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Autore: Columbrina    02/11/2012    0 recensioni
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Doveva essere un regalo di Halloween, ma pazienza.

Non è una rivisitazione in chiave demenziale del più celebre romanzo di Stevenson.
Infatti Inc ha un grosso problema: non riesce a sedurre il pudico marito Arnoldo. E' talmente disperata che sfoga la sua frustrazione su un gatto tutto pelo, incrocio tra un felino dell'area 51 e una talpa.
Il dottor Frankebell ascolterà e accoglierà i suoi bisogni, trovando una grottesca soluzione e affiancandole un'amica del cuore... Miss Queen.
Genere: Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Dottoressa Inc e Mrs Queen
 

 
Lo stimato dottor Frankebell era seduto sulla sua soffice poltrona, ronfando come una locomotiva, tenendo gli occhiali sul naso e la bocca lievemente socchiusa, talmente socchiusa che con dei buoni occhiali protettivi si sarebbero potute vedere le tonsille ballare; un libro poltriva sul panciotto pervinca,  sul punto di suicidarsi miseramente, talmente attirato da quel tappeto  insudiciato di intarsi polverosi e acari leziosamente agghindati per il gatto cieco, che miagolava nell’angolo.
E’ ben noto, però, che il destino deve avere la spinta da un movente plausibile per condurre le cose a compiere atti miserabili. E così Miss Doralice, l’altrettanto stimata assistente del professore, fece.
“Oh, perdinci!” sbottò il panciuto scienziato, facendo sussultare la poltrona e i cardini della porta, i lembi del tappeto e le ampolle borbottanti. Il libro, intanto, venne assalito dagli acari, vedovi della loro succulenta preda quotidiana.
“Signore c’è una visita per lei …” annunciò mesta, mischiando le sgrammaticate parole con il mentolo della cicca.
Il dottor Frankebell si rimise nei ranghi – per quanto possibile – e, con un cenno della mano, ordinò a Miss Doralice di far entrare il tanto gradito quanto aspettato ospite.
Vecchia strega…” borbottò tra i denti piccoli e aguzzi, senza fare a meno di perdersi nei formosi rigonfiamenti dei fianchi, che ondeggiavano paurosamente come la prua di una nave contro la scogliera, con la gonna rosso peccato che risaliva come se stesse prendendo l’ascensore della perdizione, mentre le lunghe e longilinee gambe oltrepassavano la penombra della porta a suon di tacchi.
Il dottor Frakebell sentì un rialzamento sotto i pantaloni, ostentandolo orgogliosamente, ancora così vigoroso nel pieno dell’indulgenza plenaria e dopo la dose giornaliera di viagra.
“Oh dottor Frankebell!” guaì la dottoressa Inc, acronimo di Idiota Nata dal Creato, l’anello mancante della catena darwiniana nelle sue più lascive spoglie.
Il viso baffuto di Frankebell affondò nei paffuti seni della dottoressa e il suo emblematico giubileo fece una derapata parabolica con tanto di sferzata, mentre lei lo stringeva e guaiva come una iena in calore.
Ebbene la dottoressa Inc era uno di quegli esserini leziosamente agghindati, con un corredo genetico da far impallidire la più affermata delle soubrette del sapone, la stazza di una nave da crociera e le guance da provinciale; ma che dovevano tassativamente tener chiusa la bocca per non causare una calamità di portata atomica quasi quanto la bomba su Nagasaki.
“Oh dottore! Ho bisogno di aiuto!”
Un metafisico fungo atomico si alzò dalle orecchie del professore che, dopo una certa età, non poteva sostenere le moscerie di una donna sessualmente insoddisfatta, alle prese con un marito assente e fremente di portare il loro caso di ascetismo sessuale davanti alla Sacra Rota.
Il professore allontanò gentilmente la sventurata donna, che atterrò casualmente sulla poltrona dove riposava amorevolmente Ciccio, il gattino tutto pelo, frutto malriuscito di un incrocio genetico tra un felino dell’area 51 e una talpa. Il gattino guaì e lei raccolse le sue miserabili spoglie, coccolandolo come se fossero i punti finali per usufruire dei benefici  del rigattiere di fiducia.
“Con calma, figliola …” pigolò il dottor Frankebell, con la voce da cocorito arrapato e con fare esasperatamente premuroso “Ora lasci il gatto”
