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Autore: Bab1974    31/10/2012    2 recensioni
Tommaso ama Giorgio, ma lo lascia quando scopre che lui ha famiglia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Le bugie hanno le gambe corte Autore: monnalisa1974(Forum) bab1974(EFP)
Breve trama: Tommaso si innamora di Giorgio, ma a lungo andare trova la sua reticenza strana. Scoprirà che è sposato con figli, in uno strano menagé nel quale non vuole entrare.
Citazione usata: "Il peccato possiede molti utensili, ma la menzogna è il manico che si adatta a tutti."
Note: credo che siano di rigore.Ho lasciato il finale aperto. Può essere considerata una one-shot finita, ma potrebbe esserci anche un seguito. Chi lo sa.
Partecipante al contest a turni per yaoi/yuri di NonnaPapera "Regalami una citazione"

Solo io, o nulla



Mi ero innamorato di lui appena lo avevo visto. Non volevo che si accorgesse che lo fissavo come un bambino che schiaccia il naso nella vetrina di una pasticceria, perciò cercavo in ogni modo di nasconderlo, ma alla fine mi ero reso conto che era impossibile. La mia attrazione nei suoi confronti era tanto evidente che diventavo ridicolo.
Arrossivo al solo vederlo, balbettavo se mi rivolgeva la parola. La cosa per fortuna non sembrava infastidirlo, da come mi sorrideva pareva più che mai divertito. Almeno era quello che pensavo.
Un giorno mi prese da parte e mi disse delle parole che mi sono rimaste scolpite nel cuore.
"Tommy, tu mi piaci e ho la sensazione che mi ricambi." mi disse sorridendo come faceva spesso.
Io non riuscii a spiccicare parola. Sentivo la lingua incollata al palato. Dalla bocca mi uscirono solo dei gorgoglii incomprensibili perfino a me stesso.
Allora Giorgio, questo era il suo bellissimo nome, avvicinò la sua bocca alla mia e mi diede un bacio dolce a fior di labbra. Si staccò e tornò a fissarmi negli occhi.
"Vuoi essere il mio ragazzo?" mi chiese. Io ancora tacqui. "Visto che non mi rispondi ti dirò subito che ci sono molti problemi. I mei genitori non sono ancora pronti a sapere che ho 'certe tendenze' e non glielo potrei dire in questo momento. Sarebbe una relazione da tenere segreta."
"Ti capisco." dissi riuscendo finalmente a dire due parole che avessero senso "Accetto. In fondo anche la mia famiglia è all'oscuro di tutto e non avevo intenzione di dirglielo nell'immediato. Forse in un futuro."
Giò sorrise, ancora una volta, poi tornò a baciarmi. Questa volta fu un bacio profondo che ricambiai con quanta più passione potevo. La sera stessa mi portò a casa di un suo amico per fare l'amore. Non era la prima volta per nessuno dei due, ma nel mio caso fu la prima in cui ero davvero coinvolto sentimentalmente.


Ci vedevamo due volte a settimana, sempre a casa di questo fantomatico amico, che non avevo mai visto e che in quei giorni che Giò aveva scelto per i nostri incontri aveva impegni che lo trattenevano altrove.
Non mi importava di sapere altro. In realtà mi illudevo che tutto fosse a posto. Dentro avevo sempre saputo che c'era qualcosa che non andava. Era passato più di un anno senza che lui accennasse a far diventare la nostra storia pubblica, che cominciai a sospettare che Giò mi nascondesse qualcosa. Lui diceva che non c'era nulla, che amava solo me e io fingevo di credergli.
Quando mi decisi a scoprire cosa mi nascondeva non sapevo di preciso cosa avrei trovato. Non mi stupii però della situazione.


Lo avevo seguito dopo uno dei nostri incontri. Arrivai ad una casa che secondo quello che mi diceva lui divideva con i genitori. Fu lì che ebbi la stangata. Abitava in una bellissima villa con giardino, ma non era questo che mi fece più male. Ad attenderlo una c'era donna bellissima e tre bambini.
Mi aveva mentito! Non era vero che temeva il giudizio dei suoi genitori, aveva già una famiglia.
"Ehi, papà," disse la voce della bambina più piccola "c'è un signore che ci sta fissando."
