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Autore: itsNichole    09/11/2012    11 recensioni
Alice, ragazza newyorkese che torna nella sua città natale dopo la morte dei suoi genitori, Bradford.
L'avvertono, può fare qualsiasi cosa lì, può divertirsi e stringere con chiunque deve solo stare lontana da un ragazzo. da uno 'pericolo', così definito.
Ma se il pericolo fosse la calamita di Alice?
Ne vale la pena rischiare tutto per uno sconosciuto?
Dal primo capitolo: . –ti metto in guardia solo di una persona.- mi si avvicinò ancor di più. –il tuo vicino di armadietto.- era serissima e mi fissava negli occhi. io agrottai le sopraciglia non riuscendo ad intendere per bene. –non ti dirò nulla su di lui, dato che sei un tipo che vuole stare per i fatti propri..ma stai attenta, è pericoloso.- detto questo girò le spalle e andò via. Restai qualche secondo a fissarla mentre scompariva tra la folla e gli studenti. feci semplicemente una smorfia, come inizio c’era male.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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First  Day.


Sembra ieri che lasciai questa città.
Bradford non è piccola come città, ma paragonandola a New York tutto diventa piccolo.
Immagino ancora l’auto rossa di mio padre posteggiata lì, davanti casa di nonna, pronto per il trasferimento. avevo otto anni e l’aero con destinazione gli Stati Uniti era alle sette del pomeriggio. fu un viaggio lunghissimo ma emozionante. portò me, mio padre e mia madre lontano da qui, da tutto. ed ora solo dopo nove anni, rieccomi sulla soglia di casa dei miei nonni paterni. la macchina non c’è, il prato non è fiorito, ed io non sono una bambina urlante..l’unica cosa che rimane immune dal cambiamento degli anni è il clima. Piove, proprio come sette anni prima. chi ce l’aveva fatto fare?
Perchè andammo negli Stati Uniti?
è un mese che mi pongo questa domanda.
è un mese che sono sola, completamente sola.
è un mese che i miei genitori sono morti, in quel cazzo di incidente stradale.
così rieccomi da mia nonna, come quando ero piccola, pronta per iniziare un nuovo anno scolastico, l’ultimo si spera.


-qui c’è la tua borsa con i libri, tesoro.- mi disse cordialmente l’anziana, ed io mi limitai ad annuire senza alcuna espressione nel volto. –esci fuori, nonno Phillipe ti ha voluto fare un regalo..- mi indirizzò con lo sguardo il portone ed io lentamente mi ci avviai, una volta uscita vidi mio nonno sbattere le mani sul parabrezza di una modesta macchina nera lucida. non potei non sorridere. era un gesto dolcissimo.
-allora tesoro, che te ne pare?- mi domandò.
-nonno, non dovevi..- gli andai incontro e lo abbracciai debolmente. –è perfetta..e..non dovevi.-
-l’hai già detto piccolina. dai tieni le chiavi.- le afferrai subito entusiasta. –la strada per la scuola la sai già. te la ricordi no?-
-nonno, ci siamo andato due giorni fa ad iscrivermi, ovvio che la ricordo.- gli sorrisi. così saltai su.
-attenta alla pioggia..- mi raccomandò. –buon primo giorno di scuola.- non risposi feci solo cenno con la testa di aver afferrato tutto ciò che mi aveva detto. ero pronta per andare. mi stavo per rimettere in discussione. non avevo un contatto con dei ragazzi della mia età da un quel giorno orribile. non riuscì a sentire nessuno dei miei amici. tutto cercavano di porgermi le loro condoglianze ma io me ne stavo rinchiusa in camera non accettando per nessuna ragione al mondo nessuno.


