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Autore: Medea00    04/11/2012    9 recensioni
Scritta per Somochu Pyxis.
Prompt: Seblaine!Wedding Planner.
E la mia mente partì per la tangenziale.
Avvertenze: Tanto Seblaine in stile "Un amore di testimone" e Eli C. Sì, c'ho messo anche lui. Ahahah! Hope you like it!
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Promptami'
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Titolo: Ciclamino
Autore: Sempre io.
Parole: 1957
Rating: Verde
Prompt: Seblaine!Wedding Planner (richiesto da Somochu)
Avvertenze: Seblaine; Eli C.






 
Non è molto difficile un matrimonio.
Il prete ti fa un sacco di domande, parla con quella voce tenue, ti rende incredibilmente sicuro di te mentre pronunci convinto quel fatidico “sì”.
Il pranzo scorre veloce se organizzato da un catering o un ristorante, ti limiti a sederti a tavola, fare qualche sorriso, chiedere agli invitati come se la passano e poi sopravvivere fino al ritorno a casa; i giorni dopo sono tutta una festa fatta di gioie e festeggiamenti perché con quell’anello al dito il mondo appare migliore, e non c’è tempo per pensare a cose burocratiche come le carte al comune, il mutuo, o un lavoro. Ci sei solo tu e il tuo sposo.
Insomma, non è difficile. Se hai a portata di mano un buon wedding planner.
L’agenzia Smatrimoni è guidata dagli Smythe da oltre quattro generazioni. Era nata nella metà del novecento, quando l’America cominciava il suo incredibile boom economico e le donne potevano permettersi una limousine in affitto per andare a fare shopping; era un lavoro di tutto rispetto, consisteva nel rendere felici delle persone, nel rendere unico il giorno più bello della loro vita.
Sebastian non aveva mai creduto in quelle cose. Non aveva mai creduto nel matrimonio, in effetti. A nove anni il ragazzo che gli piaceva gli aveva dato della checca e da quel momento in poi si era ripromesso che non avrebbe mai amato nessuno; all’inizio, aveva semplicemente pensato che l’amore facesse male. Poi, col passare degli anni, e dei matrimoni che lui era stato costretto a organizzare insieme a sua madre, si era reso conto che non esistesse. Aveva ormai ventisette anni, e una sessantina di storie occasionali iniziate e finite nel suo letto; sicuramente, però, erano state molto più sincere di quelle coppie che impazzivano per mesi e mesi per poi lasciarsi dopo nemmeno un anno soltanto perché lei non si era decisa a lavargli la borsa della palestra. Erano tutti degli ipocriti. Le donne volevano la festa in grande, i fiori belli, la navata ricca di colori e il vestito bianco, quando avevano perso la verginità a sedici anni in un bagno della stazione di servizio. Gli uomini, invece, volevano che la loro sposa apparisse il più bella e sexy possibile solo per arrivare a fine giornata e dire ai loro amici “visto che figa ho sposato? Ed è tutta mia”. Giusto per rispondere a quelle classiche persone che dicevano “hai fatto un errore, adesso sei fregato”, e cose così.
Forse era particolarmente prevenuto sull’argomento, ma in tutta la sua carriera non aveva mai organizzato un matrimonio che avrebbe potuto definire: felice. C’era sempre qualcosa di incredibilmente ipocrita. Come l’invitato di turno venuto solo per il caviale, o il quartetto d’archi che suonava un musicista di cui gli sposi non sapevano nemmeno il nome. Ma a loro non importavano tutte quelle cose, non era un loro problema occuparsene, c’era il wedding planner, e così Sebastian si trovava a fare delle cose semplici, ma emozionanti, e senza ricevere nulla in cambio. A parte quindicimila dollari in assegno, ovviamente.
“Sebastian, dobbiamo essere pronti per la cerimonia.”
Sua madre Elinor era sempre stata molto schietta e professionale con lui; da quando aveva divorziato con suo marito ventidue anni prima, erano stati sempre insieme, e lo aveva istruito come un degno erede dell’agenzia: lavorare sodo, e parlare poco. Questo era il loro motto, e fino a qualche mese fa aveva sempre funzionato.
Ma esistono sempre le eccezioni.
“Non sono sicuro di venire, tu avviati, magari ti raggiungo dopo.”
Non appena dette quelle parole, sua madre fece capolino dalla porta della sua stanza, con un tacco in mano e una smorfia accigliata: “Ne abbiamo già parlato. Sei il wedding planner, non puoi non venire.”
“Se ci vai tu andrà benissimo comunque.”
