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Autore: wawaring    01/11/2012    2 recensioni
Amelia intraprende un viaggio per scoprire il mistero celato dietro all'assassinio della madre, cui ha assistito da bambina. Nel frattempo incontra Zel, assorbito dall'ennesimo tentativo di trovare una cura. Ma l'aggressione da parte di un misterioso uomo-lucertola li condurrà ad un'oscura verità, con la quale Amelia sarà costretta a fare i conti...
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amelia, Naga, Un po' tutti, Zelgadis Greywords
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: I banditi, l’agguato, ed una vecchia conoscenza
 
Tutto cominciò quando … No, è inappropriato iniziare in questo modo. Nemmeno io saprei delineare con certezza prologo e conclusione di questa storia. Del resto, la vita non è un romanzo che si divide a capitoli, ma una storia continua.
Posso dirvi perché sono partita dal Castello di Sailoon, nonostante le proteste di mio padre e dei Consiglieri di Corte. Posso dirvi perché non c’era una scorta di guardie al mio seguito, perché sono partita priva di qualsiasi arma se non le mie arti magiche, o senza bagagli fatta eccezione per una mappa.
I remi che mi avevano condotta alla deriva di quel grande oceano che era il mondo al di fuori del mio Regno, non erano altro che nebulosi dettagli di un ricordo, di tanti, tanti anni prima.
Qualcosa che mia madre aveva legato alla sua esistenza, e che in qualche modo si era ritorto contro di lei, in quel pugnale che le era stato affondato fino al cuore, delitto a cui ero stata testimone, quand’ero ancora una bambina.
Qualcosa che poteva essere in relazione con la fuga di mia sorella, Gracia. Qualcosa che nei giorni di pioggia, o la notte, quando attendevo di essere sopraffatta dal sonno, tornava a farsi vivo nei miei ricordi. Un nome, affiorato dalle labbra di mia madre in agonia, anni prima, che risuonava nella mia mente, come un’eco ben lontana dallo svanire.
Hermain.
L’unica certezza era la direzione da intraprendere, là dove muore il sole. Non avrei voluto mentire a mio padre dicendogli che tenevo a visitare le Terre dei Draghi prima di dedicarmi completamente ed in via definitiva ai miei doveri di Principessa. Ma lui, come tanti altri, non avrebbe capito. Lui non era con mia madre, la notte in cui fu assassinata. Ero ancora una bambina di poco più di tre anni, ma avevo capito che quella parola celava un segreto, e per questo era rimasta scolpita nella mia memoria così come lo sarebbero stati per l’eternità i monoliti del Sacro Testo di Magia.
Spirito di avventura? Curiosità morbosa? C’è chi arrivò addirittura a chiamarla ossessione.
Ma quando, percorrendo a cavallo i verdeggianti campi di Sailoon, il ricordo riaffiorò alla mia mente, avvertii quell’irrefrenabile desiderio, il bisogno di partire. E allora, potei finalmente capire cosa spinse anni fa Lina-san a lasciare la sua casa, la sua famiglia, per imbarcarsi in un’avventura che aveva ben poche certezze di felicità... o di sopravvivenza.
Perché impossessata da una mania, che costringe gli uomini a partire. Sempre.
Non importa dove. Non importa quando. Non bisogna preoccuparsi dei bagagli, basta strappare un passaggio al primo carro di fieno che passa per strada, o nel porto ci sarà sempre una nave che ti aspetta. L’importante è partire.
 
Mi svegliai. Dopo quella nottata passata all’addiaccio la schiena mi doleva terribilmente. Un mese di viaggio, eppure dovevo ancora abituarmi alle temperature che scendevano dopo il tramonto, alla rugiada del mattino che mi infradiciava i capelli e il vestito, e al terreno duro sotto di me. Temo che non ci farò mai l’abitudine. Non rassomigliava decisamente alla vita di palazzo alla quale ero abituata.
