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Autore: demi93    06/11/2012    3 recensioni
Tante ragazze l'hanno fatto, per cui mi sono detta "Perché no?". Così ho dato sfogo alla mia immaginazione. Mi perdonerete se non mi sono rassegnata alla parola "FINE" per una storia così bella, ma davvero non ho potuto fare a meno di immaginare nuovi eventi e nuovi arrivi nelle vite dei nostri amati Cullen... Spero vi piaccia!
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie, Jacob/Renesmee
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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*entra in punta di piedi*
Ehm, salve! Lo so, vi starete chiedendo perché ho cominciato daccapo questa storia, ma ho apportato alcune modifiche che, spero, siano di vostro gradimento.
Ho deciso di impegnarmi seriamente nella scrittura, visto che vorrei facesse parte del mio futuro, un giorno...
Buona lettura e... aspetto le vostre recensioni!

Demi


Capitolo 1
 
Bella
 
Erano passati circa sei mesi dal quasi scontro coi Volturi e ancora facevo fatica a credere che ce l’avessimo fatta. A causa loro avevo davvero avuto paura di perdere tutto ciò per cui vivevo: Edward – l’amore della mia esistenza, mia figlia Renesmee, la mia migliore amica nonché sorella Alice e tutto il resto della famiglia Cullen.
Per non parlare del mio meccanico e migliore amico: Jacob.
I rapporti fra lui ed Edward erano migliorati da allora, ma non così tanto da far accettare a mio marito il fatto che Jake avesse avuto l’imprinting con nostra figlia.
Anch’io all’inizio la pensavo come lui, ma, in un secondo momento, ci avevo riflettuto sopra e avevo deciso che era meglio così: mia figlia avrebbe avuto accanto a sé qualcuno che la sapesse proteggere sempre e da ogni cosa. E poi… dopo tutto quello che aveva passato per colpa mia, si meritava anche lui qualcuno da amare e che, a sua volta, lo amasse. Volevo che fosse finalmente felice.
Al pensiero di quello che avrei potuto perdere, abbracciai Edward più forte e mi sistemai meglio fra le sue braccia. Nella nostra casetta, regalataci da Esme per il mio compleanno, regnava il silenzio, gli unici rumori erano i nostri respiri e il battito del piccolo cuoricino di mia figlia, che dormiva beata nella sua cameretta.
“A cosa pensi?”, sussurrò Edward, al mio orecchio, rompendo il silenzio.
Allontanai il mio scudo per fargli sentire i miei pensieri di poco prima. Restò immobile mentre vedeva il replay di tutto quello che era successo mesi prima. Mi alzò il mento con un dito per guardarmi negli occhi. Oro nell’oro.
“È finita, amore. Non pensarci più. Non ci daranno più fastidio”.
“Edward, sai meglio di me che Aro non si arrende tant…”. Non mi lasciò finire la frase. Le sue labbra coprirono le mie e si fusero in un dolce bacio. I miei muscoli si rilassarono, i miei occhi si chiusero languidi e il mio corpo fu invaso da un calore a me familiare. Mi tirò sopra di sé e la sua bocca scese sul mio collo, mentre le sue dita mi accarezzavano la schiena…
“Mamma”, mi sentii chiamare. Aprii gli occhi e mi sollevai dal petto di mio marito. Gli rivolsi un sorriso di scuse.
“Più tardi”, mi assicurò sorridendo maliziosamente.
Ridacchiai mentre mi vestivo a velocità decisamente non umana. Corsi in camera di mia figlia, dove, seduta sul suo lettino, si stropicciava gli occhi.
“Buongiorno amore mio”, dissi sorridendole, mentre la prendevo in braccio.
Mi sorrise anche lei e mi strinse le braccia al collo. La sua manina si posò sulla mia guancia. Aveva fame.
“Già sveglia?”, mormorò Edward, alle mie spalle.
