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Autore: Unintended    16/05/2007    2 recensioni
[...]“Mocciosus, se proprio vuoi divertirti, perché domani notte non vai al Platano Picchiatore e schiacci quel nodo nascosto fra i rami?”[...] Una breve One-Shot senza pretese che racconta di un episodio particolare che ha per protagonista Severus Piton. Sono gradite le recensioni, di qualsiasi tipo.
Genere: Generale, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Debt of Gratitude

Ennesima e alquanto futile discussione con Sirius Black e per l’ennesima volta l’argomento del discorso era ricaduto su Remus Lupin.

Era da parecchio tempo che il brillante ma schivo Severus Piton sospettava che il popolare gruppo di sciocchi Grifondoro nascondesse qualcosa di grosso, eppure non era ancora riuscito ad accumulare indizi necessari per poterli smascherare.

Ma quel pomeriggio, in uno dei Corridoi del Sesto Piano, si era pericolosamente avvicinato alla soluzione del mistero.

“Mocciosus, se proprio vuoi divertirti, perché domani notte non vai al Platano Picchiatore e schiacci quel nodo nascosto fra i rami?”

Severus sapeva perfettamente che la maggior parte delle frasi che uscivano dalla bocca del rampollo di Casa Black non erano altro che insulse fesserie, ma il fatto che fosse stato così preciso lo fece riflettere parecchio. Sarebbe stato impossibile, per uno come Black, inventarsi delle indicazioni così accurate nel giro di pochi secondi.

Dunque era lì che Potter, Black, Minus e Lupin, soprattutto Lupin, sgattaiolavano una volta al mese; gli mancava solamente di scoprire il motivo di quelle fughe notturne, ma avrebbe avuto la sua risposta il giorno successivo.

E così, finalmente, a causa di un errore di Black, che a quanto pare non riusciva a tenere a freno la lingua, avrebbe avuto la sua rivalsa sugli studenti che non avevano fatto altro che sottoporlo a continui tormenti già dal primo anno.

Molto più in fretta di quanto si potesse immaginare, giunse il nuovo giorno, e nella testa di Severus non facevano altro che ripetersi in continuazione le parole pronunciate da Black. Nulla servì a distrarre il Serpeverde, nemmeno la lezione di Pozioni con il vecchio Lumacorno, materia in cui il giovane eccelleva e che lo entusiasmava la maggior parte delle volte, ma quella mattina no. No, era troppo impegnato a pensare a cosa avrebbe fatto da lì a poche ore. Il piano non era complicato: sarebbe dovuto uscire dal Dormitorio dopo che tutti si fossero addormentati, avrebbe dovuto evitare il Custode e dirigersi verso il Platano Picchiatore, una volta giunto lì doveva evitare di farsi ammazzare da quel maledetto albero, cercare quel maledetto nodo di cui parlava Black e schiacciarlo, forse con un bastone sarebbe stato più semplice.

Era un ottimo mago, lui, ce l’avrebbe fatta senza troppi intoppi.

Per non destare sospetti in nessuno, quel pomeriggio, concluse le lezioni, si comportò esattamente come faceva sempre: andò verso i Sotterranei ed entrò nella Sala Comune e, sedendosi su una poltrona con le gambe incrociate, si mise a studiare, ignorando i compagni e i loro insulsi discorsi da immaturi.

Dopo cena tornò di corsa verso il Dormitorio di Serpeverde e indossò il pigiama liso sopra i vestiti, e si mise sotto le coperte, fingendo di dormire.

Quando vide che i suoi compagni erano già caduti tra le braccia di Morfeo, si tolse velocemente il pigiama, prese la bacchetta e tenendo le scarpe in mano, uscì in punta di piedi e silenziosamente arrivò sino al Salone d’Ingresso.

Adesso poco lo separava dal Platano Picchiatore, giusto qualche metro nei bui giardini della scuola. E se Black e i suoi stupidi amici gli avessero giocato solamente un brutto scherzo? E se Lupin non nascondesse nulla di inquietante? Immerso nei suoi pensieri per un istante pensò di abbandonare tutto e di ritornarsene a dormire, ma testardo com’era preferì andare avanti e concludere. Di qualunque cosa si fosse trattata, verità o semplice burla, lui l’avrebbe dovuto scoprire. Lui voleva assolutamente scoprirlo.

