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Autore: missimpatia    06/11/2012    0 recensioni
''Lo vuoi capire che io presto morirò? E non ho tempo per innamorarmi, non ho tempo per far niente. Ho tempo solo per scusarmi con gli altri per non essere stata abbastanza forte da combattere il mostro che mi aggredisce'' urlo sbattendogli in faccia il mazzo di rose che mi ha appena messo tra le braccia. La sua faccia cambia espressione, ma non riesco a capire cosa voglia esprimere. Lo guardo negli occhi, amarlo mi viene naturale, ma non posso. ''Se non sarai forte abbastanza da sola, lo saremo insieme. Sono al tuo fianco, Nicole.''
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Caro professore, le scrivo questa lettera perchè presto non potró più venire in classe a ascoltare le sue lezioni. Non potró più sentirla mentre mi incoraggia ad amare la vita e a viverla senza pensieri. Non saró più in classe a contraddirla, perchè io ho idee diverse dalle sue, e non potremo più parlare a toni alti, e concludere il discorso con la solita frase,'ognuno ha idee differenti', che us
avamo quando non riuscivamo a trovare un compromesso.
Lei forse non lo sa, ma negli anni è stato quello che mi ha saputo insegnare di più. E non solo attraverso la filosofia greca e latina, ma anche attraverso la vita. 
Si. Ricordo ancora il giorno in cui lei venne in classe con un sorrisone stampato in faccia, felice perchè si sarebbe presto sposato. E cosi fece. E passo le giornate a parlarci di quanto fosse bello trovare qualcuno capace di amarti, e di farti sentire unico. 
Forse io non riusciró mai, a trovarla, una persona così, perchè la verità é che non mi rimane molto, ma ancora nessuno lo sa. 
Lo sa solo lei, lei e la mia famiglia, ovviamente. Ancora devo farlo capire a me stessa, non me ne capacito. Ma queste cose, capitano e basta, e questa volta è toccato a me. 
Non voglio nominarla, questa malattia. Ma è grave, e io non ho abbastanza soldi da poterla mantenere. Mio padre si sta indebitando, per cercare di anticipare cure e medicine, ma non voglio essere un peso per loro,insomma,da quanto ho dedotto,sarebbe meglio per me e per gli altri,morire ora. 
Spero che domani, vedendo la lettera sulla cattedra, a prima ora, non sia triste, ma felice. Felice perchè finalmente cercheró di vivere al massimo, la vita che ho sempre sminuito. 
E nonostante io non saró lì a contraddirla, dal penunltimo banco della fila centrale, lei immagini che ci sia comunque. 
Un bacio e un saluto, ci si vede presto, Nicole.

La rileggo per controllare che non abbia sbagliato a scrivere,il professore è piuttosto fiscale,quando si tratta di scritti,sarebbe capace di correggermi anche le virgole. Richiudo la busta, e ci lascio un pezzo di cuore dentro,insieme alle mie parole. La ragazza forte che tutti conoscono potrebbe crollare adesso, e scoppiare a piangere.Non importa quanti buchi abbia nelle orecchie, non importa il tatuaggio dietro al collo, non importa il mio carattere bastardo, ho trovato il mio punto debole, il mio tallone d'Achille. La verità é che ho trovato qualcosa più forte di me e non voglio lottare per batterla, quindi cerco per lo meno di scusarmi per la mia sconfitta. "La puô portare in terza effe domani mattina al suono della campana?" Chiedo a una signora dai capelli neri, con aria piuttosto gentile e la faccia paffuta che sta alla segreteria aggiustando qualche carta. La prende e mi sorride, mettendola da parte. Io mi volto e do forse l'ultima occhiata a quei corridoi, che sono stati i miei per anni, e che abbandono l'anno più importante. Non potró mai fare la maturità, dopo che studio da 5 anni, per cercare di uscire con il massimo dei voti. I muri gialli, che prima mi ispiravano vitalita adesso sembrano malinconici e tristi, tutto ha cambiato aspetto da quando ho avuto quella notizia. Persino il mio riflesso allo specchio, persino la mia voce. 
