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Autore: LyraB    01/11/2012    2 recensioni
Se c'era una cosa che Maia odiava, quella era stare a scuola fino a tardi. Non contento, il destino aveva anche deciso che in quel freddissimo pomeriggio di novembre avrebbe anche dovuto piovere: i pomeriggi erano brevi e alle sei era buio come se fosse notte, le nuvole non facevano che appesantire l'atmosfera. Rannicchiata sotto l'unico pezzo di pensilina coperta da una specie di tettoia, Maia fissava con le sopracciglia aggrottate la strada luccicante di pioggia sperando di veder sopraggiungere l'autobus per poter tornare finalmente a casa, al caldo e all'asciutto.
Genere: Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pomeriggio di buio




Se c'era una cosa che Maia odiava, quella era stare a scuola fino a tardi. Già doveva rinchiudersi tra quelle quattro mura per cinque giorni alla settimana, sprecando ore ed ore dietro un banco scomo nel tentativo di imparare cose inutili... se poi ci si mettevano anche le lezioni supplementari di matematica era proprio a posto. Maia sapeva benissimo di aver bisogno di quelle lezioni, visto che per lei i numeri erano arabi di nome e di fatto, ma detestava rimanere al liceo anche al pomeriggio.

Non contento, il destino aveva anche deciso che in quel freddissimo pomeriggio di novembre avrebbe anche dovuto piovere: i pomeriggi erano brevi e alle sei era buio come se fosse notte, le nuvole non facevano che appesantire l'atmosfera. Rannicchiata sotto l'unico pezzo di pensilina coperta da una specie di tettoia, Maia fissava con le sopracciglia aggrottate la strada luccicante di pioggia sperando di veder sopraggiungere l'autobus per poter tornare finalmente a casa, al caldo e all'asciutto.
La pioggia battente e l'aria tagliente aveva convinto tutti a rimanere a casa e la ragazzina era la sola a rabbrividire alla fermata dell'autobus a quell'ora di sera. Il silenzio era rotto solo dal ticchettio della pioggia e dal ronzio del lampione sopra di lei, che rompeva con un cono di luce gelida il buio che si allungava tra le case e i palazzi del quartiere periferico dove sorgeva il suo liceo. Maia non sapeva se quel silenzio spettrale le piaceva: l'assenza di qualunque essere umano la rassicurava, perchè nessuno poteva farle del male, ma avrebbe tanto voluto una vecchietta con la spesa o una mamma con la carrozzina ad aspettare l'autobus con lei.
L'apparizione all'orizzonte dell'autobus la fece sospirare di sollievo: una calda luce gialla splendeva attraverso i suoi finestrini e Maia era quasi certa che sarebbe stata seduta comoda, in un posto meno umido di quello e magari anche un po' più caldo.
Il mezzo si arrestò bruscamente alla fermata e il fischio dei freni la lasciò stordita; la porta si aprì esattamente davanti a lei e Maia salì, ancora un po' intontita dal rumore acuto della frenata. Il conducente rimise in moto nel momento in cui la ragazzina si lasciava cadere nel posto esattamente dietro di lui, vicino al finestrino. Uno sguardo veloce al resto dell'autobus le aveva fatto capire che era di nuovo sola soletta, ma se non altro c'era l'autista, a farle compagnia e ad accompagnarla finalmente a casa.
Appoggiò la testa al vetro e chiuse gli occhi, cercando di rilassarsi un po' e sentendo tutta la stanchezza della lunga giornata di scuola scenderle sulle palpebre.
Li riaprì un momento dopo, spaventata all'idea di addormentarsi e perdere la sua fermata: con la manica del giaccone tolse la patina appannata dal vetro e guardò la strada al di là del finestrino, ma non si vedeva nulla.
Il buio più completo regnava al di là del vetro e fu inutile mettersi con le mani a coppa attorno agli occhi per cercare di vedere qualcosa: né luci né esseri viventi davano segno di sè al di là dell'autobus. E dire che la strada da casa a scuola passava in mezzo al centro cittadino, non c'erano strade così periferiche da giustificare tutto quel buio.
Allarmata, si voltò verso il resto dei finestrini, ma l'intero mezzo era circondato dal buio.
I suoi occhi si posarono sugli ultimi sedili e sentì il cuore mancare un battito.
