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Autore: Phoenix3    31/10/2012    9 recensioni
Bulma scosse la testa con decisione. «Ragazzi, mi deludete. Le vostre proposte sono tutte interessanti, ma vincere così sarebbe troppo semplice. Quello che avevo in mente è qualcosa di davvero impossibile, una sfida da veri impavidi.» I suoi occhi si illuminarono, mentre sul suo viso si disegnò un sorriso malefico. «Non dovrete resistere a una sfida di paura, ma provocare voi stessi la paura in qualcuno.»
«E a chi?» domandò Trunks, e il suo volto sbiancò di colpo. «A-aspetta, mamma, non starai pensando a quella persona, vero?»

Ci tenevo tanto a farvi una sorpresa a tema, e questo è ciò che ha partorito la mia mente negli ultimi due giorni. ^_^
È una Vegeta/Bulma, ma c'è qualche piccola traccia di Gohan/Videl.
Buona notte di Halloween a tutti! ^_^
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Gohan, Trunks, Vegeta, Videl | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! ^_^
Ecco la mia sopresa per Halloween! :D

Prima di tutto: spero che i link pubblicitari in mezzo alle parole spariscano, sono fastidiosissimi (lo dico perché non pensiate che li abbia messi io, penso sia una cosa di EFP).

Ma passiamo alla one shot!
Di solito sono abbastanza maniacale nel curare i miei scritti, ma stavolta purtroppo mi è mancato il tempo, per cui prendetela come una storia senza grosse pretese. Mi auguro che vi strappi un sorriso e che vi intrattenga fino alla fine. ^_^
Spero che Vegeta non sia OOC, in caso ditemi cosa ne pensate.


BUONA LETTURA E FELICE HALLOWEEN! ^_^

 


 

Strega di cioccolato

 
 
 
Prima parte.
 
Era il peggior Halloween della sua vita.
Bulma se ne stava convincendo sempre più, mentre riparandosi il viso con il cappotto proseguiva per il marciapiede tra la nebbia di Città dell’Ovest. La gente la urtava con noncuranza, i volti coperti da maschere di mostri o fantasmi e le mani che tenevano ben salde i sacchetti pieni di caramelle e cioccolatini.
Li odiava.
Li odiava tutti.
Perché loro potevano divertirsi e lei no?
Perché quella sera loro avrebbero cenato tutti insieme in allegria, tra zucche e caldarroste, mentre lei avrebbe trascorso le prossime ore a imprecare contro chiunque le capitasse sotto tiro?
I suoi amici erano degli stronzi.
Che senso aveva organizzare una festa con i fiocchi se poi ti ritrovavi in quattro gatti? E non era un modo di dire, i suoi invitati per quella sera sarebbero stati proprio quattro.
Ok, Crilin e la sua famiglia forse non avevano colpe. Marron non si era ammalata apposta, questo quantomeno poteva riconoscerlo.
Ma il vecchio Muten, perché non voleva venire? E Olong? E Pual? Che razza di scusa era “non ci vogliamo spostare da soli”? Non facevano prima a dirle che non le volevano più bene? Che non gradivano più la sua compagnia? Tanto il messaggio era chiaro lo stesso, quindi tanto valeva essere sinceri!
Perfino Yamcha aveva declinato l’invito. E ci era rimasta di sasso, perché lui era l’ultima persona da cui si sarebbe aspettata una cosa del genere. D’accordo, quella sera era già stato invitato a Satan City dalla nuova fidanzata, ma davvero non era riuscito a convincerla a venire alla Capsule Corporation? Davvero quella donna era gelosa di lei? Assurdo, lei e Yamcha si erano lasciati da così tanti anni che Bulma talvolta tendeva perfino a dimenticarsi di esserci stata insieme. Cos’aveva da temere?
E poi c’era Piccolo. Non che la scienziata trovasse la sua presenza fondamentale, ma era pur sempre un alleato di vecchia data, nonché grande amico di Gohan. E proprio Gohan, infatti, le aveva comunicato il rifiuto del namecciano di partecipare alla festa, specificando che odiava recarsi in città la notte di Halloween perché la gente lo scambiava per un uomo dal costume ben riuscito.
Bulma sospirò, buttando un occhio stanco sulle vetrine dei negozi di dolciumi.
C’era qualcuno, più di ogni altro, di cui odiava constatare l’assenza. Ed era uno stupido bambino ingenuo diventato adulto solo nel corpo.
Una persona che in quel momento sentiva di odiare.
Sì, lei odiava Son Goku.
Erano cresciuti insieme, lui così dolce e gentile, lei così sfrontata e capricciosa. L’aveva visto diventare grande, aveva pensato addirittura di aver perso un’occasione a non sposarlo, poi aveva compreso la verità.
Erano fratelli.
Lei era legata a lui da un affetto profondo, che nemmeno la morte aveva cancellato.
Ma lui non lo capiva. Aveva iniziato degli allenamenti più intensivi, chissà poi per quale motivo, e per questo aveva fatto sapere di non voler partecipare alla notte di Halloween con lei.
Perché faceva così? Da quando era nata Bra era venuto a trovarla un paio di volte, per poi sparire nel nulla. Peccato che da allora fossero passati due anni. Peccato che così anche a Chichi stava passando la voglia di partecipare ai loro raduni.
E a proposito di Bra, ma che diamine aveva anche lei? D’accordo, era ancora piccola, ma che bisogno c’era quella mattina di piangere a dirotto dicendo che non le piaceva il vestito da fantasma? E va bene, che si vestisse da strega, ma era proprio necessario fare tutte quelle storie?
Bulma si fermò sotto a un lampione, il respiro che si condensava per il freddo.
Quel giorno avrebbe davvero dato fuoco al mondo.
Perfino Trunks l’aveva fatta imbestialire, lui forse in maniera addirittura maggiore. Perché di fronte al suo nervosismo le aveva fatto una domanda che una come lei non era abituata a sentirsi fare, una di quelle cose che i mariti maschilisti chiedono alle mogli e che lei conosceva solo per sentito dire.
“Insomma, oggi sei veramente isterica! Hai le tue cose?!”
Bulma strinse i pugni.
No, lei non aveva le sue cose. Ok, le dovevano venire tra un paio di giorni, e di solito prima che le arrivassero era sempre nervosa, ma in fondo non era importante, no? Se il mondo era pieno di idioti non era certo colpa sua!
Fece un passo avanti, raggiungendo la vetrina di una pasticceria.
E va bene.
Forse stava esagerando.
Inspirò profondamente, poi si avvicinò al negozio. Osservò la merce in esposizione, e il suo sguardo cadde subito sulla scultura di cioccolato più grande e costosa.
Sorrise.
Ecco cosa ci vuole per rallegrare la festa.
Stava per dirigersi verso la porta d’ingresso, quando un auto in corsa sfrecciò su una pozzanghera e le schizzò l’acqua addosso.
«Maledetto, come osi?!» gridò la donna, ma il conducente era già sparito nella nebbia.
Fu in quel momento che la notò.
Dall’altra parte della strada, tra le luci dei lampioni, una piccola bancarella di dolciumi era stata allestita a tema Halloween. L’insegna luminosa portava la scritta BAD PRINCE.
Sul volto di Bulma si disegnò un sorriso amaro.
E capì che in fondo non aveva senso prendersela con il mondo.
Che l’unico suo vero problema, quel giorno, era una persona.
Si diresse verso il negozio, decisa più che mai a effettuare il suo acquisto.
Quella persona, in un modo o nell’altro, la notte di Halloween avrebbe avuto ciò che si meritava.
 
