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Autore: _zia cla_    01/11/2012    4 recensioni
La leggenda di Jack o'lantern liberamente riletta e rivisitata in chiave Seblaine. Con la partecipazione straordinaria di Santana Lopez nel ruolo di Satana.
dal testo:
‘’Addio.’’ Disse atono, mentre gli dava le spalle e si incamminava verso il lato opposto del locale.
‘’Pensi che il destino che ti aspetti sia migliore dell’inferno, Smythe?’’
Sebastian si voltò, squadrandola, le sopracciglia aggrottate.
‘’Sei un peccatore della peggior specie Sebastian, nessuno vorrà la tua anima. Sarà costretta a vagare senza meta per l’eternità… Ricordatelo.’’ Detto ciò la donna in rosso sparì, esattamente come era venuta.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Smythe o’ lantern-
 
 
                                                                                                                                       

Quale dimora o luce può esserci per un’anima errante…

 
 
 
 
Andare in qualche bisca o in un pub, con la bisaccia sempre più povera e facilmente svuotabile, ordinare i soliti tre o quattro boccali di birra e giocarsi le poche monete rimaste ad una mano di poker. Erano le sole occupazioni di Sebastian Smythe, proprietario terriero in rovina.
Beh, quelle e farsi odiare da tutto il paese; non erano un mistero per nessuno i suoi metodi per ottenere ciò che voleva di più: inganni, minacce, imbrogli.
Era un uomo facoltoso inizialmente, aveva vinto le sue terre alle carte, grazie ad un asso nella manica, un vero asso… di picche, per l’esattezza.
 
La passione per il lusso, l’eccesso e per la bella vita, unita al fatto che fosse solo come un cane però, lo avevano portato a perdere tutti i suoi averi: casa, terreni, risparmi… Gli rimanevano solo i vestiti che indossava, pochi spiccioli e, già, una croce d’argento che gli aveva lasciato sua sorella prima di lasciarlo al suo destino.
 
 
La fissava mentre, tenendola dalla catenina, la faceva girare su se stessa, prima in un verso e poi nell’altro.
 
‘’Allora Smythe, cosa hai intenzione di fare? Rilanci o torni a casa?’’ un irlandese corpulento dai capelli rossi lo stava guardando spazientito, in mano un mazzo di carte.
 
Sebastian squadrò l’uomo di fronte a sé con i suoi glaciali occhi verdi.
‘’Non ho una casa dove tornare, ma tu dovresti saperlo bene dato che l’ho ceduta proprio a te qualche settimana fa…’’
 
‘’L’ho vinta regolarmente. Nessun americano sbarbatello può imbrogliare un irlandese, ricordalo.’’ Scoppiò a ridere e Sebastian non riuscì a trattenere un moto di disgusto nel notare la sua bocca ormai quasi senza denti e la sua pappagorgia unta che si agitava ad ogni rantolo.
‘’Allora, cosa hai ancora da giocarti, oltre gli stracci che hai addosso?’’
 
Sebastian fissò un’ultima volta la croce d’argento, prima di poggiarla bruscamente sul tavolo.
‘’E’ tutto quello che ho.’’
 
‘’Non se ne parla.’’
 
Sebastian aggrottò le sopracciglia a quelle parole, sorpreso.
‘’Come sarebbe?’’
 
‘’Non mi gioco a carte il Signore!’’ rispose brusco l’irlandese.
 
Sebastian esitò qualche secondo, poi scoppiò in una fragorosa risata.
‘’Non fare lo stupido, specie di leprecauno sovrappeso! E’ solo un pezzo d’argento!’’
 
‘’Per te forse, razza di miscredente.’’ L’uomo dai capelli rossi era piuttosto offeso.
 
Gli occhi di Sebastian si fecero due fessure, serrò la mascella e, con due dita, fece scivolare la croce verso l’uomo.
‘’Prendila come posta in gioco, buffone.’’
 
‘’No.’’ Fu l’ultima e risoluta risposta dell’altro giocatore.
 
Gli occhi di Sebastian avrebbero potuto fargli prendere fuoco, tanto erano pieni d’astio. Si alzò bruscamente senza curarsi della seggiola che cadeva a terra con un tonfo. Raccolse il suo medaglione dal ripiano del tavolo e uscì dalla bisca, naturalmente non senza aver mandato tutti al diavolo.
 
Attraversò il largo stradone ben deciso dove andare. Quando entrò nel pub deserto, data l’ora tarda, fu accolto dal familiare calore del fuoco emanato dal grande camino sul fondo del locale e dall’odore di legna bruciata misto a birra. Si diresse al bancone e ordinò da bere.
‘’Hai di che pagare?’’ il locandiere lo conosceva bene, anche se non sapeva il suo nome. Lo vedeva tutte le sere e ogni sera era sempre più a corto di quattrini.
‘’Certo, dammi una birra e sta zitto.’’
L’uomo al bancone lo squadrò titubante, poi si rivolse al garzone che stava pulendo i boccali e gli fece cenno di riempirne uno.
 