Lui sorrideva e vidi il suo sorriso spegnersi all'improvviso quando si accorse che ero io. Avrei voluto scappare, ma le mie gambe non mi permettevano nessun movimento. Giò stava dicendo qualcosa alla donna, che mi guardava ostile. Forse sapeva qualcosa delle tendenze del marito, se erano sposati, e sospettava che io fossi un suo amichetto.
Giò aveva abbandonato la famiglia e stava uscendo dal cancello. Quando me ne accorsi feci dietrofront e facendo sforzo su me stesso cercai di andarmene.
Lui però correva, e un attimo dopo mi aveva raggiunto.
"Tommaso, non andartene non è come sembra." mi disse trafelato, prendendomi per un braccio.
"Questa è la frase più originale del secolo, davvero!" esclamai io, fuori di me "Adesso mi dirai che quella non è tua moglie e quelli non sono i tuoi figli , o altre cazzate del genere. Mi dispiace, ma non sono disponibile a farmi prendere ancora per il culo da te."
Stavo urlando, ne ero consapevole, come lo ero del fatto che la mogliettina stava sentendo tutto.
"Senti Giò, io non voglio darti nessuna colpa." gli dissi, abbassando il volume della mia voce "Sono io che mi sono illuso e ho creduto a tutte le balle che mi hai raccontato. Però non posso continuare a vivere così, con i miei genitori che mi chiedono perché non ho la fidanzata e non potergli dire nulla. Torna da lei prima che capisca che cosa sta succedendo."
"Lei sa già tutto." fu la prima cosa che mi disse come scusa. Io rimasi a bocca aperta. La moglie sapeva che la tradiva e on aveva niente da dire. Guardai verso la donna. Era davvero bella, una così poteva avere quello che voleva, perché tenersi un uomo che aveva una relazione omosessuale. L'unica cosa che mi venne in mente, vista la grandiosità della villa, furono i soldi.
"Tommy dammi la possibilità di spiegarmi. Vediamoci come previsto all'appartamento. Ti giuro che lì ti dirò ogni cosa." mi implorò.
Io lo guardai. Se non l'avessi fatto non so cosa sarebbe successo, quindi promisi.
"Ok, ci vediamo lì." dissi.
"Non te ne pentirai giuro." mi promise, poi tornò dalla bella famiglia, mentre io me la davo a gambe. Non avevo intenzione di mantenere la promessa, ma con tutte la cavolate che mi aveva raccontato, spero che non si illudesse che sarei stato buono e calmo ad aspettare i suoi comodi.
Per prima cosa scrissi un biglietto e lo misi sotto la porta dell'appartamento che ci aveva visti felici. Vi avevo scritto: -Spero che capirai se non voglio più vederti. Tommy.-
Poi me ne tornai a casa a piangere, finalmente, lacrime di dolore. Me ne stetti un'ora buona steso sul mio letto soffocando i singhiozzi sul cuscino. Non volevo che i miei genitori e i miei fratelli mi sentissero. Intanto ragionavo su quello che doveva essere la mia mossa futura. Alla fine giunsi a un'unica soluzione: dovevo dire tutto alla mia famiglia. Volevo smettere di mentire o di evitare la realtà.
Quando fu ora di pranzo, di un sabato come tanti altri in cui tutti eravamo presenti, mentre mia madre metteva gli spaghetti nei piatti, decisi di fare l'annuncio.
"Scusate, io dovrei dirvi una cosa." dissi per prepararli alla notizia.
"Oh, finalmente," disse Riccardo, mio fratello minore "pensavo che avrei fatto i capelli bianchi nel frattempo."
"Su, avanti," lo rimproverò Susanna mia sorella maggiore "lascialo parlare. Vai pure avanti, non fare caso a quel demente di Ricki." poi mi sorrise dolcemente.
"Voi... voi già lo sapevate." sentii gli occhi inumidirsi "Perché non mi avete mai detto nulla?" chiesi stupito.
"Aspettavamo che tu fossi pronto a raccontarcelo." mi disse mia madre.
"Io speravo invece che fossero balle." disse mio padre, borbottando come il suo solito. "Comunque visto che ci siamo vorrei sentirlo dalle tue labbra. Magari abbiamo preso un granchio e sei stato solo bocciato a qualche esame" aggiunse abbozzando un sorriso.
