Sacrificio
A svegliarlo fu una specie di
cantilena, sussurrata a mezza voce, non ne riconosceva le parole in
quel
dormiveglia in cui si trovava, ma la trovava parecchio irritante. E poi
arrivò
il freddo che lo fece tremare da capo a piedi, una folata gelida e
inaspettata.
Il ragazzo cercò di rannicchiarsi su sé stesso
alla ricerca di calore ma non ci
riuscì e arrivò, tutta d’un colpo, la
comprensione.
Era
legato. Mani e piedi. Aprì gli occhi di scatto e si
guardò attorno spaurito,
completamente sveglio.
Capì quasi immediatamente dove si
trovava. Quella serie di 10 colonne rotonde, antiche, decorate da edera
e
crepate in più punti, collegate fra loro da archi a tutto
tondo su cui erano
incise rune incomprensibili, anch’esse usurate dal tempo. Il
ragazzo poteva
vedere il cielo stellato sopra di lui perché le colonne non
sorreggevano nessun
tetto, e sapeva di essere legato a quel blocco di granito che si
trovava
proprio al centro di quel cerchio. Sapeva esattamente di trovarsi alla
Cupola,
un rudere fuori dal paese, costruito dai praticanti di una setta di cui
nessuno
ricordava il nome. Quel cerchio di archi si trovava su una bassa
collinetta,
circondata dalla vegetazione, collegato alla strada maestra da un
sentiero poco
battuto e da una scalinata di pietre sconnesse. Nessuno in paese sapeva
per
quale scopo fosse stata costruita e giravano le storie più
strane e inquietanti
su quel posto ma il ragazzo che ora si trovava legato lì non
aveva mai preso
troppo seriamente le storie dei vecchi. O per lo meno non fino a quel
momento.
Cercò
di guardarsi attorno per quanto gli consentivano le corde ma non vide
nulla
nella completa oscurità di quella notte senza luna. Non
capiva neppure da dove
arrivasse quella cantilena che lo aveva svegliato, né chi la
stesse intonando.
Si accorse di essere nudo e di avere un gran freddo. Non sapeva da
quanto tempo
si trovasse legato lì, né come ci fosse finito a
dire il vero. L’ultima cosa di
cui aveva ricordo era la chiesa per la messa serale, poi…
niente. Non ricordava
neppure di essere arrivato a destinazione, si ricordava di essere
uscito di
casa e di essersi avviato ma poi era tutto buio e nebuloso.
I
suoi occhi si stavano pian piano abituando a tutta
quell’oscurità e iniziò ad
intravedere qualcosa di strano attaccato all’edera delle
colonne. Le piante
avevano un colore rigoglioso, per quanto fosse già autunno
inoltrato, ma c’era
qualcosa attaccato al rampicante: in più punti il ragazzo si
accorse che erano
stati legati dei piccoli pezzetti di… qualcosa. Erano
piccoli ed era difficile
capire cosa fossero esattamente. Intanto la cantilena era diventata
forte e
nitida e le parole si sentivano senza problemi anche se non sembravano
avere
nessun senso. Il ragazzo cercò di strattonare le corde per
liberarsi ma riuscì
solo a farsi male. Iniziava ad avere paura sul serio.
All’inizio aveva pensato
fosse solo uno scherzo di cattivo gusto degli altri ragazzi del
villaggio, non
era nuovo a questo genere di scherzi, lui che era un ragazzo
così timido,
gracile e impacciato: la vittima perfetta per qualsiasi bullo. Era
abituato ad
essere schernito, agli scherzi e anche alle uova marce lanciate in
faccia ma
questo sembrava troppo anche per gli standard dei bulli.
E
poi dalla notte apparvero delle luci, come dei fuochi fatui, che
cantilenavano
e oscillavano nel buio. Risalivano la scala per arrivare alla cupola:
tante
piccole lucine abbaglianti. Il ragazzo le guardò con gli
occhi sbarrati, adesso
si che aveva paura. Ma non delle luci, quelle erano quasi rassicuranti
dopo
essere stato al buio, solo e incerto sul cosa stesse succedendo; la
luce è
sempre confortante. Un po’ meno confortante era accorgersi
che le luci non
erano altro che delle fiaccole sorrette da degli uomini che portavano
dei
lunghi mantelli neri e dei cappucci. Non poteva vedere il viso di
nessuno di
loro e questa forse, insieme al non sapere cosa diavolo stesse
succedendo, era
la cosa peggiore
-Chi
siete? Cosa volete? Vi prego slegatemi voglio andare a casa!-
cercò di parlare
con loro, con quella ventina di uomini in nero che seguitavano a
cantilenare
senza curarsi di lui. Continuò a supplicarli di lasciarlo
andare ma ormai aveva
capito che non sarebbe successo. Non sapeva cosa volessero quegli
uomini da lui
ma sapeva per certo che non era niente di buono.
