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Autore: Ciajka    03/11/2012    2 recensioni
La pietra di Mazzarino è stata rubata, Sherlock Holmes e John Watson ovviamente aiutano Scotland Yard con le indagini.. E fin qui, niente di nuovo.
Ma cosa succede se per riaverla dovessero infrangere la legge?
E se finalmente quei due si decidessero di ammettere quello che provano?
-Fanfiction nata grazie (?) ad una fanart-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fic è nata grazie ad una fanart che mostrerò nel prossimo capitolo (tanto per farvi incuriosire).
Cosa dire, prima di iniziare la lettura? Uhm, nulla di che.. Inizialmente volevo che fosse una one shot, ma poi ho pensato di dividerla in due capitoli, tanto per non annoiarvi troppo. (Non sono capace di scrivere poco!) Inoltre il mio obbiettivo è tradurla in inglese (non so come, ma lo farò.. o almeno, se qui avrà un discreto successo lo farò, altrimenti brucerò i fogli e penserò ad altro.)
Ma è meglio che mi ferma e che valutiate voi stessi la qualità (bassa) di questo scritto! Mi piacerebbe ricevere qualche commento, tanto per sapere se questa “cosa” è di vostro gradimento..
 
Era una notte gelida.
Una di quelle notti d’inverno che ognuno vorrebbe passarla semplicemente con una tazza di tè bollente tra le mani, mentre si guarda qualche programma alla tv, oppure comodamente sotto le coperte.
Cose che effettivamente stavano facendo la maggior parte dei londinesi.
Ma non tutti erano così fortunati.
Chiedetelo a quelle cinque persone che stavano correndo a perdifiato in quell’angusto vicoletto sperso nei bassifondi della metropoli.
No, non stavano facendo una corsetta per digerire la cena.
Uno di loro era un ladro, gli altri quattro facevano parte delle forze dell’ordine e lo stavano inseguendo.
Anzi, forse non è del tutto corretto dire che tutti e quattro facevano parte delle forze dell’ordine. L’ispettore Greg Lestrade e l’agente Bob Saveloy lo erano di sicuro.
Sherlock Holmes e John Watson invece no.
Anche se bisogna dire che se non fosse stato per il loro aiuto non si sarebbero mai trovati in quella situazione (anche se in un certo punto di vista sarebbe stato meglio..) e il ladro si sarebbe intascato il bottino, avrebbe prenotato un volo aereo per le Maldive e avrebbe fatto perdere le sue tracce per sempre. O qualcosa di simile.
Sta di fatto che i due agenti di Scotland Yard, il consulente investigativo e il suo blogger stavano inseguendo un criminale in una gelida notte d’inverno.
Non ci volle molto tempo prima di acciuffare il ladro, tenendo conto che era piuttosto sovrappeso.
«Conte Sylvius, In nome della legge, la dichiaro in arresto!» dichiarò Lestrade, con il fiato corto, mentre il collega ammanettava il fuggitivo.
«Ora dacci il diamante!» tuonò l’agente Saveloy.
«Non ce l’ho qui.» sbiascicò.
«E dov’è allora?»
Ma l’uomo non volle rispondere. Improvvisamente sembrava essere diventato muto.
«Ti aspetta un bell’interrogatorio quando giungeremo al distretto.» disse Lestrade, ma la faccia paffuta del ladro non cambiò affatto espressione.
Sherlock, che fino ad allora era rimasto zitto, disse all’ispettore: «Noi torniamo a Baker Street, lasciamo il resto agli esperti. »
Lestrade lo guardò con sufficienza, prima di fare un cenno d’assenso.
«Lasciare il resto agli esperti?» chiese John appena si trovarono a qualche metro di distanza «Da quando consideri esperti gli agenti di Scotland Yard?»
«Da….mai.» sorrise sbiecamente Sherlock «Ora dobbiamo andare in un certo posto a fare una cosa che non ti piacerà.»
John gli lanciò un’occhiataccia «Non stiamo tornando al nostro appartamento?»
«Se vuoi che il diamante venga perso per sempre, si.» rispose il consulente investigativo.
«Ok, Sherlock.» sospirò John «Dove stiamo andando? E perché non dovrebbe piacermi?»
«Stiamo andando dove è nascosto il diamante. Ma per prenderlo dovremo compiere un’effrazione.»
