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Autore: the fly    25/05/2007    6 recensioni
Le persone possono davvero cambiare?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Was it a dream?

 

Ciao a tutti, non so nemmeno io x’ ho scritto questa storia e non so dove andrà a finire. Ho comunque deciso di pubblicarne la prima parte, così giusto per sapere cosa ne pensate quindi buona lettura. Besos.

 

 

Prima parte….

 

 

Era ubriaco, di nuovo, come quattro giorni su sette ormai da quasi tre mesi a questa parte, ma non di burrobirra, no, con quella ci avrebbe messo una vita e a lui non piaceva sprecare il suo inutile tempo. Il firewhisky, invece, quello sì che faceva al caso suo, bastava che se ne scolasse una bottiglia intera e poi.....dritto nel fantastico mondo dell’ebbrezza, dove ogni pensiero si annullava, dove tutto il dolore magicamente spariva e lui si sentiva leggero come una piuma, la sua testa completamente vuota e priva di ogni pensiero. Era così che avrebbe voluto sentirsi ogni giorno, ogni ora, per sempre. E invece il sole sorgeva di nuovo senza il suo permesso e il suo dannato, debole corpo rigettava fino all’ultima goccia di quella che era la sua unica cura restituendolo alla realtà e doveva cominciare tutto daccapo il giorno dopo.

Blaise dopo averlo tormentato per le prime due, tre settimane sembrava finalmente aver rinunciato a volerlo redimere ad ogni costo e lui gli era grato per questo anche se non sapeva per quanto ancora l’amico avrebbe sopportato di averlo in giro per casa ridotto in quello stato. Era più forte di lui, non poteva farci nulla, non ne poteva più delle sue inutili frasi di circostanza, non aveva bisogno di una balia, né della sua amicizia, né del suo conforto, anzi ogni tentativo da parte sua di stargli vicino lo irritava.

In questo periodo aveva solo bisogno di un tetto sopra la testa dato che non sarebbe tornato da sua madre, in quella prigione dorata, per nulla al mondo, sua madre lo avrebbe letteralmente soffocato, l’appartamento di Blaise era l’ideale e finora era grande a sufficienza da lasciare ad ognuno il proprio spazio.

E poi, che diamine, era abbastanza uomo per decidere in che modo rovinarsi la vita glielo aveva ripetuto migliaia di volte, tanto niente di tutto quello che avrebbe potuto o voluto fare gli avrebbe restituito l’unica cosa al mondo che lui rivoleva quindi perché tentare inutilmente?

Pansy....bhè non credeva che gli avrebbe mai più rivolto la parola dopo tutto quello che le aveva sputato addosso fuori di sé dalla rabbia e dal dolore, rintanato nell’ombra della sua stanza come un animale feroce costretto dentro una gabbia in attesa di sbranare la sua prima vittima non appena riacquistata la libertà, riassumendo il suo primordiale istinto.

Quella frase era stata di una crudeltà assassina, doveva ammetterlo: - Come puoi venire a dirmi che mi capisci, che comprendi il mio dolore se mai sei stata amata in vita tua! Forse non te ne sei accorta, ma ti usano solo per qualche scopata, niente di più, e poi tanti saluti Pansy! Ti sei mai chiesta il perché? -

Aveva pianto scappando lontano da lui sbattendo la porta e Blaise le era corso dietro dopo averlo incenerito con il suo sguardo blu intenso. Da quel giorno non gli aveva più rivolto la parola e lui, in verità, non aveva mai cercato né il suo perdono, né tanto meno aveva tentato di ricucire una amicizia che durava dall’inizio della scuola.

Anche per questo Blaise, in qualità di migliore amico, si sentì in dovere di fargli una bella ramanzina, facendogli capire quanto ingiustamente l’avesse ferita, ma a lui non importava ed era certo di non aver nemmeno ascoltato quello che gli aveva detto cercando di farlo ragionare, era troppo occupato a ravanare nel frigo alla ricerca di qualcosa che gli bagnasse il gargarozzo, possibilmente con una decina di gradi alcolici.

