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Autore: aXa 22    05/11/2012    7 recensioni
Seconda one shot introspettiva della collezione che ho aperto con SnowLight; Vegeta sarà il protagonista indiscusso di questo piccolo esperimento dark.
cit. "Ieri ho sognato di ucciderti" mormorò lui, scandendo le parole con grande cura.
Bulma raccolse le ginocchia al petto. "Lo so" rispose, tranquilla.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Seconda one shot (introspettiva, mooolto complessa e un po’ dark) della collezione che ho aperto con SnowLight.  Vegeta è il mio protagonista e la one shot la colloco poco dopo Cell.
Avvertimenti: aspettatevi l’inaspettato con l’aggiunta di un pizzico di mostruosa stravaganza. Oggi canto fuori dal coro, ci saranno metafore
e allegorie a bizzeffe.
Un grazie di cuore ai miei sostenitori.
Buona lettura
 

 
 
 
 
 
 
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Uccidere non è poi così male.
Dopo un po’ ti abitui.
È come intingere le mani dentro un ruscello o sfrigolare le dita sulle fiamme di un braciere acceso. Nulla di più dolce. Pura poesia.
Il suono della morte che imbastisce banchetti, può diventare una suprema melodia all'orecchio di chi ascolta, non c'è niente di più delizioso del sangue che scorre sulla terra imitando il corso di un fiume.
Se si nasce sayan, si diventa subito bravi compositori. Eccelsi. Brutali.
La guerra è una puttana. Di gran classe, certo, e molto chic, ma pur sempre una puttana. Fa pagare il prezzo per tanta vanagloria. Ti rende Re, ma poi pretende la sua somma. E non si può disubbidire né ignorare il richiamo naturale di quel prezzo. La dignità va a farsi fottere.
Vegeta non si era mai preoccupato né dell'una né dell'altra cosa.
Di dignità ne aveva sempre avuta a valanghe e con la guerra aveva imparato a contrattare fin da bambino.
Quando gli avevano insegnato che uccidere poteva essere la cosa più semplice del mondo, si era stupito di quanto potesse essere vero.
Il mondo reale infondo non era poi questo granché. Era monotono, piatto, tragico. Inquietantemente grottesco.
Vegeta non aveva mai avuto una madre, non ne aveva mai sentito la mancanza perché la guerra, la sua più astuta puttana, gli aveva fatto anche da balia. Lo aveva allattato dai suoi generosi ed infidi seni, nutrendolo di arroganza, valore e spasimo, rendendolo vigoroso come l'inverno più rigido, resistente come la roccia che scalfita dal vento restava ancora in piedi, e freddo come un ghiaccio imponente e imperioso.
Vegeta era cresciuto subito, in fretta. Si era reso adulto e temibile non appena aveva imparato a controllare se stesso, ogni turbamento interiore. Dall'indifferenza, si era sfamato, con essa aveva arginato e imboccato il cuore, facendolo inavvertitamente morire di dispiacere.
Ma seppellirlo era stato semplice tanto quanto liberarsi dalla compassione.
In tutta quella boriosa grandezza, lui aveva avuto il tempo di ergersi a baluardo della solitudine.
Soli si era più forti. Non si avevano debolezze o rancori, né rimorsi.
Ma la verità era che anche i ghiacci più freddi prima o poi si sarebbero sciolti sotto la spinta dell’acqua piovana, che anche gli inverni più duri prima o poi sarebbero stati sostituiti dalle primavere, e che anche le rocce prima o poi si sarebbero disintegrate sotto la spinta del vento. In mille pezzi. E dopo, non si potevano di certo ricomporre...
 
