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Autore: Charlie__    10/11/2012    1 recensioni
Questa storia fa parte del mitico contest #lemilleeunafic indetto da quelle fantastiche e pazze di precipitiamo e Eve (andate a leggerle se non le conoscete!)
Le amo e le odio per avermi fatto pubblicare la mia prima storia in questo modo.
E' una Larry AU!
Buona lettura e siate clementi!
P.S. un abbraccio speciale a tutti quelli del #thegays, una setta meravigliosa.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando non si merita nulla

 

Quello che ti dicono nei primi anni di vita ti rimane impresso a fuoco sulla pelle.”

 

Che lavoro fai? Sembra che porti molti soldi” era la prima frase che si sentiva dire da chiunque lo incontrasse per la prima volta.
Lo irritavano domande del genere perché, oltre a non sapere realmente cosa facesse nell'AziendaNonSiPuòScherzare del suo patrigno, sembrava che tutti fossero interessati solo al suo conto in banca e al suo sedere.

Non che questo gli dispiacesse, in fondo aveva un gran bel fondoschiena, ma talvolta voleva qualcosa di più. Come una persona tutta sua da stropicciare per bene, ad esempio. Ma in fondo lui era Louis Tomlinson, Raccomandato Di Prima Categoria, Nullafacente e Sornione Sempreverde, almeno secondo la sua autodefinizione, e queste introspezioni cercava di tenerle alla larga il più possibile.
Chissà come però, quella mattina continuava a ripetersi una frase che qualcuno (forse il suo vero padre) doveva avergli detto quando era piccolo: “non ti meriti nulla e nessuno, stai zitto, idiota”.

Forse era vero che quello che ti ripetevano fin dall'infanzia ti rimaneva incastrato da qualche parte, a metà tra le orecchie e il cervello, pronto a uscire nel momento opportuno, ossia quello più catastrofico.

E Louis, questo l'aveva sempre ripetuto come fosse una canzone di Natale durante le recita di fine anno, proprio no, non si meritava un accidente di nulla.

Arrivato al lavoro verso le 11, guardò distrattamente le foto che Stan aveva pubblicato sul suo profilo Facebook e fece uno dei suoi soliti scherzetti al suo superiore, giusto per accattivarsi i suoi colleghi. Una puntina sulla poltrona, niente di speciale quest'oggi. Proprio non se la sentiva.

Verso l'ora di pranzo bussarono alla porta del suo ufficio. Doveva essere Nick con il suo panino, invece gli si parò davanti un ragazzo riccioluto, bello bello in modo assurdo.
“Ciao, sono Harry Styles. Nick è malato, così lo sostituisco io per oggi. Tu sei Louis, vero?”

Cercò di chiudere la mascella che improvvisamente si era spalancata alla vista del ragazzo e “sì, sono io” rispose, con un ghigno improvvisamente sinistro che gli solcava il viso.
“Sono felice di conoscerti, Nick non fa altro che parlare di te. Dice che abbiamo gli stessi gusti per il cibo e... beh, per molte altre cose.”
Allora era lui Harry The Soulmate, l'Harry di cui Nick non faceva altro che blaterare.

Chiacchierarono per circa una decina di minuti, Harry doveva davvero lavorare, ma quella sera si sarebbero visti al Central Perk, se Louis capitava in quella zona, ovviamente.

Senza saperne il motivo si ritrovò in quella caffetteria neanche cinque ore dopo, a parlare con Il Ragazzo Del Panino. Sembravano due che si conoscevano da una vita, e non due che si erano incontrati solo quella mattina.

Così quando Harry lo accompagnò a casa e salì nel suo loft con la scusa di assaggiare quel vino rosso di cui gli aveva parlato, Louis non si stupì di ritrovarsi con la lingua nella sua bocca e un'erezione innascondibile tra le cosce.
Ma i pensieri non possono essere cancellati, e lui fra tutti non aveva mai smesso di pensare (o parlare) e la frase a cui pensava da tutta la mattina si frappose fra i loro corpi.
Cercò di scacciarlo, di allontanarsi, perché non lo meritava, soprattuto non una così grande bellezza.

Ma Harry non se ne andava, rimaneva inchiodato lì dov'era, a metà strada fra le sue mutande e il suo cuore.
Allora forse non lo meritava davvero, ma quando Harry gli sfilò le mutande firmate per coprire la sua erezione con la bocca, quasi volesse mangiarsela, non riuscì neanche a emettere un suono diverso da “Oh!”, figurarsi pensare alla sua schifosissima infanzia.

Harry, con dei semplici occhi verdi, lo stava guarendo come se non avesse fatto altro nella vita.

Per tutto il tempo che passarono insieme, ovvero per tutta la vita, Harry non gli chiese mai che lavoro facesse. Forse non gli importava, forse Nick gli aveva raccontato tutto di lui.

Il suo ego immaginava i due seduti sul letto con in grembo un libro intitolato “Louis Tomlinson, istruzione per l'uso” a conversare ore e ore su le tecniche d'approccio.

Tutto questo non importava. Forse, come gli avevano detto, non lo meritava, ma questo Harry non lo sapeva, e in ogni caso non dette alcun segno di essersene mai preoccupato.

  
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