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Autore: isachan    16/05/2007    8 recensioni
"...Il nero non ti dona, lo sai Kagome…? Non è il tuo colore. In fondo, non è neanche un vero colore..."
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SFUMATO DI NERO

                   

Eccomi con una nuova storia..! molto… molto triste…credo sia la prima che pubblico su questo manga stupendo…! Mi scuso se ci saranno della imperfezioni e vi lascio alla lettura… e ai commenti..! ^-^

 

 

 

Cammino lento, mentre un freddo venticello di fine novembre gioca con i miei capelli, facendoli danzare dinanzi ai miei occhi.

Li scosto con il dorso della mano.

I miei occhi devono essere liberi di guardarti. Privi di ogni barriera, senza alcun ostacolo.

Mi fermo di fianco a te e al tuo viso dolcissimo e stranamente pallido.

Mi fermo, facendo scorrere lo sguardo sul tuo corpo immobile, fasciato in un lungo abito di un nero intenso, troppo intenso.

Senza un briciolo di colore, senza alcuna luce, così come me.

Il nero non ti dona, lo sai Kagome…?

Non è il tuo colore. In fondo, non è neanche un vero colore.

È una macchia, questo nero, sulla tua pelle bianchissima e delicata come seta.

Una macchia che laverei via all’istante, se solo potessi.

Una macchia che non meriti.

 

In fondo sono un ipocrita.

Vesto di nero anch’io.

Vestono di nero anche loro.

Il nero è la tonalità di vestiti più amata dagli esseri umani. Perché è perfetto. Perché non ha sfumature… il nero è assoluto.

E, per questo, sta bene su tutto.

Ma a me il nero non piace.

Specialmente ora, che lo porti addosso. Che anch’io lo porto addosso.

Adesso che è l’unico colore che mi circonda.

Nero… come il nulla.

 

Ricordo che una volta mi hai detto che nel tuo armadio esisteva solo un vestito nero.

Ma che era ben nascosto, che non lo indossavi mai, perché l’avevi indossato quel giorno.

Quel giorno in cui morì tuo padre.

Hai pensato spesso di gettarlo via, ma non l’hai mai fatto.

E alla fine è rimasto lì, riposto nell’angolo più buio, dietro una pila di vestiti coloratissimi, che riuscivano a coprirlo alla perfezione.

Credo che, magari, alla fine l’avevi addirittura dimenticato

 

Fatto sta che ora è quel vestito che stai indossando.

Strano… non dovresti più entrarci, visto che l’hai indossato due anni fa.

Eppure ti calza ancora in modo perfetto.

Quasi come se ti fosse stato cucito addosso, come una seconda pelle.

Una pelle che ti porterai dietro per sempre…

 

No. Non lo dico tanto per dire…

Ma vorrei vederti ancora con la tua solita divisa che indossavi in quello strano luogo che chiamavi “scuola”.

Perché se ti immagino, io ti vedo indossarla.

Ti vedo con il viso sorridente, con il tuo infinito ottimismo.

Ti vedo come sei, Kagome.

Ti vedo come non ti vedrò più.

 

Li vedo lì, loro. Stretti in un abbraccio, le loro schiene scosse dai singhiozzi.

E Miroku, e Sango non riesco quasi a riconoscerli.

Gli occhi gonfi, mentre per un istante si voltano a guardarmi.

Più in là, poco distante da loro, il piccolo Shippo, in braccio alla vecchia Kaede, è addormentato.

Per la stanchezza, forse.

O per le troppe lacrime, chi lo sa.

Non posso saperlo.

Forse glielo chiederò quando si sveglierà.

 

Anche a te, Kagome, avrei voluto chiedere molte cose ancora. Di te, del tuo strano mondo, della tua vita.

Di quello che amavi di me, di quello che proprio non riuscivi a sopportare.

Posso domandartelo…?

Posso…?

Riuscirai a sentirmi…?

Riuscirai a guardarmi anche se quegli occhi rimarranno chiusi…?

Senza permettermi di specchiarmici dentro come un bambino…?

Riuscirai a rispondermi anche se quelle labbra rimarranno immobili…?