“Ma perché ti sei così fissato su questo matrimonio?” Sbottò allora la donna, con uno sbuffo sonoro e le mani intrecciate sul petto, “Prima mi dici di non volerci più lavorare e affidi tutto a me, poi non ti presenti alla cerimonia. C’è qualcosa che devo sapere, Sebastian?”
“… No”, rispose, qualche secondo dopo.
Non c’era nulla che dovesse, o potesse, sapere. Perché quello che era successo tra di lui e il suo cliente Blaine Anderson non andava divulgato a nessuna persona vivente.
Dopotutto, non c’era bisogno di scatenare un putiferio giusto nel giorno del suo matrimonio, no?
 


Con suo grande rammarico, però, sua madre aveva il suo stesso temperamento cocciuto, e così dopo un’ora si trovò davanti alla cappella Saint George alle undici meno cinque del mattino.
C’era un tempo piuttosto sereno, soleggiato, per essere Ottobre, e quell’edificio fin troppo conosciuto risaltava sotto ai raggi del sole alto in cielo. Sebastian si guardò intorno un paio di volte, era sicuro che Blaine si trovasse lì da qualche parte, magari, a provare le sue promesse, o a capire perché diavolo stesse facendo tutto quello; sotto sotto, lui sperava di più nella seconda.
Ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da una mano che andò a posarsi sulla sua spalla, e un attimo dopo l’uomo che più odiava al mondo si era presentato davanti ai suoi occhi, con il suo completo firmato, un sorriso freddo, le sue guance incavate accompagnate a delle occhiaie maldestramente coperte da un filo di trucco.
“Sebastian, che piacere vederti.”
“Buongiorno, Eli. Pronto per il grande passo?”
Lo sposo si strinse nelle spalle e fece una piccola risatina, cercando di apparire disinvolto: “Oh, non vedo l’ora. Volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me e Blaine. Questo matrimonio non è ancora iniziato ed è già perfetto.”
“Certo. Sicuro.”
Povero piccolo ragazzo ignaro.
“Beh, vado a controllare se le candele sono tutte accese.” Annunciò Eli, “Lo sai com’è fatto Blaine, se tutto non è perfetto comincia a perdere la testa.”
“Oh, fidati, lo so.”
Lo so molto bene, voleva aggiungere, ma no, lui era venuto solo in veste di wedding planner, e non avrebbe rovinato il matrimonio di quei due ragazzi.
Anche se uno di loro, esattamente un anno prima, era entrato nella sua vita cambiandola radicalmente.
Anche se soltanto il giorno prima si stavano baciando proprio lì dentro quell’edificio, strusciandosi contro il muro freddo e piastrellato, mentre lui gli sussurrava parole private all’orecchio, perché non poteva dirgli quelle cose, lui stava per sposarsi. E poco importava se dopo mesi costretti a passare insieme la maggior parte del giorno, per via dei preparativi, erano diventati un po’ alticci per via dei centinaia di champagne provati, e poi avevano finito per fare sesso in camera sua. Poco importava se Blaine si era presentato una notte a casa sua fradicio come un pulcino e cominciando a piangere sulla sua spalla, dicendogli che non amava più Eli, che si era accorto di amare qualcun altro.
Quell’altro nome, Blaine, non lo aveva mai detto.
Sebastian gli aveva impedito di farlo, perché lui stava con Eli da quattro anni, non poteva fare cazzate, ormai; aveva scelto la sua strada il giorno in cui si era presentato nella sua agenzia, chiedendogli di organizzare il suo matrimonio in modo che fosse perfetto nel miglior modo possibile.
Lo fece. Sebastian ci mise anima e corpo quella volta, perché Blaine meritava tutte le cose belle di quel mondo, ma lui, questo,  non avrebbe mai osato ammetterlo ad alta voce.
Dopotutto, lo aveva detto chiaramente: “Io non credo nell’amore, Blaine. Tra qualche anno ti sveglierai accanto al tuo caro maritino e ti accorgerai di aver sprecato i migliori anni della tua vita.”
“E’ un discorso molto scettico, detto da uno che organizza matrimoni”, gli aveva risposto lui.
“Parlo così proprio perché conosco la materia.”
E perché non poteva continuare a fare finta che tra di loro non fosse niente, come dei momenti di sesso occasionale, fini a loro stessi. Avevano smesso di fare sesso molti mesi prima; adesso, quando chiamavano dolcemente il loro nome sotto le coperte, quando si accarezzavano, spostando qualche ciocca di capelli dal viso, era tutto molto più profondo. E lo sapevano bene. Oh, se lo sapevano. Sebastian continuava a pensare che presentarsi lì fosse stata davvero una pessima idea, ma dopotutto, gli restava un solo minuto per vedere Blaine. Per parlargli, prima di perderlo per sempre.
