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Autore: 9Pepe4    09/11/2012    14 recensioni
«Ramses» chiama, «i coccodrilli sono animali sacri, giusto?»
Il maggiore aggrotta la fronte e si china in avanti, afferrando Mosè per un braccio e tirandolo in piedi. «Sì, naturalmente» risponde.
«Però anche i gatti sono sacri» aggiunge Mosè, con una strana ostinazione.
Ramses lo occhieggia curiosamente, chiedendosi dove voglia andare a parare. «Certo».
«E se un gatto cade da una nave e finisce in pasto a un coccodrillo? Come ci si deve comportare? Si uccide il coccodrillo per salvare il gatto, o si lascia che il gatto venga ucciso dal coccodrillo?»
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mosè, Ramses
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il gatto e il coccodrillo

Ramses corre sulla sponda del Nilo.
Il sole batte sulla testolina rasata del bambino, ne arroventa la schiena nuda.
«Mosè!» chiama lui. «Fermati, Mosè!»
Il suo fratellino, però, non lo sta a sentire – e, per avere due gambette corte e cicciottelle, è incredibilmente veloce.
Ramses, allora, stringe i denti e cerca di sveltire la corsa.
Non ha mai pensato molto agli dèi, forse anche per l’antipatia che nutre nei riguardi dei sommi sacerdoti, ma in quel momento prega che qualcosa – qualsiasi cosa – intervenga a frenare il fratellino.
Per un po’, nulla succede… Poi Mosè inciampa nel terreno paludoso, perdendo l’equilibrio.
Allargando le braccia, riesce ad evitare un bel capitombolo in avanti, ma poi si sbilancia e cade col sedere in mezzo all’acqua, sollevando una pioggia di spruzzi.
Resta fermo lì, e sbatte le palpebre con aria frastornata.
Ramses lo raggiunge, un po’ ansimante.
Mosè alza gli occhi di lui e assume un sorriso colpevole e di scusa. Ha la parrucca corvina tutta di traverso sulla fronte.
È buffissimo, nel complesso, ma Ramses si sforza di assumere un cipiglio severo.
«Perché devi cacciarti sempre nei guai?» chiede. «Ci avevano detto di non muoverci».
Il più piccolo si agita un po’. Non si alza, però, forse perché stare seduto nell’acqua gli dà sollievo dalla calura della giornata.
«Era noioso».
«Sai cos’è davvero noioso?» lo rimprovera Ramses. «Il fatto che adesso le guardie incaricate di sorvegliarci andranno da nostro padre e gli riferiranno il nostro comportamento sconsiderato».
Mosè abbassa un attimo gli occhi. Si tocca la nuca, e prende la propria parrucca tra le mani. Sulla sua testa, i riccioli castani sono incollati gli uni agli altri per il sudore.
«Il mio comportamento sconsiderato» dice poi, cercando di risistemarsi il parrucchino. «Tu mi hai seguito solo per riportarmi indietro, non hai fatto niente di male».
Ramses sospira, avvilito. «Nostro padre non la prenderà così» borbotta.
Ogni volta che Mosè ne combina una delle sue, infatti, lui finisce sempre per prendersi la sgridata peggiore. A quanto pare, come fratello più grande, dovrebbe essere responsabile e riuscire a controllare l’altro bambino.
«Da’ qui» dice, bruscamente, prendendo la parrucca di mano a Mosè e sistemandogliela al meglio con un solo gesto.
Il più piccolo si apre in un sorriso. «Dirò a nostro padre che è stata colpa mia» asserisce poi, con convinzione. «Non credo se la prenderà, il divieto di venire a giocare sul fiume non ha senso».
Ramses scuote la testa. «Ci sono i coccodrilli, nel fiume, Mosè» gli fa notare. «E noi saremmo il loro pasto ideale».
A quelle parole, un allarme improvviso compare negli occhi scuri del principe cadetto, che volta di scatto la testa a guardare le acque argentee del Nilo.
Notandone la calma piatta, si rilassa, ma solo per accigliarsi nuovamente quando un pensiero improvviso lo colpisce.
«Ramses» chiama, «i coccodrilli sono animali sacri, giusto?»
Il maggiore aggrotta la fronte e si china in avanti, afferrando Mosè per un braccio e tirandolo in piedi. «Sì, naturalmente» risponde.
«Però anche i gatti sono sacri» aggiunge Mosè, con una strana ostinazione.
Ramses lo occhieggia curiosamente, chiedendosi dove voglia andare a parare. «Certo».
«E se un gatto cade da una nave e finisce in pasto a un coccodrillo? Come ci si deve comportare? Si uccide il coccodrillo per salvare il gatto, o si lascia che il gatto venga ucciso dal coccodrillo?»
Il maggiore sbatte le palpebre.
Dopo un momento, scrolla la testa, e il suo unico ciuffo di capelli corvini gli ballonzola sopra l’orecchio destro.
«Ci penserò quando mi succederà» dichiara, in tono risoluto.
Detto ciò, si gira e s’incammina verso la riva, con passi che producono un bagnato ciaff ciaff.
Mosè lo raggiunge a balzi, schizzando acqua dappertutto.
«Io ho la soluzione!» annuncia, trionfante. «Si prende il gatto e lo si porta via prima che il coccodrillo lo raggiunga! Così sono salvi tutti e due!»
Ramses è colpito da quelle parole, e intanto mettono piede sul terreno ben asciutto, con sandali che ancora grondano acqua. Anche il gonnellino bianco di Mosè è tutto gocciolante, ma lui non sembra dolersene.
«Allora?» domanda, insistente. «Allora, Ramses? Ho ragione?»
«Secondo me» risponde il fratello, «dovresti porre il tuo quesito ai sommi sacerdoti».
Mosè accoglie la proposta con una prevedibile mancanza di entusiasmo. «Ma perché? Sono sicuro che non sapranno rispondere».
Ramses sorride. «Appunto!» replica. «Pensa a come sarà divertente, vederli in difficoltà davanti alla tua domanda!»
Mosè sgrana gli occhi, poi scoppia a ridere.
Allora Ramses lo acchiappa, stringendolo in un abbraccio – e lo sente incredibilmente fresco, contro il proprio corpo accaldato.
«Le loro facce diventeranno più rosse e più tonde di un sole al tramonto!»