Mi alzai, sbadigliando smisuratamente, e stiracchiando le braccia. Anche quelle mi facevano male. L’ultima volta che avevo viaggiato a quel modo era stato con i miei amici. Sicuramente non avrebbero approvato l’imprudenza che avevo commesso quel giorno, l’addormentarmi per più di nove ore, abbassando completamente la guardia.
Ero intenta a piegare la mia coperta, ed infilarla nella bisaccia, quando avvertii un fruscio tra i cespugli. Immediatamente, mi irrigidii, e un crampo all’addome mi ricordò che non ero al massimo delle potenzialità. Oltre a essere bagnata fradicia, dolorante, e ancora intorpidita dal lungo sonno che mi ero concessa, ero in “quei giorni”. Questo rendeva la mia imprudenza ancora più imperdonabile. E rischiosa.
Sentii altri rumori nella boscaglia attorno a me, suoni che tradivano la presenza di qualcuno. Più di una persona, per la precisione. E quando uscirono allo scoperto mi trovai vittima di un impari combattimento. Sette contro una. Una e peraltro indifesa fanciulla.
Era un gruppo di malviventi. Intendiamoci, non che io sia prevenuta nei confronti di persone dall’aspetto poco rassicurante. Avevo tratto conclusioni errate in più di un caso, per cui avevo imparato a non fidarmi delle apparenze, ma in quel momento ero piuttosto sicura di non sbagliarmi.
Quelli di fronte a me erano certamente dei banditi. Se non peggio. Gente che all’occasione non si fa pregare per importunare una ragazza indifesa.
“Ciao, ragazzina” mi salutò un vecchio dalla barba giallo-grigia, dalle nocche ossute e scricchiolanti. Rabbrividii alla visione.
“Come mai sola in un posto così desolato a quest’ora del mattino?” interloquì un altro, con un’espressione quasi … apprensiva. Le sue labbra si dischiusero in un sorriso che mi offrì la visione di una dentatura rada e poco curata nei suoi elementi. Senza accorgermene, le mie mani avevano preso a tremare, e dalla mia bocca uscì un gemito.
“Potresti incontrare dei malintenzionati …” intervenne il vecchio che per primo aveva preso la parola “Fortuna che hai incontrato noi.” finì, ma quella situazione non corrispondeva esattamente alla mia idea di incontro fortuito.
Alzai le mani, invocando un Flare Arrow, ma dalle dita non uscirono che una luce fioca e un po’ di fumo.
“Prevedo seri problemi.” riflettei, grattandomi la nuca. “AIUTOOOOOO!” gridai con quando più fiato avevo in corpo, quando il mio grido fu soffocato da una mano che mi fu premuta con violenza sulla bocca. Qualcuno mi aveva aggredita alle spalle. Terribilmente sleale!!!!
Morsi la mano con tanta forza che quando venni rilasciata la mandibola mi doleva. Quei banditi avevano smarrito la retta via, e stavano vagando nell’oscuro abisso del male. Dovevano essere aiutati. Qualcuno doveva raddrizzarli.
E chi era più adatto a questo compito se non la Paladina della Giustizia per l’eccellenza, Amelia Will Testla Sailoon…?
“Fermi, felloni! Ascoltatemi!” esclamai, interrompendo lo scompiglio generale. Ben presto attirai sette sguardi perplessi.
Mi arrampicai su di un albero. Così mi avrebbero vista meglio. Così avrei potuto parlare senza il rischio di essere interrotta.
“Voi avete infranto i principi sacri della Giustizia … il rispetto e la fratellanza verso gli altri uomini. Per fortuna avete trovato me. Vi insegnerò a seguire la via del bene, perché le forze del male possano soccombere!” Alle mie parole seguì il silenzio. Sì, il mio discorso li aveva decisamente illuminati. Senz’altro li aveva portato a riflettere, e a pentirsi della loro dissennata scelta di vita, e a provare rimorso per gli scellerati misfatti che fino a quel giorno avevano commesso.
