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Autore: mikaela    01/11/2012    5 recensioni
Kurt ha subito un trauma e non parla più. odia il rumore, le parole e la musica, perché gli ricordano l'Orribile Giornata. quando la sua mente va a quei brutti ricordi, usa il metodo che gli ha consigliato la sua psicologa: pensa a dei bei ricordi, che lo rendono felice e che gli fanno dimenticare per un attimo quello che è successo.
quali saranno i bei ricordi a cui si aggrappa Kurt?
"I pensieri sul suo vicino di casa si accavallarono uno sull’altro, e Kurt usò la tecnica della psicologa per calmarsi.
Ricordò quando gli Anderson si trasferirono la prima volta a Lima, un anno fa. Era un fenomeno curioso, visto che dal punto di vista di Kurt bisognava essere pazzi per abitare in quella città di spontanea volontà.
Ma quando aveva visto quella folta chioma di capelli ricci, aveva ringraziato che esistesse qualcuno di così pazzo."
Ispirata alla canzone di Taylor Swft "you belong with me" e al relativo video, con un'aggiunta di angst.
buona lettura!
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Klaine belong with each other'
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You Belong with Me

 

 

Kurt amava il silenzio. Il silenzio era rassicurante. Il silenzio lo aiutava a dimenticare quell’orrenda giornata piena di rumori, che aveva segnato per sempre la sua vita.
Per questo non parlava. Mai. Parlare era brutto. Parlare significava riportare la mente all’ultima volta che lo aveva fatto, e lui non voleva. E parlare significava raccontare a suo padre quello che era successo, e non era pronto nemmeno per quello.
Così si era costruito un muro di silenzio, che lo tenesse lontano da tutte le orrende parole che lo facevano stare male, lontano dai ricordi, e lontano da se stesso.
Odiava la scuola. Era troppo piena di rumori, di parole, di ragazzi che usavano la bocca solo per sparare frasi d’odio verso di lui. Prima forse, Kurt avrebbe ignorato quelle frasi e sarebbe andato avanti a testa alta. Ma adesso quelle parole lo riportavano a quella orribile giornata, facendogli venir voglia di vomitare.

Kurt non era sempre stato così. Prima era un ragazzo normale, in basso alla scala sociale, con qualche granita al lampone tirata in faccia, ma nel complesso un ragazzo felice. Perché aveva le tre cose che amava di più al mondo: i suo padre, il glee club e la musica.

Non urlare, stupida ragazzina, tanto nessuno ti verrà a salvare. Quelli come te non meritano di essere salvati.

A volte, quando i pensieri nella sua testa sono troppo confusi o diventano spiacevoli, fa come gli ha detto la psicologa: pensa al suo glee club. Ricorda i tempi in cui andava in giro con dei ponci colorati, scarpe alla moda e cappellini eccentrici. Ricorda quando i suoi compagni, anzi che prenderlo in giro, scherzavano un po’ con lui e lo ammiravano per la sua originalità. Vede  Rachel lo fulmina con lo sguardo, quando ottenie più attenzioni di lei,  Mercedes che lo costringe ad andare a fare shopping con lei o Brittany che gli chiede se quella è l’ultima moda tra gli unicorni.
Però arriva sempre quel momento in cui deve interrompere prepotentemente i ricordi, perché arriva sempre il momento in cui si ricorda di Brad, il pianista, che suona le prime note di una canzone, e si deve costringere a scacciare il ricordo prima che qualcuno inizi a cantare.
Perché le canzoni sono piene di parole, e lui odia le parole. Odia le canzoni, e odia non poter stare nel glee club.

Mercedes aveva tentato più volte di portarlo nell’aula canto, perché sperava che stare li lo avrebbe aiutato a superare il trauma e tornare a parlare. Aveva chiesto a Puck di portarcelo di peso, ma una volta entrato nell’aula, Kurt aveva urlato con tutto il fiato che aveva in corpo. Era stato il primo suono che aveva emesso dall’orribile giornata.