Vegeta si fermò un secondo a riflettere, ma era difficile capirci qualcosa in quell’ambiente così tenebroso. Di solito lui ci vedeva bene al buio, ma non quel giorno, non scorgeva un accidenti di niente.
Volare? Non poteva volare o i nemici lo avrebbero avvistato e lui era ferito, aveva sete e fame. Era debole. Quindi, era rischioso.
Vegeta sapeva di essere in bilico su un baratro. Era un pozzo o qualcosa di simile. Ne coglieva i bordi. Ormai li conosceva.
Sul fondo, c'era la donna che lo aveva sfamato, occhi aperti e bocca lussuriosa, ma dietro le sue spalle c’era un vuoto infinito, un deserto ignoto e una strana luce.
Dal pozzo arrivava una acida aria fredda e il fondo era cupo, ma non era male. Si poteva sempre accendere il fuoco e scaldarsi ai suoi ceppi scoppiettanti, brindando dalla coppa della vittoria.
O si poteva festeggiare con quella donna bellissima dai lunghi capelli di brace e dagli occhi caldi come il sangue.
Certo, nemmeno dalla parte opposta era poi così brutto il paesaggio. Faceva più caldo e la luce accecava.
Scendere verso il basso sarebbe stato facile. Semplice, veloce. Era risalito in un attimo, ma voltarsi e iniziare a camminare sarebbe stata dura, un'impresa ardua. Ne era sicuro.
"Resta qui, non lasciarmi."
Vegeta non sapeva bene cosa significasse voltare le spalle a quella donna. Non lo aveva mai fatto prima e per la prima volta nella sua vita ebbe il timore di non saper dire di No.
Sul fondo c'era tutto quello che gli serviva.  Dall'altra parte non sapeva cosa aspettarsi, da  lì non si vedeva bene, ma una voce nella sua testa continuava  ripetergli che doveva trovare qualcosa da mangiare di più sostanzioso.
Fece un passo indietro, ruotò la testa a scrutò il punto luminoso. Oh, sì. Faceva caldo e la luce appannava gli occhi, ma sembrava allettante quella sfida. Certo, lui aveva vissuto così tanto tempo lì in basso che tornarci più tardi sarebbe stato come fare una passeggiata.
Non sarebbe cambiato nulla. Poteva andare a dare un'occhiata alla strana luce bianca che brillava dietro le sue spalle, e poi tornare al pozzo sicuro. Uno sguardo sarebbe bastato.
"Sayan, vuoi forse morire?"
Vegeta esitò, tornò a guardare giù nella cavità nera, e la donna sorrise.
“Non lasciarmi sola, ho bisogno di te”
Una sfida era pur sempre una sfida e lui vinceva sempre. Non poteva tirarsi indietro, e poi la donna era al sicuro.
Il petto era freddo, la schiena invece era calda. Sì, uno sguardo poteva anche darlo. Uno solo.
“Vado a vedere”
 