Esco a testa bassa, studiare non è servito a niente, adesso non importa dello studio, se sei una persona intelligente non la combatti comunque, la guerra con una malattia. Attendo alla fermata dell'autobus di un giorno troppo freddo e grigio, per sembrare bello o felice. Persino il tempo, mi rispecchia. Grigia fuori, grigio dentro. Anzi, dentro di me è nero, non grigio, e credo che la situazione non possa cambiare. Ho deciso,voglio tornare a casa e dire ai miei che non voglio combattere la malattia e fargli spendere soldi. Ho quasi 18 anni, credo di essere autonoma e di poter decidere, per me stessa. L'autobus duecentoventidue mi prende alla fermata e mi porta ogni giorno a casa, solitamente, quando vado a scuola. Presto dovró dire addio anche a questo. Ma amo l'autobus, in particolare oggi pomeriggio. Si, oggi da qui dentro posso osservare la pioggia sbattere contro al vetro senza che mi bagni. Vedi gente di ogni tipo, diversa ogni giorno, quando fai tappa fissa in un autobus. Ci sono gli abituali, che solitamente sono vecchietti o giovani che vanno a scuola. Qualche giorno c'è qualche donna o uomo in carriera, che avrà avuto probabilmente problemi con la macchina. Quelli sono sempre di fretta e hanno gli occhi puntati al loro polso o al loro telefono, per controllare costantemente l'orario. Un giorno ne fermeró uno e gli diró di stare calmo,che il tempo è suo, che non deve essere schiavo di esso, ne tantomeno di chi lo fa essere schiavo del tempo e di se stesso. Oggi c'e una donna, ha delle buste della spesa piuttosto pesanti e un'aria annoiata. Le lascio il posto perchè ne ha più bisogno di me e lei mi sorride. Sulle mie fragili gambe rimango salda al pavimento,e nella mia testa, penso che con il tempo non avró neanche le forze per stare così. 
Scendo salutando l'autista, che conosco perchè vedo ogni giorno. Prendo un respiro prima di arrivare a casa, ci saranno tutti, a quest'ora. È pomeriggio, quindi, nessuno è a lavoro, ma forse mia sorella è fuori con il ragazzo. Entro e chiudo la porta, mi avvicino piano alla cucina, dalla quale sento provenire il rumore della tv. Sono tutti a tavola e sorridono nel vedermi. Mi siedo anche io al mio posto, dove mi siedo da quando sono piccola. Attiro l'attenzione di tutti schiarendo la voce. Quando ho i loro sguardi su di me, mi sento pronta per parlare. "Papá, mi hai già dato tanto, mi hai cresciuta e curata negli anni precedenti. Ma questa volta è qualcosa che è troppo forte, per essere combattuta. Non voglio fare le cure, non voglio ridurvi a morire di fame, non per me, non me lo merito." Cerco di dire senza prendere fiato, senza pausa per essere interrotta, senza guardarli negli occhi, perchè scoppierei a piangere. Gioco con le dita delle mie mani, e mi accorgo di quante volte l'abbia fatto nel corso degli anni, sempre in questo posto, sempre in questo tavolo, ma con scuse diverse. Qualche volta per dire un brutto voto, oppure per dire a papà del fidanzatino, o chissà per cosa. E intanto questa volta, la cosa era ben diversa. Aspetto una risposta, e la ottengo. "Le continuerai comunque" ribatte mio padre puntando il pugno contro il tavolo. Le faccie delle altre due, rimangono stupite, io rimango impassibile, non rispondo, non faccio trasparire nessuna emozione. Mi alzo statica dal tavolo e cerco nel mobile le chiavi della macchina di mamma, che mi permettono di usare quando voglio e le trovo. Sento i passi di mio padre, che cerca di avvicinarsi a me, ma sento anche la voce di mia madre che lo blocca. "Lasciala andare" gli dice con la stessa voce che ha sempre usato, in questi casi. 
