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Autore: minajj    10/11/2012    3 recensioni
Cato's Hunger Games.
Questa storia si basa sugli Hunger Games di Cato. Sono gli Hunger Games visti dal suo punto di vista. Scoprirete le sue emozioni, le sue paure, le sue gioie. Vi ritroverete in un triangolo amoroso.
Rimarrete col fiato sospeso ad ogni morte. Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caesar Flickerman, Cato, Clove, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
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Cato's Hunger Games.


 

Anche se non ci è stato niente,
sarà  comunque
per sempre.

Se due persone che si amano
lasciano che un solo istante s'insinui fra loro,
quell'istante si dilata,
cresce, diventa un mese, un anno, un secolo.
Diventa troppo tardi.

L'amore è come la febbre.
Nasce e si spegne
senza che la volontà  ne abbia
la minima parte.


Quando apro gli occhi sono nel letto, a casa mia. La finestra è aperta, e un vento gelido rinfresca la mia stanza, ghiacciandomi le dita. Sono costretto a tirarmi su le coperte, fino agli occhi, per non sentire freddo. Oggi è il giorno della mietitura. Sono stato allenato da quando avevo sei anni per questo momento. La legge oggi vuole che io mi offra volontario. Non ho molta voglia di morire, ma sono costretto, almeno finchè vivo nel Distretto 2, e dato che è così, sono costretto.
Mia madre entra con un passo felpato nella mia camera. In mano ha un vassoio con sopra un paio di fette biscottate con la marmellata di pesche, un succo d'arancia, un bicchiere d'acqua e delle uova strapazzate. Afferro il bicchiere d'acqua e lo porto alla bocca, sorseggiando piano piano. Mia madre, Susanna, si siede sul letto, alla mia destra, ed io mi giro dalla sua parte. La guardo negli occhi. Quei stupendi occhi verdi, guardo i suoi stupendi capelli biondi e le sue labbra carnose, poi mi butto tra le sue braccia. Per la prima volta, in un giorno della mietitura mi scappa una lacrima. Nelle mie orecchie comincio a sentire i suoi singhiozzi, le sue lacrime trattenute. Non riesco a trattenermi. Scoppio in un pianto anche io.

Prima che cominci la mietitura devo andare da un'amica. Da un'amica alla quale tengo molto. Un'amica che non voglio che si offra volontaria quest'anno. Un'amica che vorrei fosse più di un'amica. Vado da Clove.
Da casa mia a casa sua sono 100 metri, cioè un paio di case. Il nostro Distretto è il secondo per ricchezza, ovviamente dopo l'1. Lì le case più basse hanno tre piani. In ogni casa ci vivono massimo due famiglie. Nel 2, invece, le nostre case hanno tutte un piano, massimo due, ma nel Villaggio dei Vincitori, ci sono case che sono regge: hanno quattro piani. La mia è a due piani. Noi siamo nel piano di sopra, in quello di sotto vive la famiglia Robinson.
Clove ha una casa tutta sua, da non condividere. E' a due piani. Al primo piano, i suoi genitori hanno un negozio. Vendono un pò di tutto, dalle armi, al cibo. I loro affari vanno alla grande, per questo Clove non ha dovuto fare le tessere. Il suo nome quest'anno è ripetuto per sette volte, mentre il mio quattordici. 
Cammino per il vialetto che porta alla casa e suono il campanello. Il suo sono rimbomba per tutta la casa e sento dei passi farsi sempre più vicini. Poi la porta si apre e appare il signor Clark.
- B..Buonasera signor Clark.
- Sei qui per mia figlia, vero? 
Ha i capelli tutti scombinati, sembra appena sveglio, gli occhiali sul naso e in mano ha una pipa. E' un uomo ricco, che se la tira, ma Clove è completamente diversa: fa di tutto per non sembrare ricca. - Si, magari. - questa è la mia risposta.
ll signor Clark chiama una ragazza, molto probabilmente è la donna delle pulizie o una domestica, o una della servitù, non lo so. Disse il nome 'Clove', perciò la ragazza salì le scale di corsa. Nei minuti che seguirono ci fu un silenzio atroce. Il signor Clark mi guarda con espressione di disprezzo, come se cercasse di capire se ci fosse qualcosa tra me e sua figlia. Ad un certo punto volevo girarmi e gridargli: - Si, amo sua figlia. Sono innamorato pazzo di Clove. Ma poi non mi sembrò il caso, perciò rimasi in silenzio.
Pochi minuti dopo, vedo scendere dalle scale Clove. Indosso ha già  il suo vestito elegante. Un abito verdignolo, stretto ai fianchi e largo sotto. Lungo fino alle ginocchia. E' una principessa.
Il signor Clark mi da una pacca sulla spalla e mi sussura qualcosa, tipo 'Levale gli occhi di dosso', 'E' stupenda lo so' oppure 'Vi lascio soli'. Non ricordo cosa ha detto, in questo momento sono incantato dalla bellezza di Clove. Appena mi vede le spunta sulla faccia un sorriso a 360°, e per me è lo stesso. Forse quel sorriso c'è solo quando sto con lei.
- Cato - la sua voce è raggiante - vieni, devo parlarti.
Mi prese per mano e mi condusse in una stanza con due grosse poltrone e un tavolo al centro. 
- Clove, sono felice di vederti. - Mi trema la voce, quando sto con lei non sento le ginocchia e la mia voce si fa sempre più roca. Non so più cosa dire.
- Non offrirti volontario. Non voglio che tu muoia. - Adesso, anche a lei trama la voce. La sua richiesta però, è un ordine. E devo rispettarlo. Per lei.
- Okay. Ma non farlo neanche tu. Chiaro? - Annuisce.
Ci guardiamo per un paio di minuti, poi un allarme segna che mancano trenta minuti alla mietitura. Controvoglia mi alzo dalla sedia.
- Devo andare. Ci vediamo là.
Mi giro per andarmene quando Clove mi afferra per un braccio e mi gira. Le nostre labbra sono a cinque centimetri di distanza, e forse quel bacio da me tanto atteso sta per arrivare.
- Devo dirti una cosa. - mi dice Clove - Ti amo.
Appoggia le sue labbra sulle mie. Sento il suo calore. Rimaniamo così per un pò, l'uno tra le braccia dell'altro. Poi io mi stacco.
- Anche io. - sussurro.



 

  
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