Chiusi gli occhi, mentre un sorriso illuminò il mio volto.
“Il primo comandamento della Giustizia, colonna portante dell’intero Universo, è il rispetto nei confronti del prossimo …”
“Piantala, ragazzina! Siamo stufi di queste scempiaggini!”
Prima di avere il tempo di rispondere per le rime, i malviventi presero ad arrampicarsi sull’albero, gridando. Il mio discorso, ahimè, non avevano sortito alcun effetto sulle loro menti irreversibilmente soggiogate dal male, e qualsiasi mio tentativo di riportarli alla luce sarebbe stato inutile. L’unica cosa che mi restava da fare era … scappare a gambe levate!
Saltai giù dall’albero, ma qualcosa, nell’atterraggio, non andò per il verso giusto, tanto che mi ritrovai con la faccia a terra. I miei inseguitori non persero tempo. Prima che potessi balzare per rimettermi in piedi e cominciare a correre, mi immobilizzarono.
“Aiuto!!” gridai una seconda volta, sebbene avessi la certezza che nessuno sarebbe accorso ad aiutarmi … nessuno …
Realizzai di essere spacciata. Quegli uomini cattivi mi avrebbero fatto del male. A me, e solo perché avevo stupidamente abbassato la guardia nel momento sbagliato. In condizioni normali avrei potuto allontanarli con un solo gesto! Ma non in quel momento.
Feci un altro disperato tentativo di invocare la Flare Arrow, che andò parzialmente a segno … ma i risultati non furono certo quelli che speravo. Bastò a malapena a farli sbalzare pochi metri più in là. Inutile dire che colsi al volo l’occasione, riprendendo a correre verso il sentiero che usciva dalla foresta, e che mi avrebbe portata al villaggio più vicino. Al sicuro.
Ma una mano mi afferrò il cappuccio, impedendomi di proseguire. Quella volta era finita per davvero. Avevo perso. Ero pronta ad abbandonarmi al mio destino … quando una voce …
“Basta così.”
… interruppe la confusione generale.
Sentì delle voci timorose che esclamavano “Il capo!”.  Mi avevano immobilizzata, e non potevo voltarmi per vederlo.
“Avete fatto abbastanza. Andatevene.”
“E la ragazza?” domandò il vecchio dalle nocche scricchiolanti. Probabilmente aveva un ruolo importante nella gerarchia di quegli uomini senza leggi o principi morali. Una specie di vice capo.
Avrei tanto voluto vedere in faccia il capo. Anche perché la voce aveva qualcosa che mi piaceva. Una voce bassa, ferma, distaccata, ma allo stesso tempo rassicurante, e non avrei saputo dire il perché. Con il senno del poi, il motivo principale era che quella voce non mi era nuova. Anche se in quel momento non ero in condizioni di avvedermene.
“Lasciateci soli.” disse, e io non potei non rabbrividire. Mi voltai.
Un uomo alto, magro, e con una spada legata alla vita, avvolto in un mantello color beige.
L’uomo con la voce più bella che io abbia mai sentito. La faccia più rassicurante che avrei potuto vedere in quel momento, anche se non propriamente umana.
“Tu.” commentò secco “Dovevo immaginarlo. Ma come ti salta in mente di andartene in giro da sola totalmente disarmata?”
Rimasi per diversi istanti a guardarlo, con l’espressione più stupida del mio repertorio. Le lacrime ancora agli occhi, e un sorriso felice quanto strampalato sulle labbra.
“Z…” iniziai, precipitandomi tra le sue braccia, abbracciandolo con quanta più forza potevo “ZEL-SAAAN!!!” gridai
Sentii che si irrigidiva, ma appoggiò le sue lunghe mani sulle mie spalle.
“Anch’io sono felice di vederti, Amelia … anche se le circostanze, come al solito, sono quantomeno curiose.” il mio sorriso, se possibile, si allargò … quando improvvisamente un TERRIBILE dettaglio mi tornò alla mente.
