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Autore: Thilwen    24/06/2004    9 recensioni
Dopo l'amore e fra le braccia della sua donna addormentata ed inconsapevole, Remus Lupin racconta e confessa la sua vita scandita dai cicli della Luna.
Genere: Drammatico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stanza è immobile e respira i nostri silenzi

 

Disclaimer : Harry Potter and co. sono di proprietà di JK Rowling o di chiunque altro li detiene, io non voglio né offenderla né violare i suoi diritti e non sto scrivendo assolutamente a scopo lucro, il mio è solo un modo per esercitare la mia fantasia.

 

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Confessione alla Luna

 

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La stanza è immobile e respira i nostri silenzi. Spoglia e vissuta come i nostri corpi, desolata e sola come le nostre anime.

 

Dormi amore, dormi.  Risposa sui battiti del mio cuore, cullata dall’alzarsi ed abbassarsi della gabbia toracica.  Sei sfinita dal nostro lungo e necessario amplesso, sei sfinita dall’unico momento di gioia fra le estenuanti ore di dolore. Dormi amore, dormi.

 

Io osservo la finestra davanti a me, quella parte visibile oltre la matassa chiara dei tuoi capelli. Le tende non si muovono e dietro le finestre chiuse la neve cade, anch’essa in un silenzio perpetuo.

Sono bianche le mie tende, leggere. E l’argento della Luna penetra nella nostra camera, rischiarandola appena e creando ombre ambigue lungo le pareti. Sento la Sua scia pallida sul nostro letto, scivola sulle coperte, bacia i tuo capelli, ferisce i miei occhi.

La  Luna. C’è chi in Lei da millenni vede la Dea e la Madre.  La Luna, sfera luminosa che segna la mia vita da quando ho memoria.

Io scorro con Lei. Sento il movimento del Suo flusso sulla mia pelle, l’istinto animale mi fa fremere  quando cresce, mi abbandona quando volge la gobba a sinistra.

 Lei è in me, Lei è dentro me. Più di quanto in fondo lo sei tu, amore mio. Più potentemente, più crudelmente. Lei è la mia maledizione eterna, la mia amante indistruttibile, a Lei rivolgo i miei ululati fra le tenebre. Io rispondo al suo luccichio e quando è piena mi trasforma. E l’uomo diviene belva.

E Remus non è più Remus.

 

Dormi amore, dormi. Io ti sto raccontando chi sono, adesso che tu sei occupata ad inseguire i tuoi sogni. Ti dico chi sono perché so che non mi puoi ascoltare. Se lo sapessi, se sapessi che nel tuo gentile Remus si nasconde una bestia non lo ameresti più. Dormi amore, dormi.

 

Con quanta delicatezza la neve si posa sul nostro davanzale? Fiocco su fiocco, strato su strato.

Con quanta brutalità si strappa via la vita? Uomo su uomo, stirpe su stirpe.

Viviamo in tempo di guerra. È in corso un’altra battaglia dell’infinita disputa del bene contro il male. Ed i miei amici muoiono, potandosi via una parte di me. Sirius. Un fratello ritrovato e perso nel labirinto del destino. Caduto giù, ove nessuno mai ritorna, avvolto nel gelo. Giù nel buio baratro dell’incertezza con la sua smorfia incredula, con i suoi occhi dove ancora ondeggiava un soffio vitale. Li ho sentiti quegl’occhi. Li ho sentiti sui miei, li ho sentiti scivolare giù addosso a me, ancora per l’ultima volta, mentre Sirius crollava lentamente e scompariva, con il suo sguardo che in un secondo mi ha detto ciò che non  si può tradurre a parole.

Ma la Luna continua il Suo ciclo.  E mentre nelle donne fluisce il sangue, in me scorre la ferocia selvaggia della bestia. Anche se al mio fianco non ho più il mio fedele amico, anche se la mia ombra non sarà più seguita dalla sua.

 

Dormi amore, dormi.  Mentre le mie lacrime  si raccolgono sulla mia pelle, mentre il mio corpo trattiene un brivido sotto la delicata rotondità del tuo.  Per te Sirius è un nome, un volto sbiadito, una voce stonata. Non sai chi era Sirius e non lo saprai mai. Dormi amore, dormi.