 
 
Seconda parte.
 
La strega di cioccolato aveva donato aria di festa alla Capsule Corporation.
Nel soggiorno dell’edificio a cupola, tra le luci delle candele nelle zucche e il fuoco del camino, Bulma osservava la figura dal naso appuntito che cavalcava una lunga scopa di zucchero con un cappello rivestito di glassa.
Sorrise, soddisfatta del proprio acquisto, mentre intorno a lei si radunavano gli invitati della serata.
«Mi piacerebbe davvero darle un morso» disse Goten, da poco quattordicenne, con l’acquolina in bocca.
«A chi lo dici» intervenne Trunks, il volto corrucciato. «Ogni volta che la guardo provo l’impulso di mangiarle il naso.»
«Insomma, Trunks!» Bulma fissò il figlio, le mani sui fianchi. «Ti ho già detto che non voglio che qualcuno la tocchi prima della mezzanotte. È l’attrazione di Halloween, non sarebbe giusto farla sparire prima, non credi?»
Gohan, appena giunto sul posto, scoppiò a ridere, mentre le braccia stringevano la figlia di quindici mesi.
«E dai, ce ne sarà per tutti» disse Videl affiancandolo. «L’importante questa sera è divertirsi.»
«Esatto.» Bulma annuì. «Piuttosto, perché non andiamo a indossare i nostri costumi?»
Una bambina dai grandi occhi blu si fece spazio tra le gambe degli ospiti. «Io mi vesto da strega!» esclamò, presa dall’entusiasmo dei suoi due anni. «Mi vesto da strega di Allovin!»
«Si dice Halloween, Bra» la corresse il fratello, e tornò a rivolgersi agli altri. «Comunque credo che su questo dolce dovremmo metterci d’accordo. Una divisione equa non mi convince per niente, sono sicuro che qualcuno cercherebbe di barare per avere una porzione in più.»
Goten inarcò un sopracciglio. «Vuoi dire che tu cercheresti di barare, giusto?»
Trunks sussultò. «Ehi, ma che stai dicendo? Perché tra tutti dovrei proprio farlo io? Ho la faccia di uno che farebbe una cosa del genere?»
Tutti si voltarono a guardarlo. «Sì» risposero in coro.
«Tsk, e allora fate come volete!» esclamò lui, e incrociò le braccia.
«E dai, tesoro, non fare così!» Bulma si avvicinò al figlio e gli mise una mano sulla spalla. «Oggi è un giorno di festa, non è il momento di arrabbiarsi. Piuttosto, mi è venuta un’idea!»
Il ragazzo la fissò in silenzio.
La donna allora ruotò il capo verso i presenti, notando che tutti pendevano dalle sue labbra.
Ci siamo!
Sorrise, poi lanciò un’occhiata di sbieco alla grande strega di cioccolato. «Che ne direste di una sfida?» chiese, e indicò il dolce. «Questo sarà il premio.»
Gohan inarcò un sopracciglio. «Una scommessa?»
Bulma spalancò gli occhi. «No, no, niente scommesse questa volta, grazie. Sto parlando di qualcosa senza soldi.»
Goten si batté il pugno sulla mano aperta. «Beh, io ci sto!»
Il primogenito di Goku si portò una mano al mento. «Potrei pensarci, ma in cosa consiste esattamente?» domandò, mentre cercava di impedire che Pan gli tirasse i capelli.
«Una votazione sul vestito più bello?» propose Videl.
«Una gara a chi mangia più zucca?» intervenne Goten.
«Una sfida di paura dentro un cimitero abbandonato?» disse Trunks, guadagnandosi una linguaccia dalla sorellina.
Bulma scosse la testa con decisione. «Ragazzi, mi deludete. Le vostre proposte sono tutte interessanti, ma vincere così sarebbe troppo semplice. Quello che avevo in mente è qualcosa di davvero impossibile, una sfida da veri impavidi.» I suoi occhi si illuminarono, mentre sul suo viso si disegnò un sorriso malefico. «Non dovrete resistere a una sfida di paura, ma provocare voi stessi la paura in qualcuno.»
«E a chi?» domandò Trunks, e il suo volto sbiancò di colpo. «A-aspetta, mamma, non starai pensando a quella persona, vero?»
La donna mantenne inalterata l’espressione. «Beh, cosa c’è, tesoro? Non hai abbastanza fegato forse?»
«B-beh,» farfugliò il giovane dai capelli lilla, «sai com’è, ci tengo al nostro equilibrio familiare, e questo non mi sembra affatto un modo per rafforzarlo, ecco.»
Bulma rise. «E dai, non preoccuparti! È tutto sotto controllo, davvero. Basterà stabilire delle regole. Per esempio: niente scherzi di cattivo gusto, come fargli credere che qualcuno di noi stia morendo o che ci sia una nuova minaccia per l’umanità.»
«D’accordo, ma sei sicura che basti?» intervenne Gohan, mentre Pan tra le sue braccia aveva iniziato a dargli manate in faccia.
La donna sollevò la mano con le dita a V. «Ragazzi, fidatevi di me» disse. «In fondo io lo conosco meglio di chiunque altro, no?»
 
