Giochi di Ruolo > Vampiri: la masquerade
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Autore: EvilGrin    09/11/2012    1 recensioni
Cos’è un umano? È quell’oggetto dalla dubbia capacità cognitiva che può essere addobbato a festa e posto su un’asse di legno, accanto alla lampada in stile vittoriano donata a suo tempo da un vecchio amico inglese e quel quadro tremendamente kitsch acquistato per il pallido gusto di sottrarlo a chi ne aveva possesso. Cos’è un vampiro? È colui che tutto ricorda e nulla perdona, colui che non prova pietà e non riesce ad avere pena alcuna per quel povero pazzo che in strada urla e versa lacrime sul suo figliolo malato. È colui che sorride falso e dona il pane, in cambio dei denti, che ti rende i denti, ma vuole indietro il pane, perché è giusto così. Do ut des.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Sospesa in un limbo atroce,
in questo cuore sanguinante
scendono lacrime amare
che sanano e feriscono.
Nessuna pietà.

                                     

Ho passato tempi immemori a domandarmi di preciso cosa fossi, nato come Demone a metà, ho sentito nella morsa del tempo sparire il rimpianto per ogni azione. Ho premuto su quel tempo ed ho ottenuto un distacco invidiabile o rimpiangibile con l’umanità. Di sicuro sapevo, dopotutto, cosa non ero e non ero umano, ero diverso da loro e me lo sono detto così tante volte da riuscire ad osservarli e poter pensare di loro, umani, che sarebbero potuti stare bene vicino al caminetto, nello studio altrimenti sin troppo lugubre e spento che utilizzavo allora. Cos’è un umano? È quell’oggetto dalla dubbia capacità cognitiva che può essere addobbato a festa e posto su un’asse di legno, accanto alla lampada in stile vittoriano donata a suo tempo da un vecchio amico inglese e quel quadro tremendamente kitsch acquistato per il pallido gusto di sottrarlo a chi ne aveva possesso. Cos’è un vampiro? È colui che tutto ricorda e nulla perdona, colui che non prova pietà e non riesce ad avere pena alcuna per quel povero pazzo che in strada urla e versa lacrime sul suo figliolo malato. È colui che sorride falso e dona il pane, in cambio dei denti, che ti rende i denti, ma vuole indietro il pane, perché è giusto così. Do ut des. Io do affinché tu dia. È colui che affonda i canini nella carne molle come fosse burro al Sole, la dilania e come Belva ne fa una banale preda, divenuta interessante unicamente quando la gola secca ha iniziato a bruciare, terribilmente, al punto da spingere il secolare a rivolgere la parola al suo stesso cibo. Non sono un sadico pianificatore, forse pianificatore, ma non mi reputo sadico. Io, essere immondo, pratico la volgare politica dell’ignoranza, bada, non fraintendere, ignorare non mi rende stupido, ignorare mi rende distante, ma questo non significa che io non porti occhi sia avanti che dietro.

 

Perché,allora,  mi rivolgi la parola?

 

Tutto questo ha un sapore amaro, sa di rivisto, sa di conosciuto e banale, tu domandi ed io rispondo, l’ho già sentito da qualche parte, sicuramente saprai delucidarmi.

 

C’è un film che somiglia terribilmente alla scena.

 

