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Autore: Marghe    26/06/2004    1 recensioni
La toccante e commovente lettera di Andromeda Black al figlio che ancora deve nascere, e che forse vivrà abbastanza a lungo da rendersi conto la vita di sua madre è stata breve, innaturalmente breve e crudele. La storia di una fuga dalle ingiustizie e dalle tradizioni inflessibili, e l’insegnamento di una madre che potrebbe essere una qualsiasi madre di questo mondo; l’insegnamento a confidare nell’impersonale nucleo delle piccole cose, perché è dal più insignificante frammento di vita che la vita stessa ha avuto origine, ed essa rimane, perciò, l’unica chiave per scoprire la realtà.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sunburn (Guilty Conscience)

Sunburn (Guilty Conscience)

             by Coral Dana Rose

 

 

La nostra splendida casa Babbana,

in Londra

un giorno di sole.

 

 

 

Figlio o figlia mia, qualsiasi cosa diverrai e chiunque sarai in futuro,

 

quando leggerai questa lettera io non ci sarò più.

O forse ci sarò ancora, magari te l’avrò fatta leggere così, una sera, tanto per farci quattro risate in famiglia, io, tu e papà.

Ma è molto improbabile.

Perciò ritengo che tu debba conoscere tutta la verità prima che sia troppo tardi, prima che tu ti illuda su ideali che non vale la pena di infamare, da parte mia. Io posso solo dirti come sono andate le cose, e affidare la cronaca alla pergamena, sperando sia davvero così paziente da prestarmi ascolto. E sperando che la nostra casa non sia già bruciata per quando verrà il tuo momento di apprendere la realtà per come io l’ho conosciuta.

Come ti ho detto, se ti farò leggere questa lettera in mia presenza, tanto per passare un po’ il tempo in modo piacevole, bhe… troverai queste preoccupazioni piuttosto ridicole.

Ma non è tempo di perdersi in questo tipo di introduzioni. Ho troppa paura che il tempo sia poco, tesoro mio… e ho paura per te, che stai qua sotto la mia pelle, e che sei così fragile, così piccolo e indifeso… non c’è un briciolo di forza in te, non un solo briciolo, e tutto ciò che posso fare per salvarti è proteggere te, e me contemporaneamente, affinchè tu possa conoscere il mondo.

 

Ma ne vale davvero la pena?

Io posso dirti che sono felice d’aver conosciuto questo mondo, ma ci sono state anche tante sofferenze, tesoro mio, sofferenze tanto brutte che forse annullano la beltà profonda del resto delle cose che ho conosciuto.

 

Tu non avresti dovuto essere concepito, tesoro mio, lo sai?

Io avrei dovuto sposarmi con un altro uomo, diverso dal tuo papà, perché i miei parenti ritenevano che il babbo fosse indegno del suo ruolo e che io non potessi neanche avvicinarmi ad uno della sua risma.

Ah, non puoi immaginare quanto io abbia sofferto per queste smisurate menzogne!

Le mie due amate sorelle comprendevano il mio stato d’animo, ciascuna a modo loro… ma nessuna di loro voleva che io perseguissi i miei sogni di una vita felice. Volevano che assecondassi il volere della famiglia, tenendone alto l’onore e rispettando le tradizioni millenarie e indistruttibili, con tutti i loro tabù.

Io mi sentivo asfissiata da tutto questo.

Tanto più che avevo conosciuto Ted, tuo padre. E non volevo rinunciare a lui per delle regole che nessuno s’era mai curato di giustificarmi con prove e argomentazioni che mi risultassero sufficientemente attendibili. Ho sempre cercato di comprenderli, i miei parenti; per loro, che si erano tramandati quasi senza fiatare le più antiche tradizioni, di generazione in generazione, doveva essere difficile spiegare al mio animo naturalmente inquieto il perché di tutto questo.

Fu in una cosa apparentemente banale che trovai la risposta. Fu per una lacrima.

Fu il giorno in cui uscii di casa di nascosto, poco dopo le diciassette, quando in estate era sempre giorno e non c’era quasi nessuno in casa. Mi sbagliavo pensandolo. Qualcuno in casa c’era, la mia cara sorella Narcissa.

Non so dove sia ora Narcissa, perché non mi rivolse più la parola e io non volli più sapere della mia famiglia dal giorno in cui fuggii, sebbene lei mi manchi, come in fondo tutti gli altri mi mancano, anche se so che rappresentano una costante minaccia alla mia vita, perché da un momento all’altro potrebbero venire qui e uccidermi.

Rispetteranno la cosa che ho in grembo?

Attenderanno? Potranno attendere…?

Quel giorno Narcissa mi seguì furtivamente fin quando non giunsi nella radura dove io e tuo padre avevamo stabilito di incontrarci, molto lontano da casa mia, dalla città. Narcissa era stanca, e la scoprii proprio perché ansava, senza fiato.

Aveva visto io e Ted che ci baciavamo e questo l’aveva fatta accasciare a terra, sull’erba che le macchiò il vestito.

La vidi piangere, e fui tanto partecipe del suo dolore che pensai di poter sentire il sapore delle lacrime quando queste si insinuarono, scivolando lentamente, fra le labbra di mia sorella.

 

Ma sapevo perché piangeva.

Io avevo rotto la tradizione che lei tanto mitemente rispettava. Io avevo infranto il cristallo delle sue convinzioni e soffiato sul castello di carta che era la sua anima, plasmata e modellata dai parenti com’essi l’avevano preferita.

Diversamente era avvenuto per Bellatrix, l’altra mia sorella. Aveva un carattere molto più forte, e non aveva mai avuto problemi ad accettare le idee di tutti i suoi parenti e di tutti quelli che la pensavano come loro, come una vera e propria morale da seguire a costo della vita e dell’onore.