Lui voleva Harry, soltanto lui, gli mancava come l’aria, ogni respiro gli costava un’immane fatica, i suoi polmoni sembravano vuoti e aridi, e il suo cuore, sebbene apparentemente fosse completamente insensibile ad ogni emozione sembrava non voler smettere mai di sanguinare. Perché era così difficile da capire? Perché non riuscivano a capire che, senza di lui, niente sembrava abbastanza importante perché valesse la pena farlo, né mangiare, né bere, né….vivere.

Ormai aveva smesso da tempo di illudersi, - i miracoli non esistono - si ripeteva, Harry non sarebbe ricomparso magicamente dietro la porta di casa sua, e non era vero per niente che il tempo guariva tutto, lui avrebbe sofferto sempre, terribilmente, senza tregua. Il suo angelo era andato via, gli era stato portato via da un destino infame e nulla lo avrebbe riportato da lui. Eppure il suo intero essere si ribellava ancora all’idea della morte, al fatto che lui aveva cessato di esistere. Nel profondo della sua anima sentiva agitarsi qualcosa, un informe presentimento, che gli sussurrava che c’era ancora speranza.

Prima o poi sarebbe riuscito a farlo annegare nell’alcool quel maledetto, oh sì era sulla buona strada, gli mancava tanto così.

Era furioso con Harry, lo avrebbe odiato se non l’amasse ancora così disperatamente, molte volte aveva pensato che, se mai se lo fosse ritrovato di fronte, per prima cosa lo avrebbe preso a schiaffi e avrebbe tempestato il suo petto di pugni furiosi maledicendolo per averlo costretto a fare a meno di lui per così tanto tempo. Lo aveva lasciato quando gli aveva giurato di restare con lui per sempre, lo aveva abbandonato a sé stesso, al relitto umano che era diventato senza di lui, quando invece gli aveva promesso di proteggerlo anche e soprattutto da sé stesso, di amarlo scaldandogli l’anima e il cuore che ora sentiva gelati come iceberg alla deriva.

Per un po’ si era perfino lasciato prendere da una sorta di folle intento, era un mago a tutti gli effetti ora, (con tanto di certificato autenticato niente po po di meno che dal Ministero della magia) e piuttosto in gamba. Avrebbe dedicato il resto dei suoi giorni alla ricerca di un modo, un incantesimo o qualsiasi dannata magia potesse riportare in vita una persona, ma quel matusa idiota di Silente gli aveva tarpato immediatamente le ali. Chissà per quale strano motivo si sentiva in dovere di dannargli l’anima anche dopo aver messo piede fuori da Hogwarts.

+ Nemmeno la magia può sconfiggere la morte, siamo anche noi degli esseri umani Draco, sebbene sia penoso la morte ci accomuna tutti, maghi e non e anche se ci fosse un modo potresti perdere la tua vita nel tentativo e la persona che hai perso potrebbe non tornare nel modo in cui desideri  +.

Tutte cazzate pensava Draco e allora dove sta la differenza? Dov’è il vantaggio di avere dei poteri magici se non si può usarli per una cosa così importante? Perché quel mostro di Voldemort aveva avuto più di una possibilità per tornare in vita nonostante fosse ridotto a poco più di un informe rifiuto vivente e il suo Harry invece era dovuto scomparire dalla faccia della terra senza nessuna altra scelta?

"Grandissimo idiota" biascicò macinando ancora qualche metro coi suoi passi zigzaganti per le strade silenziose di una Londra sonnecchiante nel caldo tepore dell’estate.

Si era anche illuso di vederlo svolazzare in giro come il Barone Sanguinario, o Sir Nicholas, ma ancora una volta sentiva nella sua testa la voce di Silente ripetergli che Harry non aveva nessun motivo per restare sospeso fra la vita e la morte in forma di fantasma perché aveva assolto ogni suo compito, anzi il compito per il quale era nato, sconfiggere lo stregone cattivo per il bene di tutta la strafottuta comunità magica e non, a costo della sua vita, della sua giovane vita. Quella stessa vita che avrebbe legato alla sua per sempre di lì a qualche giorno, il ventuno luglio, se lo ricordava bene.

E lui allora? Lui non era un motivo sufficiente per rimanere ancorato a questo ignobile mondo? Si rifiutava di pensare che, dovunque lui fosse, avesse già smesso di amarlo dimenticandosi di lui.