In quel momento Kurt era sdraiato sul suo letto, con le braccia distese sui fianchi e lo sguardo rivolto al soffitto. Attualmente la sua camera era la soffitta, la stanza più silenziosa della casa. Nella sua vecchia camera, al piano di sotto, non poteva più dormire, c’era troppo rumore.
La soffitta era uno spazio grande, un po’ consumato e trascurato, ma con il tocco di Kurt era più accogliente. Il suo letto da una piazza e mezzo poggiava su una delle quattro pareti. Alla destra del letto aveva una grande finestra che dava sulla casa accanto alla loro, mentre sulla sinistra c’era la cassettiera, che un tempo usava per i suoi trattamenti alla pelle, e la porta. Di fronte al letto aveva il suo grande armadio e una scrivania nell’angolo, che non usava mai poiché preferiva studiare sul letto.
Gli piaceva la sua nuova camera, li è al sicuro. Suo padre aveva il divieto di salire, tranne nei casi di emergenza, e nessuno lo veniva mai a disturbare.
Ma c’era un altro motivo per cui Kurt adorava la sua nuova camera. E dalla luce che proveniva dalla casa accanto alla sua poteva capire che era appena arrivato a casa.
I pensieri sul suo vicino di casa si accavallarono uno sull’altro, e Kurt usò la tecnica della psicologa per calmarsi.
Ricordò quando gli Anderson si trasferirono la prima volta a Lima, un anno fa. Era un fenomeno curioso, visto che dal punto di vista di Kurt bisognava essere pazzi per abitare in quella città di spontanea volontà.
Ma quando aveva visto quella folta chioma di capelli ricci, aveva ringraziato che esistesse qualcuno di così pazzo.

Ricordò quando aveva pensato che il figlio degli Anderson, Blaine fosse speciale. L’aveva intuito dalle fossette che si formavano sulle guance quando sorrideva, dal suo essere perennemente allegro, e dai suoi occhi dolci. Kurt non l’aveva mai visto da vicino, troppo timido per andare da lui e fare amicizia, ma immaginava che i suoi occhi fossero nocciola scuro. O chiaro.

Tuttavia, quando concentrava i pensieri su Blaine, il metodo della dottoressa non aveva intoppi. Kurt non interrompeva mai i ricordi che ha di Blaine, troppi per un ragazzo che non conosceva nemmeno di persona.
E la cosa più curiosa di questi ricordi era che buona parte sono del vicino di casa che cantava. Che apriva un poco la finestra della sua camera e si esibiva in assoli di Katy Perry e di lui che, al piano di sotto, apriva di nascosto la finestra per far entrare un poco di quella musica in camera sua.
Era rimasto sorpreso quando si era reso conto che ricordare Blaine che cantava non lo faceva stare male, ma lo tranquillizzava.
Da quando l’aveva capito, aveva la finestra della soffitta quasi sempre aperta così quando il vicino di casa cantava, lui lo poteva sentire e, trovandosi entrambi allo stesso piano, la musica arrivava più chiara alle sue orecchie.
Kurt non si era mai preoccupato del fatto che Blaine potesse vederlo da camera sua, perché semplicemente non credeva che lo avesse mai notato.

Quando percepì la luce della camera di Blane accendersi, si voltò verso la finestra con un grande sorriso. Fu sorpreso di non vedere il solito ragazzo allegro e spensierato, ma uno arrabbiato che urlava al telefono. Kurt ebbe un forte capogiro, perché la casa era abbastanza vicina da far sentire le urla di Blaine. E Kurt odiava le urla, quanto le parole.
saltò giù dal letto e chiuse la finestra, rischiando di inciampare sulla borsa che aveva abbandonato accanto al letto.
Si accasciò contro la parete sotto la finestra e mise la testa tra le mani.

Brutto Frocio di Merda. Non meriti di vivere. Persone come voi non devono esistere.
Tutta colpa di tua madre che ti ha fatto nascere.

Non si era accorto delle lacrime che avevano iniziato a scendere, finchè non sentì qualcosa colpire la sua finestra. Spalancò gli occhi sorpreso, e rimase immobile. Quando di nuovo qualcosa colpì la sua finestra, capì di non esserselo immaginato.
Si pulì velocemente la faccia, e si alzò piano piano.
Blaine lo fissava con apprensione, dalla sua camera. –tutto okay?- gli chiese, a voce alta.
Kurt arrossì imbarazzato. Lo aveva visto? Aveva visto il terrore nei suoi occhi quando aveva chiuso la finestra?
Il ragazzo cercò velocemente il suo blocco di fogli tra i libri sul letto. Afferrò un pennarello grosso e scrisse qualcosa.