Ovviamente, quel giorno Blaine era bello più del naturale. Indossava un elegante smoking nero che gli risaltava perfettamente le gambe toniche e le spalle, accompagnato da una cravatta in seta color tortora, evidenziandogli la carnagione olivastra, e le bellissime smagliature dorate dei suoi occhi.
Stava camminando per il corridoio avanti e indietro, in attesa che partisse la famosissima marcia nuziale e lui dovesse fare la sua entrata in scena; c’era solo una porta a dividerli dal resto del mondo, ma a Sebastian bastava.
“Devo parlarti.”
Blaine alzò la testa di scatto nel sentire quella voce, e per poco non svenne a un minuto dal suo matrimonio, perché Sebastian era bello anche con una semplice camicia addosso, soprattutto quando lo fissava in quel modo.
“Non dovresti essere qui”, sussurrò, voltandosi di scatto e cominciando a stringere le mani l’una con l’altra. “Vattene via Sebastian, devo ripassare la mia promessa.”
“Una promessa di cosa, Blaine? Di amarlo e onorarlo finché morte non vi separi? Di essergli fedele per sempre?”
“Vaffanculo, Sebastian.”
“No, stavolta devi ascoltarmi.” Gli afferrò le braccia da dietro, in una morsa stretta, dolorosa. Si concesse solo un minuto di esitazione, perché quel giorno la colonia di Blaine era più forte del solito; era un profumo che aveva imparato ad adorare con il tempo, che ormai era sul suo cuscino, sui suoi vestiti.
“Non puoi farlo.”
E sapeva benissimo quanto quella frase fosse ridicola, e stupida, e quello era davvero un cliché degno del peggior film, ma quando si è a un minuto dalla fine si fanno anche le cose più assurde.
“Devi lasciarmi stare Sebastian. Sto per sposarmi.”
“Non puoi farlo Blaine, non puoi farlo.”
Non si vergognava nemmeno di nascondere il tremolio nella sua voce: era il suono di non poterlo più stringere tra le sue braccia, di non potergli più dare il bacio del buongiorno, di non riuscire ad ascoltare la sua incantevole risata dopo aver detto qualcosa di eccessivamente piccante.
Era l’idea di non avere più Blaine, a ridurlo in mille pezzettini.
“Io mi trovo bene con Eli.”
Blaine cominciò a parlare piano, calibrando tutte le parole.
“Mi tiene sempre la porta quando entriamo in qualche locale. Riesce a sopportare le mie crisi isteriche per delle ore. Per il nostro anniversario mi ha portato a vedere il mio musical preferito, perché sa esattamente quali sono i miei gusti preferiti, perché mi fa sempre tantissime domande. Sono la persona più importante della sua vita, e io non posso separarmi da lui.”
“Ma non lo ami.”
Blaine trasalì per un momento. Il suo cuore, ormai, non riusciva più a capire a che ritmo dovesse battere, e così era un susseguirsi di pause e trepidazioni che lo stavano facendo inesorabilmente impazzire. La voce di Sebastian era calda, così come il suo respiro, a pochi centimetri dal collo che tante volte si era ritrovato ad assaggiare; stringeva le sue spalle come se fossero l’unica cosa che sarebbe riuscito a trattenere, e Blaine stava lottando con tutte le sue forze per non guardarlo dritto negli occhi, per non voltarsi, perché, lo sapeva, l’impatto sarebbe stato troppo forte.
“Hai ragione. Io non ti tengo la porta quando entriamo in qualche locale, perché sono troppo occupato a stare dietro ad ammirare il tuo culo, per farlo. E non ti ascolto quando inizi a straparlare delle tue crisi isteriche, perché io sono le tue crisi isteriche. E forse non conosco il nome del tuo musical preferito, ma io non ho bisogno di chiederti quali siano i tuoi gusti. Io li so. Li riconosco, Blaine. Conosco ogni tua singola reazione.
E forse tu sei la persona più importante della sua vita. Ma tu non puoi buttare la tua solo perché ti sembra giusto stare con lui.”
Blaine non parlò per molto tempo.
Si scostò da lui con uno strattone, gli rivolse un’occhiata guardandolo solo con la coda dell’occhio.
Entrò nel salone, la musica era già partita, la cerimonia, ormai, cominciata.
