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Autore: whitevelyn    05/11/2012    0 recensioni
Perchè la vita, quando stai per morire, non è vero che ti lascia tutta d'un colpo.
La vita, quando stai per morire, si spegne un ricordo per volta.
E hai tutto il tempo di capire quel che stai lasciando.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
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Summertime sadness, Lana Del Rey.



Le persiane cigolano mentre fuori il vento tira più forte dei giorni scorsi, mi ricordano il fischio degli aironi radunati lungo le rive del lago.
Mathias mi ha spiegato molte cose riguardo gli aironi, i volatili sono la sua passione, come per mamma lo sono i pesci. Mi ha detto che gli ricordano la sua famiglia, quella vera, quella che non c'è più, quella che non mi ha mai spiegato nè dove, nè come, sia scomparsa.
Mathias ha solo una foto di sua madre che si chiamava Anastasia e che ha la bocca identica alla sua.
Certe volte quando la guarda passa un pollice sul suo viso, e non capisco se lo fa come se volesse accarezzarla, o solo cancellarla da un ricordo che gli pulsa in testa prepotente e lo tortura fino alle lacrime, quelle che non versa e che gli sfondano la parte bianca dell'occhio.
Ed io come al solito non posso fare niente, se non restare con lui.
Qui in colonia sulle sponde del Michigan, i maschi e le femmine sono stati separati in due dormitori, ma a Mathias è stato concesso di restare in stanza con me e Dakota, grazie all'autorizzazione rilasciata personalmente dal direttore della nostra scuola, il signor Luxor.
La nebbia che avvolge Mathias nel suo bozzolo di gesti ripetuti imparati a memoria e che sembrano rassicurarlo, isolandolo in una bolla di silenzio in cui la realtà difficilmente riesce ad entrare, sembra talvolta rarefarsi, specialmente nel corso di questi ultimi mesi estivi. Io lo capisco specialmente quando inizia a mancargli l'aria, e s'affanna a respirare più in fretta. Il dottore che lo ha visitato in giugno ha detto che ha una leggera forma d'asma e per questo quando se la vede brutta si attacca con la bocca ad un tubetto azzurro che lo dovrebbe aiutare. Ma secondo me non centra niente, è tutto sbagliato.
E' solo il mondo esterno che inizia ad intravedersi oltre lo strato di nebbia sempre più sottile, che lo terrorizza e lo soffoca.
Ma come mi dice papà quando gli parlo per telefono ogni sera dopo la cena in mensa, io non sono un dottore e devo lasciare che siano gli esperti a mettere a posto le cose. Il problema è che non c'è nessuno qui che sia abbastanza esperto di Mathias, nemmeno io e Dakota che lo guarda spesso come se fosse un chiodo arruginito piantato con indesiderata violenza al centro della sua vita. Mi sembra così strano, lei che fa facilmente amicizia con tutti.
Ha fatto amicizia perfino con Levi Navarro che è ancora in classe con noi. Il giorno che li ho visti insieme nel cortile della scuola dare il via ad una partita di ruba bandiera, ho per qualche istante sperato che potesse in qualche modo significare anche la fine della guerra a senso unico tra Levi e Mathias.
Naturalmente non è stato così. Da quando siamo qui in colonia gli ha rubato il tubetto per l'asma almeno venti volte, perciò è una fortuna che dopodomani torniamo tutti quanti a casa.

