“noi non esistiamo più, non è vero?”.

e questa frase lo tormentava. aveva passato mesi e dirgli che non erano una coppia, che non stavano insieme, che non era amore, che erano solo amici.

glielo aveva detto dopo ogni bacio, prima di salire in macchina e subito dopo, prima di fare l'amore e dopo averlo fatto, quando restavano abbracciati, con quel tepore addosso, con le carezze ancora fresche sulla pelle. 

aveva avuto paura e se n'era andata ogni volta che aveva pensato che la loro stesse prendendo la strada di una relazione e lui era rimasto lì, confuso, cercando di spiegarle che anche per lui non era una storia, che no, neanche lui voleva una relazione.

eppure, pensava, ed era certo lo pensasse anche lei, la loro non era più di amicizia di letto già da un po'. 

poi lei se n'era andata, senza dire una parola, senza neanche lasciargli il tempo di salutarla. se n'era andata e basta. 

nessun chiarimento, nessun “stiamo insieme, aspettiamoci”, neanche un “non stiamo insieme, puoi fare quello che vuoi”.

e adesso aveva il coraggio di fargli quella domanda?

guardò nello specchietto retrovisore. sapeva che farla salire in macchina era stata una pessima idea, ma poteva lasciarla a piedi?

la sua amica era accanto a lei, parlavano. accanto a lui sul sedile del passeggero c'era il suo amico, invece.

non aveva smesso un momento di chiedersi come sarebbe stato se avessero avuto più tempo. erano stati loro il collante, un tempo.

“noi non esistiamo più, non è vero?”.

“no, noi non siamo mai neanche esistiti” avrebbe voluto risponderle.

ma la realtà, la cruda, crudele e maledetta verità era che lei sapeva di quelle cose non dette, di tutte quelle cose lasciate a metà. sapeva di bei ricordi, di notti d'estate e di sale. sapeva di buono. 

sapeva di un profumo intenso, di quello preferito. sapeva di cose belle. 

“noi non esistiamo più, non è vero?”.

e quella domanda lo avrebbe tormentato per sempre, come fosse un rimpianto, come fossero puntini di sospensione, come fosse un finale aperto.