Quante volte si era rinchiuso in camera sua, rannicchiato nella penombra come in un bozzolo rassicurante, fissando instancabilmente la più bella foto di loro due insieme, non sapeva dirlo. Erano così felici in quel ritratto animato, gli occhi di Harry sembravano gridargli tutto l’amore che aveva per lui con quel loro brillio verde acceso, quella scintilla ardente che Draco vedeva ogni volta che socchiudeva gli occhi prima di baciarlo, ogni volta che giaceva su di lui unendo i loro corpi in un meraviglioso e appassionato amplesso.

Ricordava come fosse ieri il momento esatto in cui era stata scattata, era il giorno di S. Valentino. I suoi occhi avrebbero potuto focalizzare e ricreare quell’immagine in ogni suo particolare eppure qualche volta non sapeva resistere e, recuperando il suo pensatoio nascosto nell’armadio si rituffava in quel meraviglioso ricordo anche se questo lo faceva soffrire cento volte di più quando ritornava nello squallore della sua stanza vuota.

Per l’occasione Harry lo aveva portato in un piccolo ristorante italiano ad Hogsmeade nascosto in un vicolo che mai aveva notato e mai avrebbe visto se non ce l’avessero portato di proposito. Non ci andava molta gente e questo era un vantaggio dato che ovunque andasse Harry aveva fissi su di sé gli occhi di tutti, colmi di aspettativa per l’impresa che lo attendeva, di speranza, ma per la maggior parte, pieni di una morbosa curiosità per quella sua piccola saetta, quella che ti toglie l’aria e il sonno, che ti riduce ad una foto in prima pagina sull’ultimo numero della Gazzetta del profeta con la tua cicatrice in bella mostra zoommata almeno due volte.

La prima cosa che Draco aveva pensato era stata, - se non ci va nessuno ci sarà pure un motivo - si aspettava una bettola squallida e deserta e questa teoria sembrò essere confermata a tutta prima dall’insegna pericolante che pendeva insicura dal tetto, dai muri scrostati delle pareti e dai vetri scuri di polvere delle finestre che davano sulla strada. Invece, non appena varcò la soglia quello che gli si presentò davanti fu un delizioso locale arredato con semplicità, pulito e accogliente, disseminato di tavolini tondi coperti da leggere tovaglie color acqua marina, ciascuno con una rosa rossa al centro. Tutti, tranne quello che Harry aveva fatto riservare per loro. Draco adorava le rose bianche e vide con piacere che sul loro tavolo faceva bella mostra di sé un piccolo bouquet, risplendente come un’alba accesa sul rosso scarlatto della tovaglia sicuramente scelta dall’animo e dal “buon gusto” grifondoro di Harry.

Scoprì che Harry conosceva il proprietario del locale, Alfredo, un vecchio mago italiano che aveva subito il fascino elegante ed etereo di una bellissima strega inglese che aveva costretto il suo cuore a non allontanarsi mai più. Draco guardandola non poté che dargli ragione, Ester era una donna di una eleganza innata che gli ricordò quella di sua madre, i capelli biondi come il grano maturo striati appena da qualche sottile filo argenteo, i lineamenti delicati sulla carnagione chiara e gli occhi di un nero profondo che ti catturavano non appena si posavano nei tuoi.

Osservandoli insieme il serpeverde si sorprese ad immaginare come sarebbero stati lui ed Harry a cinquanta, sessant’anni, il loro amore sarebbe stato ancora forte e inteso come lo era in quel momento? Sorrise figurandosi loro due seduti su una panchina al parco, l’uno accanto all’altro, mano nella mano, sarebbero diventati due arzilli vecchietti ancora teneramente innamorati.

