ANIMA
TORMENTATA
SOTTO
IL CIELO
D’INVERNO
Draco
si strinse di più nella giacca di velluto nero.
Era
gelida quella notte: il freddo era così tagliente che
sembrava entrargli fin
sotto la pelle e, meschino, si insinuava dentro le ossa.
Il
giovane Malfoy assottigliò lo sguardo, nel tentativo di
scorgere qualcosa di
vivo, di animato nell’orizzonte di fronte a sé.
Nulla… solo l’ombrosa distesa
di conifere che si stagliava contro quel cielo immobile e scuro e che
troneggiava sul parco di villa Malfoy.
Quella
notte le stelle e la luna, timide, si nascondevano dietro le nuvole
dispettose.
Draco
sospirò inquieto.
Dall’interno
della villa poteva sentire il chiacchiericcio di sua madre e degli
ospiti. Ancora
una volta, Draco sospirò. Cosa pretendeva? Non gli era mai
piaciuto avere gente
intorno, eccezion fatta per quei pochi che pendevano dalle sue labbra e
lo
adulavano come se fosse un dio sceso in terra. Eppure era stato proprio
lui a
volere quell’incontro, era stato lui che, appena qualche
giorno prima, era
andato dalla madre chiedendole se sarebbe stato possibile organizzare
una cena
con i Greengrass ed era stato sempre lui a dire che li avrebbe
avvertiti personalmente
dell’invito, quando il pomeriggio stesso sarebbe passato a
salutare Astoria,
sotto lo sguardo stupito, anche se piacevolmente, di Narcissa. Cosa gli
era
saltato in mente? Se voleva trascorrere un po’ di tempo con
la sua futura sposa,
per capire cosa pensasse di tutto questa faccenda del matrimonio,
sarebbe stato
meglio se si fossero visti loro due, da soli. Che lo avesse fatto per
il
rispetto dell’etichetta? Una formale cena di famiglia era
senz’altro più…
rispettabile rispetto ad un incontro a due.
Bugiardo
gli
ripeteva la sua coscienza
Sai che lo hai fatto per tua madre che non sta
più nella pelle all’idea
di questo matrimonio.
Sai che lo hai fatto per
vedere un sorriso,
seppur
minimo,
solcare di nuovo il suo volto;
lei che ha smesso di sorridere
da
quando questa maledetta
guerra è finita,
da
quando tuo padre è stato
rinchiuso,
a
tempo ancora indeterinato,
dentro una fredda cella di Azkaban,
da
quando non ha potuto fare a meno di notare
quanto questa condanna avesse
tuttavia il sapore della giustizia.
Draco
allontanò brutalmente questi pensieri da sé, come
una mano ferma fa con un
insetto fastidioso.
A
quanto pare
riflettè
amaramente
si
può essere
codardi anche nel non pensare oltre che nel non agire.
“Draco”.
Una voce lieve ma risoluta lo destò dai suoi pensieri,
appena un sussurro. Era
proprio così che era entrata nella sua vita, senza fare
rumore ma in maniera
decisa, con la delicatezza e al tempo stesso la fermezza del battito
d’ali di
un colibrì .
Oh
aveva imparato a riconoscerla quella voce
e
d'altronde come poteva fare altrimenti;
l’avrebbe
udita per il resto dei suoi giorni.
“Astoria”.
Rispose Draco altrettanto pacatamente alzando appena lo sguardo su di
lei. La
giovane gli sorrise appena. “E’ da un po’
che ti cerco, ma non riuscivo a
trovarti”. Il giovane Malfoy inchiodò nuovamente
lo sguardo verso l’orizzonte
“Sono qui, sono sempre stato qui”.
Astoria
si perse un attimo ad osservarlo. Era alto Draco, magro e dal profilo
sottile.
I capelli, probabilmente per via di quella brezza invernale che ora
stava
facendo tremare anche lei, erano un po’ più
scomposti del solito e alcuni ciuffi
gli ricadevano sulla fronte, coprendogli in parte la visuale degli
occhi.