Sbatto la porta, furiosa. Riparo la testa con il cappuccio della felpa e mi riparo in macchina. Non voglio accendere la radio, non voglio canzoni felici. Voglio solo provare a cercare una cosa,UN LAVORO, così potró pagarmi le cure, senza gravare sui soldi altrui. Decido di andare al centro commerciale, lì potró cercare qualche lavoro, anche il più duro e il meno pagato. 
La grande insegna, illumina il grigio del pomeriggio, sono ancora le 17 e 30, ma è inverno e sembra notte inoltrata. Entro, c'è il riscaldamento acceso e sento caldo, così decido di togliere la sciarpa e posarla dentro la borsa. Al primo negozio, cercano qualcuno che abbia già esperienza. Al secondo, qualcuno che sappia cucinare. Al terzo, cercano solo uomini. Sto per arrendermi, sembra impossibile. TUTTO IL MONDO MI VA CONTRO, NE SONO CONVINTA. Leggo da lontano un 'cercasi commessa' in un negozio di abbigliamento, è l'ultima possibilità, entro per provare. Dentro, c'è solo un ragazzo, che fruga tra i vestiti. Vado alla cassa, aspettando qualcuno che mi dia qualche informazione, ma dopo 5 minuti sembra non arrivare nessuno. Non mi sento molto bene, la testa gira e non riesco a reggermi in piedi, ho paura di crollare per terra, all'improvviso. Non mangio da quando ho avuto la notizia, circa 2 giorni, e adesso non voglio spendere soldi per comprare qualcosa da mangiare. Guardo l'orologio, aspetto da un quarto d'ora. Lo vedo a pallini, sbatto le palpebre per riguardarlo, ma vedo nero. Sento le gambe indebolirsi e cado per terra, battendo la testa. 

"Chiamate un'autombulanza!" Dice una voce lontana che mi rimbomba in testa e che aiuta l'emicranea a crescere. Io provo a sbattere le palpebre per vedere, ma la visione è appannata e confusa. "Aspettate, si sta svegliando!" Grida una voce diversa da quella di prima, con tono più alto, perforandomi la testa. Faccio un urletto di dolore e provo di nuovo a vedere. 
Due biglie verdi mi guardano fissa negli occhi e sorridono vedendomi aprire definitivamente gli occhi. Un viso familiare, dei capelli già visti, dei tratti che conosco. Ma non riesco ancora a capire chi sia, sono ancora confusa. La mano mi sfiora la guancia, e me la pizzica sorridendo ancora. Scuoto la testa guardandolo meglio, credo che sia chi penso io. "S..sei Styles?" Balbetto qualche parola, ancora in attesa dei miei sensi. Lui chiude gli occhi e sbuffa un si. "Si, ma non cominciare a urlare" risponde quasi deluso, toccandosi i capelli. "Non urleró. Non sono una tua fan" ridacchio ancora intontita. Alzo il busto e riconosco il negozio di prima, una mano mi porge un bicchiere d'acqua e ne bevo un pó. Lui mi sorride e mi stringe la mano per alzarmi. Noto che il commesso è tornato, così chiedo informazioni. Ma anche qui niente, sembra che cerchino una ragazza 'disponibile' e io non mi scopo il propietario, no. Esco delusa. Una mano mi ferma da dietro. "Ci vieni con me al bar?" mi chiede Signor Styles. No, non ho tempo per stare con te, neanche per illudermi di interessarti. Non ho tempo per innamorarmi di una star e non so perchè io mi stia facendo tutti questi problemi, visto che a te non te ne fotte niente. Mi limito a rispondere con un semplice "no" ma questo ragazzo sembra piuttosto testardo. Intanto, io sono più testarda di lui.



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E' il primo capitolo di una fanfiction che spero vada avanti, perchè tocca un argomento piuttosto bello. 
Sdolcinato? Nah. Ma voglio metterci l'anima in questi capitoli. Vi prego di leggerlo e magari, lasciare un commento o una recensione, ne sarei felice. Un bacio 
  
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