 

La Luna si nutre di me come tu ti nutri del mio seme. Mi ruba l’umanità e l’energia, mi ruba l’animo, o forse lo nasconde fra le pieghe della mia mente.

Quando mi trasformo in bestia tutto cambia. Quando Lei, divina e brutale, è al Suo culmine  al mio cuore manca un battito. E quello successivo non sarà il palpito di un uomo. Ogni tessuto in me subisce una mutazione, viene lacerato, stirato, contorto. La setola del mio pelo riflette l’argento, robusta e tesa. Il mio muso si allunga,  le zanne crescono e bramano carne. I sensi si confondono per poi ritornare con una nuova consapevolezza.

Quando apro gli occhi il mondo non è più lo stesso. Il giallo della mia iride conduce al panico chi la guarda.

Tutto è diverso. I colori, la nitidezza. Sento l’odore della paura, quello della rabbia, quello della sfida. Ascolto i sussurri degli alberi, il muoversi di un topo,  il battito d’ali di un gufo.

Percepisco la natura pulsare, la terra vivere e morire in una spirale interminabile e contorta.

E sento, in quel placido equilibrio tra me ed il mondo, sento la voglia di uccidere.

La belva in me lo impone. Sentire le mie zanne affondare nella carne, percepire nel loro lento penetrare, i tessuti spezzarsi ed allontanarsi. Serrare il morso mentre le zanne si toccano fra loro, in mezzo alla carne. E poi con forza tirare via, staccandola  dall’osso, mentre il sangue macchia il lucido pelo e si deposita abbondante sulla mia lingua, con il suo sapore insaziabile e ferruginoso. E la vista ed il sapore del sangue  mi eccita, mi accanisce. Di nuovo, più velocemente sono sulla vittima e con nuovi morsi  le porto via il corpo, più veloce, più bramoso di attaccare. Con tutta la mia ferocia. Con tutto il mio essere animale.

Perché in quel momento non c’è nulla di Remus, se non una consapevolezza nascosta che, dopo tante ore, verrà a galla il giorno dopo. In quel momento esiste solo la bestia.

E la Luna dal Suo cielo osserva il figlio del Suo potere. E sulla sua pelliccia risplende il candore della notte.

 

Dormi amore, dormi.  Se sapessi chi è in realtà l’uomo che dolcemente la notte penetra in te, se sapessi che cosa ha fatto quella bocca  che disegna lunghe scie sul tuo corpo, se sapessi in cosa si trasformano quelle mani il cui tocco ti fa fremere, impazziresti. Ed allora ascolta  me.  Dormi amore, dormi.

 

Ho vissuto sempre con la Luna a fianco, falce, sfera piena o vuota. Ed il ricordo di quanto questo è iniziato è  ormai confuso. O forse chiaro non lo è stato mai.

Ricordo il buio e la macchia scura della foresta. Ed in tutto quel buio, fra le stelle che in quella notte gelida parevano più lontane che mai, Lei, il gigante della notte, testimone degli amanti che intrecciano le anime,  Lei, solitaria, triste, brillante nel Suo pallore, mi osservava libidinosa ed allo stesso tempo casta.

Un ululato. Lugubre, disperato, agghiacciante. E la mia corsa, la corsa di un bambino inerme nella notte, la corsa di un bambino perso fra gli orrori.

Poi un tonfo, la mia caduta, il dolore al ginocchio. Un ansimare animalesco su di me, un ringhio basso e temibile.

La paura mi aveva reso cieco. Sentii delle zanne lacerarmi la carne addosso.

Tutto il mio corpo bruciava, il mio sangue scorreva mentre ad esso si legava la maledizione che mi avrebbe reso un Licantropo per sempre.

Poi non ricordo nulla. Tutto sfuma su delle congetture fantastiche ed un susseguirsi di incubi.