Sebastian fece saettare il suo sguardo sul ragazzo bruno che ora gli stava porgendo la pinta di birra. Erano mesi ormai che, tutte le sere, si recava in quel locale preciso. Conosceva quel brunetto dagli occhi color miele; occhi che ogni volta sembrava lo rimproverassero.
 
‘’Non giudicarmi.’’ Disse brusco Sebastian.
 
Gli occhi limpidi del garzone si fissarono sullo sguardo dell’altro.
‘’Non lo sto facendo.’’
 
Forse era vero, era però più facile accusare qualcun altro che cominciare a fare i conti con sé stesso.
Sbuffò stizzito e, prendendo la birra dal bancone, si alzò per andarsi a sedere ad uno dei tavoli.
Non voleva pensare al ragazzo con i capelli ricci, alla sua sorte, al suo comportamento. Non voleva pensare a niente. Voleva solo odiare il mondo liberamente.
 
Parecchie ore e birre più tardi, il mondo aveva cominciato a girare e la lucidità, se così si poteva chiamare, di Sebastian era decisamente venuta a mancare. Decisamente era riuscito in uno dei suoi intenti. Il solo pensare gli procurava fitte lancinanti alla testa.
Quasi non si accorse della mano che gli poggiava una ciotola fumante sotto il muso.
 
‘’Deve mangiare qualcosa, non si sopravvive bevendo esclusivamente birra.’’
 
Sebastian alzò lo sguardo verso il padrone della mano e riconobbe, a fatica, il garzone dagli occhi caldi.
 
‘’Non l’ho ordinata. Prendi iniziative da te, sguattero?!’’ la voce impastata dall’alcool risultò ancora  più sprezzante alle orecchie del ragazzo bruno, che aggrottò la fronte e fece per andarsene.
Sebastian lo bloccò giusto in tempo, prendendolo dal polso e sentendolo rabbrividire al suo tocco.
Il garzone sentì la forte presa dell’uomo biondo, ma nonostante ciò non ne ebbe paura, perché anche se decisa, la mano di Sebastian risultò essere calda e… gentile?!
 
‘’Lasciala qui.’’ Disse, indicando con il capo la ciotola. Non disse grazie, tanto avrebbe dovuto pagare anche quella. Guardò gli occhi e il viso del bruno un’ultima volta prima di cacciarlo via.
 
Lo seguì di sottecchi mentre si allontanava, poi rivolse la sua attenzione alla ciotola di zuppa.
‘’Cosa dovrei fare adesso con te?!’’- attese, forse immaginando un’improbabile risposta da parte dell’alimento- ‘’Ok, se proprio insisti…’’ E cominciò a mangiare avidamente. Non poteva vedere che il giovane alle sue spalle lo stava osservando, sorridendo.
 
Quando ebbe ripulito il piatto si sentiva meglio, aveva riacquistato un po’ della sua lucidità e anche la sete era diminuita. Ordinò ugualmente un’ultima birra, giusto per concludere la serata.
 
‘’Ubriaconi, siete decisamente i miei preferiti… Così deboli!’’
 
Sebastian si guardò intorno, non capendo da dove fosse arrivata quella voce, si voltò verso i due uomini al bancone ma non potevano essere loro, la voce che aveva sentito era quella di una donna.
 
Si alzò e fece vagare ancora lo sguardo, quando la vide, seduta al tavolo nell’angolo cieco del pub, nell’ombra: una donna con lunghi capelli scuri, la carnagione olivastra, vestita di rosso. Le si avvicinò ancora finchè non arrivò al suo tavolo. La vide fargli cenno di accomodarsi.
 
La guardò confuso, sedendosi titubante. Da dove era saltata fuori?!
 
‘’Gli usci non sono le uniche vie di accesso, esistono anche altre… porte.’’
 
Ma che diavolo?!
‘’Chi sei?’’ chiese cauto Sebastian.
 
‘’Ho molti nomi, ma al momento non te ne interessa nessuno.’’ Disse la donna con un sorriso tagliente.
 
‘’Sei una donna decisamente strana… Sei umana, vero?’’ chiese Sebastian, ridendo.
 
La donna scoppiò a ridere, una risata tetra, vagamente inquietante.
‘’Non direi…’’
 
Il sorriso di Sebastian si spense a quelle parole. La guardò mentre si alzava dalla sedia e si avvicinava a lui, si posizionò tra le sue gambe, mentre il suo volto si fece sempre più vicino.
‘’Ho una proposta da farti.’’
 
‘’Perdonami, non sei decisamente il mio tipo.’’ Ghignò Sebastian.
 