Tranquillo, sto bene

Sentì per l prima volta la risata di Blaine. Era così limpida dolce e perfetta, che Kurt sapeva che sarebbe stato il primo ricordo a cui aggrapparsi nella prossima crisi.
Lo vide cercare qualcosa in camera sua. Per suo grande dispiacere il ragazzo scomparve dalla sua visuale, ma tornò quasi subito con un blocco molto simile al suo.

Ti ho disturbato?

Aveva scritto sul foglio. Kurt sorrise. Per un attimo aveva avuto paura della solita insopportabile domanda “perché non parli?”.

No, figurati. Brutta giornata?

Si azzardò a chiedere.

Ho litigato con il mio ragazzo.

Mi dispiace, stai bene?

Si, grazie. penso di lasciarlo .

Kurt evitò accuratamente di lanciare un gridolino soddisfatto, e si affrettò a scrivere qualcos’altro sul suo foglio.

Sono contento di parlare con te

Ma quando si voltò verso la camera del suo vicino, le tende erano tirate.

 

˜--˜


Quella fu solo l’inizio di una serie di chiacchierate tramite “foglio”. Si parlavano così quasi tutte le sere, finché uno dei due non crollava dal sonno o doveva studiare.
Kurt si accorse, e come lui suo padre, che era felice per la prima volta da tanto tempo. Quella mattina si era perfino avvicinato al glee club, quando avevano finito le prove.
Entrò sorridente in camera sua, e sbirciò dalla finestra la camera del suo amico. Lo vide seduto con il blocco in mano che scriveva qualcosa. Kurt afferrò un vecchio tappino di penna, e lo lanciò contro la sua finestra, per chiamarlo.
Il riccio sussultò, poi gli regalò uno dei suoi meravigliosi sorrisi.

Che scrivevi?

Gli chiese Kurt curioso. Sapeva che quel blocchetto lo usava solo per parlare con lui.

Nulla di che. Pronto per il ballo di fine anno?

Non ci vado, non mi interessa.

Mentì Kurt. Non voleva dirgli che le chiacchiere e la musica sarebbero state troppo da sopportare per lui.

Peccato. Speravo che venissi.

Hummel sussultò, sorpreso da quello che aveva appena letto. Non sapeva che cosa rispondere, così scrisse la prima cosa che gli venne in mente.
Alzò lo sguardo e vide che Blaine se ne stava andando, dopo avergli fatto un cenno con la mano. Kurt rispose con un saluto e guardò curioso dove stesse andando.
Notò la decappottabile blu davanti a casa Anderson, guidata da un bel ragazzo. Blaine salì senza esitazione, e lo sconosciuto gli circondò le spalle con un braccio.
Kurt pianse sulla frase che aveva scritto.

I love you

 

˜--˜

Ormai era arrivata la sera del ballo. Kurt sapeva che Blaine non sarebbe andato con il suo ragazzo, che lo aveva mollato davanti a tutta la scuola sul campo da football, ma non poteva andare.
Blaine era in camera sua, bellissimo con quel gilè e il papillon nero, e pronto per andare.

Vieni sta sera?

Sapeva già la risposta, ma sperò comunque in un cambiamento di programma.

No, studio.

Vorrei che ci fossi.

Kurt gli sorrise malinconico, e attese che il ragazzo uscisse dalla camera, prima di buttarsi sul letto, sconsolato.
Lo sguardo cadde inevitabilmente sul vecchio foglio che aveva scritto giorni fa, e capì qual era la cosa giusta da fare.

 

˜--˜

La sala era piena di ragazzi che ballavano, urlavano per sovrastare la musica assordante e che si ubriacavano senza nessun freno.
Era il regno del caos e del rumore, quindi che ci faceva li vestito di tutto punto? Credeva forse che non sarebbe arrivata una nuova crisi pronta a colpirlo?

Schifoso bastardo, io odio i tipi come te. Dovreste finire tutti all’inferno!

Le gambe di Kurt tremarono, mentre gli occhi divennero lucidi e la vista annebbiata. La testa gli girava

Ti ucciderò, come merita ogni essere come te.