Mi fu accanto in un attimo e si chinò su nostra figlia per baciarle la fronte.
“Bella, vestila e andiamo, così potrà fare colazione”.
Annuii e mi diressi verso l’armadio di Renesmee. Aveva talmente tanti vestiti… Tutti fatti da Alice e da Rosalie. Scelsi un vestito bianco di cotone – era giugno e andava più che bene – abbinato ad un paio di scarpette dorate. La portai in bagno dove la pettinai con cura e le misi fra i capelli un fermaglio.
Raggiungemmo Edward fuori casa. Renesmee aggrappata alle mie spalle. Presi la mano di mio marito e sfrecciammo verso casa Cullen: Esme era già sulla porta pronta ad accoglierci con un caldo sorriso stampato sulle labbra.
“Buongiorno ragazzi!”, esclamò.
“Ciao Esme”, la salutai abbracciandola.
“Ciao mamma”, disse Edward.
“Bella, tesoro, posso?”, chiese Esme, tenendo le braccia per prendere Nessie.
“Certo. Non c’è bisogno di chiedermelo”.
Nessie si buttò fra le braccia della nonna, felicissima.
“Hai fame cara?”, le chiese amorevolmente, entrando in casa.
“Si, nonna”.
In casa regnava uno strano silenzio.
“Esme, dove sono tutti?”, chiesi, seguendola in cucina.
“Alice, Jasper, Emmett e Rosalie sono a caccia e Carlisle in ospedale”, rispose.
Quando aprì la sacca di sangue per Renesmee, l’odore si diffuse nella cucina. La mia gola bruciò all’istante. Senza dire una parola, mi voltai e corsi fuori inoltrandomi nella foresta. Sentii Edward dietro di me. Mi raggiunse e mi fermò.
“Amore, tutto bene?”, chiese preoccupato.
Scossi la testa e mi coprii il viso con le mani. “Non riuscirò mai ad aprire una stupida sacca di sangue per nostra figlia…”, singhiozzai.
In quel momento avrei voluto piangere, ma il mio status di vampira non me lo permetteva; così come non mi permetteva più tante cose.
Le sue braccia mi avvolsero e mi strinsero al suo petto. “Bella non pretendere troppo da te stessa. Hai meno di un anno come vampira, vedrai che ci riuscirai presto”.
Scossi la testa. “No, Edward. Non ci riuscirò. Cresce troppo in fretta e io mi sto perdendo tutto quello che c’è di bello della sua infanzia. Non sarò mai una brava mamma. Io non… non…”.
Mi baciò i capelli. “No, amore, non dire così. Sei una mamma stupenda. Non potrei desiderare madre migliore, per mia figlia… E moglie migliore per me”.
Non potei non sorridergli. Riusciva sempre a trovare le parole giuste per tutto. Lui era la mia felicità.
Mi alzò il viso con una mano e mi baciò. Quando appoggiò la fronte alla mia, sussurrò: “Ti amo, Bella”.
“Ti amo anch’io, Edward”.
“Torniamo da Nessie, a quest’ora avrà già finito di mangiare”.
Annuii. “Ci starà aspettando”.
Presi la sua mano e corremmo verso casa Cullen, dove Esme ci attendeva in giardino seduta sul prato da sola. Sulle gambe aveva dei grossi fogli. Stava disegnando.
“Esme, dov’è Nessie?”, chiese Edward.
“Oh, è passato Jacob. L’ha presa in spalla e sono andati nella foresta a fare una passeggiata”.
Un ringhio uscì dalle labbra di mio marito prima che Esme completasse la frase. “Quel lupo incomincia a darmi sui nervi”.
Gli posai una mano sul petto e lo guardai in faccia. “Tesoro, Nessie è con Jake. È al sicuro con lui, non preoccuparti”.
“Come posso non preoccuparmi, Bella? È un ragazzino! Non sa cos’è bene e cos’è male per nostra figlia! Non è in grado di proteggerla!”.