Si voltò deciso e prese a camminare verso la luce, lontano dal pozzo.
Quell'orribile distesa che marciva sotto i piedi, puzzava di bruciato e fango umido. Era un odore asprigno, ma lui conosceva quel putrido aroma, in esso aveva sempre cercato riparo durante le notti più buie.
Un suono dolce arrivò nella sua mente, facendogli alzare la testa.
"Vegeta..."
La luce lo abbagliò di nuovo.
"Vegeta..."
Camminò con fare più deciso quando il fango cominciò a cedere, inghiottendo i suoi passi. Stava affondando e la luce bianca sembrava allontanarsi. Maledizione, forse non era stata una buona idea!
"Vegeta, sei forte?"
Lui ghignò, orgoglioso. "Io sono forte"
Cavolo, le gambe facevano male. I muscoli tiravano e dolevano. Era mai possibile che occorresse fare tanta fatica per riuscire a camminare?
Anche il respiro si mozzò a metà strada. Nessuna aria a disposizione. Solo una pressione tremenda al petto, e tanta stanchezza.
Perché quella stupida luce lo inabissava? E perchè continuava ad allontanarsi?
Dal pozzo si levò un sibilo stridulo. Quella dannata femmina lo stava ancora implorando.
"Sayan, torna qui, non lasciarmi sola!"
Vegeta si fece forza e continuò a procedere nel fango, ormai arrivato alle ginocchia.
"Stai zitta!"
Tornare indietro gli avrebbe assicurato il respiro e il passo libero, lo sapeva, ma insistere era una questione di principio, vuoi mai che si osasse dire in giro che una sfida era stata evitata in partenza.
Il Principe dei Sayan non si tirava mai indietro. Guai a non saper fare tutto da soli.
"Vegeta..."
"Sto arrivando, sto arrivando" Lo disse più a se stesso, stringendo i denti, indurendo la mascella.
Poteva farcela. Doveva farcela, maledizione. Lui era un Re.
La luce continuò ad affievolirsi,  il che era assurdo visto che quando la fissava si espandeva come un asteroide stizzito.
E lui insistette. Ormai non respirava più, il petto stringeva e il corpo arrancava nel fango putrido, tra vermi e carcasse deperite di cadaveri freschi.
Se c'era una cosa che sperava vivamente, quella era che dall'altra parte lui potesse davvero trovare del cibo o si sarebbe ridotto a mangiare i morti, una cosa che aborriva con tutto se stesso.
Il suo corpo si piegò violentemente su se stesso, costringendolo a scivolare, ad inarcare la schiena per non affondare con il viso nel terreno bagnato.
Oh, accidenti, che puzza di gloria e disperazione!
"Sayan, torna qui, non lasciarmi sola!"
"Zitta!"
"Torna qui!"
"Posso farcela!"
Le braccia, pesanti come montagne, opposero resistenza, ma lui fece leva con ogni forza e si spinse in avanti, gambe indolenzite a seguito.
La sua pelle sanguinò, ogni duro e tagliente granello di polvere, di sudore e di sudiciume, s'infiltrò nella sua carne ferita, infettando, invelenendo.
Doveva farcela, doveva arrivare dall'altra parte. Erano intere notti che ci provava. E  poi riprovava, e riprovava senza mai riuscirci. Forse, quella sarebbe stata la volta buona. Sì, il Principe dei sayan poteva farcela!
"Vegeta..."
"Ce la faccio, ce la faccio"
Il sangue defluì copioso verso il basso, imbrattando i muscoli, confondendosi con il fango e i vermi. Gli insetti salirono sul suo corpo e lo punsero, facendolo sgolare.
Fanculo. Non aveva più energie. La forza era defluita chissà dove, tutto il suo corpo era esanime ed esangue, stava cedendo ogni cellula.
Forse non ce l'avrebbe fatta.
"Stai cedendo, sayan”
Sollevò il capo a fatica, fissò l'orizzonte e la luce si allontanò. No, no, no, no!
Gli occhi si annebbiarono di colpo, lasciandolo confuso e disorientato. Ora era cieco e stava morendo.
Doveva chiedere aiuto. Ma non c'era nessuno. Nessuno. Era solo! Era partito da solo, come sempre del resto.
Non poteva finire così! Non così, cazzo!
Gridò di nuovo. Con tutto il fiato che aveva in corpo, facendo vibrare i polmoni, bruciando la gola, spezzando le corde vocali.
"Vegeta!"
Non poteva morire davvero in  quel modo! Al buio, al freddo, da solo. In mezzo al vanaglorioso risultato del suo sporco lavoro da mercenario. Perchè quello era e che sempre sarebbe stato, un mercenario bastardo che della morte si era sempre fatto beffa, che aveva riso sui corpi putridi dei morti sconfitti in battaglia, che con gli occhi delle sue vittime aveva costruito corone di allori.
Non poteva finire così, non così.
"Vegeta!"
"Sayan!"