 
 
Terza parte.
 
C’era qualcosa di strano in quella stupida pagliacciata terrestre.
Non che le altre fossero normali, per lui pagliacciate erano e pagliacciate rimanevano, ma quella sera l’atteggiamento di chi lo circondava aveva qualcosa di sospetto.
Goten e Trunks bisbigliavano da minuti interi in un angolo del soggiorno, e lui aveva visto suo figlio indicare più volte la grossa strega di cioccolato che si ergeva nella stanza.
Vegeta rimase appoggiato al muro, le braccia conserte, mentre quel brutto presentimento continuava a invadere la sua mente. Erano passati quasi tre anni da quando aveva visto l’ultima volta gli ospiti comportarsi in quel modo, e di sicuro quel ricordo non lo metteva di buon umore. Certo, il fatto che Diciotto non fosse presente poteva quantomeno rincuorarlo sul fatto che nessuno si fosse messo a scommettere soldi sulla lunghezza dei suoi capelli o sulla misura del seno di sua moglie, ma i sussurri incomprensibili che gli arrivavano alle orecchie come le zanzare d’estate bastavano comunque a fargli pulsare ogni singola vena che aveva in corpo.
Una piccola forza gli tirò i pantaloni. «Papà» lo chiamò una vocina acuta, e Vegeta abbassò lo sguardo per incrociare quello della figlia.
«Che c’è?» domandò, gli occhi fissi sul nero cappello a punta che copriva la chioma della piccola.
«Bu!» esclamò allora lei, e sollevò le manine inarcando le dita come se fossero artigli. «Sono una strega! Ti mangio! Ti trasformo in un cioccolatino!»
Le labbra del saiyan si incurvarono in quello che pareva quasi un sorriso. C’era qualcosa di ironico e allo stesso tempo amaro nel fatto che quella bambina nata in pace si divertisse a giocare con le stesse frasi che sette anni prima avevano terrorizzato l’intero pianeta. «Dovresti frequentare meno quel mostro rosa» le disse.
Bra sbatté le palpebre un istante, poi imbronciò lo sguardo. «Non hai paura?»
Vegeta inarcò un sopracciglio. «Paura? E perché?»
Ma la piccola strega non rispose, dirigendosi verso il tavolo del buffet dove erano appoggiate delle caramelle a forma di mummia.
L’uomo la osservò mangiare, chiedendosi cosa le fosse preso. Non che avesse intenzione di consolarla, lui era pur sempre il principe dei saiyan, ma c’era qualcosa nel suo istinto che lo spingeva a voler conoscere il motivo per cui era diventata triste. Qualcosa che non si spiegava, ma che non riusciva a evitare di prendere in considerazione.
Stava quasi per decidersi a raggiungerla, quando una voce femminile alla sua destra lo chiamò.
Vegeta si voltò, scoprendo di trovarsi vicino a una sposa cadavere. O meglio, a una giovane terrestre che si atteggiava a tale.
«Vegeta…» Il volto di Videl si era fatto color fragola, lasciando trasparire il rossore perfino attraverso il fitto trucco bianco. «C’è una cosa di cui devo parlarti in privato. Potremmo andare in un luogo più appartato?»
Il saiyan credette di aver udito male.
Primo: la moglie di Gohan non gli rivolgeva mai la parola, se non quando era strettamente necessario.
Secondo: non sembrava amare più di tanto la sua compagnia, per cui evitava il più possibile di restare sola con lui.
Terzo: non c’era niente di privato che i due avrebbero potuto dirsi, dato che di privato tra loro non c’era mai stato un accidenti.
Vegeta distolse lo sguardo.
C’era qualcosa che non andava in quella serata.
Qualcosa che lui doveva scoprire, prima di doverne subire le conseguenze.
«Seguimi» le disse dunque, e si avviò verso il terrazzo.
Si ritrovarono soli, la luce delle stelle e dei lampioni che illuminava la zona circostante, e un leggero venticello scompigliò loro i capelli. Il velo dell’abito della sposa si sollevò, ondeggiando nell’aria.
Vegeta avvertì un leggero movimento provenire dalla porta. Fissò l’ingresso con la coda dell’occhio, ma non percependo alcuna aura decise di restare immobile.
«Allora, si può sapere cosa sta succedendo?» domandò l’uomo, lo sguardo ora rivolto alla ragazza appoggiata alla ringhiera. «È ovvio che non è normale che tu voglia parlarmi in privato.»
Lei deglutì, e il suo volto si fece di nuovo rosso. «Beh, ecco» farfugliò. «C’è qualcosa di molto importante che devo dirti. Una cosa di cui mi sono resa conto da tempo, ma che non ho mai avuto il coraggio di confessarti.»
Vegeta inarcò un sopracciglio. «Sarebbe?»
La sposa cadavere strizzò gli occhi, poi iniziò a muovere le labbra mormorando tra sé e sé frasi sconnesse di cui l’uomo riuscì a cogliere solo “devo farcela” e “povero Gohan”.
Continuò a fissarla in silenzio, aspettando che si decidesse a fare la sua mossa, mentre una nuova raffica di vento le sollevò in parte il vestito bianco.
«Vegeta!» esclamò la giovane, e strinse i pugni. «Io ti… ecco, i-io ti a …»
Il saiyan si voltò di scatto.
Dalla porta del terrazzo si stava espandendo una delle auree più potenti che avesse mai avvertito.
«Oh, no!» gridò la ragazza, mentre un valoroso Great Saiyaman – quello era anche il suo costume di Halloween? – usciva dal proprio nascondiglio per abbracciare la propria metà.
«Non dirlo, Videl!» esclamò il giovane togliendosi il casco, e la strinse tra le braccia. «Così spaventi me, non lui!»
«Oh, che stupido!» La ragazza ricambiò la stretta. «Sai che non lo direi mai sul serio! Ti avevo detto di non seguirmi proprio per non farti ingelosire!»
Lui le sorrise. «Ma io ti amo, come posso lasciarti fare una cosa simile?» le disse, e si avvicinò al suo viso.
Lei lo guardò negli occhi, le iridi azzurre che brillavano sotto le stelle. «Anch’io ti amo, Gohan. E sei l’unico a cui riesco davvero a dirlo.»
«Oh, amore mio…»
I due stavano per baciarsi, quando un grugnito forzato li riportò alla realtà.
Vegeta li stava fissando a braccia conserte, temporeggiando con le dita sul braccio. «Non che mi interessi interrompervi, ma qualcuno vuole spiegarmi che diamine sta succedendo?»