Nessun altro avrebbe mangiato in quel ristorante quel giorno, era tutto per loro, niente scocciatori. Qualche volta aveva sorpreso la coppia di ristoratori mentre guardavano lui ed Harry, inteneriti, con quel loro sguardo complice, consapevoli, forse, che anche loro due seppur così giovani, condividevano un amore della stessa intensità del loro. Era stato proprio lui, il loquace mago d’oltremanica a scattare loro quella foto. Non si erano messi in posa, era una foto rubata, quelle che di solito si dice vengano meglio perché colgono appieno la spontaneità delle persone. Draco, quando la vide, pensò che effettivamente era vero. Lui ed Harry erano seduti al tavolo l’uno accanto all’altro, la mano destra del compagno racchiudeva dolcemente il suo viso solleticandogli lo zigomo e i suoi occhi verdi lo guardavano come se fosse la cosa più importante del mondo. Poco dopo le sue labbra avevano catturato le proprie in quello che Draco considerò il più bel bacio che gli avesse mai dato, dolce e intenso allo stesso tempo, le loro labbra sembravano modellarsi perfettamente le une sulle altre come fossero una cosa sola. Quando si erano separati Harry gli aveva sorriso raggiante come un caldo sole estivo e Draco capì in quel preciso istante di amarlo follemente, di non poter nemmeno immaginare di fare a meno di quel sorriso fosse stato anche per un giorno soltanto. Strinse le mani del compagno nelle sue e nel farlo sentì una piccola e fredda costrizione attorno al suo anulare, quando abbassò lo sguardo vide un anello, la fascia argentata si univa nel centro con due mani che racchiudevano un cuore la cui punta era rivolta verso l’interno sormontato da una corona. Harry ne indossava uno identico. Doveva averglielo infilato mentre ancora lo baciava, lui non si era accorto di nulla. Rimase senza parole e l’unica cosa che fu capace di fare fu cercare le labbra del compagno per baciarlo di nuovo, forse più intensamente di prima.

Ogni volta che fissava quell’immagine sentiva il suo cuore stringersi in una morsa dolorosa e le lacrime scendevano copiose e brucianti dai suoi occhi stanchi, senza sosta fin quando non si prosciugavano.

Era questo tutto quello che gli restava, una foto di loro due insieme innamorati e felici, con una promessa di amore eterno svanita nel nulla, nient’altro?

Doveva andare con lui quella sera, era sicuro di essere riuscito a convincerlo, ma lui lo aveva ingannato, lasciando un vuoto incolmabile dalla sua parte del letto e nel suo cuore. Era andato da solo incontro al suo destino lasciandolo in preda ad una tormentosa angoscia che lo aveva logorato, divorato per ore, fin quando Lupin, di ritorno da quello che aveva chiamato “il campo dell’ultima battaglia” gli diede il colpo di grazia.

Mai aveva urlato così forte la sua disperazione come quella notte maledicendo tutti quelli che aveva accanto, perché erano ancora vivi e incolumi e coloro che amavano erano accanto a loro, sani e salvi.

Avrebbe distrutto l’intera casa se non l’avessero privato della sua bacchetta, l’avrebbe ridotta ad un mucchietto di macerie polverose.

 

Quella sera, come tante altre ormai stava cercando di tornare a casa inciampando ad ogni metro nei suoi stessi piedi avvolto nel mantello dell’ invisibilità di Harry, valutò che mancavano ancora due isolati, forse, i suoi occhi non ne erano affatto sicuri e stringerli in due fessure come un miope per cercare di focalizzare meglio quello che gli stava attorno non funzionava. Si appoggiò con la schiena alla saracinesca di un negozio per riprendere fiato, era incredibile come l’alcool lo facesse sentire come un cinquantenne che ha salito due rampe di scale senza sosta. Accarezzò la stoffa scura del manto che lo copriva come per attingervi un po’ di sicurezza e poco dopo riprese il suo incerto cammino. Aveva stregato quel prezioso mantello rendendolo, alla vista dei babbani, un comunissimo mantello nero per poterlo indossare senza alcun problema per le strade affollate della città, non se ne separava mai.

Certo era semplicemente assurdo andare in giro con quel mantello sulle spalle anche con quel caldo, se ne rendeva conto, ma a lui non importava e le occhiate della gente gli scivolavano addosso senza lasciare traccia, al massimo lo avrebbero giudicato un po’ stravagante, ma nulla di più. Indossarlo era un modo come un altro per illudersi di averlo ancora vicino, di sentirsi avvolto nel suo caldo abbraccio. Lupin lo aveva ritrovato poco lontano dalla lapide di Ridde senior e quando glielo aveva riportato Draco lo aveva stretto a sé così forte quasi da strapparlo e non aveva permesso a nessuno di toccarlo, nemmeno per sottoporlo agli incantesimi di controllo degli auror. Non sarebbe diventato una reliquia magica da appendere nell’ufficio del Ministro della Magia o da conservare in una tecla di vetro in pasto agli occhi dei curiosi durante un giro turistico per i corridoi del Ministero. Quegli ipocriti avevano persino pensato per un attimo di dedicare un’ala dell’edificio alla memoria di "Harry Potter il salvatore del mondo magico". Già immaginava la sua scopa appesa al muro con tanto di targhetta commemorativa per le numerose vittorie sportive ottenute a quidditch, magari anche un manichino a grandezza naturale con tanto di saetta sulla fronte per rendere il più possibile fedele la somiglianza. Pensare a tutto quello gli faceva venire il voltastomaco.