Un uomo era seduto, là dove prima non c'era nessuno.
Alto e magro, con un lungo cappotto nero logoro e le mani coperte di guanti di pelle scura. Aveva il viso avvolto da una sciarpa scura e l'unica cosa che si poteva distinguere del suo volto era lo scintillio dei suoi occhi nell'ombra del cappuccio.
Maia si alzò di scatto, vedendo che l'uomo l'aveva vista e la stava fissando anche se non si era mosso di un centimetro.
La sua figura nera e immobile, così diversa dagli interni chiari e dalla luce calda e luminosa dell'autobus, era impossibile da ignorare.
Alla disperata ricerca di qualcuno che la potesse rassicurare, Maia indietreggiò lentamente verso il conducente, sperando di poter ricevere un suo aiuto.
- Mi scusi... - Sussurrò, tenendo gli occhi fissi sull'uomo in fondo all'autobus, temendo di vederlo alzarsi e andare verso di lei.
L'autista non rispose.
- Mi scusi... - Tentò ancora Maia.
La mancanza di risposta da parte dell'uomo obbligò la ragazzina a rivolgere verso di lui la sua attenzione, sentendo il cuore fermarsi definitivamente.
Al volante non c'era un uomo, ma uno dei manichini dell'aula di disegno. Le mani di legno senza dita erano incastrate attorno al volante e quando l'uomo voltò il viso verso di lei il suo volto era un liscio ovale di legno privo di qualunque espressione.
Maia gridò, arretrando verso la porta.
Il suo grido riscosse dall'apatia l'uomo nero in fondo all'autobus, che si alzò in piedi, rivelando un'altezza così spropositata da sfiorare il soffitto con la testa.
Folle di terrore, Maia non riusciva nemmeno a pensare: l'autista continuava a guidare lungo quella strada tutta uguale, senza curve né semafori, senza luci né altre auto. Il mezzo viaggiava alla stessa identica velocità e senza svolte da quando erano partiti, nel buio più totale che regnava al di là dei vetri, buio che non veniva rotto nemmeno dai fari dell'autobus, spenti.
Maia vide l'uomo vestito di nero avvicinarsi a lei con gli occhi dilatati dallo spavento, incapace di dire o fare qualunque cosa, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla sua presenza.
Gli occhi dell'uomo scintillavano, l'autobus continuava la sua folle corsa e le luci iniziavano a ronzare e a calare di intensità, minacciando di rendere l'interno buio quanto l'esterno.
L'uomo tese una mano guantata verso Maia, e la ragazzina chiuse gli occhi, schiacciandosi contro la porta a vetri dietro di lei.
La mano dell'uomo si chiuse, ferrea e gelata, attorno alla sua spalla, con la forza di una morsa.
- Signorina! -
Nella nebbia del terrore, Maia si sentì chiamare.
- Signorina! -
Aprì gli occhi lentamente, cercando di mettere a fuoco il viso dell'uomo davanti a lei. Indossava una camicia azzurra e la fissava spazientito.
- Siamo al capolinea, deve scendere o non potrò ripartire! - Le disse, facendole cenno di alzarsi.
Confusa, Maia si guardò intorno: le luci dell'autobus erano accese e splendenti ad illuminare il mezzo era fermo contro il marciapiede. Al di là dei finestrini il paesaggio familiare del suo quartiere le riempì il cuore di sollievo: era stato uno solo un sogno, dovuto probabilmente alla fatica e al buio del pomeriggio.
Con un sorriso afferrò lo zaino e si precipitò giù dall'autobus, rendendosi conto che aveva anche smesso di piovere. Si incamminò allegramente verso casa senza accorgersi dell'uomo che la seguiva, solo un paio di passi dietro di lei.
Indossava un lungo cappotto nero e l'unica cosa che si poteva vedere del suo viso nascosto dal cappuccio era lo scintillio minaccioso dei suoi occhi.




















Era una vita che non scrivevo una one-shot! (:
Ho trovato questo contest sul forum di Narnia che frequento e mi sono detta "perchè no?"
Non sono molto brava nelle storie horror e mi rifiuto di metterci vampiri, zombie e cose sanguinolente,
così mi limito a rendere spaventosa una circostanza familiare come tornare a casa in autobus.
Spero di aver fatto un lavoro discreto, non ho mai scritto storie di questo genere!
Detto questo... buon Halloween (anche se un pochino in ritardo) a tutti!
Flora
   
 
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