“E TU SARESTI IL LORO CAPO???” stridetti “Il capo di questi malviventi? Ma CONGRATULAZIONI!” ironizzai “Con che coraggio hai osato abbracciare una fanciulla dall’animo puro come il mio?”
Zel-san mi guardò come perplesso, inarcando il sopracciglio, e diplomaticamente precisò “Guarda che sei stata tu a buttarti tra le mie braccia …”
E va bene, le circostanze non erano delle migliori e lui capeggiava lo stesso gruppo di malviventi che mi aveva aggredita. Nonostante questo … ero così felice di vederlo!
“Immagino che tutto questo abbia a che fare con la tua cura, giusto?” supposi.
Il mio amico scoccò attorno occhiate furtive, e notai che si sentiva a disagio a intraprendere quel tipo di discorsi davanti ai suoi uomini. Quei disgraziati. I suoi uomini. Ancora non potevo crederci. Che situazione assurda!
“Vi ho detto di lasciarci soli.” ribadì, e prima che potessi accorgermene, si erano allontanati furtivamente facendosi strada tra i cespugli.
Zel-san si sedette a lato del sentiero. Lo imitai, appostandomi davanti a lui. Quando parlo con qualcuno, mi piace vederlo in faccia. Papà dice sempre che dagli occhi delle persone si possono capire tantissime cose. Forse è per questo che a volte metto a disagio le persone. Questo non accadeva con Zel-san. Lui ricambiava fermamente il mio sguardo, senza mai abbassarlo, e la cosa non mi dava fastidio, perché … aveva dei bellissimi occhi azzurri. E guardarli mi infondeva un calore inspiegabile.
“Hai centrato la questione.” iniziò, senza preamboli né altre spiegazioni “Quello che non capisco è cosa ci faccia TU qui, e da sola. Probabilmente avevi abbassato la guardia, e questi non sono uomini presi a caso. Sono molto forti, e se non fossi intervenuto ti saresti trovata nei guai.”
“Ma Zel-san! Tu non sei un ladro! Tu non hai niente a che spartire con quelle persone!”
Lui scosse la testa, con un vago sorriso che gli increspava le labbra “Non sono affari che ti riguardino, Amelia. Non so come e perché tu sia finita qui, e sinceramente non mi interessa …” sempre il solito adulatore! “… il problema è che se ti lascio vagabondare in queste condizioni chissà in che guai potresti cacciarti. Ti accompagnerò al villaggio più vicino.” concluse “Poi ognuno seguirà la sua strada. Così non ti avrò sulla coscienza.”
 
Non sapevo il perché, ma qualcosa mi diceva che le cose non sarebbero andate esattamente come aveva pronosticato il mio amico …
 
Non mi dispiaceva percorrere un pezzo di strada in sua compagnia. Rendeva il mio mal di schiena più sopportabile. Anche se non si poteva certo dire che le parole andassero sprecate.
“C’è una cosa che non ho capito.” iniziai, pochi minuti dopo che ci eravamo incamminati lungo il sentiero. Lui continuò a guardarsi intorno, attendendo il resto della banda. Io lo imitai, inquieta, dal momento che non faceva altro da quando la nostra camminata era cominciata.
“Che pista stai seguendo?” chiesi. Non riuscivo a cogliere il filo che collegava la cura cui Zel-san bramava tanto, e quella banda di delinquenti, a suo dire mercenari molto forti.
È vero, Lina-san, quando viaggiavamo insieme, non faceva altro che ripetermi di non sottovalutare mai i ladri, e che tra i loro bottini si possono trovare amuleti o testi di magia di valore inestimabile. Sapevo che, prima ancora che io facessi la sua conoscenza, nel bottino di alcuni banditi aveva trovato la Pietra del Saggio, che aveva dato il via ad un’avventura formidabile, nella quale mi ero trovata coinvolta. Ma questo non mi faceva cambiare idea a proposito dei delinquenti. Chi si univa a loro, qualunque fosse il proposito, entrava inevitabilmente a far parte dello schieramento delle Forze del Male. Questo mi era stato insegnato fin da quando ero bambina.
