Si
rigirò nel letto per l’ennesima volta.
-Al
diavolo!- si arrese poi, scalciando via le coperte e
dirigendosi verso un comodino su cui facevano bella mostra varie
boccette di
medicinali.
-Al
diavolo!- ringhiò di nuovo quando si rese conto che le
pillole contro l’insonnia erano finite.
Gettò
a terra la confezione vuota con un gesto di stizza e
uscì sul balcone, evitando accuratamente lo specchio.
L’aria
fredda di New York la colpì in pieno viso eppure non
si mosse di un passo.
Scrutò
per qualche secondo la città che, sebbene fosse notte
fonda, risplendeva di luci; poi il suo sguardo cadde su un vecchio
giornale
abbandonato sul tavolino del balcone.
Come
aveva potuto dimenticarlo fuori? Si sarebbe potuto
rovinare!
Lo
afferrò con l’intenzione di riportarlo dentro; le
pagine
vecchie e consumate crepitarono sotto la sua presa.
L’aveva
letto talmente tante volte da sapere il testo a
memoria.
“Muore
in un incidente d’auto la moglie del senatore Lopez” recitava il titolo.
Metà
della pagina era occupata dalla foto di una macchina
uscita di strada; le bastò quell’immagine per
ricordare:
Rise mentre scendeva
gli scalini che portarono fuori dall’edificio, con un ultimo
gesto della mano
salutò il ragazzo che le mandò un bacio.
La macchina la aspettava, il motore acceso. Aprì la portiera
e si trovò ad
osservare sua madre.
“Dov’è Fred?” Chiese
infastidita,
“Fred è dovuto andare a casa sua, suo figlio ha
l’influenza…”
“E tu l’hai sostituito?” Le chiese tra il
sarcastico e il beffardo,
“Sì, sali” Sbuffò mentre si
infilava nella macchina, “Hai bevuto?”
“Un po’…”
“Sei troppo giovane per bere! E il vestito? Lo hai messo per
quel ragazzo?” Il
tono era severo e forse un po’ deluso. Le diede fastidio,
“Certo!” Poi con malizia, sapendo di ferire la
madre aggiunse “Anche la
biancheria intima!” Non era vero, ma lei lo disse lo stesso e
godette nel
vedere la mani della madre tendersi sul volante, fin quasi a
sbiancare”.
Sentì
la rabbia montare dentro di se a quel ricordo; chiuse la
sua mano destra attorno al polso sinistro, le unghie le si conficcarono
nella
carne ma il quel dolore era niente in confronto a quello che ancora
provava nel
suo cuore.
Stupida!
Era stata una stupida, era tutta colpa sua!
“Perché non è
venuto
papà?” La discussione era degenerata e ora le loro
voci erano decisamente
troppo alte per essere contenute dall’abitacolo
dell’auto.
“Tuo padre ha un discorso domani mattina, deve usufruire di
tutte le ore di
sonno!”,
“Allora potevi mandare Albert!”
“Cos’ho io che non va?” Le chiese la
donna esasperata. Sua madre non aveva
nulla che non andava, lei stessa non capiva perché
improvvisamente non
andassero più d’accordo, di sicuro sembrava che la
donna fosse sempre e solo
pronta a criticarla!
“Sei noiosa! E antiquata!”
“Perché non voglio che mia figlia assomiglia ad
una qualsiasi sciacquetta!” E
lei rise, perché quel termine era noioso e antiquato!
Rientrò
in casa, stringendo i denti, mentre nella sua testa
l’articolo proseguiva.
“La
donna era al volante della sua macchina quando ha perso
il controllo finendo fuori strada”
Sua
madre si voltò a guardarla, i loro occhi
si incontrarono e lei vi lesse il dolore e la delusione, per quella
risata che
ancora risuonava nella orecchie di entrambe. Aprì la bocca
per scusarsi, perché
non era giusto, perché non voleva che sua madre la guardasse
così, mai!
I suoi occhi si socchiusero, ferita da una luce troppo intensa, troppo
vicina,
troppo forte, e sua madre scomparve, insieme al suo mondo.
Il
dolore al petto si fece opprimente e lei si odiò. Si
odiò
perché se la moglie del senatore Lopez era morta quella sera
era solo colpa
sua.
“Quando
i soccorsi sono sopraggiunti sul luogo
dell’incidente per la donna non c’era
più niente da fare”
Concludeva
l’articolo.
Il frastuono era
assordante. Aprì gli occhi. Un uomo era piegato su di lei,
era suo padre. Non
lo aveva mai visto così. Piangeva. Si guardò
attorno, c’erano tante persone.
Dov’era?
“Mamma…” Chiamò, doveva
chiederle scusa, doveva…
Era
stato bravo, suo padre, a convincere i giornalisti a non
scrivere niente su di lei.
In
quell’articolo non compariva il suo nome nemmeno una
volta.
Perché
il grande senatore Lopez non poteva permettersi di
far sapere a tutti della figlia pazza e sfigurata che teneva rinchiusa
all’ultimo piano del suo grattacielo.
Lasciò
cadere a terra il giornale mentre la rabbia prendeva
il sopravvento.
Afferrò
una foto appoggiata alla scrivania: era stata
scattata prima dell’incidente, quando il suo corpo e il suo
volto erano
normali.
La
scagliò con più forza possibile contro la parete
di
fronte a lei, il vetro si infranse.
Si,
era stato decisamente bravo suo padre a far credere a
tutti che lei non si trovasse in quella macchina dieci anni prima.
Ma
lei c’era stata.
Passò
la mano sulla parte sinistra del volto sfiorando la
cicatrice che la attraversava.
La
sua unica testimonianza di quella notte: la notte in cui
Santana Lopez si era trasformata in una bestia.
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Se
il prologo è corto non è colpa mia ma della mia
co-scrittrice che a quanto pare ama le cose sintetiche (ma non ditele
che l’ho
detto), e forse un po’ confuso ma dal capitolo uno le cose si
faranno subito più
chiare.
Spero vi incuriosisca come
storia, aggiorneremo ogni due o
tre giorni circa.