Tutto
d’un colpo si zittirono e uno di loro si fece avanti parlando
con voce chiara e
autoritaria
-Fratelli,
siamo qui riuniti per celebrare gli spiriti della Terra- fece quello
alzando le
mani al cielo, si mise proprio affianco al ragazzo legato,
all’altezza della
sua spalla ma, anche così, il giovane non poteva vederlo in
viso –Come ogni
anno… - seguitò a parlare quello –come
sempre è stato e come sempre sarà, ci
siamo qui riuniti per santificare gli spiriti perché
assicurino a questa terra
pace e prosperità- l’incappucciato si
guardò in torno e il suo sorriso luccicò
sotto il cappuccio –e quest’anno abbiamo anche un
altro motivo per festeggiare:
un nuovo adepto ha effettuato questa sera il rito di passaggio per
entrare
nella nostra confraternita e, in comunione con le nostre tradizioni,
questa
sera sarà il nostro nuovo, giovane fratello a sacrificare il
sangue di questo
ragazzo per la rinascita della terra- un uomo basso e incappucciato si
fece
avanti con un coltello in mano e il ragazzo legato alla pietra si
dimenò
maggiormente, cercando di fuggire
-Vi
prego… no… - piagnucolò mentre
l’altro gli appoggiava la lama alla gola
-È
per un bene superiore- fece l’incappucciato mentre scendeva
con la lama sul
petto
-Ti
prego… non farlo, ti prego, ti scongiuro… -
l’incappucciato non si fece prendere
da compassione e, anzi, sorrise meschino mentre affondava il coltello
nelle
carni del ragazzo che urlò di dolore. Non lo uccise, fece un
semplice taglio
sul suo petto, perpendicolare al cuore
-Fratelli!
Gioite!- fece il primo incappucciato, quello che aveva parlato
all’inizio –il
primo sangue della serata è stato versato!-
infilò un dito nella ferita del
ragazzo e alzò la mano perché gli altri lo
vedessero, e tutti gli altri
urlarono di gioia. Il novizio si voltò sorridendo e diede il
coltello ad un
altro incappucciato mentre quello che aveva parlato per primo, e che
sembrava
essere il leader della setta o qualcosa del genere, continuava il suo
discorso
–ora miei fratelli, ognuno di voi avrà
l’onore di far sgorgare il sangue di
questo ragazzo per ringraziare la Terra per tutto quello che ci dona:
la vita!-
e mentre il capo continuava a parlare, ad uno ad uno tutti gli
incappucciati
ferirono il ragazzo, aprendo tanti piccoli tagli sul suo corpo. Le
parole del
capo della setta, divennero ben presto incomprensibili per la povera
vittima
che urlava e piangeva di dolore, tutto quello che provava e sentiva si
riduceva
a quel coltello che apriva sfregi nella sua carne. Ad un certo punto
svenne
persino per il dolore e la perdita di sangue ma uno degli
incappucciati, uno
qualsiasi, sotto quei mantelli sembravano tutti uguali, lo fece
rinvenire con
una secchiata d’acqua gelida. Il capo stava ancora parlando
ai suoi “fratelli”
e questi lo guardavano tutti, quasi fosse il loro Dio. Era calata una
specie di
nebbiolina anomala con un odore strano, dolciastro ma allo stesso tempo
pungente e pure un po’ sgradevole. Il ragazzo
sentì subito la testa più leggera
quando inspirò quello strano fumo e capì che era
una specie di droga, quando
guardò il capo della setta lo vide tremolare come in un
sogno ma cercò di
respirare il meno possibile e di rimanere lucido per capire cosa stesse
dicendo, cosa gli sarebbe successo, se sarebbe stato torturato ancora
da quei
pazzi oppure se lo avrebbero ammazzato e basta
-…
si, fratelli, la Terra ha bisogno del nostro contributo, della nostra
fede! Noi
siamo gli unici che sanno davvero di cosa il mondo abbia bisogno, cosa
debba
essere fatto per rendere migliore la vita delle persone! E per
ricordarvelo
stasera assisterete tutti, nessuno escluso, alla fecondazione da parte
del
Grandioso Spirito! Gioite fratelli! Perché questa
è un occasione unica per voi
e non si ripeterà mai più! Guardate il nostro
Signore che appare per il suo
sacrificio!- e fu proprio così, una specie di
grosso… qualcosa apparve dal
nulla. Sembrava umano, o per lo meno aveva qualcosa di vagamente umano,
aveva
delle braccia maschili, delle gambe e dei piedi maschili ma la testa e
il collo
erano quelle di un grosso montone zannuto. Portava un mantello che ne
copriva parte
del corpo ma se lo tolse mentre si avvicinava. Girò attorno
alla pietra dove il
ragazzo era legato e lo fissò con quei suoi occhi dorati
mentre faceva degli