Non mi illudevo che Zel-san fosse un santo. Più di una volta l’avevo visto maneggiare con le serrature con una familiarità che solo con l’esperienza si poteva acquisire. Ma quello che comprendeva il mestiere di ladro … rubare a delle persone innocenti … o a dei mercanti che in quei borseggi perdono tutti i loro averi … mi sembrava immorale.
Ma forse, come più di una volta mi era stato fatto notare, queste non erano cosa che una privilegiata come me poteva capire. Io non mi ero mai trovata costretta a rubare per la sopravvivenza, avendo a palazzo tutte le cose che si possono desiderare. Mi trovai a pensare che per uno come Zel-san la vita non era stata solo rose e fiori. Aveva imparato a soffrire fin da ragazzo, privato forse per sempre della sua famiglia, e del suo aspetto umano. Come avrei reagito io, nelle sue stesse condizioni? Avrei comunque conservato il mio ottimismo, e la mia fiducia negli altri? Non era la prima volta che mi ponevo quella domanda, ma fui comunque impreparata alla risposta.
Scossi la testa, accorgendomi che Zel-san mi stava guardando, forse da un po’ di tempo a quella parte. Sentii i miei zigomi andare a fuoco, e lui mi concesse uno di quei suoi sorrisetti enigmatici “E’ una lunga storia.” spiegò “Qualcosa che ha a che vedere con tre mesi di vagabondaggio alla ricerca di …”
A lato del sentiero sì sentì il rumore di un rametto spezzato dal passaggio di qualcuno … o qualcosa.
“Hai … hai sentito anche tu quel rumore?” bisbigliai.
“Continua a camminare, Amelia.” mi sussurrò “Ci seguono da un po’.”
Non mi ci volle molto per intuire che Zel-san non era il tipo da farsi cogliere alla sprovvista, e che probabilmente le numerose occasioni in cui aveva preferito tacere anziché rispondere alle mie domande aveva registrato rumori e movimenti sospetti. Non potevo dimenticare che il mio amico aveva un udito estremamente più sensibile del mio.
“ Non devono sapere che ci siamo accorti di loro.” mi spiegò a bassa voce, una volta che mi fui avvicinata a lui.
Il cuore mi batteva ad una velocità folle. Mi sembrava di sentirlo nelle tempie, nella gola … perfino nelle orecchie.
Chi ci seguiva? E perché?
Mi sentii presa da uno strano presagio, chiamiamolo sesto senso, cui le esperienze con Lina-san mi avevano insegnato a dare un certo peso.
Avevo la netta sensazione che coloro che ci stavano inseguendo, chiunque fossero, stessero cercando me, e non il mio amico, che tendeva le orecchie cercando di captare qualche altro suono per individuare la loro posizione.
Vidi la sua mano scendere velocemente all’impugnatura della spada, l’altra sollevarsi davanti a me, con lo scopo di proteggermi. Senza rendermene conto, stavo tremando come una foglia.
“Avanti, venite fuori.” disse. Da dove attinga tutta quella calma, credo non lo capirò mai.
Altri fruscii nel sottobosco. Socchiusi gli occhi, cercando la fonte di quel rumore.
Venne presto alla luce un esercito di uomini lucertola, e un brivido mi risalii lungo la schiena.
“Zel-san…” lo chiamai “Non posso combattere, sono …” esitai, non sapendo come esprimermi “indisposta.” finii.
“L’avevo intuito.” disse, evitando il mio sguardo. Mi parve che la pelle sotto gli zigomi gli si arrossasse leggermente. “Nasconditi in un posto sicuro.” mi suggerì, additando un albero “Mi è parso di notare che arrampicarti ti riesce piuttosto bene … “ non trattenne un sorrisetto “forse l’atterraggio è da perfezionare, ma al momento non è un problema determinante.”