‘’Oh, che sbadata…’’ disse la donna mentre gli carezzava i capelli con le dita, partendo dalla fronte fino ad arrivare alla nuca. Sebastian guardò i suoi occhi che gradualmente da scuri e profondi, divennero chiari e luminosi… caldi come il miele.
‘’Probabilmente preferiresti lui, non è vero?’’
 
Sebastian sgranò gli occhi a quella visione; davanti ai suoi occhi non c’era più la donna dalla carnagione olivastra ma un uomo bellissimo. Un uomo dai ricci scuri e uno sguardo genuino.
‘’Posso dartelo, Sebastian… Posso darti qualsiasi cosa…’’ disse l’altro con voce suadente.
 
Il biondo non potè trattenere un gemito, quando sentì il suo alito sulle labbra e la sua gamba sfiorargli pericolosamente il cavallo. Non resistette, lo prese dai fianchi e cercò di avvicinarlo a lui, ma questi sgusciò via.
Quando si fu riseduto aveva ripreso le sembianze della donna.
‘’Non do nulla per niente io. Do ut des.’’
 
‘’Cosa vuoi da me? Non ho niente.’’
 
‘’La tua anima.’’
 
Sebastian scoppiò in una risata sonora, piena di sarcasmo.
‘’L’hanno sempre detto che Satana è una bellissima donna vestita di rosso. Devo dire però, che mi aspettavo più da te, non pretenderai che ceda la mia anima per una scopata occasionale?!’’
 
‘’Come ti dicevo, posso darti qualsiasi cosa. Non solo lui, molti altri. Posso ridarti le tue terre, la tua casa, oro, montagne di oro. Posso farti avere il dominio totale su questa città; far si che ti rispettino e ti temino…’’ esitò un istante, in modo da far assimilare il tutto al suo interlocutore.
 
Sebastian la guardò con interesse, impaziente di sentire il seguito.
‘’Potrai vendicarti di tutti quelli che ti hanno bistrattato negli ultimi tempi, di quelli che ti hanno portato via tutto quello che avevi.’’
 
Gli occhi di Sebastian erano pieni di ingordigia. Avrebbe potuto vivere nuovamente una vita di sfarzi, sarebbe stato il padrone assoluto della città, sarebbe stato un uomo libero… già, libero.
 
‘’La mia anima… Come funziona, sottoscriverei una specie di contratto?’’ chiese meditabondo.
 
Sul viso della donna si allargò un sorriso compiaciuto.
‘’Per far si che il patto sia suggellato devi solo stringermi la mano.’’
 
‘’E avrai potere sulla mia anima, non è una cosa allettante.’’ Constatò il biondo, mettendosi le mani in tasca.
 
‘’Ma in cambio io ti do pieno potere sulla tua vita sulla terra…’’ Satana sorrise invitante, allungandogli la mano destra.
Sebastian la guardò per qualche istante, come indeciso sul da farsi.
‘’Affare fatto.’’
 
Cacciò le mani dalle tasche e le strinse la mano tesa.
Un ghigno gli comparve sul volto quando vide che l’espressione compiaciuta di Satana si trasformò improvvisamente in una smorfia di dolore misto a confusione.
Tra le loro due mani c’era la croce d’argento che, oltre a bruciare la pelle delle mani di quell’essere, non le permetteva di staccarsi dalla presa di Sebastian. Provò a strattonare il braccio, inutilmente.
 
‘’Figlio di…’’ ringhiò la donna.
 
‘’Shh… Non sono parole adatte ad una signora.’’ Rise Sebastian. ‘’Ti lascerò andare a condizione che tu mi lasci stare, non tornerai più a rivendicare la mia anima. Mai.’’
 
‘’Attento, nessuno contratta con il diavolo!’’ lo minacciò
 
Sebastian l’attirò a sé con uno strattone e le cinse la vita, stringendola con rabbia.
‘’Non sei nelle condizioni per rifiutare.’’
 
Satana esitò un momento guardando l’uomo davanti a sé con odio vero.
‘’E sia.’’
 
Sebastian si accertò delle sue parole stringendo un po’ di più la presa prima di lasciare andare la mano.
 
‘’Addio.’’ Disse atono, mentre gli dava le spalle e si incamminava verso il lato opposto del locale.
 
‘’Pensi che il destino che ti aspetti sia migliore dell’inferno, Smythe?’’
 
Sebastian si voltò, squadrandola, le sopracciglia aggrottate.
‘’Sei un peccatore della peggior specie Sebastian, nessuno vorrà la tua anima. Sarà costretta a vagare senza meta per l’eternità… Ricordatelo.’’ Detto ciò la donna in rosso sparì, esattamente come era venuta.
 