strani versi. Gli incappucciati si erano messi tutti in ginocchio e
cantilenavano inesorabilmente, fissando quel mostro caprino,
l’oggetto del loro
culto. Quello finì di girare come uno squalo attorno al
ragazzo e annuì agli
incappucciati, come a dire che avevano scelto bene, poi
slegò la caviglia
destra del giovane e si issò fra le sue gambe
-No,
ti prego… ti prego… - lo supplicò il
ragazzo piangendo ma quello gli tenne
aperte le gambe e si avvicinò per penetrarlo, senza
preparazione o altre
gentilezze, cercò di spingerlo dentro ma non ci
riuscì e continuò a provare
sbuffando e muggendo come un animale. Il ragazzo cercò di
allontanarlo
scalciando, urlò e pianse ma nulla servì
finché qualcosa di caldo non cadde a
bagnargli tutto il ventre e il mostro lanciò un lungo verso
-Non
mi pare che questa fosse roba tua… - disse una voce calda e
densa come
cioccolato fuso, profonda e languida. Il ragazzo aprì gli
occhi, che aveva
chiuso per la paura e le lacrime, e vide il mostro caprino dimenarsi
sotto la
stretta di un altro mostro che lo teneva per il collo. Il nuovo mostro
aveva
viso umano ma la sua bocca senza labbra era molto più grande
del normale ed era
piena di grossi denti acuminati. Aveva molti capelli ispidi e selvaggi
dello
stesso colore della notte. La pelle era chiara ma in un qualche modo
strana,
come se fosse dotata di luce propria. E gli occhi erano rossi come il
sangue.
Guardò gli incappucciati mentre stringeva sempre di
più il collo del mostro
caprino che si dimenava e si contorceva, schizzando sangue dal pene
tagliato
-Signore…
- sussurrò con reverenza uno degli incappucciati,
inchinandosi e baciando il
terreno –ci fa un grande onore ad essere venuto qui,
signore… -
-È
la mia festa, il mio rito, mi sembrava giusto presentarmi una volta
ogni tanto…
- fece il demone prima di stringere la mano che teneva il collo del
demone
capra a pugno, spappolandogli il collo e la colonna vertebrale.
Gettò il corpo
a terra e la maschera da capra scivolò via rivelando che in
realtà quello non
era che un essere umano travestito. Il vero demone si leccò
le dita sporche di
sangue con la sua lingua nera e incredibilmente lunga,
dopodiché sorrise
mostrando i denti
-Due
sacrifici di sangue in una serata, devo ritenermi fortunato
quest’anno-
-Signore…
- sussurrò il capo della setta
-Ora
potete andare, avete fatto un buon lavoro- gli disse sbrigativamente il
demone
mentre si abbassava sul ragazzo e iniziava a leccare tutto il sangue e
le
ferite sul suo corpo
-Ma
signore… - fece il capo della setta sorpreso –ci
avevate dato il permesso di restare…
-
-Permesso
annullato, fuori dai piedi ora- fece quello annoiato e sbrigativo. Gli
incappucciati si guardarono fra loro e, dopo un attimo di
perplessità, si
rimisero in fila e se ne andarono. Il demone continuò a
leccare il sangue dal
corpo del ragazzo finché non fu sicuro che se ne fossero
andati tutti –ti hanno
trattato bene, tesoro?- gli chiese il demone
-No!
Mi hanno tagliuzzato dappertutto! Fa male!- urlò arrabbiato
il ragazzo,
dandogli una ginocchiata al fianco -E poi mi potevi avvisare brutto
stronzo che
era stasera il sacrificio, mi è venuto un infarto quando mi
sono ritrovato qui!
E poi quel coso, quella… testa di capra, mi voleva
violentare!-
-Ma
non l’ha fatto- gli disse il demone accarezzandogli la
guancia e leccando le
ultime tracce di sangue dal suo corpo –non l’ho
permesso- gli sorrise e il
ragazzo si ritrovò a fare altrettanto
-Sei
uno stronzo, se fossi arrivato solo un minuto più
tardi… -
-Non
avrei mai permesso che qualcuno ti stuprasse… - lo
rassicurò il demone mentre
si leccava le labbra dal sangue –nessuno può
averti tranne me- gli assicurò
mentre lo baciava e lo accarezzava su tutto il corpo
-Slegami…
- rantolò il ragazzo fra un bacio e l’altro e il
demone ubbidì liberandolo
dalle corde
-Cos’altro
posso fare per voi padrone?- gli chiese il demone
-Portami
al caldo e fai sesso con me finché non ti ordino di
fermarti- gli ordinò il
ragazzo e il demone ubbidì, portandolo lontano da quel
rudere isolato che
diventava il teatro di riti sanguinosi ogni anno. Tanti occhi attaccati
all’edera
come palline all’albero di natale assistevano ogni anno a
quello spettacolo: il
sacrificio di un giovane vergine ad un dio pagano. Peccato che
quell’anno il
giovane sacrificio fosse tutt’altro che vergine.