Adesso non si muoveva più, non riusciva più ad andare avanti. Il corpo non rispondeva, gli occhi non vedevano, ma i vermi continuavano a muoversi sulla pelle e nelle ferite. Era davvero arrivata l'ora di morire! E lui avrebbe affrontato la morte come un guerriero valoroso, non come un rammollito.
Trovò un buco e precipitò giù.
 
 
Il sayan si sollevò a sedere di scatto, ansimando, espirando  con forza la frustrazione. Il corpo era sudato, bagnato, indolenzito, non si muoveva ancora molto bene.
"Vegeta!"
Bulma era lì e lui si meravigliò di trovarla al suo fianco.
Lei gli sfiorò la fronte con le mani, scostò i suoi capelli umidi, poi gli carezzò le guance spinose e lo fissò.
"Vegeta! Era un incubo?"
Continuò ad carezzarlo dolcemente, ma lui continuò ad ansimare guardandosi intorno con fare teso, ansioso, angosciato, frustrato. Era strano, ma non vedeva molto bene.
Bulma si accomodò al suo fianco.
"Sei in camera tua, sulla Terra" gli disse, carezzandolo, tamponando con il pigiama il suo madido sudore notturno. Dalla fronte, dal collo, dal petto nudo. Ma lui non percepiva le sue mani.
"
È tutto okay, era solo un incubo. Succede.”
Vegeta strinse le palpebre e tentò di modulare il battito cardiaco. Ci volle molto tempo per riuscirci. Bulma lo sfiorò di nuovo.
"È tutto okay "
Già. Forse per lei lo era, ma non per lui.
"Tutto bene, Vegeta. Sei qui con me. Calma."
Lui si alzò subito in piedi, andò sul balcone e guardò il cielo. Era scuro, e non si vedeva niente oltre qualche metro. Anche il giardino era oscurato delle ombre. Non riusciva ancora a respirare bene, ma se lo fece bastare.
“Torna dentro, lì non puoi respirare”
Cosa stava dicendo?
Si voltò verso di lei. "Parli in modo strano" lo disse con poca enfasi.
"Vieni qui"
"Ieri ho sognato di ucciderti" mormorò lui, scandendo le parole lentamente. Il cuore smise di martellare come impazzito.
Bulma raccolse le ginocchia al petto. "Lo so" asserì con fare tranquillo.
"Quando sogno di ucciderti è molto meglio" ammise lui all’improvviso, scrutando il suo viso perlaceo. Oh, perchè aveva voglia di baciarla e spogliarla quando lei lo fissava in quel modo? 
Non poteva davvero desiderare di spezzarle il collo come aveva tentato di fare solo due notti prima, mentre Bulma dormiva sul suo materasso?
"Se può farti sentire meglio, preferisco che continui a sognare di uccidermi che vederti in questo stato”
“Tu non hai mai paura, vero?”
È normale avere paura”
Vegeta si lasciò andare una imprecazione, poi le rivolse un'occhiataccia. "Perché non dormi?"
Lei fu irremovibile. "Mi addormenterò quando tornerai qui, al mio fianco, credo che ti potrebbe servire"
"E se ti uccidessi ora? Mi servirebbe, cosa dici?"
Bulma sollevò il mento. "Credi che tornare nel pozzo ti servirebbe?"
Vegeta la fissò in modo strano. Come faceva a saperlo?
"Tutto merito dei tuoi occhi”
"Come?" la interruppe lui, in modo brusco.
Bulma lo fissò a lungo, poi sorrise. "Vegeta, lo sapevi che più puro e prezioso è l’onice, più scuro è il suo colore?"
Vegeta intercettò il suo sguardo. "Cosa?"
"Ma al buio non si vede"
"Di che diavolo parli?”
"Lo sai di che colore hai gli occhi in questo momento?"
Vegeta si bloccò. Le gambe erano paralizzate.
Bulma inclinò la testa, "No, non te lo dico."
Di che cavolo di che colore aveva gli occhi, lui? Neri, no?
"Stronzate infantili" borbottò scettico, andando in bagno. Ah, era riuscito a muoversi!
Azionò l'acqua della doccia perché voleva lavarsi. Aveva davvero bisogno di lavarsi. Poi si voltò di lato e si fermò di nuovo. C'era la specchiera.
"Non mi serve” disse, scuotendo la testa.
Poi però si avvicinò allo specchio e fissò l'immagine che vi era riflessa.
Una luce agghiacciante illuminò il suo viso, creando un vistoso contrasto tra la pelle ed il nero del suo sguardo. Scuro, purissimo.
"Prezioso, hai visto?"
Lui si voltò e una strana sensazione di terrore gli fece quasi perdere l’equilibrio. Da quando aveva paura di lei?
Bulma era lì, in piedi, contro lo stipite della porta, mani intorno al grembo, capelli sciolti sulle spalle. Sembrava un’altra donna.
"Ma era buio"
"Non fa mai buio”
Eh?
"Vegeta, hai già conosciuto il buio."
"Cosa?"
"Conosci la luce?"
"Ma cosa diavolo stai dicendo?"
"Svegliati"
 