“Edward. Stai tranquillo”.
“Vado a cercarli”.
“No”, dissi, decisa.
Non si calmava, perciò gli accarezzai il collo e i suoi occhi si immersero nei miei. “Per favore”, mormorai. “Se non vuoi fidarti di Jake, almeno fidati di me. Nostra figlia non potrebbe essere in mani migliori, credimi”.
“Sei la creatura più pericolosa che abbia mai conosciuto”, disse affilando lo sguardo. “Non mi piace questo tuo potere di persuadermi”.
Scoppiai a ridere buttando la testa all’indietro.
Esme si alzò dal prato, raccolse i fogli ed entrò in casa. Poco dopo la sentimmo trafficare nuovamente in cucina.
Edward chinò la testa e mi baciò sul collo. Rabbrividii.
“Lei è davvero una provocatrice, lo sa signora Cullen?”, mi sussurrò all’orecchio.
Lo guardai negli occhi, inarcando un sopracciglio. “Non che lei sia un angioletto, signor Cullen”.
Sorrise e mi baciò. Mi sollevai sulla punta dei piedi per circondargli il collo con le braccia. Le sue mani andarono a posarsi sui miei fianchi, premendomi con dolcezza contro di lui…
“Oh, ma per favore! Quanto zucchero… Mi bastano Sam ed Emily! Nessie, non guardare”, disse Jake alle spalle di Edward.
Mi allontanai da Edward e guardai dietro di lui. Jake – mezzo nudo come sempre – indossava i soliti jeans tagliati al ginocchio e snickers. Teneva in braccio Renesmee, cercando di coprirle gli occhi, ma lei si divincolava, cercando di togliersi quella grande mano dalla faccia.
Edward si girò e fece due passi in direzione di Jacob. Io lo trattenni per un braccio. Tentò di liberarsi, ma non ci riuscì. Ero ancora più forte di lui.
“Come ti sei permesso di prendere mia figlia senza il mio consenso cane?”, gli ringhiò contro.
“Non mi sembra di aver fatto qualcosa di male”, disse Jacob con un’alzata di spalle. “Ho solo portato Nessie a fare una passeggiata”.
“Jake posso scendere?”, chiese mia figlia.
“Certo, piccola”. E la lasciò andare. Lei si precipitò fra le mie braccia contentissima e mi mostrò un mazzolino di fiori.
“Mamma guarda, questi sono per nonna Esme. Secondo te le piaceranno?”, chiese.
“Certo, tesoro, ne sarà contentissima. Andiamo a portarglieli”. La presi per mano. “Edward”, chiamai.
Guardava Jake ancora in cagnesco, ma si girò e mi si avvicinò. Mi circondò la vita con una braccio e andammo in casa seguiti da Jacob.
“Nonna! Nonna!”, gridò Nessie appena entrò in casa, lasciandomi la mano. “Dove sei?”.
“Sono in cucina, tesoro”.
Mia figlia si diresse dalla nonna saltellando. Io mi girai giusto in tempo per mettermi fra Edward e Jacob, entrambi in posizione d’attacco l’uno di fronte all’altro. Si ringhiavano contro.
“Ho portato Nessie a fare un giro! Non mi sembra un reato capitale!”.
“L’hai fatto senza il mio consenso!”, sibilò Edward.
“Ragazzi, non mi sembra il caso”, dissi.
Mi misi fra di loro poggiando una mano sui loro petti per dividerli.
“Bella, non voglio farti male, per cui togliti di mezzo”, sibilò Jacob.
“Su questo concordo con il cane, Bella. Levati!”, disse Edward.
