Freddo. Tanto freddo.
Niente luci bianche, scalinate o voci che ti chiamano. Niente flashback di tutta la tua vita che ti passano davanti, ma pensandoci bene, la mia è stata talmente breve che potrei non essermene accorta.
Assurdo, sono sopravvissuta ad una sparatoria e due anni dopo muoio in un incidente aereo.
Con incidente aereo si intende un guasto al velivolo su cui si viaggia: fanno parte di questa categoria non solo gli incidenti che causano la morte o il ferimento dei passeggeri, infatti anche un atterraggio fuori pista è da considerarsi un incidente aereo. A livello globale è si ha un incidente ogni 1.200.000 voli ed è statisticamente 27 volte più probabile morire in un incidente stradale nel tragitto strada-aeroporto che sull’aereo stesso…ah, scusate è Lexiepedia che parla ora. Incredibile, anche da morta la mia memoria funziona ancora. Per fortuna, aggiungerei.
Senza la mia memoria non potrei ricordarmi di chi ha reso la mia vita così speciale.
Non potrei ricordarmi di mia sorella Meredith e di Derek, della mia nipotina e di tutti i miei amici e colleghi, non potrei ricordarmi della mia grande passione per la chirurgia, che non è un semplice lavoro, è una vocazione. Al Seattle Grace se la caveranno anche senza di me.
Non potrei ricordarmi dell’ultima frase che ho sentito, schiacciata dalle lamiere e coperta di sangue, con le lacrime agli occhi:
<< Destinati ad essere >>
Mark Sloan. Il mio vero, grande e unico amore. Siamo stati così stupidi: abbiamo passato l’ultimo anno a rincorrerci, nascondendoci dietro a frasi equivoche, partite di baseball e altre persone. È assurdo come l’unico momento in cui siamo stati onesti l’uno con l’altro sia stata la mia fine. Mi ha detto che è innamorato di me, che mi ama. Mark ama Lexie, come sempre sarebbe dovuto essere e come sempre sarà.
 
 
So che sono sopravvissuto all’incidente aereo. So che Lexie è morta, so che non dovrei essere sopravvissuto. Sono un uomo egoista: vorrei essere morto. Non sto pensando a Sophia, non sto pensando a Callie, Arizona o Derek. Sto pensando a lei.
Tra poco sarà la fine, me lo sento, sono in coma da troppo tempo e le mie volontà scritte impongono ai miei colleghi di staccarmi la spina.
Chissà se Lexie mi sta aspettando.
Sognarla è l’unica cosa che posso fare ora, con i suoi bellissimi capelli castano scuro, lunghi e mossi, spesso raccolti, i suoi jeans attillati che mi facevano impazzire, il suo sorriso quando era concentrata, la sua goffaggine a softball, il suo corpo caldo sotto il mio, i suoi baci. Più di tutto però mi mancano i suoi occhi profondi, intelligenti, innocenti, che mi cercavano tra la gente da Joe, che mi guardano dentro, che sono sempre stati il mio porto sicuro. Già, il mio porto sicuro. Lei che credeva di avermi rotto e che invece ha rimesso insieme i pezzi.
 
 
Avete presente quando bevete una tequila sale e limone? All’improvviso si sente un gran caldo dentro, lungo la gola e poi nello stomaco.
È cosi che mi sono sentita quando l’ho visto. Ero ferma, non sapevo perché, ma quando l’ho rivisto ho capito. Lo stavo aspettando.
 
Lei era lì. Ferma. Si è girata e mi ha guardato. Ho capito subito di essere morto perché nelle mie orecchie risuonava ancora il biiiiiip dei macchinari dell’ospedale.
La fine della mia vita, ma il vero inizio di tutto. Ero tornato in porto, tornato dove dovevo essere fin dall’inizio.
 
Faccio un passo.
Faccio un altro passo.
 
Ora sognare non serve più.
We are meant to be.