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Autore: elyxyz    28/05/2007    55 recensioni
Un’interpretazione alternativa al finale dell’episodio n°13, ‘Fuoco contro Acciaio’.
“Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?” ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e nessuno me l’ha detto?!”
(Roy x Ed)
Storia partecipante al Contest 100 Prompts! indetto da Fanfiction Contest ~ {Collection of Starlight since 01.06.08}
Dopo quasi 5 mesi d’attesa, ecco postato il nuovo capitolo. Avviso comunque i lettori che i futuri aggiornamenti saranno più frequenti ma ancora irregolari.
Genere: Romantico, Malinconico, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: What if? (E se ...), Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gattino roy ed dopo ep 13

Un’interpretazione alternativa al finale dell’episodio n°13,Fuoco contro Acciaio’.

Note: il seguente scritto contiene lievi riferimenti yaoi.
Per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.

Ragazzi/e, sono davvero commossa! Ç___ç
Non avrei mai creduto che SSS potesse piacervi tanto… le vostre recensioni e le analisi accurate sono state una botta di vita per la mia autostima di writer.
Grazie di cuore!! (_ _) (Ely si inchina profondamente).
Questa raccolta la dedico a voi,

Arkadio, Desy, Yoko_chan, Kayra, Yuki, Setsuka, Nacchan, _Ale2_, Be Mine, Fuuma, MiLiKa, Melchan, Onda, Rizafromkeron e Vocedelsilenzio.
Come sincero ringraziamento.

 

 

It's raining cats and dogs

 

-Piovono gatti e cani, letteralmente-

 

 

 

(ovvero: Piccoli Randagi Trovano Casa)

 

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

Ed avanzava veloce nell’oscurità. Una ciotolina di plastica in tasca. Mezzo litro di latte nascosto tra le pieghe dell’impermeabile, e già sentiva quello spiacevole pizzicore allergico prudergli persino sulla mano metallica.

Si guardava attorno, smarrito, provando a ricordare la strada fatta qualche ora addietro.

Aveva ripreso a piovere, come quella mattina, e sentiva l’umidità entrargli fin nelle ossa.

 

Era sgattaiolato fuori dal dormitorio militare di nascosto. Al voleva stare un po’ da solo, triste perché avevano abbandonato il gattino.

E la responsabilità era sua, ma che altro potevano fare?

Si sentiva in colpa, ed era per questo che adesso era lì, sotto quel diluvio.

A cercare tra i viottoli di East City, tra mille vie tutte uguali, quel vicolo anonimo, un po’ più buio degli altri, perché ricordava di aver notato il lampione rotto riverberare le luci della sera.

D’un tratto, quando stava cedendo allo sconforto, scorse la carrozzina, col micetto tutto intirizzito. Nel momento in cui lo riconobbe, la bestiolina si mise a miagolare.

 

Edward si intenerì, ma lo sgridò ugualmente. “Shhh! Smettila, o sveglierai il quartiere…”

Gli fece una carezza sulla morbida testolina e questo si zittì, quindi posò la scodella sul lenzuolo, versandoci in fretta un po’ di latte, e poi nascondendo il contenitore come se fosse un tabù. “Per la colazione di domani… se hai fame…” gli spiegò, pazientemente, accarezzandolo un’ultima volta.

Il gattino annusò le sue dita sporche di latte, e gliele leccò con la linguetta ruvida.

Ed sorrise. Dispiaciuto.

Prese un piccolo telo cerato, e lo adagiò sul tettuccio, perché lo coprisse.

Era ora di un altro addio.

Deglutì a vuoto. Uno strano nodo in gola.

Si chiese perché fosse tornato lì. In fondo, era stata una decisione sua, quella di abbandonarlo al suo destino, seppur a malincuore. Non avevano altra scelta, lui ed Al. Non potevano tenerlo. Non sapevano a chi darlo. Qualche vecchina buon’anima si sarebbe intenerita, e si sarebbe presa cura del cucciolo, che adesso piagnucolava in modo straziante…

Fece per andarsene, ma il piccolo aumentò il miagolio.