Ogni volta che non riusciva a prendere sonno raggomitolava vicino a sé quel lembo di stoffa e se lo stringeva al petto come farebbe un bambino col suo orsacchiotto di peluche. Merlino c’era ancora il suo profumo intriso nelle trame del magico tessuto e Draco lo respirava come se fosse un concentrato di essenza vitale che penetrava il suo corpo e la sua anima.

Un uomo di mezza età gli passò accanto barcollando,per poco non gli rovinò addosso, riuscì a scorgere per un attimo i suoi occhi celesti nascosti da un paio di occhiali a mezza luna. La sua mente volò spedita all’immagine rassicurante del vecchio preside e le sue labbra si piegarono di rimando in una smorfia disgustata.

Per fortuna Silente aveva avuto il buon senso di non tornare più a Grimmauld Place dopo quella sciagurata sera e Blaise non parlava mai di lui in sua presenza se non voleva rischiare di diventare un bersaglio mobile per tutti gli utensili della cucina.

 

Quando scorse sul suo viso bonario quell’espressione addolorata e comprensiva che dispensava così generosamente risollevando e commovendo l’animo dei più, Draco aveva invece avvertito chiaramente una intesa staffilata di collera e si era sentito travolgere da un odio soffocante. Per la prima volta si pentì di non averlo ucciso quella notte sulla torre d’astronomia, e pensò che forse lo avrebbe fatto in quell’istante, accecato dall’ira se non l’avessero trattenuto.

A Draco non importava un emerito della sua comprensione, poteva infilarsela su per quel suo culo flaccido insieme a tutte le buone parole che aveva cercato di inculcargli nella testa illudendosi che potessero aiutarlo per qualche assurda ragione.

Con che coraggio pretendeva di consolarlo, lui, il grande e potente mago, l’unico che Voldermort avesse mai temuto che aveva mandato un ragazzo nel fiore dei suoi anni al macello, addossandogli un peso enorme, insostenibile. Silente non era migliore del primo ministro della magia, né di tutti quelli che avevano tormentato Harry senza tregua vedendo in lui solo quella stupida cicatrice come la loro unica ancora di salvezza da un male che nessuno di loro aveva il coraggio di accettare ed affrontare a proprie spese.

* ma la profezia Draco parlava chiaro * suggerì la sua vocetta interiore.

Sapeva benissimo cosa diceva la profezia, ma per Merlino era stata pronunciata dalla Cooman! Quella donna non avrebbe azzeccato le previsioni del tempo per il giorno dopo nemmeno se avesse osservato un cielo plumbeo carico di minacciose nuvole nere!

Draco era più che convinto che un Avada Kevadra avrebbe comunque fatto il suo effetto anche se non fosse scaturito dalla bacchetta di Harry, ma erano tutti convinti del contrario, a suo parere non erano altro che dei codardi.

 

Finalmente si fermò davanti all’entrata, la testa gli girava da morire e il suo stomaco emetteva il famigliare brontolio che lo avrebbe fatto restare in ginocchio accanto alla tazza del bagno per almeno un quarto d’ora buono.

Le sue gambe malferme lo tradirono ancora e stavolta si ritrovò in un batter d’occhio accasciato a terra, sentì a malapena il mantello scivolare giù dalle spalle raccogliendosi ai suoi piedi in un mucchio di pieghe impalpabili.

Sbronzo com’era anche il marciapiede sarebbe stato un accettabile giaciglio e lui non aveva la minima voglia di trascinarsi fino al suo appartamento e da lì in camera sua e poi dove cazzo aveva messo le chiavi? pensò ficcando le mani nelle tasche dei pantaloni senza trovare nulla.