Stamattina quando mi sono svegliata avevo qualche linea di febbre, così sono rimasta in camera ed ho pensato a tutto quello che abbiamo fatto durante questa lunga gita scolastica. Ho pensato che la natura è proprio una cosa meravigliosa, di una bellezza terrificante, soprattutto il cielo, il modo in cui cambia colore e si fonde con l'acqua del lago, infondo, dove c'è l'orizzonte e sembra che dopo si cada di sotto. Ho pensato che è impossibile capire come funzioni tutto questo e che bisogna accettarlo per non diventare dei pazzi furiosi come papà che gli esce il fumo dalle orecchie quando passa troppo tempo con l'occhio appiccicato al microscopio e poi gli viene l'emicrania e deve prendere quei grossi pastiglioni bianchi che friggono dentro il bicchiere pieno d'acqua.
Ho pensato che fa bene la mamma a fregarsene della scienza e la matematica e che semplicemente gioisce del fascino dei colori, dei suoni, delle forme, di tutto l'insieme. Ed ho pensato anche che io non ce la farò mai ad essere come lei, a fare come fa lei. Ho pensato che io diventerò come papà, che sono già come lui.
Ho pensato che anche a me viene sempre mal di testa quando guardo Mathias troppo a lungo e mi vengono in mente tutte quelle domande sul suo passato, che lo ha reso tanto ermetico. Ho pensato anche alla bellezza del suo viso irrigidito nello sforzo di respingere le emozioni, i pensieri, le paure e le persone.
Ho pensato ad Olivia che lo spia sempre in sordina, nascosta in mezzo agli altri, fingendosi distaccata e gelida, ma c'è qualcosa in lui che la attrae.
Ho pensato che i miei incubi sono aumentati, che quegli occhi celesti mi fissano accusatori ogni volta più grandi e vicini. Insistenti e sempre meno innocenti.
Ed ho pensato che infondo io lo so a chi appartengono quegli occhi, che mi fanno sobbalzare nel sonno, che mi strappano via dalla gola urli agghiaccianti nel bel mezzo della notte e mi lasciano lungo il petto scie di sudore freddo. Ho pensato che sono gli occhi spalancati di Olivia il giorno del suo sesto compleanno.
Ho pensato che quel giorno, mentre assistevo allo stupro della sua innocenza, da qualche parte nell'azzurro dei suoi occhi si stava perdendo anche la mia e che infondo a ben vedere siamo tutti bambini bruciati. Ed ho pensato che abbiamo solo dodici anni, cos'altro succederà?
A volte sento il sapore del ferro infondo al palato, anche se non ho fatto nessuna corsa.
A volte ho l'impressione che la vita dovrebbe scorrere più lenta per fare più attenzione, per avere il tempo di calcolare meglio i rischi, immaginare gli imprevisti, impedire le conseguenze, non aprire la porta sbagliata mentre stai solo cercando il bagno. Invece no, la vita saetta in avanti, sempre più avanti, come una scheggia impazzita, come un motorino in mezzo al traffico e quando freni è troppo tardi. Sei morto anche se non lo capisci subito.

La porta della stanza si spalanca e Mathias mi compare davanti all'improvviso, scosso e tremante, con gli occhi più lucidi della superficie del Michigan.
Si precipita verso il comodino accanto al suo letto, quello più vicino alla finestra, con le coperte blu scuro. Si muove scoordinato e capisco che è in preda all'angoscia tipica delle sue crisi respiratorie, altrimenti le sue movenze sarebbero piene di armonia ed impeccabili. Inciampa e sbatte con le ginocchia sul legno del pavimento, ma non perde tempo ed arranca verso il cassetto. Rimango imbambolata mentre mi sento paralizzata nella mia posa preferita, seduta a gambe incrociate al centro del mio letto, quello nel mezzo con le coperte color vaniglia. Il cassetto esce dal suo scomparto e precipita sul pavimento proprio davanti alla sua faccia madida di sudore.
E poi, forse a causa di quel fracasso, il mio cervello riesce a far partire verso gli arti l'impulso necessario affinchè si rimettano in moto, così rapidamente mi sposto al suo fianco e prendendo dal cassetto il tubetto azzurro glielo porgo.
Mathias inspira a fondo con foga, avido di ossigeno mentre i suoi occhi si fanno spazio con invadenza dentro i miei, ed il suo petto si alza e si abbassa.
Il suono del suo respiro che ritorna poco a poco regolare riempie tutta la stanza, mentre il battito del mio cuore mi trafigge le orecchie dall'interno.
"Sai che te lo devi sempre portare dietro, non puoi uscire senza." Nonostante abbia ricominciato a respirare normalmente, Mathias mi sembra ancora su di giri, agitato e stranamente arrabbiato perchè la rabbia non è un'emozione che gli appartiene. Perchè infondo nessuna emozione sembra mai appartenergli.
"E' stato lui. E' stato Levi. Lo so che è stato lui, non ho bisogno di coglierlo con le mani in fallo. Io lo so sempre che è lui." Un bagliore disperato gli scintilla negli occhi, mentre non riesco come sempre a mettere assieme i pezzi di quel che mi vuole dire.
"I miei vetri sono scomparsi. Stellah, erano in tutte le sfumature del blu. Ci dovevo costruire un regalo."
E' così complicato riuscire a capire quando Mathias parla delle cose, a meno che non stia parlando di volatili. Devo sempre fargli il terzo grado per arrivare al nocciolo delle questioni, ma in mezzo a tutte le domande che potrei porgli adesso, mi destabilizza il pensiero che stia preparando un regalo per qualcuno, dal momento che il mio compleanno è già passato.
"Un regalo per chi?" Lui sbatte le palpebre stupito, come se avessi fatto una domanda retorica.
"Per te, uccellino." Il tono della sua voce mi sconvolge, come se non lo avessi mai sentito parlare prima. C'è una nota incandescente che mi scortica la pelle, che lo fa sembrare diverso, lo fa sembrare vivo. Anche i suoi occhi sono diversi, di un colore vivido e tenebroso nonostante la tinta chiara. Mi fanno pensare a quelli di sua madre nella foto, coraggio e dolore mescolati insieme in una tempesta di pagliuzze grigie e blu.
"Ma non è il mio compleanno." Mi sento la lingua impastata e parlare ancora mi sembra impossibile.
"Lo so, uccellino. E' solo che pensavo di doverti costruire un acchiappasogni per mettere a posto la faccenda degli incubi. Sai, ne fai tanti." Lo guardo con sospetto, senza sapere più cosa aspettarmi. Pensando che non sarò mai capace di gestire l'emozione che mi fa rimbombare così forte il cuore nei polsi, quando ci guardiamo come adesso. Pensando che sarei davvero capace di ammazzare Levi Navarro con le mie mani, perchè è un'emozione senza controllo.
"E a cosa servivano i vetri? E dove li andavi a pescare? E.."
Mathias inclina la testa di lato e non smette di guardarmi con questa nuova luce infuocata ad incendiargli lo sguardo.
"In mezzo alla sabbia, vicino al lago. Se cerchi se ne trovano tanti, tutti levigati, liscissimi. Brillano nella luce del sole e sono belli, Stellah. Sono come i gioielli delle principesse. Io li volevo usare per decorare l'acchiappasogni. Li tenevo nascosti in una scatola di cioccolatini vuota, che ho seppellito giù alla spiaggia. Non volevo che li trovassi, doveva essere una sorpresa." Si interrompe e guarda a terra, preso dallo sconforto.
"Ma Levi te li ha rubati." Mathias tiene le mani posate sulla tela dei suoi jeans, la graffia con le unghie, in un nuovo, insolito, gesto d'odio.
"Maledetto Navarro, me la pagherà."


