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Autore: phoenix_esmeralda    07/11/2012    5 recensioni
“- Zia, non capisco. Dove siamo?
- È la mia sera – ripeti. Sono quasi certa che non intendi la poesia di Pascoli, ma non comprendo in quale altro modo si possano interpretare le tue parole.”
Prima classificata al "MiniOriginal 7" di Miss Dark "La polvere... e la sera"
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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TRA LA POLVERE DELLA SERA
 

- Vieni con me nella mia sera.
Mi fido di te e ti seguo solamente perché sei tu: la mia amata e adorabile zia. Mi alzo dal letto e cammino dietro ai tuoi passi senza comprendere dove siamo e cosa stiamo facendo, né, se per questo, perché tu sia qui quando so per certo che dovresti essere altrove.
Pensavo fosse completamente buio.
Sono andata a dormire tardi, in quell’ora della notte in cui il più insignificante rumore risalta come sangue sulla neve... Eppure mi accorgo che il sole deve appena essere sceso oltre l’orizzonte, perché i colori che si dipingono nel cielo sono quelli di un crepuscolo ormai inoltrato.
- Zia, non capisco. Dove siamo?
- È la mia sera – ripeti. Sono quasi certa che non intendi la poesia di Pascoli, ma non comprendo in quale altro modo si possano interpretare le tue parole.
La luce alle mie spalle nel frattempo si è fatta scura e intrisa di stelle ancora deboli; per potermi guardare attorno devo voltarmi a ovest e usare i residui rossastri di un sole scomparso che dipingono l’ultima striscia di cielo di colori caldi e vivaci. L’umidità sale dalla terra e profuma l’aria come solo la fine di un giorno sa fare. Sì, è davvero sera, non ci sono dubbi. Non ha senso, ma è così.
- Osserva bene ciò che ci circonda – mi dici. Solo allora distolgo gli occhi dal cielo e appoggio lo sguardo a un’altezza più ragionevole.
Stiamo camminando per un sentiero asfaltato che attraversa le nostre campagne, ma il paesaggio non è quello cui sono abituata.
- Vedi quello? – Mi indichi alzando un braccio. Lo riconosco dal contrasto tra il colore dei muri, dipinti di blu scintillante, e quello dell’insegna rossa e accecante: è il locale dove andavi a ballare ogni week-end nel periodo in cui il tuo matrimonio con lo zio era in crisi. Sono stati sei mesi complicati per voi, prima di cominciare a parlarvi a cuore aperto hai trascorso diverse serate in quel posto. Mi dicevi che ti sentivi giovane e libera, che forse avevi sbagliato a sposarti con un uomo dieci anni più vecchio di te.
- Guarda un po’ più in là – mi inviti subito dopo. Rimango stupita nel vedere un letto d’ospedale nel mezzo del prato, con una culla accanto vuota e il nome Andrea che capeggia sul cuscinetto azzurro. Andrea è il figlio che hai perso pochi giorni dopo averlo partorito, a causa di una malformazione cardiaca. Una gioia trasmutata in dolore nell’arco di un istante.
Smarrita, senza che tu me lo dica osservo un po’ più avanti e stavolta trovo una culla diversa, ricca di pizzi e peluches, decorata in rosa e verde. La riconosco immediatamente: è quella in cui dormiva la mia cuginetta appena nata, quella che hai faticato così tanto a concepire dopo la morte del primo figlio.
Sorrido vedendola, io allora avevo già sei anni e ricordo molte cose: le casette di cartone che costruivi per lei e riempivi di animaletti di peluches, le canzoncine buffe che lo zio inventava per farla ridere, quelle dolci che cantavi tu per farla dormire... Il suo visino imbronciato quando stringevo il suo piedino nelle mie mani, le sue prime frasi rigorosamente senza “r”.
- Ricordi anche tu, allora – mi dici, notando la mia espressione – Vedi... qui ci sono tutte le cose piccole e grandi che hanno riempito la mia vita finora.
Spazi con il braccio lungo ciò che ci circonda e allargo lo sguardo a comprendere ogni figura che, nel tremore del crepuscolo, appare incerta e instabile. Mi accorgo con stupore di vecchie scene che si ripresentano ai nostri occhi sotto forma di persone che agiscono e si muovono come in uno spettacolo teatrale, spezzoni della tua vita si dipanano sotto il nostro sguardo.
