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Autore: Elisir86    26/06/2004    1 recensioni
Sospirò per scendere le ultime scale, da prima lentamente poi sempre più velocemente gridando dentro di se: "Non girarti! Non girarti! Non girarti!" la candida veste aderiva sul suo gracile corpo rischiando di farla cadere, mentre dietro di sé abbondante stoffa seguiva leggiadra il movimento del vento.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Addio passato mio!

 

 

La notte era calata, il grande tempio era celato in un silenzio di morte, solo un'anima ancora nel pieno delle sue forze camminava tra i ruderi delle dodici case.
I suoi pallidi piedi nudi discendevano la scalinata che conduceva alla dodicesima casa
Davanti hai suoi rossi occhi vi era la dodicesima casa, il tempio custodito da Aphrodite…un nome immortale per i cavalieri dei pesci. Per loro la dea guida era Afrodite dalla sublime bellezza e dal tagliente sguardo.
Si mormorava che ogni cavaliere era l'incarnazione del primo, colui che aveva visto la dea e che le aveva salvato la vita…Eppure vi fu uno che non era stato raggiunto dall'anima vagatrice.
Alexander era il suo vero nome, ma come tutti i suoi avi fu purificato e ribattezzato come "Aphrodite l'ultimo erede."
La rozzezza così come l'invidia non giunsero mai a lui, all'incontrario esso usava come armi l'eleganza e la saggezza…Saggezza che scomparve quando Saga diventò Arles.
Quello scambio tra il bene e il male che avvenne al cavaliere della terza casa, mutò anche l'animo d'Alexander facendolo diventare crudele e spietato come la sua dea guida.
Morì e risorse varie volte con l'animo sempre pieno di rabbia ed ogni volta che il suo corpo emanava l'ultimo sospiro malediceva Atena.
Poi l'ultima volta che tornò dalle tenebre né uscì completamente, l'uomo che Saori Kido si trovò davanti non era quello che aveva tentato di ucciderla, ma bensì dolce e saggio.
Era riuscito a liberarsi dal primo cavaliere dei pesci e lasciata l'investitura ai piedi della statua d'Atena se n'andò.
Non torno mai in Grecia e non diede mai sue notizie a coloro che erano legati in qualche modo ai Saint.
Ancora oggi si può sentire il dolce profumo di rose che circondavano il cavaliere e se si chiudono gli occhi si può ancora vedere il meraviglioso corpo dell'uomo, i suoi capelli turchesi che ondeggiavano all'aria, gli occhi azzurri gelidi che scrutavano le undici case sottostanti mentre l'armatura d'orata luccicava alle prime luci del giorno con il candido mantello alzato per metà, che strusciava contro il rude pavimento.
La donna superò il dodicesimo tempio, la lanterna che teneva nelle sue piccole mani riusciva a malapena ad illuminare i gradini che doveva scendere, ma essa conosceva benissimo quel luogo e non aveva bisogno di luce per vedere il tempio che piano, piano si avvicinava.
Camus lo custodiva…anche lui morto e risorto, ma all'incontrario di Aphrodite lui amava Atena. Conosceva bene quell'uomo dallo sguardo gelido, che amava il suo discepolo più di qualunque altro, in Hyoga aveva trovato un fratello perso da lungo tempo e non poteva farne meno di proteggerlo dalle malelingue che lo ritenevano causa di una delle sue morti…la prima.
Lui aveva voluto morire per mano di quel ragazzo eppure nessuno voleva che ciò venisse fuori nemmeno il cavaliere del cigno.
Per molti anni aveva rischiato la vita donando devozione alla sua dea, finché la stessa Atena gli tolse l'armatura dell'acquario donandola a Hyoga il suo degno successore.
Cosa può fare un cavaliere senza investitura? Niente, se non guardare giovani che si addestravano. Non sapeva come Camus fosse giunto a una tale soluzione, ma si ricordava le urla del discepolo, angoscianti, cariche di dolore e odio; ogni suo singhiozzo mandava maledizioni a Saori…La donna che aveva ucciso il suo maestro.
Attraversò l'enorme atrio ove si consumavano le battaglie, lanciando uno sguardo furtivo ad una piccola porta seminascosta situata al lato ovest della casa, lì pendeva ancora il cappio con il quale Camus si era tolto la vita.