I ragazzi arrossirono di colpo e si sciolsero dall’abbraccio.
«S-scusa, Vegeta» disse Great Saiyaman, e si grattò la chioma. «Ci eravamo dimenticati che eri ancora qui.»
La tempia del principe iniziò a pulsare. «Non mi importa affatto quello che fate, per quel che mi riguarda potete pure mettervi a fare sesso, ma prima spiegatemi cosa diavolo state tramando alle mie spalle!»
Non fece in tempo a ricevere una risposta, perché dal cielo piombarono due figure vestite di nero.
«Metti subito via quel computer!» esclamò un vampiro dai capelli lilla, e inseguì l’altra creatura in volo cercando di afferrare l’oggetto che teneva in mano.
«Eh, no, Trunks, devi lasciarmi provare!» rispose un pipistrello dalla chioma a palma, un sorriso malizioso sulle labbra.
«Tu vuoi causare la fine dell’umanità, altroché!» ribatté il vampiro, e prese il moro per il collo.
Il pipistrello atterrò sul terrazzo. «Cosa c’è, vuoi succhiare il sangue del tuo migliore amico, per caso?»
«Meglio la tua morte che quella dell’intero universo!» ribatté l’altro, e iniziò a scuoterlo avanti e indietro. «Coraggio, molla il computer.»
Vegeta avanzò di un passo. «Si può sapere che diamine vi prende?!» sbottò. «Finitela di fare i mocciosi! Trunks, spiegami che stai facendo! Vuoi comportarti come tua sorella?!»
Il vampiro deglutì, poi lasciò la presa sull’amico. «S-scusa, papà» mormorò, i canini appuntiti che gli uscivano dalla bocca. «È che Goten è davvero fuori di testa. Voleva mostrarti…»
«Vegeta, guarda cos’ho trovato qui!» lo interruppe il pipistrello, e sollevò lo schermo del portatile. «È una foto che sta girando per tutta internet!»
«N-non dargli ascolto!» esclamò il vampiro. «Non sta affatto girando, si trova solo in quel pc!» aggiunse, e cercò di chiudere l’oggetto con il braccio.
Il pipistrello si spostò di lato. «E basta, insomma! Lascia che la guardi!»
Vegeta puntò lo sguardo sulla foto apparsa nel computer. Il sangue gli ribollì nelle vene. «Cosa avresti intenzione di fare con quella?» gli domandò.
I due ragazzini si bloccarono.
«Hai visto?» disse il vampiro all’amico. «Altro che spavento, l’hai fatto solo arrabbiare! Adesso ci ammazza tutti!»
Il pipistrello si grattò i capelli a palma. «Ma no, dai, non dire così! In fondo non l’ho messa su internet davvero, quindi al massimo si limiterà a disintegrare questo computer!»
«Ah, grazie tante, allora!» esclamò il vampiro, le braccia conserte. «Per te questo non è un problema, vero? Tanto il computer è mio!»
«Insomma!» sbottò Vegeta, facendo sussultare entrambi. «La volete piantare di discutere di queste assurdità?! Spiegatemi subito che vi passa per la testa!»
I due ragazzini iniziarono a tremare, mentre Great Saiyaman e la sposa cadavere osservavano la scena con gli occhi spalancati.
«B-beh» farfugliò il pipistrello, il sudore che gli scendeva dal volto. «Te lo diciamo subito, però, ecco… davvero non ti spaventa neanche un po’ l’idea che una foto di tua moglie nuda giri per il web?»
Vegeta inarcò un sopracciglio. «Una foto di mia moglie nuda?»
«S-sì» rispose il pipistrello.
«Questi non sono affari tuoi» rispose il principe, e incrociò le braccia. «Quello che voglio sapere è cos’avete pensato di fare quando avete attaccato la sua faccia sul corpo di un’altra donna!»
I ragazzini si pietrificarono.
«Se n’è accorto» sussurrò il pipistrello all’amico. «Ha capito che è un fotomontaggio.»
«A quanto pare» rispose il vampiro a bassa voce.
«Ma come ha fatto?»
«E che ne so! Te l’avevo detto che quella tizia era troppo formosa.»
«Ma dai! Guarda che tua madre ce le ha uguali.»
«Adesso basta!» Vegeta avanzò verso di loro, le mani strette a pugno. «Spiegatemi tutto, ora!» gridò, e si voltò verso Great Saiyaman e la sposa cadavere. «E anche voi due!»
La coppia sussultò, e iniziò a guardarsi intorno in cerca di aiuto.
«Te lo spiego io» esordì una voce dalla porta.
Tutti si voltarono in quella direzione, gli occhi spalancati.
Una gatta nera si era appena appostata sulla soglia, seguita a ruota dalla sua piccola padroncina dal cappello da strega.
«Mamma» disse Trunks, la bocca aperta. «Quel vestito… beh, ti sta davvero da dio.»
La gatta sorrise, le dita che si tastavano le orecchie pelose del cerchietto che portava tra i capelli.
E Vegeta rimase a fissarla immobile, incapace di proferire parola.
Doveva essere di certo un caso, in fondo il principe dei saiyan non poteva che essere immune a certe sciocche perversioni terrestri, eppure i suoi occhi si erano persi a fissare quel vestito nero che dal collo le ricopriva l’intero corpo aderendo alla sua figura. Osservò le curve che formava sul seno, il modo in cui percorreva il ventre piatto nonostante le gravidanze, la forma che dava ai glutei da cui sbucava una lunga coda inerme.
Lei puntò le iridi azzurre su di lui, poi gli sorrise. «Sbaglio o qualcuno qui è rimasto incantato dalla mia bellezza?»
Vegeta distolse lo sguardo di scatto. «Sbagli» disse. «Piuttosto, spiegami che diamine stai architettando. Ho capito benissimo che c’è il tuo zampino sotto.»
Il saiyan tornò a fissarla con la coda dell’occhio e la vide mordersi il labbro.
La conosceva troppo bene.
Nessuno si sarebbe mai azzardato a comportarsi in quel modo con lui, se lei non avesse dato loro il proprio consenso.
Lei era folle, lo era sempre stata.
E quella sera, mentre le stelle donavano riflessi luminosi ai suoi capelli chiari, lo era ancora di più.
«Vedi, Vegeta» disse, mentre il resto delle persone osservava la scena in silenzio. «Il  fatto è che per una volta volevo renderti un po’ partecipe. Insomma, hai una famiglia sulla Terra da quindici anni, una famiglia che ogni anno ha sempre festeggiato la notte di Halloween, eppure non ti sei mai degnato di divertirti davvero con noi.» Si voltò verso il resto dei presenti, i cui volti si erano fatti imbarazzati. «Perfino Gohan e Videl sono venuti, anche se la piccola Pan si è addormentata quasi subito.» Tornò a guardare il marito, la mano che aveva preso a giocare con la coda sintetica. «Ma tu sei sempre il solito testone. Non vuoi indossare nessun costume, non vuoi giocare a niente, non ambisci nemmeno a mangiare più dolci degli altri. Beh, quest’anno le cose andranno diversamente!»