Feci forza su me stesso e lo dissi.
"Avete ragione, sono stato bocciato a tre esami." dissi, cercando di essere il più serio possibile.
"Oh" fu la laconica risposta di mia madre.
"Non era proprio quello che mi aspettavo." disse Susy. Sembravano tutti alquanto delusi.
"Boh, che dire," commentò mio padre "ci avevo quasi fatto il callo all'idea che tu fossi... lasciamo perdere, mangiamo."
Poi non riuscì più a trattenermi e scoppiai a ridere.
"Vi stavo prendendo in giro, va tutto bene all'università." dissi quando ebbi fiato "Sono solo un povero, sfigato gay."
Mia madre mi diede una botta con il servispaghetti.
"La prossima volta che mi fai uno scherzo del genere ti sculaccio come quando eri bambino, te lo giuro." mi minacciò guardandomi truce. Promisi che non l'avrei più fatto, conoscendola era capace di mettere in atto quello che diceva.
"Ora mangiamo, prima che si freddi tutto." E cominciammo a pranzare.
Non avevo ancora ingoiato la prima forchettata che cominciarono a subissarmi di domande del tipo come, quando, perché.
"Ma dimmi," mi chiese Susy "ce l'hai un fidanzato?"
La domanda di mia sorella mi fece tornare in mente la mia situazione disgraziata.
"Ce l'avevo fino a stamattina, ma l'ho lasciato." dissi. A fine pasto avevo raccontato alla famiglia la mia triste storia nei particolari, saltando solo su quelli sessuali.
"Davvero triste, mi dispiace per te.  Come stai ora?" mi chiese la mamma.
"Benissimo. Dire tutto a voi mi ha levato uno peso dal cuore. La prossima volta che mi troverò un fidanzato ve lo presenterò. Se non vorrà lo manderò al diavolo prima di cominciare. Non voglio passare per un'altra storia del genere." Sorrisi convinto che tutto sarebbe finito lì.
Non pensavo che avrebbe avuto un seguito.



La notte in cui avrei avuto l'appuntamento con Giò passò. Io avevo chiuso il cellulare e la mattina quando lo riaccesi rimasi senza parole. Quasi cento chiamate non risposte da parte sua. Poi c'erano messaggi vocali e SMS. Cancellai tutto senza leggere o ascoltare nulla. Era mercoledì, avevo lezione e ci andai mettendo il cellulare in silenzioso. Durante tutto l'arco delle lezioni non feci altro che sentire il vibrare del telefonino contro la coscia. Alla fine fui costretto a buttarlo nella borsa, mi faceva venire solo un gran nervoso. Uscito controllai le chiamate e i messaggi: era sempre lui. Decisi allora di dare un trillo diverso alle sue chiamate, così avrei potuto distinguerle dalle altre senza il bisogno di rispondere o neppure guardare il cellulare. Appena sentivo l'Inno alla gioia capivo che si trattava di lui e lasciavo perdere.
Dopo qualche giorno mi beccò. Aveva usato un telefono diverso. Appena sentita la sua voce buttai giù e misi il numero fra gli indesiderati. Nel giro di una settimana mi chiamò da almeno venti telefoni diversi e cominciavo a meditare se cambiare numero. Alla fine decisi che era l'unica cosa che potessi fare. Un pomeriggio me ne andai in un negozio di telefonia e cambiai numero. Da un momento all'altro smisi di ricevere chiamate. Dovetti ridare il mio numero a tutti i conoscenti, ma respiravo di nuovo.
Sperai che si fosse arreso.


Qualche giorno dopo, a cena, il telefono in casa suonò. Come al solito Susy scattò, era quasi sempre per lei. Torno con un sorriso.
"Tommy è per te" mi disse.
"Chi è?" le chiesi.
"Non lo so, ma è una donna. Ha detto di aver bisogno di parlare con te." disse prima di cominciare a mangiare.
Non capivo. Chi poteva essere a quell'ora? Non avevo molte amiche donne e la maggior parte Susy le conosceva benissimo. Decisi di andare nonostante avessi una pessima sensazione.
"Pronto, chi parla?" chiesi.
"Sei Tommaso Pittori?" mi chiese una voce femminile che non conoscevo.
"Si sono io, ma tu chi sei?" chiesi di nuovo.