«Stai scherzando?» chiese il medico, ma subito aggiunse  «No, non stai scherzando..» quando guardò la faccia seria del coinquilino.
«Tranquillo, John. Sarà un’esperienza.. interessante. Mettersi nei panni di un ladro, intendo.»
«Oh,si.. Muoio dalla voglio di entrare in una casa di un ricco malvivente..» sospirò John, per poi aggiungere «Perché non chiamare la polizia? Se sai dov’è il diamante..»
«No, sono troppo lenti. Bisognerebbe richiedere un mandato per fare irruzione nell’appartamento e noi non abbiamo tempo da perdere.»
«Ma se è a casa di Sylvius è ovvio che-»
«Non stiamo andando a casa di Sylvius, ma a quella del suo collega. È li che si trova il diamante. E prima che si rendano conto che il signor Sam Merton è immischiato nel caso, stai certo che fa prima ad arrivare l’estate. Così lui avrebbe tutto il tempo di scappare all’estero e cambiare identità. Ma noi dobbiamo colpire prima che Merton scopra che il suo complice è stato arrestato. Quindi abbiamo…due ore al massimo.» concluse, guardando lo schermo del cellulare.
John si rabbuiò «Se per caso ci scoprono potrebbero arrestarci.»
«Già. Ma non sei obbligato a seguirmi.»
John fece una risatina sarcastica, prima di dire: «Non ce la faresti mai senza di me.»
 
L’appartamento di Sam Merton si trovava al secondo piano di una palazzina a pochi isolati da dove avevano catturato il conte Sylvius.
E , fortunatamente, nessuno era in casa.
Quella notte John Watson scoprì che Sherlock era piuttosto abile a scassinare le porte, appena lo vide armeggiare la serratura mediante un paio di fili di ferro. Pensava che una cosa del genere fosse possibile solo in televisione o al cinema.
 «Dove pensi che si trovi il diamante?» chiese John, appena furono entrati.
«In una cassaforte nascosta da qualche parte.» rispose l’amico, mentre tirava fuori da una tasca una piccola torcia elettrica.
John alzò gli occhi al soffitto, per niente colpito dalla deduzione dell’amico.
«Probabilmente dietro a quel quadro.» indicò con la torcia una tela che ritraeva un vaso di fiori di pessima qualità «È della grandezza ideale per nascondere una cassaforte di modello classico, tenendo conto che è l’unico abbellimento della stanza che è arredata piuttosto spartanamente, inoltre la presenz-»
«Ok, Sherlock, smettila.» lo richiamò John «Non dobbiamo farci sentire!»
Sherlock serrò immediatamente la bocca e si avviò con passo felpato verso il quadro.
La sua deduzione era corretta, infatti appena lo spostò si ritrovarono davanti ad una cassaforte a muro.
«Prevedibile.» si lasciò sfuggire il consulente investigativo.
«Per fortuna! Almeno non abbiamo perso tempo a cercarla!»
«Si, ma è pur sempre prevedibile.»
Sherlock incominciò immediatamente a smuovere la manopola per trovare la combinazione, posando l’orecchio sopra al meccanismo.
Anche questa scena lasciò interdetto il povero John Watson, che si chiese se non stavano in verità girando un film con protagonista Arsenio Lupin.
Il rumore di un’auto che si accostava proprio di fronte alla palazzine fece inquietare il blogger.
Senza fare rumore si avvicinò alla finestra più vicina e sbirciò fuori.
«Sherlock…» sussurrò John «Abbiamo un problema..»
«Vorrei un po’ di silenzio, sto lavorando.»
«Sam Merton è appena uscito dall’auto e si sta per entrare nel nostro palazzo.»
Sherlock puntò gli occhi preoccupati di John e disse «Mmm.. questo si che è un piccolo problema..»
«Dobbiamo andarcene al più presto!» lo spronò John.
«Ho quasi finito, tu intanto apri la porta-finestra che è nella camera da letto.»
«Come cavolo fai a sapere che-» ma non finì la propria frase, perché si rese conto che era piuttosto inutile dibattere su una cosa simile.
 Si affrettò a raggiungere la camera da letto e spalancò la porta di vetro. Fuori c’era un balcone piuttosto ampio che dava sul retro della palazzina.
Ritornò dall’amico, che era ancora intento a smuovere la manopola.
«Sbrigati!» gridò sottovoce il medico, mentre sentiva dei passi salire le scale per raggiungere il secondo piano.