 I ricordi riaffioravano prepotentemente nella sua mente.

Sai cos’ho nella giaccia? Un coltello, e non vedo l’ora di scoprire quando deve scendere in profondo sulla tua carne prima di farti sanguinare.

 L’uomo che lo aveva colto di sorpresa mentre usciva da uno dei pochi bar gay della città, e lo aveva trascinato in quel magazzino buio.
La musica a palla che proveniva dal locale accanto, dove ragazzi come lui si stavano divertendo, ignari di ciò che accadeva a pochi passi da loro.

NON URLARE CHECCA ISTERICA, LE PERSONE COME TE MERITANO SOLO DI SOFFRIRE!

Non era più al ballo, era di nuovo in quel magazzino, con quel pazzo omofobo fuggito dalla prigione di Columbus, che lo aveva preso di mira senza un perché.

Delle braccia lo afferrarono e lui si dimenò, convinto di trovarsi nel magazzino con l’uomo che gli aveva lasciato quelle cicatrici sia nella pelle, che nella testa.
Solo quando lo chiamò ripetutamente per nome, si accorse che non era più nel magazzino, e che quello era Blaine.
Gli lanciò uno sguardo supplichevole, e il riccio lo portò fuori dalla sala, incurante degli sguardi dei suoi compagni, o dell’indignazione del suo ex. L’unica cosa che importava era aiutare Kurt, subito.

Accompagnò il ragazzo alla panchina dell’autobus di fronte alla scuola e attese che si calmasse.
-Kurt, perché sei qui? Non dovevi stare a casa per studiare?- gli chiese apprensivo, quando si fu calmato.
Kurt prese dei lunghi respiri profondi e finalmente smise di tremare.
Guardò Blaine negli occhi, e ci trovò la calma e la forza di cui aveva bisogno. Lentamente sfilò il foglietto che teneva nella tasca interna della giaccia, lo aprì e glielo mostrò.

I love you

Blaine fissò il foglio tra un misto di sorpresa e felicità. Non disse nulla, lasciando Kurt a trattenere il fiato, e sfilò un foglio simile al suo dalla tasca del pantalone.

I love you

Kurt non ebbe il tempo di realizzare quello che era successo, che Blaine si era fiondato sulla sua bocca. Le labbra del riccio erano calde e carnose, mentre quelle di Kurt, per l’umido della sera, erano fresche e screpolate.
Da un semplice sfioramento di labbra, divenne un bacio più caldo e passionale, dove le loro lingue si scontravano e si esploravano a vicenda.

Un giorno, Kurt avrebbe spiegato a Blaine perché non parlava. Gli avrebbe detto che era stato aggredito da un pazzo e omofobo carcerato, all’uscita di un bar. Gli avrebbe raccontato che l’unico modo che aveva di superare i brutti ricordi era sentirlo cantare.

Un giorno, Blaine gli avrebbe detto che i suoi genitori si erano trasferiti li perché si vergognavano di mostrare loro figlio in giro. Gli avrebbe spiegato che aveva litigato e mollato il suo ragazzo perché era innamorato del suo silenzioso vicino di casa dal primo momento che l’aveva visto. Gli avrebbe raccontato che una volta l’aveva sentito cantare al glee club, e si era innamorato della sua voce.

Un giorno, si sarebbero aiutati a vicenda fino a essere finalmente felici.

Ma adesso, Blaine apparteneva a Kurt, e Kurt apparteneva a Blaine, ed era l’unica cosa di cui avevano bisogno.

 

 

 

Miky’s corner

Eccomi qui con questa nuova klaine! Sono parecchio nervosa, è la prima volta che scrivo qualcosa di questo genere, quindi vi prego non siate cattivi ^^
Mi scuso con i fan di Taylor Swift per aver scritto la canzone (che è dolce e allegra) in versione angst. Mi ha ispirato verso questo genere e non ci ho fatto nulla.
Ci tengo a precisare che non sono fatta per l’angst, e quindi mi scuso anche con i veri fan di questo genere per la mia inesperienza ^^

Bene adesso vado. Se mi faceste spere che ne pensate sarei tanto felice, ci tengo molto a questa one shot, ed è bello sapere che ne pensate.

miky

   
 
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