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Autore: aryabrightmore    31/10/2012    9 recensioni
Bristol, anni sessanta del '900.
Così un giorno, fattosi coraggio, le aveva detto "Chissà se riesco a farti ridere io, prima o poi. O almeno sorridere." e se n'era andato, lasciandola lì a pensare che dovesse essere proprio un pazzo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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QUELLA RAGAZZA CHE RIDEVA CON GLI OCCHI. 
 

Questa OS la dedico ad Alis,
a cui voglio bene sempre di più,
perchè un po' di meno non sarebbe abbastanza.


Bristol, anni sessanta del '900.
 
Arya aveva dieci anni quando, un'amica della nonna, con cui la bambina andava ogni domenica a messa, si complimentò con lei per il suo sorriso sincero e sereno. 
<< sembra quasi che tu rida con gli occhi >> aveva detto, e allora lei aveva sorriso ancora di più; d'altronde aveva tutti i motivi per farlo: era molto bella, buona d'animo, figlia di genitori follemente innamorati e unica nipote di una nonna ricca e frivola che passava le sue intere giornate a viziarla.
Quest'ultima, però, non vedeva particolarmente di buon occhio suo cognato, sostenendo che era stato lui a portare la figlia sulla cattiva strada delle arti e delle utopie: il padre di Arya, infatti, era uno scrittore, o per lo meno ci provava; era un uomo insicuro, debole e sognatore, di famiglia povera e contraria ai suo progetti, a tal punto che ci aveva perso tutti i contatti. Ma erano state proprio queste sue caratteristiche a far sì che Rebekah si innamorasse di lui; lei amava dipingere e, nonostante fosse predestinata alla carriera di avvocato, aveva deciso di mollare tutto per dedicarsi alla sua passione. Al contrario del marito, però, lei era una donna forte e determinata e, con il tempo, era riuscita anche ad ottenere un discreto successo, oltre che il parziale appoggio della madre che, con la nascita della nipotina, aveva accettato di aiutarli economicamente grazie al suo reddito cospicuo. Questo almeno finchè non dovettero fare i conti con la malattia di Rebekah, ancora sconosciuta alla medicina, che le portò via la vita in meno di un anno. 
Quella perdita non fece altro che accrescere la debolezza del marito, conducendolo nell'abisso di sè stesso, a cercar pace, invano, nelle taverne rumorose dei quartieri più decaduti di una Bristol grigia e spenta.
Lui ed Arya, inoltre, erano rimasti senza un soldo da quando sua nonna gli aveva abbandonati dicendo di essere troppo distrutta per la perdita della figlia per occuparsi di sua nipote che gliela ricordava costantemente. 
Suo padre, intanto, era riuscito a trovare lavoro in un cantiere, però i soldi se li beveva, oppure se li giocava a carte.
Così toccava ad Arya, ogni volta, andarselo a cercare, il padre. E lei riusciva a trovarlo sempre, addormentato per terra, con il respiro acido e l'espressione addolorata costantemente stampata in volto, nonostante il sonno profondo; lo metteva in piedi e a fatica ne trascinava il passo fino a casa. Non piangeva, Arya, nè si lamentava mai. Ma neanche un sorriso sfuggì più a quelle labbra piccole e a forma di cuore. 
 
Poi un giorno, l'inferno arrivò. Arya aveva da poco trovato il sonno quando sentì la grande mano ruvida su di se, l'odore rancido del fiato pieno di vino e fumo. Tacque e quando il dolore aumentò strinse i denti, mordendosi il labbro. 
Ogni notte sperava che il padre fosse troppo ubriaco per alzarsi, che il suo respiro pesante diventasse un profondo russare che significava poter riposare, niente dolore. Qualche volta succedeva, qualche altra no, e trattenendo il fiato Arya sperava di morire all'improvviso come la mamma, di trovare pace e poter dormire, dormire, dormire per sempre. 
Le albe che seguivano quelle notti la trovavano nella vasca, per scacciare con l'acqua gelida quel dolore che sembrava però essere indelebile, sia dall'anima che dal corpo. 
Che poi chi gliela dava la forza, o tanto meno il tempo, per odiare qualcuno? L'odio è per i ricchi, un po' come l'amore, ma lei ricca non lo era più. Non riusciva ad odiare nemmeno il padre, che le stava portando via quel poco che le era rimasto, consumando la sua gioventù; ormai era una bambina vecchia Arya, al contrario della nonna che era sempre stata una vecchia bambina troppo capricciosa per la sua età.
 
Ci fu una volta, però, in cui Arya non riuscì a trovare il padre, ne lui tornò a casa ne quella sera, ne nei giorni successivi. E lei era rimasta sola, completamente, tanto che una notte si era lasciata andare, vicino alla fontana di fronte la chiesa, sperando che arrivasse un angelo a prenderla e portarla via da tutto quel dolore.
E quell'angelo arrivò. E aveva i capelli ricci. Ma questo Arya non lo seppe mai. 
Quando si svegliò conobbe, invece, Anne, una giovane donna trentenne che le ricordava tanto sua madre. Era cordiale e disponidibile e, senza fare troppe domande, si era offerta di accoglierla in casa sua.
Arya non aveva potuto non accettare, sperando in una vita serena, tranquilla, senza la presunzione di ricercare la felicità. 
Non aveva previsto, però, che avesse potuto incontrare Harry.
 