“Basta! Non vi sopporto più! E tu…”, dissi rivolgendomi a Jacob. “…non ti azzardare a toccare mio marito, altrimenti quello che ho tentato di farti appena trasformata lo farò ora! E stavolta non ci sarà Seth a fermarmi per salvare il tuo didietro!”. Poi mi voltai verso Edward. “Edward, basta, ti prego! Per te ogni scusa è buona per attaccare Jake! Ti sei dimenticato tutto quello che ha fatto per noi? Tutto quello che ha fatto per… me?”.
Sospirò, rassegnato. “Hai ragione, tesoro. Scusami”.
“Scusa Bella”, mormorò Jake.
Mise il broncio, come faceva una volta: il suo labbro inferiore sporgeva e questo mi ricordò il mio vecchio amico Jacob dalla faccia da bambino. Vedendolo scoppiai a ridere. Nonostante tutto, non mi ero ancora abituata alla mia nuova voce, alla mia risata squillante.
“Che c’è?”, chiese Jake, guardandomi come se fossi impazzita.
“Quando metti il broncio sei buffo!”, risposi ridendo.
“Buffo? Io?”.
Annuii. “Una faccia da prendere a pizzicotti”.
Mi si fiondò addosso scaraventandomi sul divano. “Allora succhiasangue, vuoi la guerra?”. Sapevo che stava scherzando.
“Oh certo, lupo. Non vedo l’ora di farti a brandelli”, lo minacciai.
Mi prese in spalla e mi portò fuori in giardino, dove mi scaricò per terra, ridendo.
“Avanti fatti sotto”, mi incitò. “Non avrai paura?”.
Scossi la testa e sospirai. “Sai, mi mancava scherzare con te”, dissi.
Mi abbracciò. “Mancava anche a me, Bells”.
Era la prima volta che mi abbracciava da quando ero… cambiata. Ed ero felice che tutto stesse ritornando alla normalità fra noi due. Il mio amico Jacob mi era mancato; perciò ricambiai l’abbraccio.
“Ti voglio bene, Jacob”.
“Ti voglio bene anch’io, Bella”.
Quella sera, tornando a casa, notai il viso pensieroso di Edward. Qualcosa gli frullava per la testa e, a giudicare dalla sua espressione, non era niente di buono.
Messa Renesmee nel suo lettino, raggiunsi Edward in camera nostra. Fissava il giardino fuori della porta finestra. Gli circondai la vita con le braccia e poggiai un bacio sulla sua schiena.
“Edward, tutto okay?”, chiesi.
Respirò a fondo prima di rispondermi. “Tutto okay, Bella. Non preoccuparti”.
“Edward”, lo rimproverai. “Cosa ti turba?”.
Si girò per guardarmi. “È che…”. Sorrise leggermente. “A volte desidero poter avere il rapporto che Jacob ha con te”. Abbassò lo sguardo. “Lui ti conosce meglio di me, per certi versi… Si è preso cura di te quando io non ho saputo farlo a dovere. Lui avrebbe potuto darti tutto”.
“Edward tu mi hai dato tutto quello che desideravo e anche di più. Non capisco perché continui a tormentarti”.
“Lui avrebbe potuto darti una vita normale”. Mi guardò. “La vita normale che desideravo per te”.
“Ma io non voglio una vita normale, Edward. Non l’ho mai voluta. E di certo non la voglio adesso”. Gli presi le mani fra le mie, e me le portai alle labbra, baciando ogni nocca. “Tu sei la mia felicità e, per quanto voglia bene a Jacob, non avrebbe mai potuto darmi ciò che mi hai dato tu”.
Sembrò riflettere sulle mie parole.
“Posso… posso chiederti una cosa?”, chiese, incerto.
Alzai lo sguardo su di lui, inarcando un sopracciglio. Doveva essere qualcosa di importante. “Dimmi”.
“Puoi… Potresti mostrarmi quello che ti ricordi del periodo in cui io non c’ero?”.
Al solo ricordo di quei mesi orribili, passati senza di lui, nel mio cuore fermo sentii una fitta dolorosa; sentii lo squarcio che mi aveva fatto soffrire così tanto, riaprirsi un poco.