Sapeva che se Hyoga non avesse cercato l'armatura mai sarebbe entrato in quella stanza…Oh, la trovò, ma non composta nel suo scrigno bensì posta sul corpo snello del suo predecessore.
Ormai era giunta ai piedi della decima casa, si scostò con un movimento del capo un ciuffo fiammeggiante.
Un ragazzo uscì andandole incontro, il cavaliere del capricorno.
Esso era il successore di Shura, un uomo molto bizzarro per lei, ma che rispecchiava il segno di cui era custode.
Il giovane s'inchinò prima di sorriderle. Ryo era l'immagine di suo padre: gli stessi occhi verdi smeraldo, i capelli del medesimo colore, il corpo armonioso e pelle d'avorio eppure il suo sguardo incuteva paura.
Shun d'Andromeda sapeva il perché ed aveva insistito per tutta la vita che lui conoscesse soltanto il bene, nessun dolore e nessuna paura…Solo quando fu in punto di morte riuscì a far sfuggire quella promessa a Saori.
Ora, Ryo era il cavaliere del capricorno vivendo una vita d'amore e gioia fino a qualche anno fa, quando una dura battaglia invase il Grande Tempio.
Solo ora capisce…Ryo era la pura essenza del male, come lo fu suo padre…Per la prima volta aveva visto la vera forza di quel ragazzo che le porgeva la mano, salvato solo da Ikki cavaliere della Fenice.
Chissà cosa aveva giurato a Shun quel giorno, forse che avrebbe salvaguardato lui Ryo? O, che non avrebbe permesso che vagasse nell'oblio? Eppure il cavaliere d'Andromeda non aveva voluto l'aiuto di nessuno, si decretava la macchina della morte ed era suo dovere perdersi nell'Ade. Come poteva un essere tanto bello non avere anima?
La donna sfiorò il viso di Ryo che come per incanto si dissolse come fumo nell'aria. Ritirò la mano gli occhi languidi che osservavano davanti a se, era inutile immaginare persone che non vi erano.
Respirò profondamente e discese di nuovo la lunga scalinata giungendo alla casa d'Aiolos.
Su una parete vi erano delle arcane scritte, almeno così credevano tutti, una leggenda che i cavalieri della speranza avevano divulgato, ma mai nessuno ne ebbe prova della loro esistenza.
Il nono tempio era abbandonato da molto tempo, Seiya, il successore del sagittario aveva preferito ritornare in Giappone insieme a sua sorella Seika e vivere quella vita che gli era stata tolta fin da bambino, non abbandonando però Atena.
Così perfino l'anima d'Aiolos fu dimenticata, ma forse per quel giovane e temerario cavaliere era stato finalmente il decreto che lo avrebbe lasciato dormire per l'eternità.
L'ancella superò anche quest'ultima casa, gli occhi che erano ritornati quelli fieri e determinati di prima fissavano il buio davanti a lei, presto sarebbe arrivata nell'ottava casa ove era nata.
Lì tra quelle mura vi erano ancora impregnate le esaltazioni di Milo, suo padre e d'Atropo una bellissima dea. Non conosceva bene la storia dei suoi due genitori e non sapeva nemmeno com'erano fatti fisicamente, ma le leggende sulle loro guerre e le voci sulla loro relazione le fecero capire quanto assomigliava ad entrambi…Che vi era un motivo più che valido per la sua nascita che portò amaro in Grecia.
Era cresciuta senza la presenza dei suoi genitori, ma non senza amore, Atena l'aveva allevata come una madre, i cavalieri come dei padri o dei fratelli…Non poteva dire di non essere stata amata.
Mentre i ricordi le invadevano la mente entrò nella settima casa.
Dauko era l'anziano custode delle vestigia della bilancia, ma anche lui, dopo la battaglia contro Ades, dovette abbandonarsi nell'Elisio, lasciando la sua armatura al suo discepolo Shiryu.
Quest'ultimo era saggio, ma non quando si toccavano tasti dolenti sia per lui sia per i suoi amici, ed ogni volta che vedeva Death Mask un senso di rabbia gli nasceva nelle viscere.
Non tutti erano certi che fosse il degno successore dell'anziano maestro, ma Atena riponeva fiducia in lui e nessuno metteva in discussione le sue decisioni.
Discese le scale che portavano alla sesta casa dal custode saggio e religioso…la incarnazione del Buddha.
Shaka era il suo nome, fu l'unico cavaliere che non ebbe successore, sia perché lui persisteva nel sopravvivere ad ogni battaglia, sia perché il suo erede morì a giovane età.
