È solo questo: il bacio d'una ragazza.
Lei è bianca e splendida, si china su di te dal cielo. È un fiore di loto al contrario: non affonda le radici nel fango, ma nelle nuvole. È pasta di felicità, dolcezza.
Ti bacia come chi ti ama, chiudendoti gli occhi, cogliendoti il viso tra le mani, e tu ti abbandoni a quelle labbra con la stessa naturalezza con cui assecondi l'istinto sincero della sete. Sei terra e errori (e guarda: sono proprio quegli sbagli appiccicosi a fare da collante e a tenerti insieme), lei invece sembra acqua, pianto infinito di bestia, linfa di pianta.
Non pesa niente, non lascia macchie.
Potresti stringerla per sempre e non scacciarla: non t'abbandonerebbe mai.
Potresti arrenderti al suono segreto della bocca, della lingua: non avresti altri pensieri.
Eppure ogni tanto vuoi aprire gli occhi, e le cose che vedi sono terribili, e arrivano tutte dall'alto, gettate come ancore dal paradiso. Allora pensi al cordone ombelicale che lega anche lei al cielo, viscido e carnoso e orribile.
Ti ripugna e piangi, ma torni sempre a baciarla, a farti mangiare.