Vegeta incrociò le braccia, il sopracciglio che vibrava.
Per quale motivo lo stava rimproverando davanti a tutti?
Qualcosa non andava.
Beh, che continuasse pure a blaterare, se voleva, lui non aveva intenzione di farsi umiliare in pubblico.
Lanciò ai presenti uno sguardo fulminante, sperando che ciò servisse a toglierseli dai piedi, ma il suo gesto fu vano.
Gli ospiti rimasero a fissare sia lui che Bulma, immobili come statue. E così Trunks, il volto così bianco che il padre si chiese se non si fosse vampirizzato davvero. E Bra, che si era avvinghiata alle gambe del fratello con gli occhioni spalancati.
Vegeta tornò a guardare la moglie, che ora si era portata le mani ai fianchi.
«Allora?» si sentì dire dalla sua voce acuta. «Non ha niente da dichiarare, Maestà?»
L’uomo inarcò un sopracciglio. «Non ho ancora capito che diamine sta succedendo» si decise a dire.
Lei sorrise, e avanzò di un passo. «Una sfida» rispose. «Nient’altro che una semplice sfida. In palio c’è la strega di cioccolato.»
Il saiyan la fissò. «E che razza di sfida sarebbe?»
Bulma incrociò le braccia sotto il seno. «Ma come, non ci sei arrivato? È molto semplice: dovevamo riuscire a spaventarti.»
«Ah sì?» Vegeta spostò lo sguardo sui volti dei presenti. «Tsk, ho come l’impressione che qualcosa sia andato storto, allora. Se c’è qualcuno che qui si è spaventato, quello di certo non sono io.»
La donna annuì. «Questo ovviamente è perché nessuno finora è stato in grado di vincere» disse. «Ma adesso sono arrivata io, dunque il gioco non può che prendere una svolta inaspettata.»
Vegeta si esibì in un ghigno. «Che assurdità. Io non ho paura di niente, quindi finiamola con questa pagliacciata. Se volete mangiare quella strega di cioccolato vi conviene trovare qualcun altro da spaventare.»
Ma Bulma fece un passo verso di lui, gli occhi luminosi. «Perché così in fretta, Vegeta? Hai forse paura che io faccia il mio tentativo? No, perché in tal caso avrei già vinto.»
Vegeta arretrò fino alla ringhiera. Non che fosse davvero spaventato, ma quando lei lo guardava in quel modo non era mai un buon segno. Meglio evitare che mettesse in pratica i suoi propositi, quantomeno per non dargliela vinta. «Adesso finiscila, Bulma. Rientriamo in casa.»
Gli occhi dei presenti erano fissi su di lui.
Non gli piaceva.
Non gli piaceva per niente.
Quello che lui e sua moglie si dicevano riguardava solo loro, non doveva diventare oggetto dei pettegolezzi altrui. E questo Bulma lo sapeva benissimo, o almeno così lui aveva sempre creduto, dato che mai prima d’ora si era permessa di rimproverarlo tanto a lungo in pubblico.
La vide avanzare.
Piccoli passi felini, quasi fosse entrata davvero nel personaggio.
E sorrideva.
Sorrideva come se avesse in mano la chiave di ogni verità che lo riguardava, una chiave che in fondo, per quanto lui detestasse ammetterlo, aveva sempre avuto.
La osservò bloccarsi a pochi centimetri da lui, l’espressione inalterata.
Lui emise un grugnito. «Si può sapere che hai intenzione di fare?» le chiese, la schiena sbilanciata oltre la ringhiera.
«Te l’ho detto, no? Farti paura.»
«Che assurdità.» Vegeta si accorse che il suo tono tradiva una certa tensione, e sperò che nessuno dei presenti se ne fosse accorto. «Mi pare di averti già detto che non ho paura di niente.»
«Oh, e invece ci sono molte cose che ti spaventano» disse Bulma, e sbatté le palpebre. «Per esempio, ammettere di fronte agli altri che provi dei sentimenti.»
Vegeta inarcò un sopracciglio. «Ah, davvero? E come credi di potermi convincere ad ammettere qualcosa? Non so se te ne sei resa conto, ma fino a prova contraria sono ancora io ad avere il controllo delle mie corde vocali.»
«Questo è vero» rispose Bulma, e storse la bocca. «Ma sai, Vegeta, non esistono solo le parole per esprimersi. A volte basta un solo gesto, e magari posso aiutarti a capire quale» disse, e si toccò le labbra con un dito.
Vegeta sussultò.
Cercò di indietreggiare, ma il suo corpo si trovava ormai al limite del terrazzo.
Lei non poteva farlo davvero.
Non avrebbe osato, non dopo che per anni aveva evitato quelle situazioni come in un tacito accordo.
Niente effusioni in pubblico.
Era una regola, qualcosa che non aveva mai avuto bisogno di dirle, ma che lei aveva recepito in automatico.
Il suo orgoglio sarebbe andato a pezzi.
Non poteva permetterselo, non durante quella stupida pagliacciata.
Non di fronte a Trunks.
Non di fronte a Bra.
Non di fronte alla discendenza di Kakaroth.
Bulma si allungò verso di lui, il volto ormai a pochi centimetri dal suo. Lo fissò, una leggera raffica di vento che le scompigliava la frangia sotto il cerchietto.
Poi scoppiò a ridere.
Arretrò di un passo, le mani sulla pancia, e si piegò in due per le risa. «Allora, che ne dite?!» esclamò, e indicò la figura pietrificata di Vegeta.
Trunks scoppiò a ridere a sua volta. «Vittoria schiacciante, mamma!» esclamò.
«Grandissima!» disse Goten. «Ci è cascato in pieno!»
«Eh già, mi sa che si è davvero spaventato a morte» intervenne Gohan, la spalla appoggiata su Videl.
Vegeta rimase immobile, chiedendosi se tutto ciò non fosse solo un brutto sogno.
Sì, doveva essere così.
Presto si sarebbe svegliato, poi si sarebbe rinchiuso nella Gravity Room e avrebbe trascorso tutta la giornata ad allenarsi.
Il suo sopracciglio vibrò, mentre una nuova raffica di vento gli colpiva il volto.
Forse era meglio non aspettare di svegliarsi.
 