Arretrai, guardando il mio amico che librava la spada in aria, invocando l’incantesimo dell’Astral Veine. In men che non si dica la spada si tinse di rosso sangue, e lo vidi destreggiarsi abilmente all’interno della mischia, schivando tutti i colpi dei suoi avversari, sferrandone a sua volta.
La sua immunità alle armi comuni mi tranquillizzava, ma mi sorpresi a pensare che, anche se così non fosse stato, sarebbe ugualmente uscito vincitore da quel combattimento. Era proprio forte. Si muoveva con agilità, e sembrava percepire i colpi ancor prima che giungessero al suo occhio. Lo vidi recitare la formula di un incantesimo mettendo fuori gioco cinque uomini lucertola. Rimasi a fissare incantata i suoi movimenti per un tempo che non saprei determinare … furono le mani di qualcuno che mi imprigionavano, impedendomi qualsiasi movimento, che mi riportarono alla realtà.
Mi dimenai a più non posso, ma il mio aggressore non sembrava intenzionato a mollare. Fu quando mi accorsi che mi stava trascinando lontana da Zelgadiss-san, che mi decisi in qualche modo a richiamare la sua attenzione.
“ZEL-SAN!!!” gridai, e notai come si girò istantaneamente nella mia direzione, abbassando la guardia. Un uomo lucertola lo colpì con la spada al fianco, ma lui non diede segno di accorgersene.
Si chinò a terra, gridando “Mega Brand!”, e la terra cominciò a tremare. Osservai con orrore come i corpi delle creature si decomponessero lentamente, stramazzando al suolo. Una morte lenta quanto terribile. Zel-san sapeva essere spietato, quando combatteva. Rabbrividii.
“Lasciala andare.” disse, calmo, ma l’essere dietro di me non parlò, né tanto meno diede l’impressione di volermi lasciare andare. Guardando le dita della sua mano, notai che non poteva essere umano. Anche se non riuscivo ad capire cosa fosse. Lessi nello sguardo sorpreso di Zel-san i miei stessi pensieri.
 Sentii qualcosa di gelido che mi veniva appoggiato sul collo. L’elsa di un coltello. Lo allontanò, volgendo la parte tagliente alla mia gola. Gemetti, rinunciando a qualsiasi tentativo di liberarmi.
“Cosa credi di fare?” chiese il mio compagno, avvicinandosi cautamente. Arrestò la sua avanzata quando il coltello venne avvicinato ulteriormente.
“La ragazza viene con me.” spiegò l’altro con calma.
“Veramente, preferirei di no.” obiettai con una risatina nervosa.
“E va bene, se si tratta solo di questo prendila pure, tanto per me era solo una seccatura …” incrociò le braccia, rivolto a colui che mi aveva imprigionata.
Sgranai gli occhi “CHE COSA?!?”
“Non fa altro che blaterare a vuoto delle sue manie sulla Giustizia. Guarda, mi stai risparmiando un’emicrania.”
“Z…Zel-san…” come poteva dire delle cose così terribili a cuor leggero?
Lui ricambiò il mio sguardo, impassibile “Quanto vuoi per tenerla un mesetto?”
Era troppo! Come si permetteva di trattarmi in quel modo??
“Sei INGIUSTO!!!!” gridai, dimenandomi questa volta con più decisione, tanto che il mio aggressore, senza che io avessi il tempo di accorgermene, venne scaraventato all’indietro.
Vidi Zel-san approfittare della situazione, puntando la spada al collo dell’essere. Sentii il sangue raggelarsi nelle vene. Non avevo mai visto una creatura così.
Sei dita per mano. La testa di un uomo, o quasi, se non fosse stato per l’orbita vuota al posto dell’occhio destro, e le vesciche tutte intorno ad essa. Rabbrividii, trattenendo un urlo. Ferite procurate su un campo di battaglia, forse? L’altro occhio, se possibile, era ancor peggio, di un giallo sporco, al cui centro riluceva un’iride nera e sottilissima. Due gambe tozze e corte, una coda come gli uomini lucertola. Ma non era uno di loro. Non del tutto, almeno. Il pensiero di essere stata toccata da quel … quell’essere, mi portò sulla soglia dello svenimento. Mi sedetti su un masso abbastanza grande e levigato.