Sherlock non rispose, ma continuò quello che stava facendo senza esitazioni.
I passi si avvicinavano sempre di più, ora erano a pochi metri dalla porta d’entrata.
Il meccanismo scattò e la piccola porta della cassaforte si aprì, mostrando un pacchetto al suo interno. Sherlock lo afferrò senza tante cerimonie e si fiondò, seguito da John, verso l’unica via di fuga.
Appena misero piede all’esterno, notarono che la luce dell’entrata si era appena accesa e captarono un lungo ringhio di disapprovazione.
«Dobbiamo raggiungere le scale antincendio, è troppo alto per saltare da qui!» ordinò Sherlock, cercando di non farsi sentire dal padrone di casa.
Il consulente investigativo salì sul parapetto e saltò, atterrando su quello del balcone vicino.
John fece lo stesso, ma senza la grazia felina dell’amico. Infatti rischiò seriamente di scivolare appena i suoi piedi atterrarono sulla pietra gelata, ma per fortuna Sherlock riuscì ad afferrarlo in tempo.
«Hai le gambe troppo corte.» sottolineò Sherlock.
«Grazie per avermelo fatto notare!» ribatté offeso John.
Sherlock sbuffò, poi prese per mano l’amico, trascinandolo con sé.
«Co-Cosa fai?!» sussultò John, spiazzato.
«È meglio che saltiamo assieme, altrimenti rischi di cadere.» rispose, salendo sul parapetto opposto.
«Ma-!» iniziò John, ma lo seguì immediatamente appena sentì le bestemmie di Merton che si avvicinavano sempre di più. Probabilmente si era reso conto che i ladri dovevano essere usciti dalla porta-finestra della camera da letto.
Sherlock e John saltarono e atterrarono in perfetto equilibrio.
Si scambiarono un’occhiata e, senza fiatare, raggiunsero la scala antincendio che si trovava a fianco del balcone.
Scesero i gradini più velocemente possibile, ma allo stesso tempo cercando di non fare nessun rumore, per non attirare l’attenzione di Merton.
Quando raggiunsero terra cominciarono a correre a perdifiato, finché, dopo svariati metri di distanza, si fermarono poggiando la schiena su un muro di mattoni.
«Non ho corso così tanto in vita mia!» ansimò John.
«Uff! Ci mancava veramente poco!» disse Sherlock, anche lui piuttosto affaticato.
Solo allora si accorsero che si tenevano ancora per mano, così si lasciarono in modo frettoloso, come se fossero stati colpiti da una scarica elettrica.
«E-hm.» si schiarì la voce John «Il diamante?»
«Eccolo qui.» rispose Sherlock, aprendo il pacchetto imballato alla bell’e meglio.
Infatti eccolo li il diamante che era stato rubato e che aveva fatto impazzire tutta Scotland Yard per ritrovarlo.
E, per una strana ragione del destino, appena fu energeticamente  liberato dalla carta che lo teneva imprigionato, decise di tuffarsi a terra, aiutato dalla sua amica forza di gravità.
«No!» dissero i due contemporaneamente, e, sempre contemporaneamente, si chinarono a terra per afferrarlo.
La collisione fu inevitabile.
«Ai!» si lamentò John, mentre il consulente investigativo cercava di non dimostrare il dolore serrando le labbra.
«Tutto bene?» chiese quest’ultimo massaggiandosi la fronte.
«Mmm.. si, si.»
John lanciò un’occhiata a Sherlock e si ritrovò a sorridere. Sembrava un gattino che non voleva mostrare le sue ferite.  O almeno, questo era il pensiero di John, che probabilmente nessun altro essere umano avrebbe mai pensato in un momento simile.
Sherlock guardò interrogativamente l’amico, ma ben presto si ritrovò a sorridere anche lui senza motivo.
Una scena del genere, vista in un film, funzionerebbe da preludio a qualche dichiarazione amorosa, forse addirittura ad un bacio appassionato.
Ma, ovviamente, non accadde nulla di tutto ciò.
Tutti e due abbassarono gli occhi e si concentrarono sul diamante caduto a terra.
Dopo qualche secondo di indecisione da parte dei due su chi avrebbe allungato la mano per afferrarlo, Sherlock disse «Bene, e-hem, adesso prendo la pietra.»
Lo fece e la rimise al sicuro i tasca.
«Missione compiuta.» fu il timido commento di John.
  
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