 
 
 
Quarta parte.
 
Aumentò la potenza del super saiyan, facendo poi partire un pugno di fronte a sé. Si asciugò il sudore passandosi un braccio sulla fronte, lo sguardo perso nel vuoto della stanza gravitazionale.
Sarebbe rimasto lì tutta la notte.
Poco importava se quella stupida avrebbe avuto qualcosa da ridire, lui di certo non l’avrebbe ascoltata.
Se l’era andata a cercare.
Si era presa gioco di lui come un burattino, sfruttandolo a piacimento di fronte alla famiglia sua e di Kakaroth.
Vegeta tirò una raffica di calci con il piede destro, poi ruotò in senso antiorario e colpì con l’altra gamba.
Perché, poi?
Cosa le era saltato in mente?
Ricordava che quella mattina avevano litigato per le solite cose, come il fatto che la festa fosse in maschera ma lui non volesse indossare alcun costume, o la faccenda di Bra che doveva essere accompagnata a comprare il vestito da strega. Niente di strano, per loro, discussioni di quel tipo erano all’ordine del giorno da quasi quindici anni.
Si bloccò, gli occhi fissi sul pannello della Gravity Room.
Doveva fargliela pagare.
Se lei aveva osato trattarlo in quel modo, tanto valeva ripagarla con la stessa moneta.
Ma cosa poteva fare?
Andarsene di casa per un po’? Fino a pochi anni fa sarebbe stata di certo la soluzione ideale, ma da quando Bulma era rimasta incinta di Bra c’era qualcosa che aveva iniziato a fargli contorcere le viscere ogni volta che si allontanava di proposito dalla famiglia. Non aveva ancora capito cosa fosse, ed era convinto che di certo non potesse trattarsi di qualcosa legato ai sentimenti, dato che lui era pur sempre il principe dei saiyan, ma era comunque una forza troppo potente perché riuscisse a contrastarla.
E se fosse rimasto lì fingendo indifferenza verso la moglie? No, impossibile. Lei era una sanguisuga, quando decideva di togliergli le parole di bocca in un modo o nell’altro riusciva sempre nei propri intenti. Anzi, spesso era quasi conveniente darle attenzioni subito, almeno si risparmiava parecchie torture.
Vegeta uscì dalla Gravity Room. Si incamminò per il corridoio, deciso a recarsi in cucina per prendere qualcosa da bere.
Doveva farle qualcosa di simile a ciò che lui aveva subito. Non importava cosa, quella era l’unica soluzione per farle capire che con il principe dei saiyan certi scherzi non erano leciti.
Proseguì per i muri nella semioscurità, immaginando che ormai tutti fossero a letto da un pezzo. Aveva quasi raggiunto la cucina, quando una luce nel soggiorno attirò la sua attenzione.
Entrò, e ciò che vide lo stupì.
Bulma, ancora nelle vesti della gatta nera, era seduta sul grande divano a tre posti con la strega di cioccolato appoggiata alle gambe. Con una mano aveva staccato il naso della scultura e aveva iniziato a mangiarlo con ingordigia.
«Beh, cosa c’è da guardare?» gli chiese la donna, gli occhi fissi sul saiyan. «Credevi che non mi sarei presa il mio premio?»
Lui avanzò verso il divano e si sedette a debita distanza dalla moglie. Se doveva trovare il modo di infastidirla, tanto valeva studiare la situazione.
Bulma si portò alla bocca un altro pezzo di cioccolata. Vegeta si accorse che le sue labbra e il suo mento erano sporchi, ma non disse nulla.
«Allora?» gli domandò la scienziata. «Hai forse perso l’uso della parola?»
Vegeta incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale. «Spiegami perché diamine l’hai fatto.»
Lei staccò un braccio dalla strega. «Lo sai benissimo» disse, e diede un nuovo morso. «Oggi mi hai fatto arrabbiare, non c’è bisogno che ti spieghi il perché.»
«Tu ti arrabbi con me tutti i giorni, eppure non mi pare che ti sia mai saltato in mente di trasformarmi in un fenomeno da baraccone.»
Bulma sbuffò. «Insomma, perché non capisci? Noi siamo una famiglia, Vegeta» disse. «Tutti gli anni ti chiedo le stesse cose, e tu tutti gli anni mi dici di no. Mi sono stancata, ecco tutto. Quest’anno Bra ha compiuto due anni, e per la prima volta ha indossato un costume di Halloween, ma nemmeno questo ti ha convinto a partecipare attivamente!» Bulma masticò altro cioccolato. «Insomma, nella tua vita hai indossato un sacco di abiti terrestri, cosa ti costava provare un vestito a tema? Ci sono molte creature tra cui scegliere, avresti potuto travestirti in uno dei tanti mostri, no?»
Vegeta afferrò la coda che sbucava dal vestito della donna e la tirò verso di sé. Bulma lanciò un grido, ritrovandosi seduta di lato sulle gambe dell’uomo. La sua mano, salda sulla scultura, aveva trascinato la strega ai loro piedi.
«Ma che fai?!» gli chiese. «Guarda che non sono mica un saiyan!»
Lui inarcò un sopracciglio, le dita che tastavano i peli sintetici della coda. «Questo è poco ma sicuro.»