Gli aironi fischiano in lontananza nella sera, la spiaggia è desolata e sono riuscita a sfuggire alla vigilanza della professoressa Ferguson, in turno per la veglia notturna lungo i corridoi del dormitorio femminile. Mi sono svegliata di soprassalto dopo l'ennesimo incubo e non ho visto Mathias nel suo letto. Dakota ha aperto un occhio, sentendo la maniglia della porta scattare verso il basso, ma non ha proferito parola e mi ha lasciata sgattaiolare fuori in pace.
Non è da Mathias abbandonare l'edificio, trasgredendo alle regole. E' da oggi pomeriggio che si comporta in modo anomalo.
Lo devo trovare, è una cosa che tocca a me. Non importa se poi mi beccano e mandano a casa una comunicazione per informare mamma e papà della mia cattiva condotta, se glielo spiego loro capiranno. Se Mathias scompare, io lo devo trovare.
In mezzo alla vegetazione tipica delle zone lacustri, fatico a mettere a fuoco i fusti delle piante, scurissimi nel buio della notte. Tendo l'orecchio in ascolto, come ci hanno insegnato a fare durante le ore di orientiring, una specie di corso che mi ha fatto pensare ai boy scout, con le mappe, le bussole e tutto il resto.
Sento dei passi. E d'un tratto come la punta di una freccia che mi ferisce l'udito, sento la voce di Mathias.
"Cosa c'è Levi, non ti piace giocare agli indiani?" La voce di Mathias ha un suono sadico, malvagio, estraneo. Mi metto a correre in mezzo ai rami ed ai grovigli dei rampicanti, mi graffio i polpacci e le braccia, ma non mi arrendo, corro finchè non lo trovo. E lo vedo lì, in piedi con un fiammifero acceso in mano.
Un'immagine terribile che mi ferisce la vista. Levi è lì, legato al tronco di uno dei pochi alberi presenti nei paraggi, ha lo sguardo atterrito e la bocca storta piegata in una smorfia di puro panico. E' circondato da rami secchi, accatastati come per dare vita ad un falò, ed io non riesco a staccare gli occhi da quel fiammifero illuminato tra le dita di Mathias, sicuro di sè ed impassibile. Levi strilla il mio nome con voce strozzata. Mathias si volta di scatto verso di me, come se l'avesse appena morso al collo un cobra. Ora più che mai vorrei davvero ammazzare Navarro, perchè è solo sua la colpa se Mathias è furibondo al limite della follia, stanco di inghiottire la bile, esausto, stremato, collerico. Instabile. E ormai conscio della mia presenza, sembra quasi provare vergogna, per aver manifestato così male ed in modo tanto sbagliato, la sua prima emozione. Mi avvicino a lui improvvisamente senza alcun timore, sento le foglie frusciare tra i miei passi.
Mathias mi porge il fiammifero senza repliche, quasi sollevato, ed io lo spengo soffiandoci sopra.
Levi mi guarda quasi grato, ma dubito che sia capace di esprimere vibrazioni positive con quella faccia da merluzzo che si ritrova.
"Non mi guardare così, Navarro. Non sto salvando te, sto salvando Mathias. Tu meritavi di morire bruciato."