“No!” replicò testardamente la dottoressa Inc, gemendo ogni volta che Ciccio impiantava i suoi grassi artigli negli strati corposi e succulenti della sua carne flaccida, destandole ovviamente solo dei sensuali e lascivi pruriti “Questo micetto è un portento… Oh sì… Miao, bello di Inc! Miao!”
Il dottore si passò una mano sulla cervice liscia e sbuffò.
“Dunque, mia cara… Che turba ti affligge oggi?”
“Ebbene, dottore… Ho fatto un sogno molto strano. Mi trema la birba solo a raccontarlo… Oh sì, Ciccio, vai così… In pratica ho sognato che il mio bellissimo Arnoldo mi portava al luna park ed eravamo trainati da un bambino cavallo… Cioè, in realtà era un cavallo; però io lo vedevo come un bambino, mi capisce no?”
Il dottor Frankebell annuì passivamente.
“Ed entriamo in una casa dell’orrore… E all’improvviso si ferma. Oh Ciccio, come provochi oggi, bel micione … Ci prendono e ci portano in una stanza. Poi all’improvviso tutto diventa buio! Oddio, non so era buio oppure no… Forse era una distorsione della luce… Non lo so… Il punto è che io mi ritrovo bendata. Ecco, è per questo che vedevo tutto buio. Anzi no, ero una presenza onnisciente e vedevo me bendata, seduta su un letto circondato da fiamme ardenti… Lo so Ciccio, anche tu ti stai emozionando … E il mio Arnoldo … Non lo dica a nessuno, eh … Il mio Arnoldo era nudo e mi chiedeva di acchiapparlo…”
“Una sorta di mosca cieca, insomma?”
Inc gridò al punto da indurre al suicidio le miserabili ampolle che tremarono d’immenso, mentre il piccolo Ciccio tastava la ciccia della sua carnefice e annusava il puzzo di piscio e inchiostro della stanza per trovare un appiglio.
“Esatto, professore! Esatto!” esclamò, sbattendo i piedi sul tappeto pervinca, come se fosse una bambina che protestava. Ogni qual volta che c’era da emozionarsi, il tappeto diventava una balera da flamenco.
I tacchi, che fasciavano lascivamente quelle protuberanze piene di adipe, causarono un olocausto di acari della polvere.
“Ebbene?”
“Ebbene professore… Nel bel mezzo del sogno ho sentito una fitta alla birba e mi cola addosso del lubrificante al guaranà, mentre Arnoldo improvvisa uno striptease degno di Erin Grant, sì… Oh Ciccio, come sei portentoso… E poi… Oh, non lo posso dire”
Il dottore soffocò un sonoro sbadiglio con una mano, alitò sul vetro terso degli occhiali e pulì l’alone sul panciotto pervinca; rispettando ogni singola prassi del rituale che Frankebell faceva prima di elargire l’ardua sentenza del boia verbale. Sapeva perfettamente che la dottoressa Inc e suo marito attraversavano un periodo di crisi coniugale e che le loro notti raggiungevano temperature da Antartide, tanto che la loro camera da letto era una colonia per pinguini migratori e orsi polari scampati allo zoo; quindi dribblò eccellentemente la parte in cui spiegava con dovizia di particolari le sue manovre sadomaso e passò al punto nevralgico della situazione.
“Immagino che lei non goda degli stessi benefici fisici anche in camera da letto…”
La dottoressa Inc guaì di nuovo, stringendo Ciccio come un poppante fa con la tetta della mamma ed espellendo liquidi ed enzimi come fanno loro.
“Ho proprio quello che fa per lei”
Il dottore depositò una fialetta contenente del liquido azzurrino nel palmo della sventurata, che la osservava con crescente curiosità e fascino, ogni tanto avvicinandola al naso per annusarla.
“Cos’è?”
“Ora vedrà… Ne beva un sorso. Uno solo.”
“E perché devo farlo io? Cosa mi farà?”
“Oh niente di che, mia cara… Diciamo solo che la trasformerà in tutto ciò che suo marito desidera. Insomma il vostro matrimonio non è stato ancora consumato e il suo imene è intatto come il Muro del Pianto… E’ ora di trasformarlo nel Muro di Berlino!”
“Perché non può trasformarsi Arnoldo in tutto ciò che io desidero?”
“Perché tutti quelli con un corredo genetico decente appartengono al lato sbagliato della sponda …”
Inc tentò di alzare scetticamente un sopracciglio, finendo per assomigliare alla Jacqueline ritratta da Picasso; anche se poi sorrise e mando giù un lungo sorso. Poi ruttò,  per scaramantica quotidianità.
Il dottor Frankebell batté platealmente le mani e socchiuse lo sguardo, recitando queste parole:
 