Vedo te e lo zio il giorno delle vostre nozze, scorgo il periodo in cui ti eri fissata nel cambiare l’arredamento di casa e non pensavi ad altro. Rivivo tutti i momenti in cui ti ho portato uccellini caduti dal nido perché tu ti prendessi cura di loro fino al momento in cui liberavano le ali nel cielo. In mezzo a un campo arido si stendono tutti i tuoi quadri, quelli che hai dipinto con profonda passione nel corso della tua vita.
E poi ci sono i momenti in cui hai ascoltato e consolato le persone che si rivolgevano a te: le tue amiche, tua madre... e persino me stessa. Rivedo la tua rigidità di giudizio in alcune situazioni, la tua passività in altre, la tua generosità in altre ancora. Centinaia e centinaia di scene costellano gli spazi attorno a noi, traslucide nella luce ormai violetta del cielo.
E in quel momento giungo a un’improvvisa ispirazione: La sera è la vecchiaia!
Non può essere che sia così? L’età ultima di un essere umano è quella che si colma e si nutre di ricordi. La sera prima della notte. La vecchiaia prima della morte!
- Zia, ma tu non sei vecchia! – Protesto – Hai solo quarantaquattro anni!
- Lo so Cuore, non ho mai detto di essere vecchia.
- Ma allora, la tua sera...?
Tu guardi l’orizzonte e mi fai cenno con la mano di seguire i tuoi occhi. La luna sta sorgendo là, dove il cielo è più cupo e lentamente si arrampica verso le stelle.
- Ora guarda cosa succede.
Per un istante il silenzio avvolge questa sera già così irreale, lasciandoci sospese nell’improvviso chiarore lunare. Poi inizia a succedere.
Il primo è il locale da ballo rosso e blu: esplode come una bolla di sapone lasciando al suo posto un mucchietto di polvere. Non faccio in tempo a capacitarmi dell’accaduto che anche tutti i mobili che avevi scelto con tanta ostinazione per la tua casa iniziano a crollare scoppiettando. Le macerie si affastellano nel campo in cumuli di diverse dimensioni, poi a loro volta si sgretolano, si sfaldano in pezzi sempre più piccoli fino a diventare tutti, invariabilmente, polvere.
- È questo che succede, quando è sera – mi dici, mentre alcuni dei tuoi quadri iniziano a subire lo stesso deterioramento.  Alcuni - non tutti - riesco a notare.
- Zia, la sera...
- La sera è il momento in cui vedi la morte – mi interrompi.
Rimango zitta di fronte alla rivelazione. Capisco cosa vuoi dire, perché è naturale che tu abbia fatto questa esperienza. Sei ricoverata all’ospedale da giorni per questo tumore che potrebbe lasciarti tra noi o portarti altrove con uguali probabilità. Il momento in cui hai ricevuto la diagnosi... quello è stato il momento in cui ti sei accorta che la tua vita poteva interrompersi all’improvviso, come se qualcuno avesse tracciato la linea del traguardo proprio lì, davanti ai tuoi piedi.
- Ciascuno di noi passa la vita accumulando esperienze, costruendo e realizzando progetti – mi dici – Tutto ciò che costituisce la tua vita e la tua storia è sempre lì, davanti ai tuoi occhi. Ma alla luce accecante del giorno tutto brilla, ogni cosa sembra importante, sembra solida. Solo al chiarore incerto della sera la realtà appare nella sua cruda verità. Solo allora ti rendi conto di ciò che è stato davvero importante e di ciò che lo sembrava ma non era niente più che polvere.
Le tue parole acquistano un significato quasi doloroso mentre tante parti della tua vita scoppiano sotto ai miei occhi. Se ne vanno le vanità e le vendette, le avidità e le superficialità. Se ne vanno in polvere inconsistente che il vento renderà introvabile. E restano tutte le opere buone che hai compiuto, resta l’amore che hai dato, restano tutte le parti di te che hai donato al prossimo e che brillano nelle vite degli altri.
Ora la tua storia è diversa. Ora che la morte ha ridimensionato la tua esistenza, la vedi per ciò che è.
- Volevo che vedessi la mia sera – sussurri – Perché quando sarà il momento di guardare nella tua, tu possa avere tanta verità e poca polvere.
Annuisco e anche se faccio fatica a parlare, il mio cuore è profondamente grato di questa esperienza.
Non scorderò ciò che ho visto, non dimenticherò della tua vita ciò che è rimasto e ciò che è svanito in pulviscolo.
Costruirò una vita di mattoni, perché quando sia sera essi splendano alla luce della luna.
Questo proposito è la promessa che ti faccio zia, perché tu possa sapere che ho capito e perché tu possa esserci e vedermi far fruttare la tua sera.

  
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