A dodici anni, finchè non sappiamo quel che diciamo, possiamo anche permetterci di essere cattivi fino al midollo.
Sentirci liberi di giudicare uno come Navarro senza domandarci se per caso anche lui non nascondesse scheletri nell'armadio, come violenze domestiche, alcolismo, droga, divorzi, ossa rotte. Eppure ancora oggi posso dire che la mia non è mai stata cattiveria.
Il mio è sempre stato puro e semplice istinto di sopravvivenza, salvare Mathias sempre, dai soprusi altrui e dalla minaccia che stava diventando per sè stesso, perchè lui è l'intoccabile purissimo amore della mia vita.

Anche adesso che sto morendo e non riesco a capirlo.


ANGOLINO DELL'AUTRICE
Mmm, stasera, o meglio dire stanotte, non sono di tante parole. Mi chiedo se c'è qualcuno che stia leggendo, ma forse tutto sommato è meglio di no, perchè la piega che sta prendendo questa storia ha dell'inquietante, forse dovrei andare da uno strizzacervelli, OPS dimenticavo, ci vado già ahahaha, bene, anche il mio umorismo stanotte è pessimo, quindi.. hem, veniamo al capitolo. Stellah è stata in vacanza in una colonia sul lago Michigan, con la scuola, una sorta di CRE estivo per intenderci, durante il quale ha condiviso la stanza con Mathias e Dakota, la sorellastra di Mathias appunto. A proposito di Dakota, Levi, Olivia ed eventualli altri personaggi "secondari" ho intenzione nei prossimi capitoli, di approfondire anche le loro storie e le loro sensibilità, facendolo sempre ovviamente attraverso l'occhio di Stellah, che è l'unico e solo mio narratore. Spero possiate ritrovarvi in qualcuno di loro, affezionarvi, vivere questi ragazzini che crescono un capitolo per volta, un po' come succede quando si segue una serie TV (io ne guardo un sacco, perciò conosco bene la sensazione che si prova, s'instaura quasi una specie di rapporto morboso con le vite e le vicende di questi personaggi inventati ed immaginati, che ci fanno compagnia durante le serate che trascorriamo sul divano di casa, quasi fino ad entrare in una sorta di simbiosi). Bè, mi auguro di riuscire nell'intento, è questo che dovrebbe fare una storia scritta per il verso no? L'importante è la buona volontà ed io ce la sto mettendo, ammetto che ci sto mettendo anche una buona dose di pazzia, ma vabbè, quella fa parte di me, perciò le mie trame ne sono pregne. Comunque, avevo detto che ero di poche parole -.- In questo capitolo ho voluto sottolineare come a volte i bambini siano capaci di parole atroci, forse proprio perchè non ne sono pienamente consapevoli, forse perchè devono ancora finire di sviluppare la loro idea di morale, forse perchè sono solo più liberi.. ma il punto è quello che fai, quello che provi, quello che non riesci a controllare quando inizi ad amare qualcuno, in quel modo puro ed illogico che capita solo una volta nella vita. Il titolo "Rush" significa rabbia, ira, ribellione, e parla chiaramente del gesto estremo di Mathias che si ribella a Levi dopo l'ennesimo sfregio, ormai stanco di subire. I vetri colorati che aveva raccolto per l'acchiappasogni da regalare a Stellah e che Levi gli ha sottratto sono stati come si dice la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma come starete intuendo, il vasino di Mathias era pieno di gocce, ancor prima di arrivare a Chicago e fare la spiacevole conoscenza di Navarro. Che fine ha fatto la sua vera famiglia? Come è finito a vivere con gli Evangelista? Lo scopriremo assieme a Stellah. Ah, nella foto centrale là in alto, vedete Anastasia, la madre naturale di Mathias.
  
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