Probabilmente il mio dolore trasparì dal mio viso, perché Edward mi strinse forte a sé. “Scusami, scusami, Bella! Non avevo idea che ti facesse ancora tanto male ripensare a quel periodo. Scusami, davvero. Non avrei dovuto chiedertelo”, sussurrò, con voce tormentata.
Scossi la testa contro il suo petto, per poi alzare il viso e incrociare il suo sguardo. “No, Edward. È giusto che tu sappia”.
“Bella, non sei obbligata…”.
“No. Voglio farlo”, dissi, decisa.
Chiusi gli occhi e allontanai il mio scudo. Cercai di ripescare tutti i miei ricordi umani riguardanti quel periodo. La foresta, il mio stato catatonico, io che mi raggomitolavo su me stessa ogni volta che lui sbucava fra i miei pensieri… E poi Jacob, i suoi sorrisi, la corsa con le moto, gli uomini a Port Angeles, la sua voce che risuonava nella mia mente ogni qual volta facevo qualcosa di stupido o insensato.
Le sue braccia mi stritolarono in una morsa d’acciaio e io persi la concentrazione. Riaprii gli occhi e guardai Edward. Sul suo viso c’era solo orrore, dolore e rimorso. Gli accarezzai il viso, per calmarlo.
“Shh… No, amore mio, no. Ora sono qui con te, è questo quello che conta”, sussurrai.
“Bella, mi dispiace così tanto. Io non avevo idea, davvero. Non mi perdonerò mai per averti recato tanto dolore… Jacob era stato piuttosto chiaro. I suoi ricordi avevano fatto male… ma sentirli da te…”.
Gli misi una mano sulle labbra. Avevo sentito abbastanza. “Edward, smettila. E questo volta sul serio. Non puoi continuare ad incolparti di tutto quello che mi succede! Te l’ho già detto come la penso. Te ne sei andato solo per proteggermi… e avrebbe funzionato, con una persona più normale di me”.
Teneva gli occhi bassi. Sentivo i suoi pugni chiusi contro la schiena. Gli alzai il viso posandogli una mano sotto il mento. I suoi occhi mi fissavano, timorosi. Gli sorrisi dolcemente.
“Amore, adesso ciò che importa è che siamo insieme. Per sempre, per l’eternità…”. Ed era vero. Saremmo stati insieme per l’eternità, con nostra figlia. E io non avrei mai smesso di amarlo. Mai.
Lo abbracciai e premetti il viso sul suo petto. “Jacob è il mio migliore amico, lo sai. E gli voglio bene. Mi è stato vicino quando tu non c’eri, è vero, ed è merito suo se io sono qui, con te, viva, e non annegata a largo di La Push. Ha impedito che io diventassi uno zombie e ringrazio il cielo di questo… Ma tu sei la mia vita. Non ci sono parole per dirti quanto ti amo”.
Mi strinse a sé. “Quanto mi ami?”.
“Più della mia stessa vita”, sussurrai, avvicinando le mie labbra alle sue, consapevole del fatto che quelle parole non erano abbastanza.
“Ti amo”, sussurrò. E mi baciò con passione.
Mi spinse verso il muro, senza staccarsi dalle mie labbra. Le mie mani sbottonarono veloci la sua camicia, facendola poi scivolare dalle sue spalle. Accarezzai il suo petto ampio, meraviglioso e granitico. Sotto le mie mani la sua pelle era come seta.
In pochi attimi nostri indumenti erano sparsi sul pavimento. Sentivo la mia pelle bruciare a contatto con la sua. Le sue labbra bramavano le mie, ricorrendosi affamate. Affamate d’amore. Il nostro.
“Ti amo”, mi sussurrò di nuovo Edward.
E così, anche quella notte, lasciai che i nostri corpi si unissero alla perfezione.

 

   
 
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