Oh
aveva imparato a riconoscerli quegli occhi
e
d’altronde come poteva fare altrimenti;
vi si sarebbe specchiata per
il resto dei suoi
giorni.
Lo
sguardo di Draco era più cupo del solito: sembrava che la
tempesta che avesse
preso vita nel grigio dei suoi occhi.
C’erano
molte cose che Astoria non sapeva di Draco, sebbene il loro matrimonio
si
sarebbe tenuto da lì a pochi mesi. Eppure una cosa
l’aveva capita: sapeva perché
nei suoi occhi vi trovava sempre la burrasca e mai uno stralcio di
sereno. Sapeva
che, nonostante agli sguardi esterni apparisse sempre rigido e
immobile, in
realtà la sua anima non cessava mai di dimenarsi, straziata
da spasmi
d’angoscia. Sapeva che il peggior nemico di Draco Malfoy
aveva un solo nome:
tormento.
Nulla
più.
Draco
Malfoy era semplicemente un ragazzo tormentato. Tormentato dai ricordi
di una
vita sbagliata perchè fondata su delle convinzioni
sbagliate, che gli erano
sembrate tanto giuste e solide un tempo, quanto ingannevoli e fragili
adesso.
Tormentato per aver accettato, forse perché messo alle
strette ma di certo
senza mai ribellarsi veramente, di farsi marchiare, nella sua stessa
carne, le
insegne di un uomo, no nemmeno… di un essere dagli occhi
vermigli come quel
sangue che vedeva impuro in tutti, meno che in se stesso.
“Puoi
rientrare, se vuoi”
Draco
bloccò il flusso dei suoi pensieri “Si gela qui
fuori, il freddo non dà tregua.
Rischi di ammalarti e di… rischi di stare male, se
resti”.
Buffo
a dirsi, ma ad Astoria quell’avvertimento parve molto meno
superficiale di come
poteva sembrare. Non era stupida, Astoria. La sua astuzia era, con ogni
probabilità, il motivo principale per cui il cappello
parlante aveva deciso di
smistarla tra le fila dei Serpeverde. Non dovette fare grossi sforzi
per capire
che Draco la stava mettendo in guardia non tanto sul freddo che poteva
ferirla
in quella notte gelida, quanto piuttosto sul freddo che poteva ferirla
nella
vita che avrebbe trascorso al suo fianco.
Astoria
sorrise impercettibilmente. Le provocava una grande tenerezza vedere
questo
Draco Malfoy così diverso da come era stato. Questo Draco
totalmente inerme
davanti allo scorrere della vita e dei suoi risvolti, che le
confessava, in maniera
velata, di volerla proteggere e difendere dalla minaccia che lui stesso
poteva
rappresentare, che le diceva senza mezzi termini che, se solo avesse
voluto,
avrebbe potuto mandare a monte tutti i progetti fatti in vista della
realizzazione di queste nozze.
Ma
la giovane Greengrass non si illudeva di certo: sapeva che Draco, come
era
inevitabile che accadesse, era molto cambiato da come era un tempo.
Vedere la
guerra, vivere la guerra lo aveva certamente fatto crescere e maturare.
Allo
stesso modo, però, Astoria era consapevole che quel
ragazzino viziato,
presuntuoso e arrogante era ancora lì, da qualche parte.
Forse nascosto sotto
cumuli di tormenti, o protetto dall’inespugnabile corazza
dell’indifferenza, ma
Astoria ne era certa: esisteva ancora. La verità
è che quel ragazzino era
ancora impegnato a leccarsi le ferite di un orgoglio scalfito dalla
nuda verità
dell’errore commesso, aspettando tuttavia il momento propizio
per uscire
nuovamente allo scoperto.
“Credo
che resterò invece”.
Le
parole di Astoria fecero voltare Draco. La giovane gli si stava
avvicinando e,
come sempre, lo faceva con lentezza ma con decisione.