***

Nella sala del trono, ogni rumore echeggia contro le pareti levigate.
È sempre stato così.
Quando Ramses era bambino, ciò rendeva i rimproveri di Seti ancor più terrificanti. Non ci si poteva neanche muovere, si osava a malapena respirare, nel timore che il minimo rumore potesse ravvivare la rabbia del vecchio faraone.
Ora, sentendo il nitido suono di passi conosciuti, Ramses si volta con aria esasperata. «Sei ancora qui».
Mosè si ferma. China il capo in un gesto che non è arrendevolezza né sottomissione. «Sono ancora qui» mormora. «E sai cosa ti chiedo».
Il faraone scuote la testa, risalendo i gradini che portano al suo trono. «Lo so» conferma, alzando le braccia al cielo. «“Libera il mio popolo”! È questa la tua richiesta, giusto?»
«È così» ammette Mosè, sommessamente.
Ramses si acciglia. «Dovresti conoscere la mia risposta, ormai» osserva, accomodandosi mollemente sul trono.
Suo fratello alza su di lui uno sguardo grave, incorniciato dai capelli bruni lasciati liberi di crescere. «Non è una risposta che io possa accettare, Ramses».
L’interpellato sbuffa, spazientito. «Invece temo che dovrai fartela piacere, perché è la sola che riceverai».
Mosè china di nuovo la testa, rimanendo in silenzio per qualche istante.
Ramses, dal canto suo, lo osserva inclinando il capo. È strano vedere quell’uomo – quell’uomo che gli è familiare quanto le proprie mani – bardato in vesti così larghe e variopinte, così estranee, così poco egizie.
È esistito davvero un tempo in cui i principi erano due?
Tutto sembra negarlo, ed è una cosa che lo infastidisce.
Finalmente, Mosè solleva lo sguardo.
«Ricordi» inizia, con voce velata di nostalgia, «quando ti chiesi se era necessario salvare il gatto o il coccodrillo?»
Ramses sbatte le palpebre, sorpreso.
Per qualche istante non si raccapezza, poi ricorda quel giorno lontano della loro infanzia.
«Mph, sì». Fa un gesto vago con la mano, cercando di non farsi assalire dal rimpianto. «Ricordo anche che ponemmo il quesito ai sommi sacerdoti…»
Le labbra di Mosè si contraggono in uno strano sorriso. «Già» conferma lui, in tono malinconico. «Speravamo che la domanda li avrebbe messi in difficoltà».
«E invece loro ti diedero una risposta senza esitare» aggiunge Ramses. Nel rievocare quei ricordi familiari, il suo corpo si rilassa.
«Sì» dice Mosè. «Affermarono che era necessario lasciare che il coccodrillo divorasse il gatto, poiché se quest’ultimo si trovava alla sua mercé, era per il volere degli dèi».
Ramses lo osserva, assottigliando gli occhi. «Ho l’impressione che questa risposta non ti soddisfi, fratello» commenta, brusco.
«Non credo» replica Mosè. «Non può soddisfarmi, se il mio popolo è il gatto e voi il coccodrillo».
Ramses sbuffa in una risata acre. «Ora parli per metafore?» domanda, senza divertimento.
«Ricordi la soluzione che proposi io?» chiede Mosè, anziché rispondere. «Volevo trascinare via il gatto, senza che al coccodrillo fosse fatto danno».
E scuote la testa, come per rimproverarsi con rammarico quell’ingenuità infantile.
Ramses aggrotta la fronte, e per un attimo rivede il sorriso spontaneo del bambino che è stato suo compagno di giochi per tanto, tanto tempo…
«Non volevo crederci, ma forse i sommi sacerdoti avevano ragione su qualcosa, e non è possibile salvarli entrambi» riprende Mosè, amareggiato. «È questo ciò che vedo, adesso».
Alza gli occhi, e lo guarda con una tale tristezza che Ramses sente un brivido correre lungo la propria schiena nuda.
«E allora il coccodrillo sarà colpito, fratello» continua Mosè, non senza dolore. «Sarà colpito duramente, finché il gatto non sarà salvo».
Ramses si alza di scatto.
«Silenzio» ingiunge, discendendo i gradini. «Non ho tempo di ascoltare le tue sciocchezze. A differenza tua, io ho degli impegni che mi aspettano».
Lo supera senza degnarlo di una sola occhiata.
Mosè, invece, si girà per seguirlo con lo sguardo finché l’altro non è uscito dalla sala.
A quel punto, chiude le mani sul bastone dal quale non si separa mai, e stringe così forte che le sue nocche sbiancano.
















Spazio dell’autrice:
“Il Principe d’Egitto” sarà anche un cartone animato, però è pieno di angst.
L’ho rivisto all’incirca una settimana fa, e mi ha stregata. Diciamo che ho colto molte più cose di quelle che ne avevo notate quando lo guardavo da bambina.
E mi sono innamorata del rapporto tra Ramses e Mosè, una cosa terribile.
Così, ho dovuto scrivere questa one-shot.
Spero non abbia disgustato nessuno…
  
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