Oh mamma, che bonazza
Che è questa ragazza
E lei, di grande stazza
Veniva presa per pazza
Non sarà di mortal razza
Ora che ha bevuto da questa tazza
Giù la corazza
Di brutta, tozza
E cozza
Metti su quella da zozza
Che il fiato degli uomini mozza
Oh mamma che bonazza,
sarà questa ragazza
 
Inc fece una piroetta, baciò Ciccio e il dottore, che affondò nuovamente la testa nei suoi paffuti seni. Ennesima derapata per il gioiellino del dottore, che si impalò al punto da sembrare una sequoia in mezzo alla selva oscura.
Inc nell’uscire si imbatté nell’occhiata passivamente algida di Miss Doralice, che entrò senza permesso nell’ufficio del dottore.
Lei sorrise, sorniona.
“Non mi dica che le ha dato quello…”
“A seccature estreme, estreme fialette… Almeno così non violenterà più il gatto…”
 
 
 
##########
 
 
 
Quella sera, le temperature nella camera da letto coniugale parvero raggiungere picchi esorbitanti di puro fervore carnale.
Arnoldo ansimava, la fronte imperlata di sudore, ma non perché avesse uno gnu striato posato proprio sui beni di famiglia… Assolutamente no.
Da quando era tornata dalla sua consulenza quotidiana con quello scienziato da strapazzo, la sua pudica e vogliosa moglie era diversa, più squilibrata del solito.
Se n’era accorto non solo perché aveva cambiato la muta da boa constrictor in quello di una pulzella slanciata e snella e gli occhi azzurrini si erano dilatati al punto da sembrare quelli di un felino, ma anche perché faceva di tutto per liberarlo dalla costrizione dei vestiti e della carne fetida e flaccida, scivolando silenziosamente sotto alle coperte per poi ricomparire, più vicina e con più cognizione di causa.
Arnoldo mise via il giornale, tremando come una foglia di fine autunno e ansimò nuovamente.
“Bene…” esordì timidamente il pudico marito, con una scimmiesca peluria pettorale appena scoperta dalle manovre della moglie “Io dormo. Sogni d’oro, Inc”
“Non sono Inc, porco cazzo!”
Il povero cuore febbricitante di Arnoldo sussultò, fino ad arrivargli in gola e formare insieme al pomo un nodo con cui i suoi artigli da gatta morta poteva giocare fino allo sfinimento, come un gomitolo o come un topo.
“Ah no?”
“Chiamami Miss Queen…”
Le sue mani sapienti presero a trafficare con i primi bottoni del pigiama coprente e corroborante per ogni stimolo sessuale. Arnoldo, povera anima in pena, era in posizione cadaverica, senza alcuna capacità di resurrezione.
“Miss Queen ho detto!!”
“Miss Queen, sì… Miss Queen… Allora buonanotte…”
Miss Queen guaì.
“Niente buonanotte!”
I bottoni si staccarono dall’asola. Lei era sopra di lui. Sesso su antisesso.
“Fammi male! Fammi male!” guaiva lei, senza trovare pace.
E vi chiederete se abbia ceduto lui, povera anima, alle grazie della sua bipolare moglie ora che il danno era bello e fatto.
 
Ma purtroppo questa non è una storia a senso unico e non trova conclusione, a meno che non vogliate attivare l’immaginazione.
La mia è andata a perdersi con gli acari della polvere.
Ma di certo la dottoressa Inc aveva un altro esilarante sogno da raccontare al suo amico dottor Frankebell l’indomani, quando Miss Queen se ne fosse andata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 




Doveva essere una bella storia, L… Rimedierò per il tuo compleanno, lo prometto.
Quanto a te, A, durante le tue sporadiche visite… Spero tu riesca a vederla.
E voi, coraggiosi lettori, non fatevi intimorire dai vaneggiamenti di questa sognatrice da strapazzo.
Il nonsense è il mio pane, insieme alla mancanza di tempismo.
 
 
A bientot,
S.
 
   
 
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