"Sono Ginevra." mi disse la donna.
"E... ci conosciamo?" domandai, chiedendomi se l'avessi mai incontrata e dove.
"Ci siamo solo intravisti una volta. Sono la moglie di Giorgio." mi rispose. Rimasi con la cornetta in mano come un ebete, senza proferire parola.
"Sei svenuto per caso?" mi chiese Ginevra. "Sei ancora in linea?"
"Sì, sono ancora qui. A cosa devo l'onore?" chiesi a mia volta ironico.
"Posso capire che tu sia sconvolto per quello che hai saputo, ma voglio che tu apra la mente e lo perdoni. Non è mai stato facile per lui." cercò di spiegarmi "Ma non sono cose di cui posso parlare per telefono. Vediamoci domani per colazione. Ho bisogno di parlarti."
"Ti ha detto lui di chiamarmi?" ero fuori di me, non potevo pensare a questa povera donna che veniva usata come uno straccio.
"No, Giorgio non sa nulla, ma ritengo che siano necessarie delle spiegazioni, e se non vuoi accettarle da lui te le darò io." mi disse. Io non ero sicuro di stare facendo la cosa giusta, ma forse aveva ragione lei: ci volevano delle spiegazioni. Alla fine accettai e ci demmo appuntamento per la mattina seguente in un bar del centro.


Avevo abilmente evitato le domande dei miei familiari su chi fosse la misteriosa donna. Se non avessero saputo che ero gay probabilmente avrebbero pensato ad una tresca amorosa. Così invece erano piuttosto spiazzati.
Quella notte dormii molto poco, ancora meno del solito da quando avevo lasciato Giò. La mattina arrivai nel bar dell'appuntamento molto prima del previsto, mi sedetti ad un tavolo e visto che avevo fame ordinai la colazione. Era un locale molto elegante con decine di tavolini quasi tutti occupati. Feci fatica a sedermi ad un tavolino. Ero distratto nei miei pensieri, quando una mano si posò sulla mia spalla.
"Stai aspettando da molto?" chiese la stessa voce che la sera prima mi aveva telefonato.
"Un po'," dissi io " ma non avevo nulla da fare e avevo fame, così sono venuto prima. Siediti, intanto che arriva la cameriera ad ordinare, puoi dirmi perché siamo qui. Non lo ritenevo necessario, ma visto che hai insistito."
Lei si sedette con grazia ferina. Era davvero bellissima. Se non fossi stato gay di sicuro ci avrei fatto un pensierino. Mi chiesi ancora cosa potesse spingere una donna così a starsene con un omosessuale represso.
"Visto che hai tanta fretta comincio subito. Io ho ventiquattro anni" mi disse, al che io pensai -Accidenti cara sei bella, ma ne dimostri almeno trenta- "conosco Giorgio da una vita, mi è sempre piaciuto. Anche io gli piacevo, o almeno lo pensavo. A quattordici anni ne dimostravo qualcuno di più e gli facevo una gran corte. Alla fine lui cedette. Rimasi incinta subito di Giacomo, il nostro primo figlio. Lui aveva sedici anni, poco più grande di me e non aveva avuto altre esperienze. In più era anche orfano: era vissuto con una zia che gli aveva voluto abbastanza bene, ma che aveva altri figli ai quali dava la precedenza sul piano affettivo, anche se non gli aveva mai fatto mancare nulla.
Mi chiese perciò se potevo chiedere con i miei genitori il permesso di sposarmi e di tenere il bambino. La mia famiglia è molto ricca e subito pensarono che nonostante l'età avesse pensato al proprio tornaconto a mettere incinta me. Cercai di spiegare loro che ero io che l'avevo corteggiato impunemente. Non vollero sentire ragioni e volevano che abortissi. Giorgio allora intervenne dicendo che avrebbe rinunciato ad ogni diritto sul bambino se lo avessero fatto nascere. Quando firmò le carte si convinsero che era sincero e che non lo faceva per interesse. Ci sposammo subito e mio padre promise un posto di lavoro a Giò una volta terminati gli studi.
Ero immensamente felice. Pensai che nulla potesse andare storto, almeno fino a non quando rimasi incinta per Giordano. Lo avevo visto strano e non sapevo di cosa si trattasse.