Sebastian rimase pietrificato al suo posto, meditando su quello che gli aveva detto Satana. Anche se non aveva stretto alcun patto con il diavolo, la sua anima era comunque maledetta. Avrebbe continuato a vagare per l’eternità. Nella morte come nella vita.
Guardò la croce che aveva ancora in mano, la mise al collo e si diresse verso il bancone per pagare il suo conto così da tornare… dove?
 
‘’Quanto ti devo?’’ disse in uno sbuffo.
 
‘’Il suo conto è stato già pagato.’’ Gli grugnì l’oste, al quale era chiaro non fosse molto simpatico.
 
‘’Da chi?’’ chiese stupito Sebastian.
L’oste lo guardò per qualche minuto senza dire nulla, poi sbuffò.
‘’… Non capirò mai quel ragazzo!’’
 
Sebastian non capì inizialmente di chi stesse parlando, poi improvvisamente capì.
‘’Dov’è?’’ chiese all’uomo.
 
‘’L’ho mandato a casa, è uscito poco fa.’’
 
Sebastian si ritrovò a correre in strada, alla ricerca di quel ragazzo. Non capiva perché avesse pagato il suo conto o perché fosse stato così premuroso con lui quella notte. Nessuno lo era mai stato. Ma non voleva la pietà di nessuno, non l’avrebbe mai accettata, neanche da lui.
Lo vide camminare all’angolo della strada, gli corse dietro e quando fu a pochi metri da lui ebbe l’istinto di chiamarlo, si accorse solo in quel momento di non sapere il suo nome.
 
‘’Ehi!’’ gli urlò dietro.
 
Il moro si voltò, un’espressione stupita sul volto.
‘’Cos-‘’
 
‘’Non ho bisogno della tua pietà, tieni!’’ gli disse brusco, tendendogli il suo medaglione. ‘’Dovrebbe bastare a pagare tutto.’’
 
Il ragazzo lo guardò serio, per poi abbassare lo sguardo.
‘’Tienila. Non l’ho fatto per pietà…’’
 
‘’Perchè allora?’’ chiese stranito Sebastian.
 
‘’Perché sei una persona sola, che non ha bisogno della pena degli altri ma… di qualcos’altro.’’
 
Sebastian lo guardò in silenzio. Era bellissimo, i suoi occhi brillavano di una luce mai vista e i suoi lineamenti erano accarezzati dai fiochi raggi lunari.
 
‘’Grazie.’’ Disse semplicemente. Si accorse che era la prima volta che pronunciava quella parola e ne fu stupito.
‘’Dove stai andando?’’ chiese il moro.
 
‘’Da nessuna parte, immagino mi cercherò una stalla dove dormire.’’
 
‘’Non è un bel programma… …C-che ne diresti invece di una casa, un camino e una stanza illuminata?’’ propose timidamente il piccolo ragazzo.
 
Sebastian gli sorrise incredulo, gli stava offrendo una dimora. Non lo conosceva, eppure lo stava facendo.
‘’Qual è il tuo nome?’’
 
‘’Blaine… il tuo?’’
 
Sebastian dischiuse le labbra per rispondere ma tacque. In presenza di Blaine non si sentiva più lo stesso, non sarebbe stato più lo stesso.
‘’Quello che preferisci…’’ sorrise.
 
‘’Mm… Occhi verdi?!’’  rise Blaine, un po’ confuso.
 
Sebastian scoppiò a ridere leggero.
‘’Può andare.’’
 
 
Cominciarono a camminare insieme, fianco a fianco. Mentre percorreva la strada che li avrebbe condotti alla casa di Blaine, Sebastian non potè non percepire il calore che emanava il corpo compatto del moro. Lo guardò per tutto il tragitto, seguendolo come se fosse una lanterna che gli mostrava la via.
Quando arrivarono alla dimora, Sebastian si arrestò all’ingresso. Blaine si voltò verso di lui con fare interrogativo. Notò la sua espressione colpevole, come se non fosse meritevole di tutto quello. Gli sorrise, rassicurandolo e lo prese per mano.
Fu quando sentì la pelle morbida della mano di Blaine a contatto con la sua, quando incontro il suo sguardo dolce, nel quale sarebbe potuto annegare, che capì: Blaine gli avrebbe salvato l’anima.    









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Angolo della _zia_

Non chiedetemi cosa mi sono fumata! Non lo so, penso che i vapori tossici del macchinario che utilizzo a lavoro stiano sortendo i loro effetti.
Medivial, celtico, occulto... Ma che cavolo ho scritto?! Vabbè prendetelo così com'è, pieno di errori (non è stato betato) e con una trama un po' strana... Sì, decisamente... Ok, beh grazie a tutti voi che avete avuto il coraggio di leggerla e a quelli che vorranno lasciare un commento... Sono le 02.28, vado a dormire... Ciao a tutti, un bacione! ZzZzZ...
  
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