 

Una delle finestre, sopra la sua testa, s’aprì cigolando.

Si sporse una figura, preceduta da delle colorite lamentele. “E allora? La smettiamo?! Qui c’è… Fullmetal?!

 

Edo alzò il viso in alto, ma la pioggia gli entrò negli occhi e fece fatica a vedere…

“Colonnello!, che diavolo ci fa, lei, qui?!”

 

“Dovrei chiedertelo io!” replicò seccato Roy Mustang, sbattendo l’infisso con poca grazia.

 

Elric guardò la carrozzina e il suo occupante. “Ci mancava solo questa…”

E si ritrovò il suo superiore di fianco, nel portone d’entrata che – Edward non l’aveva notato – era poco oltre a dove si trovava lui.

 

“Entra, muoviti!” gli ordinò, sporgendosi con un ombrello verso di lui.

 

Acciaio lo guardò stranito. Fece qualche passo e poi ricordò perché era lì.

“E lui?” chiese, indicando l’ingombrante carrozzina per neonati dietro di sé.

 

Roy sembrò accorgersene solo ora. Nella penombra, Ed vide i suoi occhi dilatarsi. “Non ci sarà mica un bimbo?!

 

“No. Un gatto.” Replicò il biondo, starnutendo.

 

Per un istante, l’Alchimista di Fuoco credette che lo stesse prendendo in giro. Ma Fullmetal non sembrava essere in vena di scherzi. E, visto come stava piovendo a dirotto, lui non era certo dell’umore da spiritosaggini.

 

“Prendilo e muoviti.” Gli intimò, precedendolo dentro.

 

Edward afferrò l’animaletto per la collottola e trasmutò il resto. Poi lo seguì, chiedendosi come cavolo c’era finito in questo guaio.

“E così… lei abita qui…” constatò, senza troppa enfasi. Giusto per riempire quell’imbarazzante silenzio. Se l’avessi saputo, col cavolo che...

 

“Solo finché non tornerò a Central City.” Spiegò il militare, senza scomodarsi a guardarlo.

 

Salirono le due rampe di scale, che introducevano in un piccolo appartamento.

Ed fu immediatamente colpito dall’essenzialità del locale. Semplice, quasi spartano.

Non si aspettava certo questo, da un uomo borioso e megalomane come Taisa Mustang, quanto invece architetture fastose e arredi sfacciatamente appariscenti.

 

Fu invitato ad accomodarsi, quindi si sedette sul divano del salotto col gattino in braccio, mentre il padrone di casa scompariva chissà dove, col suo impermeabile zuppo.

 

Ricomparve poco dopo, con due asciugamani. Uno glielo offrì, lanciandoglielo con poca gentilezza in testa, perché si asciugasse almeno un po’, e l’altro lo strofinò delicatamente sull’animaletto infreddolito, che non sembrava particolarmente felice d’essersi bagnato.

Roy sorrise. “Anche tu odi l’acqua, eh?!

 

Edward si ricosse dai suoi borbottamenti per quei modi cafoni, credendo che il più grande si stesse rivolgendo a lui, ma ben presto capì che non era così.

Lo vide raccogliere la soffice palla di pelo e sedersi accanto a lui, tenendolo sul grembo.

Una veloce grattatina, e l’animale si mise a ronfare piacevolmente.

 

“Non è un cane.” Disse, serio.

 

“No. Non è un cane.” Ripeté Edo, ironico.

 

“Stamattina, il Sergente Maggiore Fury ne ha trovato uno… Cos’è?! Oggi piovono cani e gatti?” ipotizzò, tra il polemico e il divertito. “E’ la Giornata del Randagio e nessuno me l’ha detto?!

 

“Ho sentito che il Tenente Hawkeye si è offerta di prendersene cura.

 

“Mi piacciono i cani.” Ribadì Mustang, come se parlasse da solo. “Già. Mi si addicono. Sono fedeli, servizievoli, intelligenti. Si confanno alla mia scalata al potere.”