«Beh, allora che vuoi?» domandò lei, e si mise in bocca una mano di cioccolato che le sporcò ulteriormente il viso.
«Guardami negli occhi» disse Vegeta, e fissò le pupille su quelle della donna.
Lei ubbidì in silenzio.
«E ora, Bulma, dimmi se hai ancora il coraggio di dire che uno come me ha davvero bisogno di vestirsi da mostro.»
Bulma continuò a ricambiare lo sguardo, poi abbassò il volto sulle proprie gambe. «Capisco» disse. «Dunque è questo il motivo per cui questa festa ti appare una pagliacciata? Perché i veri mostri nella vita sono altri, giusto?»
Vegeta incrociò le braccia, la donna ancora seduta su di lui. «A quanto pare quando vuoi sei perspicace» le disse.
Lei emise uno sbuffo. «Oh, insomma, e non potevi dirmelo subito?! Avrei evitato di arrabbiarmi con te, no?»
«Non avresti evitato un bel niente, dato che oggi avevi già deciso di arrabbiarti con me qualunque cosa facessi.»
Lei sorrise. «E va bene, forse per questa volta non hai tutti i torti. Ero già nervosa a causa di tutti gli amici che hanno declinato l’invito alla festa, soprattutto Goku. E poi è anche una cosa legata al ciclo, dato che tra due giorni mi devono venire, e quindi sai che sono più alterabile.» Si bloccò, mentre con una mano si sfilava il cerchietto dalle orecchie a punta. «Ti chiedo scusa.»
Vegeta spalancò gli occhi.
Aveva sentito bene?
Aveva sentito davvero bene?
Non che saperla dispiaciuta fosse un evento impossibile, ma di certo non era abituato ad averla vinta su di lei così facilmente.
Si sentì spiazzato, mentre la osservava dare l’ennesimo morso al cioccolato.
«Ops!» esclamò d’un tratto la donna, gli occhi abbassati sul proprio costume. «Mi è caduto un pezzo sulla stoffa! Accidenti, devo mettere subito il costume a lavare!» Afferrò la lunga cerniera che dal collo scendeva fino all’addome e fece per aprirla.
«Stupida» le disse lui, facendola bloccare. «So benissimo che l’hai fatto apposta.»
Bulma arrossì di colpo. «Eh?!» esclamò. «Ma no, Vegeta, cosa ti salta in mente? Io adoro questo vestito!»
«Ma adori ancora di più l’idea di avere un pretesto per togliertelo mentre sei seduta sulle mie gambe.» Vegeta distolse lo sguardo. «Sei diventata prevedibile.»
«Beh, insomma, ecco… e se anche fosse?» ribatté lei. «Vuoi farmi credere che a te dispiace?»
Lui la fissò di sbieco. «Sai una cosa, Bulma?» Si bloccò, studiando la sua espressione sorpresa. «Inizio a credere che ci sia un motivo per cui stasera non sei stata tu a vestirti da strega.»
La donna si portò le mani ai fianchi. «Oh, ma certo! Adesso inizi, eh? La vera strega sono io, giusto? È questo che vuoi dirmi? Beh, mi dispiace, ma l’abito da gatta mi stava meglio, quindi mi devi accettare così.»
«Tsk, non dire assurdità» disse lui, e abbassò le pupille sulla scultura a cavallo della scopa a cui mancavano il naso e le braccia. «Sbaglio o ti innervosisce sapere di assomigliare a lei?»
Bulma seguì il suo sguardo, e s’infiammò. «Ma come osi?!» sbottò, poi sussultò, bloccandosi di colpo. Il suo viso si fece pallido, e allungò le mani sulle proprie guance iniziando a tastarsele. «S-sono invecchiata? È questo che stai cercando di dirmi?»
Vegeta si esibì in un ghigno. «Non mi pare che tu l’abbia mai negato.»
La donna sussultò di nuovo, il volto color cadavere. «Dunque è così» mormorò. «L’ultima gravidanza mi ha reso meno attraente, in più mi stanno comparendo sempre più rughe. Ho anche più cellulite di prima, e ho preso almeno tre chili negli ultimi mesi!» La donna fissò il cioccolato che aveva in mano. «Oh, ma cosa sto facendo! Così diventerò un elefante!»
L’uomo la fissò in silenzio.
«Vegeta, dimmi qualcosa!» Bulma si aggrappò alle sue spalle e lo tirò per la canottiera. «Non ti piaccio più? Sono diventata troppo vecchia? È per questo che non vuoi che mi spogli? Mi trovi rivoltante?»
Vegeta incrociò i suoi occhi azzurri, poi avvicinò il capo al suo. Si bloccò a pochi centimetri dal suo viso, poi le afferrò la mano in cui teneva il cioccolato. «Credo di aver vinto qualcosa» le disse, e si infilò in bocca l’intero pezzo.
Bulma sbatté le palpebre. «Eh?»
Lui si esibì in un ghigno. «Ti ho terrorizzata a morte, no?»
La donna s’irrigidì un istante, poi tornò a infiammarsi. «Razza di stronzo!» esclamò, e iniziò a tempestarlo di pugni sul petto. «Non devi scherzare su queste cose! Come ti sei permesso di prenderti gioco di me in questo modo?!»
«Senti chi parla» disse lui, e tornò a incrociare le braccia, immune a quei colpi.
«Ma io ti avevo chiesto scusa!» continuò lei, senza fermarsi. «E poi io ti ho spaventato su qualcosa che non dovrebbe far paura a nessuno!»
Vegeta le bloccò i polsi. «Perché, assomigliare a una strega ti sembra qualcosa per cui provare terrore puro?»
