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Autore: cranberry sauce    01/11/2012    5 recensioni
Dopo mesi passati tra una città e l’altra senza mai vederne davvero nessuna, intrappolati com’erano nelle loro camere d’albergo, erano finalmente riusciti a trovare la scappatoia perfetta: Halloween. [...] Se per quella notte anche ai morti veniva concesso il privilegio di camminare sulla Terra e confondersi con i vivi, questo non sarebbe stato di certo negato ai Beatles. Ma la bolla nella quale si erano adagiati, sicuri del loro infallibile piano, era appena scoppiata.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon , Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Halloween '64

Pairing: John/Paul (ma è solo vagamente accennato, per me sempre sottinteso)
Note: è da tantissimo tempo che non vengo su EFP e non scrivo una ff. Ho avuto in mente un trilione di progetti per Halloween, ma ieri me ne sono uscita con questa e, dato che sono abbastanza contenta di come sia venuta fuori, ho deciso di pubblicarla c: Sperando che almeno questa, visto il periodo dell'anno, non sia mostruosa.
Disclaimer: non mi appartiene nessuno, non è mai successo niente di tutto ciò, non ci guadagno un eurino blablabla



“È oggi”, disse Paul improvvisamente, lo sguardo tutt’a un tratto vuoto e distante.
Sebbene il suo fosse stato poco più di un sussurro, John non poteva che averlo sentito in quel silenzio irreale. Bloccatosi nel gesto di indossare il cappotto, si voltò lentamente. 
Paul aveva abbandonato la sciarpa sul letto e vi si era seduto, ma John non era in grado di decifrare la sua espressione perché aveva abbassato la testa e i capelli ricadevano scompostamente, nascondendogli il viso e facendolo sembrare più che mai un bambino in attesa di essere sgridato.
“È oggi che è morta”, mormorò sommessamente. “E io me ne sono dimenticato”
John sospirò. Dopo mesi passati tra una città e l’altra senza mai vederne davvero nessuna, intrappolati com’erano nelle loro camere d’albergo, erano finalmente riusciti a trovare la scappatoia perfetta: Halloween. In mezzo a un esercito di zombi, vampiri e mostri alieni, nessuno li avrebbe riconosciuti se anche loro si fossero travestiti, e per quanto Brian si fosse categoricamente rifiutato di appoggiarli in quella che lui riteneva una pazzia inutile, niente avrebbe potuto fermarli. Se per quella notte anche ai morti veniva concesso il privilegio di camminare sulla Terra e confondersi con i vivi, questo non sarebbe stato di certo negato ai Beatles. Ma la bolla nella quale si erano adagiati, sicuri del loro infallibile piano, era appena scoppiata.
Non che a John, a questo punto, importasse poi molto. Com’era possibile che se ne fossero scordati? Che se ne fossero scordati tutti? Che nessuno lo avesse messo minimamente in conto? Stupido. Stupido stupido stupido John.
Come aveva potuto dimenticarsene? Era o non era il migliore amico di Paul? Se c’era stato qualcosa in grado di farli avvicinare così tanto, aveva avuto modo di pensare amaramente più volte, era proprio la morte delle loro madri; li aveva resi in grado di parlare la stessa lingua, quella del dolore e della perdita e dei vuoti, oh, incolmabili vuoti!, e di capirsi senza parole, senza vie di mezzo. Paul non si dimenticava dell’anniversario della morte di Julia, mai. E quel giorno non aveva altro che sorrisi discreti e parole di conforto per John, mentre lui cos’aveva fatto? Se ne era dimenticato. Completamente, irrimediabilmente. 
In un moto di frustrazione, tirò un calcio ad un mucchio di lettere lì vicino, spargendole per tutta la stanza. Perchè cavolo non se ne era ricordato? Perché cavolo era una persona così pessima?
“Perché sono una persona così pessima?”, chiese Paul sollevando la testa, lo sguardo sempre lontano, perso tra i suoi pensieri nuvolosi. E non aveva ancora finito la frase che John si sentì gelare. 
La prospettiva che Paul potesse sentirsi anche solo un decimo di come si sentiva lui in quel momento era terribile, tanto terribile da far passare in secondo piano qualsiasi altra cosa che fino a qualche secondo prima era sembrata di vitale importanza. “Non sei pessimo”, rispose quasi automaticamente. 
“Mi sono dimenticato del suo anniversario. Che razza di figlio farebbe una cosa del genere?”, continuò imperterrito l’altro. Una lacrima, una sola, tremolò appena tra le sue ciglia scure per poi cadere, dolce come una carezza, sulla sua guancia. 
John avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi avvicinare e passargli una mano tra i capelli e abbracciarlo e piangere e dirgli che non era vero, che sarebbe passato tutto e che doveva essere felice perché se lo meritava, perché era un bravissimo amico e John, ecco, lui sì che sentiva di non meritarselo un amico così, il migliore amico di tutti i migliori amici nella storia dei migliori amici. Che come poteva credere di essere una pessima persona quando era la migliore che lui conoscesse? 
Ma qualsiasi cosa avrebbe voluto dirgli, di sicuro non l’avrebbe mai fatto. Non ne avrebbe mai avuto il coraggio. Non sarebbe mai riuscito a confessargli quello che sentiva senza che suonasse… beh, strano. E leggermente sbagliato. Sospirò un’altra volta e prese posto accanto all’amico. Timidamente, gli sfiorò la schiena con la mano, riuscendo a identificare in mezzo a quel gomitolo di sentimenti contrastanti che gli si agitava nel petto la sorpresa nel sentire Paul davvero lì, vero e vivo, che respirava e soffriva e oh, era impossibile che non si rendesse conto di quanto speciale fosse. 
“Fazzoletto?”, gli chiese sentendolo tirare su forte col naso. Il ragazzo annuì.
“Vedi di non insozzarmelo troppo che Mimi me ne ha fatti fare solo tre con le iniziali”
Paul ridacchiò e si voltò verso John. “Peccato, stavo per chiederti di tenerlo. Sai, così posso dire che una principessa l’ha fatto cadere e io l’ho raccolto e ora siamo legati da un amore imperituro”, disse Paul fingendo serietà.
“Ti direi anche di sì, ma non credo di essere ancora pronto per questo passo.”
John si beccò una spallata, uno ‘scemo’ e un sorriso che lo ricompensò sia dell’una che dell’altro.
“A dire il vero mi è passata la voglia di uscire, stasera”
“Mh, anche a me. Vado a dire agli altri che non se ne fa niente”, rispose John alzandosi dal letto e dirigendosi verso la porta. Stava per abbassare la maniglia quando la voce di Paul lo trattenne sulla soglia. “Ma poi torni, vero?”
John rise. “Dove vuoi che scappi senza di te?”, e con un ultimo sorriso sparì nel corridoio buio.
   
 
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