Si addossò al muro incerto sul da farsi.

A un tratto gli parve di udire dei passi avvicinarsi, ma il continuo ronzio nelle orecchie poteva benissimo tradirlo facendogli sentire rumori e suoni indistinti solo nella sua testa. Però percepì chiaramente due braccia sollevarlo da terra rimettendolo in piedi e infine avvolgerlo stretto in un confortevole sostegno. La sua mente registrò come proprietario di quelle forti braccia il suo instancabile amico Blaise che più di una volta lo aveva ripescato fuori dal portone borbottando qualcosa su come si fosse ridotto male, se lo caricava sulle spalle trascinandolo quasi a peso morto per due rampe di scale e lo metteva a letto nella sua stanza lasciandolo al suo pesante torpore post sbronza.

Draco si rannicchiò contro il petto del suo soccorritore che ora lo aveva preso in braccio e si dirigeva sicuro verso la porta, un lieve rumore metallico e questa si aprì lasciandoli passare. Non sollevò lo sguardo fin troppo certo che la sua vista, al momento, era peggio di quella di una talpa e poi le palpebre sembravano pesare quanto un troll adulto sui suoi occhi stanchi. Quando sentì il suo corpo adagiarsi sulla morbida superficie del letto riuscì a mettere insieme due parole, quelle che rivolgeva sempre al suo paziente amico.

“Grazie Blaise” anche se il suo naso aveva percepito un profumo diverso, che non aveva niente a che fare con Blaise e il suo naso non era ubriaco. Il suo olfatto al momento era l'unico senso rimastogli che fosse ancora in condizioni decenti, ma la sua mente archiviò subito la cosa, stanca e ansiosa di spegnersi in un sonno ristoratore.

Non udì il suono dell’uscio che l’amico richiudeva alle sue spalle subito dopo, ma….

“Buona notte amore mio”, gli parve anche di sentire il tocco leggero di una mano che scostava piano le ciocche bionde che gli ricadevano sugli occhi socchiusi e un bacio leggero posarsi sulla sua fronte, ma non vi prestò molta attenzione. Quelle parole sussurrate appena nel suo orecchio potevano voler dire qualsiasi cosa e lui forse nemmeno le aveva sentite per davvero, e quel tocco lo aveva sicuramente confuso col forte pulsare nella sua testa pesante.

Quando aprì gli occhi però quello che si ritrovò di fronte non fu la penombra della sua stanza, ma due lucenti e limpidi smeraldi che lo guardavano inteneriti e preoccupati.

Si sfregò più volte gli occhi col dorso delle mani, di sicuro un’altra allucinazione ben congeniata dai fumi dell’alcool pensò, e invece li vide di nuovo, meravigliosi e vividi, lì davanti a lui.

“Harry?” bisbigliò, allungò una mano davanti a sé con la stupida illusione di poter toccare l’angelo dagli occhi verdi che era ancora lì accanto a lui, le sue dita sfiorarono qualcosa di morbido e le sentì tremare quando le fece scorrere in quella trama setosa, scendendo poi a percorrere la fronte liscia, gli zigomi lievemente spigolosi e le labbra piene e calde.

Che meravigliosa illusione o indicibile tortura era quella?

Grosse e cocenti lacrime scesero sul suo volto mentre si abbandonava ormai al sonno ed al torpore dell’alcool, i suoi occhi non riuscirono a distinguere più nulla se non il brillio di quelle iridi smeraldine.

“Harry, sei tu, sei tornato da me” sussurrò con la voce tremante prima di cedere allo stordimento, era certo che il suo amore lo aspettasse in sogno per stringerlo fra le sue braccia e al momento non desiderava altro, quindi chiuse gli occhi e scivolò nel sonno.

Un sogno, quello era ciò di cui aveva bisogno, dove loro due erano insieme, di nuovo. Forse la sua storia con Harry era stata solo un sogno, un bellissimo sogno dal quale si era svegliato troppo presto e la realtà, era quella che stava vivendo ora.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per ritrovare Harry accanto a sé al suo risveglio, ma sapeva che non poteva accadere, non nella vita vera. Lui ed il suo angelo potevano continuare ad amarsi solo nei sogni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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