«Beh, ma tu sai benissimo quanto ci tengo al mio aspetto! E poi…» Si bloccò, mordendosi il labbro, e abbassò lo sguardo su un punto vuoto. «Voglio continuare a piacerti, stupido. Io invecchio più velocemente di te, quindi ho sempre paura di non essere più attraente ai tuoi occhi. È questo che mi spaventa del mio fisico, molto di più della semplice vanità.»
Lui inarcò un sopracciglio. «Beh, te la sei cercata. E ora, coraggio, dammi il cioccolato che mi spetta in premio.»
Bulma cercò di muovere un braccio per raggiungere la strega ai suoi piedi, ma il saiyan mantenne la presa sui suoi polsi.
«Non ti ho detto di spostarti» le disse. «Dammi il cioccolato che hai già con te.»
Lei aprì i palmi delle mani bloccate, poi sbatté le palpebre. «Ma non ne ho più. L’hai mangiato tutto.»
«Non fare la finta tonta.»
Lei lo fissò. «No, davvero, stavolta proprio non capisco. Si può sapere di che…?»
Vegeta si attaccò alla sua bocca, impedendole di finire la frase.
E succhiò le macchie dolci che le erano rimaste sulle labbra e sul mento, convincendosi che in fondo lo stava facendo solo per il cioccolato, perché lui era pur sempre il principe dei saiyan, e quello era il cibo che gli spettava per aver vinto la battaglia.
«Devo dedurre che ti piaccio ancora?» mormorò la donna.
Lui le afferrò la cerniera del costume e la tirò giù con un gesto deciso. «Devi dedurre che è meglio se chiudi il becco» rispose, e le sfilò il vestito facendo uscire le spalle nude.
Lei si sistemò a cavalcioni su di lui, poi fece uscire le proprie braccia dalle maniche.
Vegeta si sfilò la canottiera, poi afferrò il retro del reggiseno di Bulma e lo strappò.
La donna avvicinò il bacino a quello dell’uomo. «Sai una cosa?» gli sussurrò, le labbra che si posavano sulla sua fronte. «Prima della festa, quando sono uscita di casa, ero convinta che questa sarebbe stata la notte di Halloween peggiore della mia vita.»
L’uomo le sfilò il reggiseno rotto. «E adesso?»
Bulma fece aderire il proprio petto al suo e gli morse un orecchio. «Adesso penso che sia la più bella.»
Il saiyan le prese le spalle e la costrinse a staccarsi, incrociando il suo sguardo. «Beh, è tutto qui il mio premio? Credo che la strega di cioccolato aspetti ancora di essere mangiata.»
La donna sbatté le palpebre, l’espressione confusa. «Adesso?»
«Già.»
Bulma inarcò un sopracciglio, continuando a fissarlo con perplessità, poi senza spostarsi allungò un braccio verso la scultura e le staccò una gamba. «Così va bene?» domandò, e avvicinò il piede finto alla bocca del del saiyan.
Lui ne prese un morso, poi sollevò il proprio braccio e le strappò di mano il resto del pezzo. «Mi piace questo cioccolato» disse, e un’energia calda scaturì sul suo palmo. Il dolce iniziò a sciogliersi. «Io sono il principe dei saiyan, e ai saiyan piace mangiare. È solo questo che mi interessa, mettitelo bene in testa.» Allungò la mano sul petto di Bulma, premendoci sopra il cioccolato caldo, poi fece scorrere le dita in alto e in basso, spalmandolo sul seno, sulle spalle, sul collo, fino al viso.
Lei sorrise. «È un pasto un po’ alternativo, a quanto pare.»
Vegeta si avventò sulla sua pelle, la lingua che iniziava a nutrirsi del proprio dolce. «Io ho vinto la strega di cioccolato» mormorò. «E la voglio. La voglio adesso.»
Bulma strinse le braccia attorno al suo collo. «Anche se è una strega che con il passare del tempo potrebbe scadere?»
Vegeta risalì sulla sua spalla. «I saiyan non danno peso a certe assurdità. Una strega di cioccolato resta una strega di cioccolato.»
La donna si avvicinò al suo orecchio. «Quindi ti piacerà anche domani?»
Vegeta arrivò al suo mento, il sapore dolce che gli riempiva il palato. «Sì.»
«E tra una settimana?»
Il saiyan le leccò la guancia. «Sì.»
«E tra un anno?» domandò lei, e si strusciò contro il suo bacino.
Vegeta fremette, poi scese con la bocca sul suo seno. «Sempre» farfugliò, le dita che scorrevano sulla sua schiena. «Mi piacerà sempre, Bulma.»
 
 

FINE

 

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Nota finale: lilly81 ha il diritto di reclamare i diritti sul fotomontaggio di Bulma e sulla presenza di foto della scienziata sul pc. XD Andatevi a leggere le sue storie e capirete. ^^
Scherzi a parte, è solo un piccolo "cameo", spero che non sia interpretato come un tentativo di plagio (saranno le mie solite pare mentali, ma mi piace chiarire sempre tutto su queste cose ^^).

Altre mie storie di genere simile sono "Scientist of the Year", "Solitudine", "Scommettiamo?", "Uguale" e le più comiche "What a powerful bra" e "Degna di un saiyan". Gradisco sempre molto le recensioni, anche a distanza di tempo. :)

Alla prossima! ^_^

 

  
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