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Autore: Aledileo    09/11/2012    4 recensioni
[Muses (di Francesco Falconi)]
Racconto con cui ho partecipato al contest organizzato da Netface sul romanzo "Muses" di Francesco Falconi. La storia approfondisce il senso di colpa di Alice, la protagonista del libro, per il dolore che, suo malgrado, ha spesso provocato.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ULTIMO APPLAUSO
Buio.

Silenzio.

D’un tratto una voce squarcia l’illusione di pace che avevo creduto mi avesse invasa. Una voce che conosco, che mi perseguita da anni e rimbomba nel mio io distrutto al ritmo di quattro
parole.

Che tu possa sparire.

Non contenta, completo quel refrain di morte, tirandomi su dal letto e gridando.

Per sempre.

Ma le parole non escono, le penso, le sillabo a fatica, ma non diventano suono. Si perdono, vinte, nella polvere che attende oltre la morte. Io, Musa della Musica, sono infine muta.

Riderei a questa futile ironia, se avessi mai saputo come fare. Ma mio padre non me lo ha mai insegnato. Né me ne ha mai dato motivo.

Sollevo una mano, quasi a sentire i solchi dei suoi schiaffi sul viso. Ed è allora che la noto, la rete di tubi e sonde che corrono a perdersi in un macchinario sul cui monitor lampeggiano linee colorate. Linee che fino a poco prima avevano avuto andamento basculante. Per poi interrompersi bruscamente.

Il foro sul mio petto è ancora lì, a ricordarmi di essere morta e sola. In una stanza d’ospedale, tra le tenebre della mia infausta esistenza.

Alice!

Una voce mi chiama all’improvviso. Una voce mai udita ma che, a modo suo, sento mia.

Alice!

Attratta da quell’armonico suono, getto via tubi e lenzuola e scendo dal letto, dirigendomi verso la porta. La spalanco e continuo ad avanzare, verso la figura apparsa di fronte a me, al centro di un cono di luce. Vestita di tutto punto, come un direttore d’orchestra, Ashlee mi fa cenno di avvicinarmi, con un sorriso a trentadue denti.

So che è mia madre, la mia vera madre, nonostante non l’abbia mai vista, se non in uno sbiadito ritratto a Villa Evans. Ma in quel momento è molto di più, genitrice, musa e arbitro del mio destino.

“Oh Alice, eccoti qua! Rimani con noi! Siamo tutti qui per te!”

Un applauso vigoroso giunge a rafforzare le sue convinzioni, da un’ignota platea che si staglia da qualche parte nell’oscurità attorno.

“I primi ospiti di questa serata in tuo onore sono due persone a te molto vicine, per quanto di una dovrei essere gelosa. O forse no, in fondo ti è mai importato niente di loro? Di lei?”

Un secondo cono di luce si accende accanto ad Ashlee, illuminando coloro che hanno tentato di crescermi. Rita, in modalità casalinga affranta, e Sergio, il castigatore. Nei loro occhi lo sguardo di sempre, debole e dispiaciuto, quello di mia madre, mellifluo e violento, quello di mio padre. Lo capisco non appena Sergio si slaccia la cintura e la fa scattare verso di me, facendomi sanguinare. Rita, senza crederci troppo, muove un passo per placare il marito, ma lui la sbatte a terra con un ceffone, l’ultimo di una lunga serie. I lividi sul viso, le tumefazioni che le marchiano le braccia, sono i segni della sua indolenza, della sua incapacità a dire basta. O forse sono soltanto colpa mia?

“Cosa dite di Alice, signori De Angelis? Vi manca vostra figlia? Da quanto non la vedete? Da quando è scappata a Londra, dimenticandovi?”

“Mancarmi? Quella parassita? A chi può mancare? Forse alle sue compagne di giochi a Casal del Marmo. Certo non alla sua famiglia, che mai ha ricevuto un grazie per essersi presa cura di lei. No, Alice è un demone che non conosce riconoscenza, fomentando odio in coloro che le stanno accanto. Ma guardatela, una stracciona dai capelli ossigenati, il corpo sbudellato da aghi e tatuaggi, chi vorrebbe una figlia così?”

Rita cerca di aggiungere qualcosa ma distolgo lo sguardo. Non posso sopportare oltre, adesso che ho capito. Mi sono salvata, io, fuggendo in Inghilterra, ma lei non è stata così fortunata: qualcuno doveva sopportare gli scatti d’ira di Sergio, la frustrazione di un’esistenza sprecata.

Perché sei rimasta? Vorrei dirle. Ma fallisco, come in ogni cosa che faccio. E mentre la sento rispondere (per vederti tornare), Ashlee mi segnala che il loro tempo è scaduto, evocando un nuovo cerchio di luce dentro cui appare il mio primo ragazzo.

“Ho fatto uno sbaglio. Uno solo. E mi hai condannato.” Esordisce Marco. “Io ti ho amata e tu mi hai ucciso.”

Lapidario.

È allora che si intromette Ashlee, facendo scorrere il nastro dei miei rimorsi.

“Non c’è amore in te, Alice, neppure nei tuoi confronti. Quante volte ti sei venduta? Con quanti Marshall sei andata a letto pur di ottenere qualcosa? La verità è che sei dannata. Sei la Musa della morte e del dolore, la tua parola crea il male. L’hai sempre saputo ma non ti sei mai curata di zittirti, preferendo zittire gli altri. Marco, Alan, Thomas. A quanti tramonti di sangue vuoi ancora assistere?”

Non rispondo. Non ho niente da dire, niente con cui posso cambiare la realtà.

“Fatti un favore. Dì una sola parola e poni fine alla tua vita.”

Dovrei farlo. Sì dovrei, ma come tutte le cose che mi prometto di fare non ho la forza per farlo. E allora rimango in ascolto... di voci lontane.

“Tutto procede per il meglio, magister. La riprogrammazione cerebrale della Musa sta per avere termine.”

“E così sia.”

Tre parole, ma sufficienti per riconoscere la voce del nuovo capo della Fratellanza dei Pragmatici.

Il mio Angelo Oscuro. Ian Moore.
 
***
 
DETTAGLI:
Titolo: L’ultimo applauso
Autore: Alessio Del Debbio
 
   
 
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