Vegeta si destò all'improvviso e per poco non cadde giù dal letto.
Il tic tac dell’orologio da parete lo lasciò basito. Scosse il capo con fare confuso e si guardò intorno. Ma cosa cavolo era successo? Aveva sognato di sognare? Era andata così?
Aveva un braccio sotto la testa e l'altro lungo un fianco. Dalla finestra entrava aria fredda, ma il suo petto era caldo. Un peso leggero gli si stringeva addosso. Si concentrò, finalmente sentì qualcosa, era una mano. Piccolissima.  Contro una scapola.
Bulma? Uh, avevano dormito insieme? Di nuovo? Oh, cazzo. Che abitudine del diavolo! Si mosse lentamente e stava per sollevarsi a sedere e fuggire sul terrazzo, ma per la prima volta nella sua vita decise di fare una cosa che non aveva mai fatto in tanti anni da quando era arrivato sulla Terra.
Non ne aveva mai avuto bisogno, la vista di un sayan era acuta, non necessitava di fonti luminose.
Allungò una mano con fare riluttante. E accese la luce.
I suoi occhi si strinsero appena.
Bulma si mosse lentamente, la sua voce ancora impastata dal sonno.
"Mmm...Vegeta?"
Lui ringhiò subito. Da quando stavano insieme, non passava notte sgombra da allucinazioni impossibili.
"Devi smetterla di dormire con me"
Lei lo ignorò. "Vegeta, ma tu…” Sbadigliò. “Ma tu lo sapevi che più puro e prezioso è l’onice, più scuro è il suo colore?"
Il sayan deglutì a fatica e si voltò per guardarla in faccia.
Oh, merda.  Cosa. Aveva. Detto?
"Co – come?"
"Ho sognato una cosa strana. C'era qualcuno che mi parlava di onice e roba del genere”
Una mano di Bulma lo toccò sulla schiena, percorrendo la linea selvaggia della spina dorsale. Una carezza che fu decisamente percepita. Divina. Dolcissima.
“Perchè hai acceso la luce? Non lo hai mai fatto prima."
Vegeta strinse le palpebre e respirò a pieni polmoni l’aria fredda di novembre. Oh, sì. Era davvero la realtà. "Non lo so nemmeno io."
 
 
 
 

Fine.
 
Spiegazioni di rito:

La donna nel pozzo è chiaramente la Guerra. La "luce" interpretatela come vi pare: Pace, Serenità ecc. chiaramente, la via più facile è quella del pozzo.
Non so se lo avete notato, forse No, ma la Guerra lo chiama Sayan, non Vegeta. Non usa il suo nome, cosa che invece fa la "Luce". Ci sono metafore e allegorie a bizzeffe come avrete capito.
Scusate se gli aggiornamenti sono lenti! ^^
 
   
 
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