 

Edward si chiese se fosse serio o meno. O, semplicemente, pazzo. Come, del resto, lui credeva da tempo. Tanto valeva dargli spago…

“Ma i gatti hanno nove vite.” Obiettò. “Sono indipendenti, fieri, calcolatori, subdoli, maestosi…”

 

“Uhm. Stai parlando di me o di loro?” s’interessò il Colonnello, ghignando sarcastico.

 

“Io non le farei mai un complimento!” s’inalberò Acciaio, stizzito. E l’altro preferì non infierire.

 

“Era questo l’animale che avrei ricevuto, se avessi perso il nostro scontro?”

 

“Da chi l’ha saputo?” domandò Ed, sorpreso.

 

“Io so sempre tutto. Anche quando parli male di me, alle mie spalle…” precisò, con un vago tono di avvertimento velato. Neanche poi tanto velato.

 

Il giovane Elric deglutì a vuoto.

 

Mustang scrollò le spalle, giocherellando col micio, e riprendendo gioviale: “In ogni caso, ha poca importanza. Tuttavia… perché non mi hai chiesto di tenerlo? Io ho effettivamente perso la sfida.” Chiarì, senza rammarico. “E mettiamo in chiaro una cosa: non ti dirò il perché… ma sappi che non ti avrei mai dato il colpo di grazia.

 

Edo scosse la testa. “Mi ha già dato informazioni preziose su Marcoh, quindi non potevo chiederle anche questo… va contro il Principio dello Scambio Equivalente…”

 

“Fiero, calcolatore e maestoso.” Ripeté Roy, ignorando il ragazzo. Fissò il gatto, sollevandoselo all’altezza degli occhi. Ricevette in risposta un lento miagolio di protesta. “Questa palla di pelo non mi sembra niente di tutto questo. Ma mi piace pensare che potrebbe diventarlo, col mio aiuto, ovviamente. Saprò pazientare…”

 

“Vuole dire che…” non osava sperare tanto. Al ne sarebbe stato entusiasta!

 

“Significa che io prendo in consegna questo sacco di pulci, ma – per la sopraccitata Legge, che entrambi conosciamo -, ogni mese detrarrò personalmente dal tuo stipendio le spese per il suo mantenimento. Concluse, serafico.

 

“Dannato Taisa!” s’infervorò il più giovane, masticando un paio di improperi. “Credo di non avere altra scelta…”

 

“Ottimo! Allora è deciso. Adesso io vado a farmi un bagno, si sta facendo tardi.

 

“Scusi. Ora tolgo il disturbo...”

 

Alphonse sa che sei qui? Non sarà in pensiero?” chiese il Colonnello, guardando l’ora.

 

Ed si stupì di quella premura inattesa.

“Non sa che sono venuto.” Si giustificò. “Era triste e arrabbiato con me, per il gattino. Quando fa così è meglio stargli alla larga per un po’. Domani mattina sarà tutto come prima...”

 

“Lo conosci davvero molto bene…” ravvisò.

 

“E’ mio fratello. Non c’è giorno che io ricordi d’aver passato senza di lui.” Sorrise, e Roy riconobbe che addolciva lo sguardo, quando parlava di lui.

 

Se ne scoprì irrazionalmente geloso. E di desiderare, almeno una volta, quel sorriso per sé.

“Se non hai fretta, puoi restare qui finché la pioggia non cesserà o, almeno, diminuirà. Gli suggerì sbrigativo, con l’impellente urgenza di non averlo più così vicino, di ristabilire le loro distanze. “…e di’ a tuo fratello che può venire a vedere il gatto quando vuole…”

Quindi scomparve verso il bagno e le stanze private, senza attendere un ringraziamento.

 

Acciaio si riaccomodò sul divano. Il micio gli zampettò contro, pronto a ricevere una buona dose di coccole.