La prima volta, l'aveva visto di spalle: era alto e piazzato, le spalle larghe come quelle di suo padre. Disprezzo. 
Poi lui si era voltato e Arya aveva potuto guardare i suoi occhi, verdi e profondi. Indifferenza. 
Poi Anne l'aveva chiamata e lei aveva girato i tacchi, avviandosi verso la piccola stanza che le era stata riservata.
Quello che non sapeva, era che anche Harry l'aveva guardata: il corpo snello, fin troppo, le spalle curve e piegate da un peso che però lui non poteva riconoscere. E aveva gli occhi neri, grandi e senza lacrime. La bocca invece era chiusa, serrata a non lasciar sfuggire un sospiro.
 
Poi gli avevano presentati. Lui le aveva sorriso, lei invece aveva guardato altrove. 
Così Harry aveva preso a studiarla, in silenzio, per quanto potesse: lei infatti se ne stava tutto il tempo chiusa nella sua camera, non si sapeva a far cosa. A volte si era messo lì, pregando che lei non uscisse all'improvviso, con l'orecchio teso pronto a cogliere qualcosa, qualsiasi cosa. Ma tutto ciò che aveva sentito erano soltanto rumori irrilevanti, come ad esempio un cassetto che veniva aperto o la sedia che era stata spostata, tanto a dimostrare che, effettivamente, qualcuno lì dentro c'era. Ma mai un singhiozzo, che invece lui continuava ad aspettarsi, o tanto meno una risata. Nemmeno un sospiro. 
Anche in compagnia, parlava solo se necessario. Non l'aveva mai vista ridere, o piangere. O mostrare alcun tipo di emozione. 
Così un giorno, fattosi coraggio, le aveva detto << Chissà se riesco a farti ridere io, prima o poi. O almeno sorridere. >> e se n'era andato, lasciandola lì a pensare che dovesse essere proprio un pazzo.
 
Poi, una sera, Arya se ne stava seduta sul dondolo della veranda, contemplando il tramonto, quando notò una chioma riccia affiancarla. 
<< Per quel che può valere, riesco a vedere le cicatrici che ti porti addosso >> Lei lo aveva guardato per qualche attimo, questione di secondi, poi aveva nuovamente voltato il capo. Ad Harry era sembrato che gli angoli della sua bocca si stessero sollevando in un sorriso ironico, ma niente. Notò però i suoi occhi, che esprimevano in modo lampante quanto lei trovasse ridicolo quello che le aveva appena detto, ma Harry non si offese.
<< Sarà, ma non puoi comprenderle >> si decise infine a dire la ragazza. 
<< Sicuramente, per questo lo farà la musica per me >>
<< io non ascolto musica Harry. >> quella fu la prima volta che lo chiamò per nome, e al riccio non sfuggì. Sorrise impercettibilmente,  portando lo sguardo verso il sole che sembrava immergersi nel mare. 
<< bhè, sbagli.  apprezza sempre la musica, perchè la musica ci sarà sempre per supportare te. >>
<< non basterà qualche parola in croce, per cancellare ferite così profonde, credimi >> e Harry non capì che quell'immagine  era molto più concreta di quanto potesse sembrare. 
<< basterà per alleviare il rancore, o meglio ancora potrebbe aiutare ad archiviarlo e riporlo in un angolo. Secondo me devi solo fidarti. Fiducia, Arya, questa è la chiave. >> le disse, con un tono quasi solenne, che colpì anche Arya.
<< non è così facile >> commentò lei.
<< lo so >>  disse il riccio, appoggiango la mano sul suo braccio.
Arya sobbalzò, e allora Harry la tolse. Con grande sorpresa di entrambi, però, fu proprio il braccio della ragazza che, muovendosi come un automa, prese la mano del riccio e la riportò dove era poggiata qualche secondo prima. 
Harry fu sorpreso da quel gesto, ma Arya lo fu più di lui. E ancora di più la sorprese constatare che la mano della ragazzo non era ruvida, prepotente o aggressiva, anzi. Era.. Arya ci pensò un po' su, senza preoccuparsi di fissarla insistentemente. Era bella, pensò, e sicuramente grande. Le dita affusolate si muovevano impercettibilmente quasi a farle capire che non si sarebbe mai spinta più in là di quanto lei avesse voluto.
<< but if you never try you’ll never know just what you’re worth. Lights will guide you home and ignite your bones
and I will try to fix you >>  la voce roca ma comunque dolce di Harry si diffuse sulla veranda, e Arya avrebbe sorriso, se solo ne fosse stata capace. Si limitò a fissare il riccio, e lui la vide sorridere comunque. 
<< Grazie >> riuscì a dire, dopo svariati minuti passati in silenzio.
Allora Harry si alzò e, avvicinandosi piano, le baciò una guancia. Poi la lasciò sola, mentre per la seconda volta nel giro di un'ora, Arya scopriva quanto un tocco, o anche un bacio, potessero essere.. delicati, sinceri, privi di desiderio e follia. 
 
Non si sa cosa successe in seguito. Se Arya riuscì mai a piangere, o a ridere. Però si dice che, un po' di anni dopo, qualcuno vide una bella signora che portava per mano una bambina dai lunghi capelli ricci; la donna aveva gli occhi neri, grandi, con qualche accenno di ruga dovuta all'età che avanzava, ma non disperati, tutt'altro: erano sereni. E ridevano. 


Arya says: 

Bhè, che dire.. è forte come tema da trattare. Probabilmente è stato anche presuntuoso da parte mia provarci, però era da tanto che questa idea mi frullava in testa e spero davvero di averle reso giustizia. 
Volevo ringraziare chi ha avuto la pazienza (spero anche il piacere!) di leggere e soprattutto chi mi farà sapere il suo parere, positivo o negativo che sia!
Un bacione e alla prossima bellezze xx

ps. Se vi interessa, ho appena iniziato una long, dateci un'occhiata!

  
  
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