Ma l’onore di Narcissa ora era distrutto e calpestato. E io ne ero l’artefice!

Oh, perché non le avevo parlato, perché non avevo fatto qualcosa per scoprire chi era la vera Narcissa e per convincerla a uscire allo scoperto e a prevalere su quella falsa, che oggi, temo, è quella che ha ottenuto la vittoria sull’altra sua metà? Ora è troppo tardi. Già allora era troppo tardi. Io avevo distrutto ciò che per Narcissa era sacro.

Sacro perché su quei principi si basavano le sue convinzioni.

E lei aveva bisogno di entrambe le cose. Principi e condizioni. Elementi fondamentali nell’alchimia della sopravvivenza, figlio mio o figlia mia. Ma tu cerca sempre di costruirteli da tè. Non ferire gli altri, mai… ma i tuoi principi costruiscili di tuo conto.

Quando fuggii fu un colpo ancor più duro per tutti, e ancora mi stanno cercando, temo, aspettando il momento propizio. Mi cercheranno a lungo, amore mio, molto a lungo. Forse quando nascerai mi staranno ancora cercando, e spero sinceramente, prego il destino che tu non mi veda perire di loro mano! Sarebbe terribile che tu vedessi tua madre uccisa dai tuoi nonni! Terribile.

Io però ricordo quel giorno come il giorno della svolta positiva del mio essere, e non mi pento di niente di ciò che ho fatto, perciò quando me ne andrò, andrò serena, e anche ora vado serena e mi preoccupo solo di te e della tua incolumità e di quella di tuo padre, non di altro. Io ho fatto la mia parte e i dubbi che mi erano dannosi li ho eliminati. Ancora poche battute e la mia recita si concluderà.

Il sole tramonterà alle spalle del mio sepolcro di pietra e sorgerà sulla tua culla e sul tuo corpo avvolto di trine e merletti. Vivrai, amerai, come tutti soffrirai e avrai dei dubbi, ma sarai anche felice, amore, perché hai un padre che ti adora e una madre che, se possibile, ti adora ancora di più, e perciò vivrai molto più felice di me e di molti altri bambini come te.

 

Come ho detto, a volte soffrirai. Forse in questo momento stai soffrendo.

 

Ogni volta che ciò accadrà, in ogni circostanza… osserva le piccole cose. Ogni volta che ti senti avvampare d’ira o disciogliere dalla tristezza, soffermati un istante a osservare un volatile in cielo, o le stelle e la luna, o il sole al tramonto rossastro, o cose più piccole ancora, come un filo d’erba, un fiore, qualsiasi cosa.

Non ti sto imponendo di crescere da sentimentale.

Io ho avuto la fortuna o sfortuna di esserlo, ma vedi… voglio solo che tu sappia che la realtà delle cose si nasconde nei particolari più piccoli, e ciò che impariamo dalla magnificenza dell’immenso e da altre cose simili –in verità, a noi irraggiungibili, in quanto umani, e perciò non perdere troppo tempo in cerca del dono dell’eterno o dell’infinito o di chissà che altro, non ne vale la pena-, ebbene, ciò che impariamo da questa magnificenza sublime non vale proprio niente, se non riusciamo a renderci conto che tutta la nostra vita ha avuto inizio dalla cosa più piccola.

Tu eri la cosa più piccola quando sei nato in me. Un piccolissimo frammento di essere, ma guarda poi come gli umani divengono complessi e si evolvono in modo sconcertante! Noi siamo qualcosa d’importante, tesoro mio, proprio perché abbiamo avuto origine dalla banalità di ciò che è minuscolo e apparentemente indegno della nostra considerazione.

Ogni volta che cercherai delle risposte, perciò, non perdere tempo interrogando Dio. Affida a lui le tue preghiere, se questo può farti sentire meglio e sopperire alla mia mancanza, ma ricorda che Dio è intangibile e che nessuno può darci prova della sua esistenza, detto con parole semplici. Ma io non sono in grado di discorrere di questo e non sono nella posizione di contestare Dio e la religione che gli uomini gli hanno dedicato, dunque non posso che chiudere qui la situazione.

Se cerchi una risposta, non chiederla agli amici, perché non sempre essi sono davvero per te ciò che fingono di essere; non chiederla ai tuo padre o a me, se ancora ci sarò, perché noi ti vogliamo troppo bene e non potremmo risponderti con coerenza, perché condizionati dall’immenso amore per te; non chiederla nemmeno ai parenti, perché odiano me e odieranno te con tutte le loro forze, o se ti ameranno, anch’essi non saranno in grado di darti la risposta che una domanda davvero merita. No. Interroga la natura e gli animali e le piante e ascolta il pianto della pioggia, la voce muta della neve e il fruscio del vento, ascolta tutto ciò e un giorno tutto ti sarà chiaro e le cose non saranno mai state così ovvie. Fidati di me. Fidati di te.

Perché noi, lo ripeto, siamo originati dalla più piccola parte della vita. Perciò è ad essa e alla sua impersonale semplicità che dobbiamo rivolgerci per una risposta chiara e sicura, perciò dobbiamo confidare nella natura che ci ha creati e in noi stessi, anche quando siamo nel torto, perché dobbiamo essere convinti di ciò che facciamo sempre e comunque, e nella vita non sono ammessi ripensamenti.

Questo vorrei che tu sapessi, tesoro mio amatissimo, questo vorrei che tu tenessi a mente, perdonando il mio sentimentalismo.

Fino alla morte ti amerò, e anche dopo la morte, se mi sarà in qualche modo possibile. Sappilo sempre,

 

tua madre,

 

Andromeda.

 

  
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