-Armadietto decimo, terzo corridoio, destra..- sussurrai guardando la cartina che mi aveva dato in segreteria. così cercando di passare inosservata raggiunsi il terzo corridoio e andando a destra cercai il numero ‘10’, che trovai facilmente. con la chiave lo aprii e mentre posavo tutti i libri che non servivano alla prima ora sentii una voce accanto a me.
-Ciao!- non risposi non pensando minimamente che fosse riferito a me. –Parlo con te, mora.- fu allora che mi sentii chiamare in cause. voltai il viso di circa novanta gradi e mi trovai davanti una ragazza dai capelli biondi che mi fissava entusiasta. Io le accennai un sorriso non rispondendo a voce. –che c’è ti hanno tagliato la lingua?- cercò di fare la spiritosa.
-emh..no..no- dissi incerta. –ma ci conosciamo?- domandai non cogliendo il motivo sul perchè qualcuno mi parlasse. nelle scuole passate ero sempre quella isolata da tutto e tutti. la mia migliore compagnia erano i miei libri, che leggevo in qualunque momento della giornata interrottamente.
-No..- sorrise e mi allungò la mano velocemente. –Sono Diana, piacere. ho saputo che sei nuova e che vieni da New York, ho visto che hai l’armadietto tre dopo quello mio e dunque oltre ad essere compagne di scuola..saremo compagne d’armadietto!- rise quasi un po’ istericamente. mi metteva una certa ansia quella Diana, insomma..come faceva a sapere quelle cose sul mio conto se ero appena arrivata? –Sei Alice, no? Alice Nicole Rivera?- mi domandò.
-Come fai a sapere tutto il mio nome?- le domandai stupida.
-Ripeto, mi sono informata sulla nuova arrivata a scuola. ed essendo presidentessa di quasi tutti i club è mio compito darti qui il benvenuto e riguardarti dai pericoli.- mi disse orgogliosa di se stessa.
-Pericoli? siamo in una scuola..- sbuffai.
-Anche qui c’è la gente con cui si può stare e la gente con cui non si può stare.- mi rispose lei.
-e questo chi è che lo dice?- le domandai.
-io. insomma..non che obbligo la gente a non stare con altra gente, ma questa scuola è piena di persone..strane. un po’ per i fatti propri.- disse abbassando il tono di voce.
-ed io vorrei essere una di loro..una di quelle persone che si fa i cazzi proprio, Diana. non voglio documentarmi su tutta la tua vita o di qualcun altro. voglio starmene al mio posto così da passare inosservata.- ribadii un po’ scontrosa. di prima mattina quel discorso mi stava leggermente innervosendo.
-eh okay allora.. Fai come ti pare.- sbuffò guardandomi. –ti metto in guardia solo di una persona.- mi si avvicinò ancor di più. –il tuo vicino di armadietto.- era serissima e mi fissava negli occhi. io aggrottai le sopracciglia non riuscendo ad intendere per bene. –non ti dirò nulla su di lui, dato che sei un tipo che vuole stare per i fatti propri..ma stai attenta, è pericoloso.- detto questo girò le spalle e andò via. Restai qualche secondo a fissarla mentre scompariva tra la folla e gli studenti. feci semplicemente una smorfia, come inizio c’era male.