Un buio lungo mesi. Ricordo il sudore bagnarmi i pigiami, le lacrime di mia madre inondarmi il volto. La sua voce lontana, mentre il mio braccio destro pesava ed un fuoco continuo ne bruciava la carne.

La Luna era in me. Il Plenilunio era la mia dannazione. Ormai Remus non sarebbe stato più solo Remus. Ma Remus il Lupo Mannaro.

 

Dormi amore, dormi. Poche ore fa con la bocca sulla mia mi hai detto di amarmi. Ma chi ami, amore mio? Un uomo che scivolando dentro te nasconde se stesso nelle bugie? Un uomo che conosci a metà? Un uomo che per tre notti al mese… non è un uomo? Dormi amore, dormi.

 

Ho sempre avuto rifiuti nella vita. Il tempo di scoprire chi, o cosa, fossi che le porte sbattevano ad un pelo dal mio naso. Ho letto disgusto e paura negli occhi di chi mi guardava. Da sempre.

Ho capito fin da piccolo  che ero un dannato. Che nessuno mi avrebbe capito. Che sarei dovuto restare solo, nascondendo la belva che risiedeva in me.

Ma nessuno può restare solo.

Ed io lo capii dal sorriso aperto e seducente di Sirius, dai modi presuntuosi e sbruffoni di James, dall’ambigua insicurezza di Peter. Silente mi aveva comunque teso la mano ed io avevo trovato degli amici. Ma se loro avessero capito che cosa ero veramente li avrei persi.

Eppure mi sbagliavo, perché l’amicizia sconfina nella fiducia, nell’onestà, nell’amore. E loro in me vedevano solo Remus. Ed hanno deciso di aiutarmi. Ed hanno deciso di seguirmi quando la notte ci nascondeva con il suo manto e la Luna ci adombrava d’argento.

 

Dormi amore, dormi. Dolcissima cucciola accoccolata a me, così indifesa e così teneramente sicura del suo amore. Mi fai sentire un bastardo mentre osservo il bianco del tuo volto e l’oro dei tuoi capelli. Ti darei un bacio, ma temo di svegliarti. Dormi amore, dormi.

 

Correvamo, correvamo, correvamo. La foresta ci accoglieva vogliosa di nuove belve.

Il ricordo di quelle lunghe notti è confuso. Quando ci ripenso sento solo l’adrenalina andare veloce, il cuore pulsare allo stesso ritmo della natura, in perfetta sintonia con quello degli altri. La selvaggia consapevolezza della libertà ci ottenebrava la mente.  Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso. C’eravamo solo noi, il resto non contava. Ci bastava la nostra amicizia, vivevamo di quella e delle nostre corse  verso la gioia. Uomini ed animali allo stesso tempo.

Il brivido del rischio ci eccitava. Il buio, con le sue ombre seducenti, ci richiamava. La notte sussurrava vogliosa i nostri nomi, trascinandoci dentro di sé.

Eravamo giovani, stupidi e felici. Cosa c’importava se la realtà era diversa? Come sapevamo che ci attendeva nascosta nel manto della gioia?

In quei momenti scompariva tutto. I problemi, i pensieri complessi,  il tempo scorreva in maniera diversa. Ogni minuto era lungo e lungamente vissuto, non sprecavamo un secondo.

Gettavamo alle spalle  il futuro, come se non dovesse mai arrivare. Prendevamo la vita per ciò che era.

Amavamo donne diverse, donne che ancora proprio donne non erano, bambine in  corpi che ci facevano impazzire. Poi scordavamo i loro nomi, perché fra fiumi di burrobirre ed idromiele le nostre menti ed i nostri cuori finivano annebbiati.

E la Luna era sempre lì. Madre, sorella ed amante, era Lei che mi dettava i Suoi tempi.

 

Dormi amore, dormi. Nel tuo sonno placido ti muovi dandomi i brivido qui sotto di te. Le tue dita accarezzano il mio torace e scivolano lentamente sul mio fianco. Accarezzi il tuo uomo, credi sia tuo, ma non sai che appartiene alla Signora della Notte. Gli respiri sulla pelle profumata di te. Dormi, amore, dormi.