Dopo molta insistenza mi confessò che negli ultimi tempi aveva capito di provare attrazione per gli uomini. Aveva appena 18 anni e aveva finalmente fatto luce sui propri sentimenti. Purtroppo era legato a me, ma soprattutto a mio padre. Lo avrebbe ucciso se avesse lasciato me e i suoi nipotini. così continuammo a fingere di essere una piccola e giovane famigliola felice. L'unica cosa che gli chiedevo era di avere qualche rapporto ogni tanto e lui mi accontentava anche se sentivo che non era più come all'inizio.
Un giorno mi confessò di aver avuto il suo primo rapporto con un uomo. Non mi ha mai nascosto nulla, alla fine ero la sua unica amica. Non ha mai avuto delle storie lunghe... almeno fino a che non ha incontrato te. Nel frattempo era nata anche Giada ed eravamo relativamente felici.
Quando mi sono accorta che i mesi passavano e che la vostra relazione continuava ho capito che si era innamorato sul serio. Non l'ho mai visto così felice. Ora si comporta come se il mondo gli fosse crollato addosso. Ti prego, non posso vederlo così, accetta almeno di parlarci." concluse così.
"Ora tocca a me. Spero che mi perdonerai se non posso accettare. Già non posso capire come possa una donna come te stare con lui. All'inizio pensavo che fosse lui quello ricco e tu una donnetta che faceva buon viso a cattivo gioco in nome dei soldi. Ora che so che sei tu quella ricca non posso proprio pensare che tu possa vivere così. Tu pensi davvero che tuo padre sarebbe felice se sapesse che hai vissuto tutti questi anni amando un uomo che non ti ricambiava?" le domandai furioso, cercando di non alzare troppo il tono della voce.
"Mio padre lo distruggerebbe e se davvero gli vuoi bene, come gliene voglio io, non puoi accettare che venga licenziato, deriso e che ogni occasione gli venga chiusa. perché è questo che succederà." mi disse propinandomi un triste futuro.
"Wow, proprio come nel film con Dudley Moore." ricordai all'improvviso "Solo che lui si era innamorato di un'altra donna. Comunque ho appena fatto outing con i miei. Anche io a loro ho raccontato tutto, pure la mia storia con Giò, senza fare nomi. E non ho la minima intenzione di tornare indietro a quando mi dovevo nascondere come un ladro... anche se loro l'avevano già capito da soli. Ho promesso loro che gli presenterò il mio prossimo fidanzato e così farò. Ehm, scusa sto notando che guardi l'orologio un po' troppo spesso. Giurami sulla testa dei tuoi figli che non hai dato appuntamento anche a Giorgio!" esclamai. La vidi in imbarazzo e non proferì parola.
"Lo hai fatto davvero. Siete una famiglia di pervertiti. E non mi disturbare più per telefono." le dissi prima di alzarmi. stavo per voltarmi e andarmene quando mi rivolse ancora la parola.
"Ti ricordo che ora oltre al tuo numero di telefono so anche il tuo indirizzo." mi disse con una velatura nella voce che non mi piacque. Era una ragazzina viziata abituata ad avere tutto dalla vita. Aveva voluto Giò e lo aveva anche se a quelle condizioni non proprio ideali. Ora voleva la sua felicità e sarebbe stata disposta a tutto pur di dargliela.
Un brivido di terrore mi percorse la schiena. Ebbi la netta sensazione che non sarebbe finita lì. Uscii dal locale e me ne tornai a casa. Dovevo avvertire i miei che avevamo un potente e difficile nemico. Almeno così avrebbero saputo di che morte sarebbero defunti. Dovevo pensare a come fare a difendermi senza cedere al ricatto di quella svanita. Arrivato a casa pensai a vare opzioni che mi sarebbero state utili in un futuro.
Per prima cosa chiamai alcuni amici ai quali consegnare un memorandum nel caso che mi fosse successo qualcosa. Misi nomi, date e perversioni varie, poi avvertii i miei genitori e i miei fratelli. Mia madre era sul punto di raggiungere la casa di Giorgio e andare a picchiare Ginevra. Ci dovemmo mettere tutti insieme per fermarla.
Alla fine eravamo pronti alla battaglia che ne sarebbe seguita, sperando che in realtà non ci succedesse nulla e fossero solo le manie di grandezza di una svitata con le corna e un superego.
  
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