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Autore: Claa    11/11/2012    3 recensioni
La stanza era buia, l’umidità penetrante. Ad illuminare la scena una lampada, dalla luce fioca e costante. Un silenzio denso avvolgeva l’uomo e la donna seduti l’uno dinanzi l’altra, vicino a una scrivania in legno. Intorno solo un divano e scintillanti strumenti d’acciaio e, fuori, la tempesta.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Lana Winters, Mary Eunice
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A moment of truth between the lies

 
La stanza era buia, l’umidità penetrante. Ad illuminare la scena una lampada, dalla luce fioca e costante. Un silenzio denso avvolgeva l’uomo e la donna seduti l’uno dinanzi l’altra, vicino a una scrivania in legno. Intorno solo un divano e scintillanti strumenti d’acciaio e, fuori, la tempesta. Lei una suora, lui un dottore. Le loro voci soffuse carezzarono l’aria, mentre in un angolo oscuro un tubo gocciolava e l’acqua echeggiava lontana. Era il millenovecentosessantaquattro.
“Oh, suvvia” disse la donna d’improvviso, con timbro basso e tentatore. La sua mano si allungò sul copricapo nero e bianco, monacale, e lentamente lo sfilò. I capelli biondi, lucenti come fili d’oro, le ricaddero soffici su una spalla. Le labbra rosse – dello stesso rosso del sacro crocifisso che dal collo le scendeva fra i seni – piegate in un sorriso beffardo e profano. “Sai che se mi hai portato qui dentro è solo per potermi spogliare con gli occhi, e immaginare di succhiare queste mie tettine rosa…”
Il dottore era paralizzato, pallido d’angoscia e di disarmato stupore. “Non parlare così.”
“Avanti ragazzone, una delle piccole spose di Cristo è stata ridestata, non dal Signore, ma dal potere del sesso, della lussuria, del desiderio” sussurrò lei dolcemente.
Rispose lui, indignato e drammaticamente deluso, col tono superbo del dominatore: “Smettila!”. Nel volto, un’increspatura di dolore.
Sotto il suo sguardo severo e orripilato, la suora si fece spazio sulla scrivania e vi salì serpeggiando.
Intanto, occhi aguzzi e pazienti nelle tenebre brillavano e, all’erta, li osservavano.
“Puoi farmi quel che vuoi, non sprecare quest’opportunità” lo provocò, intanto che si adagiava e sollevava la tunica svelando la pelle casta e diafana, coperta da calze che ricordavano quelle indossate a Parigi da giovani e sporche prostitute.
Due, fra tutti gli occhi estranei in attesa, si posarono dunque su di lei, sulla sua carne, sulle sue gambe e quelle calze. Occhi come una bocca da sfamare, smaniosi di sapere e vedere fra quelle cosce, stregati da quei movimenti seducenti e ipnotizzanti al pari dell’andare e venire delle onde del mare.
Poi d’un tratto uno scricchiolio, un piede messo male, un colpo di tosse.
“Stop!” gridò qualcuno. “Pausa.”
La muta osservatrice sussultò, la recitazione s’interruppe. Era di nuovo il ventunesimo secolo, il duemilaundici, per la precisione, e Sarah non era più né una giornalista né lesbica.
Lily scese dal mobile lavorato per apparire d’antiquariato, recuperò il velo e s’incamminò verso di lei, schivando cameramen, stilisti e il resto della troupe al ritmo di un crescente trambusto. Una volta che le fu di fronte le porse le mani – Sarah le afferrò – e impaziente le chiese: “Ti sono piaciuta?”.
L’altra assentì, sincera. “Mi hai eccitata.”
La voce di Lily le giunse segreta. “Davvero?”. Nella penombra, i loro sguardi concatenati si toccavano privi di vergogna.
“Sì.”
La donna dai capelli sottili e chiari sembrò percorsa da un sentimento di fulgida commozione, e spinta da questo si chinò su Sarah – le mani ancora strette – e unì le proprie labbra alle sue in un bacio asciutto, delicato come seta e al sapore di fragola.
Durò due secondi, non un istante in più. Il tempo sufficiente a Ryan Murphy per scattare loro una foto con il suo moderno i-phone ultimo modello.
Sarah sbatté le palpebre, disorientata dall’abbagliante luce del flash. Lily protestò: “Non pubblicarla in nessun social network, per favore”. “Ma come?” “Promettimelo.” “E va bene” rinunciò l’uomo, sconsolato.
Lily riportò l’attenzione alla sua interlocutrice. “Andiamo a bere stasera, ti va?”
“Certamente.”
Si sorrisero.
I palmi dell’attrice scivolarono via da quelli di Sarah; le loro dita si sfiorarono prima di separarsi definitivamente. Lily si allontanò, la lasciò. Sarah rimase da sola con sé e con l’eco dell’emozione clandestina percepita nei confronti dell’amica. Emozione che si era destata nel buio dell’anno millenovecentosessantaquattro e dove, con ogni probabilità, sarebbe anche stata sotterrata.
La giornata per lei era finita. Alzandosi senza fretta prese il cappotto, salutò e, un po’ più stanca, fece ritorno a casa.





Note dell'autrice:
Come avrete capito, i protagonisti di questa storia sono gli attori - nello specifico Sarah Paulson e Lily Rabe - e non i personaggi del telefilm. Avevo pensato di avvertire prima che iniziaste a leggere, ma poi mi sono detta che così facendo vi avrei tolto tutto il divertimento. So che la scelta della coppia è insolita e che nella realtà fra le due non esiste un'attrazione talmente forte, però un pomeriggio, vagando su internet, sono incappata in alcune foto che lasciavano intuire fossero divenute amiche e da quelle ho tratto ispirazione. Ora mi auguro che il risultato sia stato di vostro gradimento. Un ringraziamento spetta inoltre ad Elisa, che incredibilmente, dopo anni e anni, ancora non si è stancata di visionare i miei scritti. A presto!

  
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