Senza sorridere più per la mia stupidaggine…?

O senza dirmi più nulla di quello che ti passa per la testa…?

Ce la farai…?

Ad alleviare almeno un po’ questo mio dolore…?

Perché te lo giuro Kagome… che vorrei prenderti da questa maledetta bara e portarti sulle spalle come ho fatto sempre, da quando ti ho conosciuta…

Ma non sarebbe una buona idea… credo non me lo permetterebbero.

Mi direbbero che questo che vedo è solo il tuo corpo, ma non sei tu…

Perché tu non sei più qui.

 

Allora dove sei…?

 

Dovresti essere qui, lo sai?

No. In realtà non dovresti.

Dovresti essere a casa tua, 500 anni lontana da me.. seduta alla tua scrivania a studiare per quelle strane cose che chiami “esami”…

Dovresti essere con tua madre, con tuo fratello e con quello strano nonno che hai…

O dovresti essere in giro con le tue amiche a parlare di scuola, di ragazzi o di qualsiasi altra cosa…

Lì, ne sono certo, saresti stata al sicuro.

Se non avessi mai attraversato quel pozzo, saresti ancora viva… saresti una ragazza “normale”…

Mi ripetevi spesso che il nostro compito non ti pesava, che amavi quest’epoca e che amavi stare con me. Che passare quel pozzo era stata la cosa più bella che la vita ti avesse mai offerto.

Io credo invece, che attraversare quel pozzo sia stata una condanna.

Perché è ingiusto Kagome… che tu non abbia potuto vivere una vita serena… che tu sia stata trascinata in quest’inferno di guerre e di morte… che le tue spalle siano state caricate di un peso troppo grande…

Si, Kagome, lo penso davvero.

È che avrei dato tutto per poterti regalare una vita migliore.

Una vita lontana da questo.

Anche senza poterti più vedere o parlare… anche se separati da un’eternità…

 

Sango si avvicina a te e a me. E mi guarda, poi guarda te.

Gli occhi gonfi, i capelli in disordine.

Il vestito nero.

Sembra dirti qualcosa, non riesco a sentirla. Non riesco a sentire nulla, se non questo vento.

Miroku fa lo stesso.

E gli occhi sono uguali a quelli di Sango.

E il vestito è dello stesso, identico nero.

 

Poi mi si avvicina, mi abbraccia, credo.

 

“Non è stata colpa tua… non pensarci neanche…lei non lo vorrebbe…”

 

Ecco. Le solite frasi di circostanza.

Lo so che la colpa non è mia, dannazione!

Lo so che non potevo prevedere quell’attacco…

Lo so che non potevo vedere quel colpo…

È solo che, dannazione capitemi..! è solo che sarebbe stato meglio se avessi avuto colpa.

Ora saprei con chi prendermela…

Saprei chi prendere a pugni…

Almeno… mi sentirei vivo…

 

Forse, quella maledetta notte avrei fatto meglio a portarti con me, invece di lasciarti al villaggio.

Ma come potevo sapere che quel dannato demone era solo una trappola per arrivare a te…?

Che, in realtà, in quel maledetto bosco non c’era stato nessuno scontro, ma che era solo un modo per farci separare…?

Non potevo saperlo… lo comprendo benissimo.

Il fatto è che ti ho lasciato lì a riposare, solo per proteggerti… e invece… ti hanno uccisa.

Ed eri sola. E io non ero con te. Non c’ero a salvarti, a farti da scudo con il mio corpo. Non c’ero per prendere quel colpo che ti ha tolto la vita.

Io Kagome, per la prima volta, ti ho lasciata sola.

Chissà se quando è arrivato quel demone hai urlato il mio nome…

Chissà se hai creduto che, anche stavolta, mi sarei precipitato da te appena in tempo e, con la mia Tessaiga, avrei ucciso quel maledetto…

Chissà se ti sei arrabbiata con me perchè non sono arrivato in tempo…

Chissà se mi hai odiato mentre quel dolore ti devastava…

E chissà se hai trovato la forza per perdonarmi mentre i tuoi stupendi occhi si chiudevano..

Chissà Kagome.