 

Poi tutto è cambiato. Una notte ed è stata cancellata la mia vita. Mi sono ritrovato solo proprio quando avevo disimparato la solitudine.

Vaneggiavo come una belva nelle notti di Luna e come uomo per il resto del ciclo. Ero una bestia ferita, persa, cattiva, incapace di prendere qual poco che gli restava della vita e ricominciare daccapo.

Battevo le strade con la mia falcata misurata, nascosto nel mio manto d’infelicità. Cercavo conforto nella morbidezza dei corpi, per dimenticare, almeno per qualche ora chi ero.

C’era solo Lei. Lei non è mai andata via, ferma immobile, mi ha sempre illuminato con la Sua luce soffusa.

Ho imparato ad ascoltare i miei silenzi, ho imparato ad essere un emarginato fra gli emarginati. Mi sono isolato nella mia povertà, ho smesso di vivere la vita nella sua intensità.

Sono invecchiato da giovane.  La Luna ha regalato il Suo argento ai miei capelli, il mio corpo è diventato debole, la mia pelle bigia.

Ho smesso di guardare il Sole, il cielo non era più azzurro.

Nessuno mi accettava. Nessuno mi voleva. Ed io ero troppo stanco, troppo vecchio, per impormi in una società che non trovava posto per me. Non sapevo più lottare. Non sapevo più amare. Non  sapevo più vivere.

La Luna si nutriva di me instancabile e vorace. Ed io ho pensato: sto morendo. Sta tutto finendo. Sarò libero da me, dalla Luna, e dalla mia dannazione!

Ma purtroppo non sono morto.  Mi hanno trovato e rigettato a capofitto nella vita. Perché c’era ancora, lontano, qualcuno che mi voleva bene.

Ed a poco a poco, Remus J. Lupin, Il Lupo Mannaro, ha ricominciato a vivere.

 

Dormi amore, dormi. Anche se vorrei svegliarti ed  amarti di nuovo, per convincermi che non sei un sogno. Vorrei sentire la seta della tua pelle scivolarmi addosso, quella pelle che profuma di me,  vorrei alitare il vento delle tuoi sussurri, respirare la nebulosa massa dei tuoi capelli, affogare nel buio dei tuoi occhi, affondare in te per scappare da me. Ma sarei un egoista vigliacco. Dormi amore, dormi.

 

La neve continua a cadere, la notte scorre come i granuli di una clessidra. La Luna veleggia il cielo continuando ad ingrassarsi. Ormai è troppo grassa. Ed io sospiro sotto il tuo peso morto.

La vita mi è stata ritornata e con essa il dolore. Tu sei l’unica stella in questa notte senza fine. Non cadere stellina mia, non andartene via se un giorno scopri chi sono io.

Ho paura, paura di perderti, è per questo che ti sto mentendo. Tu non sei uno dei tanti corpi  dentro i quali ho tentato di dimenticare me. No, amore, no. Tu mi hai preso l’anima e l’hai nascosta nel tuo cuore. E se mi lasci  la porterai via con te.

Ed allora continua ad amare Remus per quello che pensi che sia. Continuiamo a fare l’amore fra queste lenzuola ruvide scaldandoci in queste fredde notti. Continuiamo a donarci senza mai riprenderci. Apriti a me per sempre, rosa fra i rovi.

L’alba è vicina. La sento.  Ed io in questa notte di muta confessione non ho chiuso un occhio.  Forse dovevo approfittarne per riposare. Ma dovevo raccontarti in silenzio chi sono, dovevo lavare con le mie lacrime le mie colpe.

 

Dormi amore, dormi. Fra i tuoi sogni stringi il mio corpo, sospirando con una tenera serenità. La tua stretta brucia la mia carne e mi perfora l’anima. Io ti stringo forte a me, affogando il mio volto bagnato  nella nube dei  tuoi capelli. Abbraccia il tuo uomo amore mio, ti prego, legami forte con le tue deboli braccia,  adesso che puoi.

Perché domani non avrai nessun uomo d’abbracciare.

 

Ma tu non ci pensare. Dormi, amore, dormi.

 

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