Prima ora, letteratura inglese. Arrivai davanti alla porta e bussai delicatamente.
-Avanti.- risposero da dentro, così vi entrai. –E’ la signorina Rivera?- domandò la professoressa, una signora un po’ anzianotta, con sguardo curioso.
-Si..- risposi timidamente. tutta la classe mi fissava.
-Prego entri pure..- mi diede del lei ed io quasi mi illusi che qui le maniere erano decisamente più fine rispetto in America, ma appena entrai posso giurare di aver sentito un ’minchia tette!’ provenire dal fondo, così da far scoppiare una sonora risata generale e dentro me, invece, un grandissimo imbarazzo.
-Tomlinson!- richiamò la professoresse guardando un ragazzo, evidentemente proveniva da lui il commento poco garbato. -Si..professoressa.- rispose da canto suo molto annoiato. l’osservai per qualche istante vedendo dare il batti cinque ad altri compagni. i soliti ragazzi maiali, si credono tanto fighi anche se sono dei buoni a nulla. –Rivera, prego si accomodi lì all’ultimo banco. è l’unico posto libero che c’è.- con lo sguardo basso ubbidii.
-uhuhuh..- sentii ridere di nuovo quei ragazzi quando gli passai davanti. la cosa mi irritava davvero ed inoltre sentivo le mie guance andare a fuoco. non volevo rispondere male, non il primo giorno davanti una nuova professoressa. ma con il tempo mi sarei fatta rispettare.
-accanto a te ci sarà un compagno di banco che oggi è assente, tu stia tranquilla. è un tipo taciturno, non ti darà fastidio.- mi incoraggiò la professoressa. io annuii contenta nel sentire quelle parole.
-Professoressa, Malik non è assente. le abbiamo già detto che è in presidenza.- prese parola un biondino con occhi esageratamente azzurri, davvero grandi. uno degli amici di quel ragazzo spavaldo che si divertiva a parlare delle mie tette o semplicemente a mettermi disagio, che rabbia.
-non la disturberà comunque.- ripeté la professoressa e così iniziammo la lezione.
Mi feci vedere subito attenta dalla professoressa, intervenivo quando ce n’era bisogno e scrivevo tutti gli appunti che lei dettava. durante il cambio dell’ora due ragazze si avvicinarono presentandosi, erano davvero carine, Amber e Rachel. al suono della campana si offrirono gentilmente di farmi fare un giro nel corridoio principale mostrandomi i bagni delle ragazze per le fumatrici e per le non fumatrici, facendomi vedere dalla finestra il cortile, le scale d’emergenza, l’aula professori e tutte queste semplici cose. Su sei ore quattro me le ritrovai in classe, per fortuna. così parlammo quasi tutto il tempo e approfondimmo l’amicizia appena nata.
-dove avete voi l’armadietto?- domandai sorridendo alle due.
-una accanto all'altro, corridoio due.- sorrisero. –tu?- domandò Rachel.
-corridoio terzo, ci vediamo domani allora..Okay?- sorrisi alle due che già erano pronte per andare a casa.
-Si, è stato un piacere.- mi sorrise Amber.
-Mio..- risposi voltandomi e andando verso il corridoio terzo che stranamente trovai deserto. sarà che ormai tutti erano andati via mentre io mi ero fermata a chiacchierare con le ragazze. andai verso il mio armadietto e lo aprii, riprendendomi tutti gli accessori li dentro posati il primo giorno di scuola per riportarli con me a casa. Chiusi lo sportello e mi voltai di scatto per andare sospirando ma subito andai a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno.
-Scu..scusami non ti avevo visto.- borbottai alzando poi lo sguardo. mi ritrovai davanti ai miei occhi uno sguardo arrabbiato, infastidito e allo stesso tempo silenzioso. sì, anche gli occhi possono parlare. e quelle iridi color miele erano in silenzio che mi squadravano. quasi irritate dalla mia presenza, fisse sulle mie color cacca. stavo per riscusarmi ma poi collegai quella figura a ciò che mi era stato detto da Diana, quella stessa mattina. era il mio vicino di armadietto e mi aveva suggerito di evitarlo del tutto. nonostante io non volessi farlo fino a un minuto prima, in quel momento dovetti ricredermi. mi metteva quasi ansia. non aveva ancora risposto, nè a parole nè con un gesto. –io..- lo guardai cercando qualcosa da dovergli dire. -..vado.- mormorai. così mi apprestai a sorpassarlo e andare verso l’uscita. mannaggia alla curiosità che mi mangiò dentro mentre camminavo, mi rigirai per vedere se lui mi stesse osservando ancora e rincrociai il suo sguardo, ancora concentrato a fissarmi. Avevo i capelli fuori posto? ero vestita male? non alla moda inglese? era razzista contro i nuovi arrivati? cosa avevo che non andava in quel momento?

’’il tuo vicino d’armadietto, stai attenta è pericoloso.’’ dopo quello sguardo così intenso maledii per tutto il giorno quell'avvertimento. no, non volevo aver paura di lui. 
  
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