Ah, ecco, avrei giurato sulle mie otto vite passate di aver già sentito una cosa simile. Dunque, vediamo. Sono nato a Praga, nel 1615, a quei tempi era ancora divisa in due: la città vecchia, la più lussuosa, la vera Praga, quella che fece sognare, per lunghi secoli, gli abitanti di Mala Strana, dove vennero relegati, come me, i cittadini di origine tedesca. Mia madre si chiamava Geshe Vogel, nobile donna sconosciuta al mondo. Ironica sorte la sua, non so se fosse sciocca o solo magnanima, non ho mai cercato di capirla e non ho mai cercato il suo affetto o la sua accettazione. Io vivo per quello che sono e sono dell’opinione che ogni vampiro abbia il dovere di considerarsi un essere a sé stante, svincolato da ogni singola sorte dell’essere e dall’affetto concepito come sanguigno. Non devo nulla a nessuno, tantomeno all’utero che m’ha ospitato. Con l’assassinio di Venceslao III, nel 1306, la dinastia dei Premyslidi, coloro che fondarono originariamente Praga, si estinse, senza lasciare eredi maschi, dopo che fu riconosciuto il rango regale e l’ereditarietà della corona, e questo, ovviamente, lasciò come patrimonio un’aspra lotta, un gioco a chi sputa più lontano per vedere chi avrebbe potuto occupare quel trono. Circa tre secoli dopo, quando conobbi Praga io, la distinzione era meno netta, ma pur sempre presente ed il posto in cui mi ritrovai a vivere era la perfetta antitesi di quello che si può arrivare a desiderare. Una casa piccola, una relegazione per razza che non sarebbe piaciuta a nessuno e l’animo sin troppo spento per poter evitare di sperare in un capovolgimento, un render pan per focaccia a chi fece un tempo di Mala Strana un quartiere indesiderabile. Ci misi più di un secolo per avere quella rivincita, quella piccola soddisfazione. La cosa positiva dell’avere sangue immortale è non solo il fatto che si può avere tutto il tempo che si desidera a disposizione, ma che lo stesso sangue è capace di annullare quello umano, per potenza. L’unico modo che uno come me possiede per ottenere ciò che vuole in maniera indubbiamente semplice è quello di rendere schiavo, o asservito –che dir si voglia-, colui che sarà vittima. Giacomo II, figlio di Maria Teresa, nel 1784 attuò l’unificazione amministrativa di Malà Strana, Nové Mestro, Staré Mestro e Hradcany. Da quel momento, i cittadini di origine tedesca, come me, poterono avere la loro piccola rivincita, la cultura tedesca, per qualche anno, sovvertì completamente, o quasi, quella ceca, una parte della regione chiese l’annessione alla Germania ed io mi spostai in quelle terre, trovandole più appropriate, quantomeno, alla mia figura. Passai lì, nel più totale anonimato, il resto dei miei tempi sino ad ora, ignorando le guerre e limitandomi ad uno svago mortale: la legge.

 

La legge? Perché la legge?

 

Ma perché la legge è quanto di più pratico possa muovere una mente, accrescerla e renderla capace di districarsi anche nei problemi più complicati, trovare quella soluzione e quella via di fuga da un quesito improvviso ed impossibile da risolvere altrimenti. Esistono così tanti cavilli, così tante sfumature in una data legge od in un suo emendamento, che può fornire un ottimo svago, in alcuni casi. Dimostro ben pochi anni, questo è vero, ma è vero anche che pure in questo caso, quello che giunge in mio soccorso, è il sangue e con questo io faccio il lavoro ed i miei asserviti lo portano in tribunale e lo presentano, allenandosi su una qualsivoglia dissertazione che non appartiene loro, per questo mi servo di artisti, la maggior parte attori, capaci di interpretare delle parti e prestare la loro immagine. Ma ora…ora voglio rispondere ad un’altra tua domanda.

 

Domanda? Quale?

 

Io rivolgo la parola unicamente a chi ha colto abbastanza la mia attenzione da poter avere il privilegio di sapere almeno per mano di chi muore. Tu, come tutti gli altri, sei semplicemente cibo ed io sono un pazzo, che rivolgo la parola al pollo, ma non ho potuto farne a meno. La tenacia con la quale i mortali come te si ostinano a cercare delle risposte per un trafiletto di un giornale di quart’ordine mi fa quasi tenerezza…quasi, per l’appunto. Ma vi sono risposte che non possono essere scritte ed io, come sessant’anni e più fa, amo ancora il mio anonimato e gradirei poterlo protrarre nel tempo. Oh, non preoccuparti, non sarà nulla di doloroso, sentirai solo freddo…

  
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