Per
un attimo, Draco si perse ad osservarla: la figura minuta, ma
estremamente
elegante, la pelle nivea, il viso tutto sommato armonioso nei suoi
tratti, i
lunghi capelli neri come quel marchio che, ormai privo di forma,
portava sotto
la manica, gli occhi di quel verde scuro così limpidi e
luminosi.
Era bella Astoria.
Lo aveva sempre sentito dire
dagli altri.
Draco
invece comprese di essersene reso conto veramente soltanto quella sera,
proprio
in quell’istante mentre lei gli si avvicinava e gli sorrideva
timidamente.
Quando
Astoria gli fu dinanzi, fu il turno di Draco di mostrarle un debole
sorriso.
Sorriso che nell’arco di pochi secondi si
trasformò nel classico ghigno che lo
aveva sempre contraddistinto.
E
mentre la piccola Greengrass pensava che ogni tanto il vecchio Malfoy
tornava a
farsi vivo, Draco tornò a guardarla con una
serietà disarmante, le si avvicinò
ancora, le concesse una carezza.
Astoria
tremò, ma non solo per via delle dita gelide del giovane.
“Hai
deciso che vuoi farti del male, Astoria?”
“Ho
deciso che voglio rischiare, Draco.”
Ormai
era chiaro per entrambi che non stavano più parlando del
freddo di quella
notte.
Draco
sospirò e pose anche l’altra mano sulla guancia
della giovane, prendendole il
volto tra le mani. Mai, da quando avevano deciso di rispettare
l’accordo di
matrimonio sancito anni prima dai loro genitori, si erano consentiti un
contatto
tanto vicino, tanto intimo, gli occhi dell’uno incatenati a
quelli dell’altra.
“Perché,
Astoria?”
Un
sussurro, una domanda.
“Chiunque
può sbagliare. Ma nessuno, salvo che
sia uno sciocco, persevera nell’errore, Draco”.
Un
sussurro, una risposta.
Draco
allora la fissò con ancora più attenzione, come a
volersi accertare che lei
fosse vera, che fosse davvero lì. E se anche la pelle che
sentiva sotto le sue
dita non gli fosse stata sufficiente come garanzia, ci pensò
il sorriso di lei
a rendere tutto definitivamente reale. Draco le sorrise di rimando e
subito
dopo l’abbracciò. La strinse a sé come
non aveva mai fatto con nessun altro.
Il
loro matrimonio sarebbe sempre stato, agli occhi degli altri, una
strategica
mossa economica e diplomatica. Questo Draco lo sapeva bene. Ma Astoria
lo aveva
scelto comunque, senza tentennamenti, senza tirarsi indietro, delicata
e decisa
come solo lei sapeva essere. E allora Draco ci credette davvero,
credette di
potercela fare con lei accanto, con lei che rideva con lui e che
piangeva con
lui, con lei che, glielo aveva appena assicurato, sarebbe rimasta al
suo fianco
sia se la loro barca si fosse trovata a navigare in acque tranquille
sia,
ugualmente, se si fosse trovata in balìa delle onde.
Draco
le fu silenziosamente grato e giurò a se stesso che avrebbe
fatto di tutto per
farla felice, perché quella ragazza era la cosa
più bella che gli fosse mai
capitata.
Astoria
era l’imposizione più dolce a cui avesse mai
dovuto sottostare.
E
mentre una stella solitaria, ma un po’ più
coraggiosa delle altre, faceva
capolino tra la spessa coltre di nuvole e squarciava quel gelido cielo
d’inverno, Draco sfiorò le labbra di Astoria con
le sue, pensando che forse già
l’amava.
NOTE
DELL’AUTRICE
Shalom
gente =)
Questa
è la prima volta che mi cimento nella stesura di una fan
fiction. Finora ho
preferito limitarmi soltanto a leggerle.
Spero
sia gradita.
Se
avete tempo e voglia lasciate un commento, di qualunque genere esso
sia.
Apprezzo molto sia giudizi positivi che negativi.
Ah
dimenticavo… La frase pronunciata da Astoria e trascritta in
grassetto è una
citazione di Marco Tullio Cicerone.
Baci,
Giusyna