E così, stando attento a non far troppo rumore nell’aprire il portone che, stranamente, era aperto (i Grifondoro erano già passati di lì?), per la prima volta infranse una regola e uscì di nascosto dalla scuola. Se qualcuno l’avesse dovuto scoprire sarebbe stata la fine.

Appena messo fuori piede una ventata di aria gelida gli sferzò il viso giallino e smunto, scompigliandogli i capelli corvini. A grandi passi il Serpeverde percorse lo spazio che lo separava da quel dannato albero, bagnato solamente dalla luce bianca della Luna, che quella notte era piena e ben visibile nel cielo nero.

Il Platano Picchiatore era ad ormai pochi metri da lui, si mantenne tuttavia a debita distanza finché non trovo un bastone e così, si mise a cercare quel nodo, stando attendo a non farsi travolgere da un colpo violento assestatogli dalla pianta.

Quando finalmente riuscì ad individuarlo, con il viso sudato per la concentrazione, gli occhi piccoli e scuri come il fondo di un pozzo gli si illuminarono, la bocca aperta in un’espressione di muta sorpresa.

L’albero si era fermato. Completamente bloccato dopo che aveva schiacciato il nodo. Allora Black parlava sul serio! Era vicinissimo alla soluzione, e una sensazione di vittoria lo pervase, facendo in mondo che un ghigno soddisfatto gli increspasse le labbra sottili.

Troppo euforico per rendersene conto, Severus non si accorse subito della scura fessura che stava alle radici dell’albero, che ancora non aveva accennato a riprendere a menar frustate avanti e indietro, sferzando l’aria.

Quando la vide, però, il volto nuovamente illuminato, non riuscì a trattenere una debole risatina, e incurante di ciò che lo aspettava, si fiondò all’interno dello squarcio alle pendici dell’albero, acquistando un insolito coraggio.

Cadde con molta poca eleganza sul terreno coperto di foglie secche, picchiando il fondoschiena; si guardò attorno, si trovava in una specie di antro, particolarmente buio e freddo, si strinse nel mantello e si alzò in piedi.

Fece solo pochi passi quando sentì un rumore. Non era solo. Quel rumore, che aveva ricondotto ad un passo pesante, venne accompagnato da alcuni versi che assomigliavano a latrati di un cane molto grosso. Ma fu quando udì chiaramente un uggiolio seguito da un ululato che comprese che non si trattava di un cane, ma bensì di un lupo.

Ed eccolo, davanti a lui, un Remus Lupin non del tutto trasformato, con il corpo quasi interamente coperto da pelo scuro, striato, il volto allungato e con gli occhi piccoli e gialli.

A Severus bastarono solo pochi secondi per capire: Lupin era una Lupo Mannaro, e assieme ai suoi tre amici usciva durante le notti di luna piena e si trasformava in quel passaggio segreto che dal Platano Picchiatore portava alla Stamberga Strillante.

Se fosse uscito vivo da lì, probabilmente avrebbe atterrato Lupin con uno Schiantesimo, avrebbe rivelato il terribile segreto a tutti, così che il Grifondoro venisse espulso e lui avrebbe avuto la sua rivincita.

Il Mannaro guardò qualche istante in direzione di Piton, e poi, ringhiando, si avventò senza il minimo preavviso sul Serpeverde, il quale si sentì strattonato verso l’alto.

Severus Piton, ancora sotto shock, capì ciò che era successo solo dopo il colloquio avuto con il Preside Silente, nel quale aveva giurato di non far parola a nessuno di quanto aveva visto. Che decisione stupida!

Ma a salvarlo dal Lupo Mannaro era stato Potter, insopportabile quasi quanto Black, così pieno di sé da avere il costante bisogno di pavoneggiarsi, sempre occupato a correre dietro a Lily Evans o a giocherellare con quel suo stupido Boccino d’Oro.

Era lui a cui Severus Piton doveva un debito di gratitudine.

  
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