Il cerimoniere si trovava in fondo alla bellissima navata, affiancato da Eli che adesso lo stava ammirando compiaciuto.
Era tutto perfetto. Non c’era nemmeno una cosa che fosse contro le sue previsioni, e c’erano altri dettagli, invece, che non aveva nemmeno mai considerato.
Come suo fratello seduto in seconda fila verso la parte interna del corridoio, così da ricevere un pizzicotto di incoraggiamento giusto prima di salire le scale; come quel piccolo ciclamino che era posato sul leggio di Blaine. Non aveva senso usare il bianco, lui ormai non era più puro da molto tempo, e trovarsi quel piccolo colore rosa pallido lo fece sussultare.
Aveva studiato insieme a Sebastian ogni significato dei fiori: significava amore senza pretese.
“Carissimi Eli e Blaine.”
Il cerimoniere parlò con voce solenne, riecheggiò per tutta la sala, e Blaine si voltò di scatto verso di lui sentendo il suo cuore pulsare irrefrenabilmente.
“Siete venuti insieme perché il vostro amore riceva il suo sigillo e la sua consacrazione davanti al ministro degli stati Uniti e davanti alla comunità. Voi siete già consacrati mediante il Battesimo: ora Cristo vi benedice e vi rafforza con il sacramento nuziale, perché vi amiate l'un l'altro con amore fedele e inesauribile ed assumiate responsabilmente i doveri del matrimonio. Pertanto vi chiedo di esprimere davanti a questa sede le vostre intenzioni.”
Eli spostò il peso da un piede all’altro, incredibilmente emozionato.
“Eli e Blaine, siete venuti a contrarre matrimonio in piena libertà, senza alcuna costrizione, pienamente consapevoli del significato della vostra decisione?”
No.
“Sì”, risposero in coro, e l’uomo andò avanti: “Siete disposti, nella nuova via del matrimonio, ad amarvi e onorarvi l'un l'altro per tutta la vita?”
“Sì”, dissero di nuovo, e qualcosa, dentro di Blaine, fece sì che si voltasse appena per incontrare lo sguardo di Sebastian: era vuoto. Come un involucro spogliato di tutta la sua forza.
Soffriva.
“Siete disposti ad accogliere, responsabilmente e con amore, i figli che Dio vorrà donarvi ed educarli?”
Figli?
Non riusciva ad immaginare Eli con dei bambini. Era sempre stato imbranato, e poco incline all’idea di famiglia allargata. L’ultima volta che lo aveva sorpreso tenere in braccio il figlio di Cooper, aveva fatto una smorfia, dicendogli che grazie al cielo loro non avrebbero avuto quel tipo di grane.
Sebastian sarebbe stato un buon padre. All’apparenza burbero, mai sdolcinato. Eppure, ce lo vedeva proprio ad accudire sua figlia dopo una delusione d’amore, o a rimproverare suo figlio perché era stato talmente idiota da prendere un brutto voto in qualche materia.
Sarebbe stato un padre rumoroso e presente, probabilmente, per i suoi modi di fare sfacciati, d’imbarazzo per le nuove generazioni.
E riusciva a vedersi con estrema chiarezza nel bel mezzo di quel quadretto, intrecciando le dita alle sue, sorridendogli compiaciuto, mentre i loro figli litigavano per chi usasse il televisore.
Era tutto molto diverso dalla realtà che stava vivendo.
“Se, dunque, è vostra intenzione unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimente davanti a Dio il vostro consenso.”
Eli si sporse verso di Blaine prendendogli delicatamente una mano. Parlò con tono sicuro, riflessivo, non era mai stato un ragazzo impulsivo o soggetto ai suoi sentimenti. Per lui era tutto molto chiaro: bianco o nero. Amava Blaine, e l’avrebbe sposato.
“Io, Eli, accolgo te, Blaine, come mia sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.”
Era un bel discorso. Conciso, impostato. Come tutto il resto della loro relazione.
“Io, Blaine…”
Un momento.
“… Qualcosa non va?”
“Lo lasci parlare”, intervenne dolcemente Eli verso il cerimoniere, “gli dia del tempo. Blaine?”
Alzò lo sguardo per incrociare i suoi occhi. Ed era quella la verità. Non provava nessuna scintilla. Non vi leggeva nulla. Erano semplicemente due iridi scure, che ormai non significavano più niente.
“Io… non posso farlo.”
 

Forse era stato particolarmente crudele usare quelle esatte parole.
Ma, in fondo, ne era valsa la pena, solo per vedere un sorriso radioso comparire sul volto del suo unico, vero amore.







 

   
 
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