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Autore: Vanessa190    09/11/2012    5 recensioni
La vita di Santana Lopez era cambiata radicalmente due volte in tutta la sua vita: la prima quando aveva appena quattordici anni, ed era cambiata nel modo più terribile possibile, lasciandola con delle cicatrici che non si limitavano al corpo ma le scavavano nell'anima.
La seconda quando aveva ventisei anni, ed era cambiata nel modo migliore possibile, ricordandole che a volte anche le favole hanno un fondo di verità.
[Storia a quattro mani con Najara]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Si rigirò nel letto per l’ennesima volta.

-Al diavolo!- si arrese poi, scalciando via le coperte e dirigendosi verso un comodino su cui facevano bella mostra varie boccette di medicinali.

-Al diavolo!- ringhiò di nuovo quando si rese conto che le pillole contro l’insonnia erano finite.

Gettò a terra la confezione vuota con un gesto di stizza e uscì sul balcone, evitando accuratamente lo specchio.

L’aria fredda di New York la colpì in pieno viso eppure non si mosse di un passo.

Scrutò per qualche secondo la città che, sebbene fosse notte fonda, risplendeva di luci; poi il suo sguardo cadde su un vecchio giornale abbandonato sul tavolino del balcone.

Come aveva potuto dimenticarlo fuori? Si sarebbe potuto rovinare!

Lo afferrò con l’intenzione di riportarlo dentro; le pagine vecchie e consumate crepitarono sotto la sua presa.

L’aveva letto talmente tante volte da sapere il testo a memoria.

“Muore in un incidente d’auto la moglie del senatore Lopez” recitava il titolo.

Metà della pagina era occupata dalla foto di una macchina uscita di strada; le bastò quell’immagine per ricordare:

 

Rise mentre scendeva gli scalini che portarono fuori dall’edificio, con un ultimo gesto della mano salutò il ragazzo che le mandò un bacio.
La macchina la aspettava, il motore acceso. Aprì la portiera e si trovò ad osservare sua madre.
“Dov’è Fred?” Chiese infastidita,
“Fred è dovuto andare a casa sua, suo figlio ha l’influenza…”
“E tu l’hai sostituito?” Le chiese tra il sarcastico e il beffardo,
“Sì, sali” Sbuffò mentre si infilava nella macchina, “Hai bevuto?”
“Un po’…”
“Sei troppo giovane per bere! E il vestito? Lo hai messo per quel ragazzo?” Il tono era severo e forse un po’ deluso. Le diede fastidio,
“Certo!” Poi con malizia, sapendo di ferire la madre aggiunse “Anche la biancheria intima!” Non era vero, ma lei lo disse lo stesso e godette nel vedere la mani della madre tendersi sul volante, fin quasi a sbiancare”.

 

Sentì la rabbia montare dentro di se a quel ricordo; chiuse la sua mano destra attorno al polso sinistro, le unghie le si conficcarono nella carne ma il quel dolore era niente in confronto a quello che ancora provava nel suo cuore.

Stupida! Era stata una stupida, era tutta colpa sua!

 

“Perché non è venuto papà?” La discussione era degenerata e ora le loro voci erano decisamente troppo alte per essere contenute dall’abitacolo dell’auto.
“Tuo padre ha un discorso domani mattina, deve usufruire di tutte le ore di sonno!”,
“Allora potevi mandare Albert!”
“Cos’ho io che non va?” Le chiese la donna esasperata. Sua madre non aveva nulla che non andava, lei stessa non capiva perché improvvisamente non andassero più d’accordo, di sicuro sembrava che la donna fosse sempre e solo pronta a criticarla!
“Sei noiosa! E antiquata!”
“Perché non voglio che mia figlia assomiglia ad una qualsiasi sciacquetta!” E lei rise, perché quel termine era noioso e antiquato!

Rientrò in casa, stringendo i denti, mentre nella sua testa l’articolo proseguiva.

“La donna era al volante della sua macchina quando ha perso il controllo finendo fuori strada”

 

 Sua madre si voltò a guardarla, i loro occhi si incontrarono e lei vi lesse il dolore e la delusione, per quella risata che ancora risuonava nella orecchie di entrambe. Aprì la bocca per scusarsi, perché non era giusto, perché non voleva che sua madre la guardasse così, mai!
I suoi occhi si socchiusero, ferita da una luce troppo intensa, troppo vicina, troppo forte, e sua madre scomparve, insieme al suo mondo.

 

Il dolore al petto si fece opprimente e lei si odiò. Si odiò perché se la moglie del senatore Lopez era morta quella sera era solo colpa sua.

“Quando i soccorsi sono sopraggiunti sul luogo dell’incidente per la donna non c’era più niente da fare”

Concludeva l’articolo.

 

Il frastuono era assordante. Aprì gli occhi. Un uomo era piegato su di lei, era suo padre. Non lo aveva mai visto così. Piangeva. Si guardò attorno, c’erano tante persone. Dov’era?
“Mamma…” Chiamò, doveva chiederle scusa, doveva…

 

Era stato bravo, suo padre, a convincere i giornalisti a non scrivere niente su di lei.

In quell’articolo non compariva il suo nome nemmeno una volta.

Perché il grande senatore Lopez non poteva permettersi di far sapere a tutti della figlia pazza e sfigurata che teneva rinchiusa all’ultimo piano del suo grattacielo.

Lasciò cadere a terra il giornale mentre la rabbia prendeva il sopravvento.

Afferrò una foto appoggiata alla scrivania: era stata scattata prima dell’incidente, quando il suo corpo e il suo volto erano normali.

La scagliò con più forza possibile contro la parete di fronte a lei, il vetro si infranse.

Si, era stato decisamente bravo suo padre a far credere a tutti che lei non si trovasse in quella macchina dieci anni prima.

Ma lei c’era stata.

Passò la mano sulla parte sinistra del volto sfiorando la cicatrice che la attraversava.

La sua unica testimonianza di quella notte: la notte in cui Santana Lopez si era trasformata in una bestia.

 

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Se il prologo è corto non è colpa mia ma della mia co-scrittrice che a quanto pare ama le cose sintetiche (ma non ditele che l’ho detto), e forse un po’ confuso ma dal capitolo uno le cose si faranno subito più chiare.

Spero vi incuriosisca come storia, aggiorneremo ogni due o tre giorni circa.

  
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