Si ricordava le miriadi di ore che aveva passato nello studio dell'"Om", nella meditazione e in quello che lui chiamava forza interiore…Lo sguardo severo di Shaka ad ogni suo sbaglio, la rassegnazione che faceva trasparire ogni volta che si addormentava e la sua solita frase "Sei proprio come tuo padre" contemporaneamente scuoteva la testa.
"Si, e ne sono fiera!" bisbigliò mentre già si cingeva a varcare la quinta casa, la dimora del leone.
Aveva conosciuto Aioria all'età di quindici anni da prima non gli andava a genio poiché si lamentava del suo viso, ma dopo qualche anno dovette correggersi e prende quell'uomo come amico.
Certo ancora oggi dubitava che fosse il fratello minore d'Aiolos, erano così diversi…ma contemporaneamente così simili…
Una cosa in comune era la Silver Saint d'Eagle, due donne diverse, ma che avevano ricevuto quell'armatura…la maestra e la discepola…Ma entrambe tanto caparbie da rifiutare l'amore dei due fratelli donando a loro solo una semplice amicizia.
Nonostante si mormorava che molti avessero visto il suo viso, Marin seppe restare nell'ombra e non fece mai conoscere il proprio volto nemmeno dopo la morte.
All'incontrario di Shaina che mostrò il proprio viso a Seiya e nonostante avesse deciso di amarlo, certo non senza combattere, intraprese una relazione con il cavaliere della quarta casa, cosa molto strana visto che si odiavano.
Probabilmente era la loro grinta e voglia di provare nuove emozioni che li fece unire da prima sessualmente generando in amore puro...
Dalla loro unione era nata Giada, la sua più cara amica, che come lei divenne ancella. Portavano le pesanti armature di due simboli diversissimi: il fuoco e l'acqua, ma non riuscivano a separarsi, trovando ognuna nell'altra una sorella affettuosa.
Il caso volle che fossero proprio loro le uniche che potevano sigillare il male che brulicava nell'armatura di Gemini, nate nello stesso giorno e alla stessa ora erano la leggenda che diventava realtà.
Con il loro primo respiro avevano ucciso Saga e il fratello gemello, aspirando le loro anime nello scrigno d'orato sigillandolo con la loro prima lacrima.
La donna superò anche la terza casa.
Il tempio che stava per raggiungere era custodito da Luix uomo dalle molteplici fecce, un'altra anima che lei e Gaia avevano dovuto cancellare…un'altra armatura da suggellare e dimenticare.
Sospirò. Se Aldebaran fosse rimasto in vita dopo la battaglia contro Ermes forse non sarebbero mai giunte a quella decisione…Luix non avrebbe indossato l'armatura del toro.
Ma il destino era imprevedibile…masochista…assassino…e nessuno poteva fermarlo!
Arrivò davanti alla prima casa, la casa del saggio Mu, del turbolento Kiki.
Quanto tempo non vedeva quest'ultimo? Mesi…Anni…Secoli? Tantissimo, eppure non aveva smesso di amare l'unico uomo che era riuscito a cogliere in lei femminilità, colui che le aveva fatto conoscere il desiderio carnale…il suo Kiki…Ma la differenza d'età era troppa e lui vedeva in lei solo una piccola sorellina a cui fare i dispetti e decretare ordini.
Nonostante fosse molto vivace era riuscito a diventare cavaliere dell'ariete, fu proprio suo fratello a donargliela un giorno…Il giorno in cui nacque Filomena l'ancella della pace, simbolo che lui, Kiki era stato scelto per cancellare definitivamente l'oscurità dal mondo.
Sorrise al ricordo della giornata di luce. Così l'aveva chiamata…poiché con una semplice alzata della mano il mondo fu invaso da un'accecante luce.
Kiki aveva fatto ciò per cui era nato per poi diventare un normalissimo uomo d'affari.
Sospirò per scendere le ultime scale, da prima lentamente poi sempre più velocemente gridando dentro di se: "Non girarti! Non girarti! Non girarti!" la candida veste aderiva sul suo gracile corpo rischiando di farla cadere, mentre dietro di sé abbondante stoffa seguiva leggiadra il movimento del vento.
Finalmente anche lei, Ancilla, era riuscita ad abbandonare il suo passato.


Fine! O forse no?


  
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