Non s’era accorto di quanto fosse stanco. In fondo, era stata una giornata pesante, quella. Il viaggio per arrivare a East City. La prova annuale. La ristrutturazione del piazzale delle esercitazioni. Il vagabondaggio con Al, e poi da solo.

 

Per una volta, avrebbe ringraziato la sua buona stella per averlo messo sulla strada di quell’insopportabile Taisa. Bastava non farci l’abitudine, però.

Finché era sotto la doccia, poteva anche rilassarsi. Due minuti, comunque. Solo due minuti.

 

 

Mustang uscì dalla vasca da bagno quasi un’ora dopo. Era distrutto.

Lo scontro con Acciaio e il rifacimento della piazza senza l’uso dell’Alchimia erano stati massacranti. E forse s’era appisolato un po’, nel tepore dell’acqua calda.

Sbadigliando, tese l’orecchio. Dal salotto non proveniva alcun rumore.

Non si aspettava certo di sentire quel marmocchio chiacchierare animatamente col felino, ma sembrava non ci fosse più anima viva. Per fortuna.

A volte, gli uscivano strani pensieri su quel nanerottolo piantagrane. Pensieri pericolosi. Per la sua pace mentale, almeno.

 

Ad ogni modo, se n’era andato. Perciò il problema non si poneva neppure.

Uscì quindi con calma. S’asciugò con lentezza e precisione, poi s’infilò un paio di pantaloni del pigiama e si diresse scalzo in sala.

Le luci erano ancora accese.

Edward dormiva saporitamente, raggomitolato sul divano, e il gattino acciambellato contro di lui.

 

Roy stiracchiò le labbra, in un qualcosa che sapeva di tenerezza.

Prese un plaid leggero e li coprì, poi spense la luce.

 

Nella penombra che giungeva dal corridoio, cercò la bottiglia di vino da degustazione e il calice panciuto adagiati sulla mensola, prima di quel fuori programma.

Si sedette, sospirando, sulla poltrona davanti al sofà.

Era stanco, ma poteva regalarsi qualche minuto di pace.

Un raro momento, in cui quel vulcano alto un metro e uno sputo se ne stava zitto e quieto.

E a lui piaceva avere compagnia senza dover intrattenere nessuno.

Lo faceva sentire meno solo.

Verrà mai il giorno in cui desidererai stare con me... e non sul mio divano?

 

Finì anche l’ultimo sorso. Gli augurò una silenziosa buonanotte.

E se andò a dormire, dove il suo letto lo reclamava.

 

 

Fine

 

 

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

Note: è la prima volta che mi cimento in una raccolta e questo è il primo di tre capitoli. Ma non ne escludo altri, in futuro.

Il titolo è una locuzione inglese comunemente usata, che equivale al nostro ‘piove a catinelle’, ma il nostro Roy ci dà una valenza letterale, come abbiamo visto. ^___^

Poiché mi è stato chiesto, è bene chiarire (grazie, Desy!) che la scritta rossa iniziale sugli accenni yaoi riguarda anche le storie che sono catalogate shonen-ai, in quanto NON etero. Per precisa richiesta dell’amministrazione di EFP, applicata qualche anno fa, ma che molti, soprattutto tra i neofiti del sito, non sanno.

PS x Rizafromkeron: in SSS non ci vedo un rapporto d’amore tra Roy e Maes. Non era mia intenzione dare questa sfumatura. In questa particolare storia, li ho immaginati molto legati, come amici, quasi come fratelli. E credo si possa dire “Ti voglio bene, mi manchi” anche ad un amico, senza doppi significati. Accetto cmq la tua interpretazione e i tuoi leciti dubbi al riguardo.

Genesi della storia: l’episodio 13 è forse quello che ho visto più volte, finora. Mi piace particolarmente, che ci posso fare?! >.<
Però il finale è tristissimo, il gattino nella carrozzina che viene abbandonato, mentre il cagnolino trova una casa… da tempo ci pensavo, e ora mi sono divertita a dare corpo a quest’idea.


Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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