Vidi che indietreggiava mentre Zel-san minacciava di colpirlo con la spada. In seguito ci diede le spalle, iniziando a correre verso il cuore del bosco, una penombra che inquietava, e che sembrava dare la certezza assoluta che perdersi sarebbe stato fin troppo facile senza conoscere il bosco a memoria. Forse per questo il mio compagno rinfoderò la spada, seccato, posando lo sguardo su di me.
“Sembra proprio che ce l’avesse con te.” rifletté e, senza attendere una risposta, accennò un sorriso e mormorò “A quanto pare hai un ammiratore …” un INSPIEGABILE moto di disgusto si impadronì del mio stomaco.
Zel-san imboccò il sentiero da cui eravamo venuti. Lo guardai, indecisa. Se ne stava andando … così, senza una parola o un saluto? Non avevamo patteggiato che mi avrebbe accompagnata al villaggio più vicino? Forse qualcosa in quello che avevo detto lo aveva infastidito … oppure si era già stancato di me … abbassai lo sguardo, sospirando.
Si voltò verso di me.
“Beh? Hai intenzione di stabilirti su quella roccia?” mi domandò, guardandomi.
 
Zel-san aprì una porta. Il covo della banda di ladri era una capanna abbandonata, sepolta da una selva intricata di alberi e piante rampicanti, e da un abile gioco di ombre ... senz'altro frutto di un incantesimo dall'abile sciamano che avevo di fronte.
“Puoi dormire qui.” mi disse, indicando un giaciglio composto da un cumulo di fieno e qualche coperta a lato della stanza. Notai che ve ne era un secondo, al lato opposto. Zel-san abbassò lo sguardo.
“Temo che dovremo dividere la stanza, visto che non ce ne sono altre. Ma se ti da fastidio...”
“...no, no...” dissi, ma lui proseguì ugualmente il discorso.
“...posso prendere delle coperte e sistemarmi in cucina.” mi guardò “Sì, forse sarebbe più opportuno che facessimo così.” Fece per andarsene, quando lo afferrai per il mantello.
“N...no. Non mi da fastidio. Davvero. Anzi … mi sentirei più tranquilla!” balbettai, evitando di guardarlo.
Zel-san, dopo avermi esaminata per qualche minuto, mormorò “In effetti stando qui potrei assicurarmi che quei bifolchi non ti diano fastidio.” e si sedette su un lato del proprio giaciglio.
Notai con imbarazzo che si stava slacciando il mantello, piegandolo e sistemandolo sul pavimento. Fece la stessa cosa nella cintura. Sentii che le mie guance andavano a fuoco.
Mi rivolse uno sguardo dubbioso “Mi domando cosa volessero da te quelle creature.”
Alzai le spalle. Era tutto il giorno che mi ponevo quella domanda.
Rabbrividii. Zel-san si stava sfilando la maglietta, piegandola. Tornò al suo letto, slacciandosi le scarpe, e infilandosi sotto le coperte.
Lo imitai, togliendomi le scarpe e il mantello, sdraiandomi sul letto.
“Rimarrai qui, fino a che non avremo pensato qualcosa.” mi disse, portando le mani dietro la nuca. Rimasi in silenzio alcuni istanti, senza trovare il coraggio di parlare. Presi un respiro profondo.
“Zel-san...” cominciai, arrossendo “...grazie.”
Il ragazzo non rispose, continuando a fissare le travi del soffitto.
“Buona notte, Amelia.” disse, fissandomi brevemente. Io arrossii.
“Buona notte.” Risposi, girandomi su un fianco dandogli le spalle. Chiusi gli occhi, e lentamente scivolai in un sonno profondo.
 
  
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