Non posso saperlo. Non lo saprò mai.

Ma posso immaginare… posso immaginare che tu mi stia guardando ora.

Guardami bene, Kagome…

Guarda come sono ridotto… guarda il vuoto che ho dentro.

Ho perso di nuovo la donna che amo.

Ma con te è diverso.

Con te è sempre stato diverso.

Perché tu sei stata la mia luce in un mondo di buio…

Il tuo sorriso è stata la mia forza in un mondo di debolezza…

I tuoi occhi sono stati la mia pace in un mondo di guerre…

Il tuo cuore è stato in grado di riscaldare il ghiaccio che avevo dentro.

E ora ti ho persa.

Dimmi… cosa mi rimane…?

Se quella luce, quella forza, quella pace.. quel calore sono spariti con te…?

 

Ora, Kagome chi dormirà accanto a me sotto le stelle…?

Chi si scalderà al mio fianco al fuoco di un falò…?

Chi mi rimprovererà per la mia innata arroganza…?

E chi tremerà ad una mia carezza…?

Chi…?

Dimmelo… dimmelo perché non ce la faccio a pensare che da adesso in poi sarò di nuovo solo.

Si, lo so che ci sono Sango, Miroku e il piccolo Shippo.

Lo so bene.

So che abbiamo ancora una missione da portare a termine.

Ma con quale forza posso anche solo mettermi in cammino per cercare quel maledetto “ultimo frammento…?”

A quale dannatissimo scopo ricomporre la sfera…?

Diventare un demone completo…?

No. È un desiderio che ho abbandonato da un’eternità.

Diventare un umano…?

E per cosa…?

Per vivere con chi…? Al fianco di chi…?

Restare un mezzo demone…?

Restare così proprio come mi amavi…?

Potrei.

Ma la mia vita sarebbe troppo lunga da sopportare. E troppo vuota.

E allora non lo so.

Dimmelo tu.

 

Si so bene che sono il solito idiota. Indeciso su tutto. Insicuro su tutto.

Ma adesso è diverso.

Questa è la battaglia più dura.

Stavolta non mi impegnerò.

Perché stavolta non ho nessuno da proteggere.

Nessuno per cui valga la pena perdere tutto. Rischiare tutto.

Nessuno come te.

 

Ti guardo ancora. Non ho mai smesso di farlo, in realtà.

E un uomo in nero si avvicina.

Mi guarda un istante. Credo provi pena per me.

Tocca lentamente la tua bara. Pare voglia chiuderla.

Come osa…?

Come osa privarmi della vista del tuo splendido viso…?

Cerco di fermarlo, con una strana quanto assurda rabbia a ribollirmi nel corpo.

Lo ucciderei se solo potessi.

Sango e Miroku mi allontanano da te.

Maledetti anche loro…!

Mi calmo un istante e vedo quell’uomo chiudere la bara. E il mio cuore si ferma.

 

Ecco. Stavolta ti ho persa davvero.

 

Mi allontano, da solo.

Sango e Miroku non osano fermarmi.

E sono tornato qui, al Goshinboku.

Perché è da qui che tutto è iniziato.

Strano. Anche quest’albero mi pare più triste.

Non ha neppure una foglia.

Parrebbe normale, visto che è autunno inoltrato.

Ma non è così.

Quest’albero non è mai morto.

In nessun autunno.

Ora si. Ora è morto con te.

Come a farti compagnia.

Almeno lassù non sarai sola.

Mi ucciderei all’istante se solo sapessi che salirei in paradiso con te.

Ma i suicidi marciscono all’inferno.

Ed è un inferno eterno.

Lì non avrei ricordi. Lì non avrei memoria. Lì non mi ricorderei di te.

Preferisco continuare a vivere per altri mille anni ricordandoti, piuttosto che morire adesso solo per alleviare il mio dolore.

 

Alzo lo sguardo e la pioggia cade, bagnando il mio viso, bagnando le mie lacrime.

E mi pare come una carezza.

Una carezza che sa di acqua.

Un’acqua che sa di vita.

Una vita sfumata di nero.

 

 

 

 

 

   
 
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