sai quanto è brava a convincermi, ha preso da te, in questo!»
Io sospirai, rassegnata a vestire i panni del colonnello Robbins e convivere con l’ipocrisia che ne sarebbe derivata.
 
Era notte fonda, ma la luce della nostra camera era ancora accesa.
Entrando, vidi Callie appoggiata ai cuscini, intenta a leggere uno dei romanzi che le avevo consigliato. Come sempre quando ci trovavamo nella stessa stanza, la mia anima sussultò, riconoscendo la sua compagna in quella di Callie.
«Ehi» mi salutò lei con tono sommesso e un sorriso, alzando a malapena gli occhi dal libro.
«Ciao» risposi, a bassa voce. Sofia dormiva già da tempo. «Come mai ancora sveglia?»
«Ti stavo aspettando» rispose Callie. La mia anima sussultò di nuovo.
«Hai parlato con Sofia, oggi?» chiese poi, mettendo il segnalibro tra le pagine e chiudendo il libro.
Nel frattempo, mi ero seduta ai piedi del letto.
Esitai.
«Non proprio, ecco».
Sentii il materasso muoversi, mentre Callie si avvicinava, mettendosi in ginocchio dietro di me e massaggiandomi delicatamente le spalle.
A quel tocco, sentii la tensione della giornata scemare lentamente.
«Non hai avuto tempo?» chiese.
«Io, no, cioè, sì, ma…» presi un profondo respiro. «Non sono riuscita a negarglielo» confessai, infine.
Le sue mani si arrestarono per un secondo, poi la sua risata sommessa e trattenuta, per non svegliare Sofia, mi invase.
«O mio Dio, Arizona! Non sei riuscita a dirle di no? Che il colonnello Robbins si stia addolcendo? Dio non voglia!» esclamò Callie, circondandomi con le sue braccia e sussurrandomi maliziosa all’orecchio.
«Smettila, con me ha usato il Broncio da Callie
«Non esiste il Broncio da Callie!» protestò lei, allontanando il volto dal mio collo.
Mi girai verso di lei. Aveva il Broncio da Callie.
«Sì che esiste, lo sto guardando proprio ora» la contraddissi, non riuscendo a trattenermi dall’adottare un tono languido.
Calliope cambiò espressione, guardandomi come se per lei non esistesse altro al mondo.
«Domani parleremo con Sofia» decretò, prima di far scorrere la sua mano lungo il mio ventre. «Credo che non sia opportuno svegliarla ora e, comunque, abbiamo altro da fare».
 
Parlare a Sofia si rivelò più difficile del previsto.
Quel discorso iniziato con un minaccioso Sofia, io e la mamma ti dobbiamo parlare, si concluse con un pomeriggio di sfrenato shopping in famiglia per comprare un vestito adatto alla festa di Halloween.
Ironicamente, il costume scelto da Sofia fu quello da dottoressa, cui sia io che Calliope ci opponemmo strenuamente: i ricordi non esattamente casti che condividevamo sul vestirsi da dottoresse la notte di Halloween ci convinsero che no, quello non era un costume adatto.
Ma Sofia fu inarrestabile e alla fine la spuntò, anche se le imponemmo una gonna lunga fin sotto al ginocchio e di indossare un maglione a collo alto sotto la camicia bianca.
Aveva anche un capellino candido con un croce rossa nel mezzo e, a completare il tutto, un camice che le avevamo portato a casa dall’ospedale.
Nel complesso, sembrava più un’infermiera del dopoguerra che una dottoressa.
«Sofia, noi non ci vestiamo così per andare al lavoro» commentai la sera di Halloween con la testa inclinata di lato. Seduta sul divano accanto a Calliope, guardavo nostra figlia fare un giro su se stessa, la gonna svolazzarle ai lati e il capellino sistemato di traverso sui capelli scuri e ricci, che le ricadevano sulle spalle.
«E in linea di massima non teniamo i capelli sciolti, sono decisamente scomodi» aggiunse Callie, annuendo.
Sofia sospirò.
«È un costume da Halloween, mamme! Devo andare a una festa, non in un ospedale!»
«Si spera che tu non vada in ospedale a causa della festa» le dissi, con cipiglio severo.
«Mamma…» mi rimproverò Sofia.
«Ok, d’accordo» intervenne Callie. «Hai tutto? Spazzolino, pigiama, caricatore del cellulare?»
«Sì, mamma, ho tutto. E vado a dormire da Amy, dopo la festa, non ti preoccupare» ribadì Sofia, alzando gli occhi al cielo.
Le passai il borsone straripante di roba, con la cerniera aperta, che era appoggiato ai miei piedi. Distrattamente, nella confusione che c’era all’interno, notai un rocchetto di filo bianco, un paio di forbici e delle calze a rete bianche. Esitai, nel passarle la borsa.
«Grazie» disse Sofia, prendendola dalle mie mani, dando un bacio a ciascuna delle sue preoccupate e ansiose mamme.
Poco dopo sentii la porta di casa chiudersi alle sue spalle.
«Così vestita non dovrebbe correre rischi, non credi?» mi domandò Callie.
«Credo che prima di andare alla festa si fermerà da Amy, per cambiarsi e mettere qualcosa di più… sexy» dissi, facendo una smorfia.
Mettere nella stessa frase mia figlia e la parola sexy, mi fece rabbrividire.
«Cosa?!» esclamò mia moglie, allarmata.
«Callie, fidiamoci di Sofia, d’accordo?»
Le strinsi la mano, cercando di tranquillizzare lei quanto me. Ero più inquieta di Callie e mi pentivo di non aver fermato Sofia, ma stava crescendo ed era molto matura, per la sua età.
«È giusto che faccia le sue esperienze. Che sbagli ogni tanto e che si assuma le sue responsabilità. Noi non possiamo proteggerla da tutto, non possiamo, Calliope» provai a rassicurarla, stringendola a me e baciandole la fronte.
«È il giorno di Halloween più spaventoso che abbia mai avuto» disse Callie, prima di alzare il volto per guardarmi e accarezzarmi la guancia. «Ma condividiamo la stessa paura, Arizona. Credo che non sia così spaventoso, dopotutto».
 
 
 
 
 
NdA
Solo qualcosa di allegro per Halloween ;D
Ora, nella storia Arizona cita queste feste un po’ scatenate cui partecipava da giovane e io non ho resistito all’impulso di scriver qualcosa a riguardo, che trovate qui ;D 
Detto questo, vi lascio, alla prossima e grazie per aver letto e le eventuali recensioni <3

   
 
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