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Autore: NothingNeko    12/11/2012    0 recensioni
E' un'anima persa, solo un'ombra in grado di muoversi per conto suo in un mondo di persone capaci di sorridere e vivere di semplici cose.
Troppe domande, davvero poche le risposte.
Annullandosi alla vita è così, Andrew. Spento, vuoto, insignificante.
E se il Fato gli desse una seconda possibilità? Se qualcuno piombasse nella sua vita di punto in bianco? Un qualcuno completamente diverso da lui? Una persona vitale, energica, sorridente? Una persona che lui stesso non è in grado di “leggere”?
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Can I ask the meaning of love?
- prologo -


Chiedersi il perché della propria esistenza potrebbe rivelarsi una cosa piuttosto banale, chiederselo in un preciso momento della propria vita oppure senza un motivo vero e proprio, anche per noia o curiosità.
Una cosa normale che ogni essere umano è capace di fare.
Dalla signora anziana che spazza il viale di casa la mattina al vigile urbano che pigramente sbadiglia prima di iniziare a svolgere il suo lavoro. Tutti, chi dalla vita più movimentata a chi invece vive di semplicità e noie è capace di farsi tale domanda.
Forse addirittura gli animali lo fanno. Il cane si chiederà mai perché ama così tanto masticare giocattoli di gomma? Che senso ha per lui stare accanto al suo padrone, gentile o incurante che sia?
Che sia una cosa altrettanto normale domandarsi il perché di tutto? Sin dalla più tenera età?

Pure questo si domanda Andrew da mesi, anni. Tutto era iniziato con un semplice oggetto, una forchetta per la precisione, quando aveva sei anni: “Ma da dove viene? Quando è stata creata? E perché? Solo per mangiare o anche per grattarsi?” Erano state queste le domande che diedero vita ad una lunga serie di ricerche. Il tutto proseguì con oggetti banali e dall'utilizzo giornaliero o domestico fino a toccare le modalità di accensione di un motore oppure da cosa sia composto un computer portatile.
Tante, troppe domande.

Ma il senso della sua vita, era forse il perché più ricercato. E anche quello a cui non vi era data ancora una risposta; la sua vita non si era mai stata interessante, lui stesso non era interessante.
Nato in un famiglia normale di quattro individui, lui era l'unica pecora nera.
Madre casalinga, media altezza, capelli biondo cenere e occhi verdi.
Padre imprenditore, alto e biondo, occhi azzurri.
Fratello maggiore, alto quasi quanto il padre e dagli occhi altrettanto azzurri.
Mentre invece lui, più piccolo del maggiore di quattro anni, neanche in grado di toccare i 165 centimetri di altezza, capelli neri e in disordine a ricadergli, a ciuffi, sugli occhi grigi e spenti. Una macchia d'inchiostro in ogni singola foto di famiglia, lui che stonava anche solo con la sua presenza.
Si era pure chiesto più volte se per caso fosse stato adottato. Ma la risposta di suo padre lo aveva deluso a dovere: E dire che ci sperava. Sarebbe stata una consolazione sapere che quella sua diversità fosse dovuta ad un dna differente da quello dei suoi presunti genitori.
Purtroppo per lui, mamma e papà erano quei tizi inglesi e dai capelli chiari che al momento chiacchieravano in modo vivace con il receptionist dell'albergo nella quale avevano fatto una
prenotazione nel periodo invernale. Tutta la famiglia era volata a Engelberg, Svizzera, durante le vacanze come meritata pausa da lavoro e studi su decisione di madre, padre e fratello armato di Snowboard e voglia di neve.
Lui invece seduto su uno dei divanetti della hall dell'albergo, sbuffando e affidandosi alla riproduzione causale del suo mp3 nella speranza che questi gli desse una canzone abbastanza motivante per uscire ed andare a sciare. O almeno, imparare a farlo.
Purtroppo non era mai stato una persona attratta dall'attività fisica. Come unico hobby amava osservare, incapace di entrare in azione con il mondo attorno a se e interagirci in modo appropriato. Stessa cosa valeva con le persone. In passato era riuscito a farsi degli “amici” tra i compagni di scuola ma alla fine la cosa non andava mai in porto; forse era la sua aria cupa e tenebrosa a spaventare gli altri. Non che lui fosse costantemente arrabbiato, anzi, era solamente apatico. Era capace di ridere, ma non lo faceva da un sacco di tempo, non ne aveva semplicemente la possibilità. Non con tutti quanti che si allontanavano lentamente da lui.
Non che la cosa alla fine gli interessasse pienamente.
Che motivi avevano per tenersi un amico del genere? Alla fine non poteva che giustificarli dando la colpa a se stesso e alla sua, come lui amava chiamarla, “assenza di significato”.
Per Andrew, la sua esistenza era diventata un caso senza risposta. Un involucro vuoto che cercava il senso delle cose non potendo trovare il senso della sua vita.
Quello che era in grado di fare era vivere la giornata osservandosi attorno. Cose, animali, persone.
Sopratutto le ultime.
Nonostante avesse diciassette anni, il suo interesse era quello di prevedere, immaginare, o meglio studiare ogni singola persone con cui aveva a che fare ogni giorno della sua vita. E se i conoscenti venivano esaminati da capo a piedi, era il turno dei perfetti sconosciuti.
E lui odiava ritrovarsi in mezzo alle folle, figuriamoci in un impianto sciistico.
Costretto a schiodarsi dalla sua calda poltroncina, indossando la tuta e gli scarponi da neve, seguì la parlantina allegra di suo padre che guidava il gruppetto familiare di quattro persone verso le piste da scii.
Aveva immaginato suo fratello, Alex, iniziare a sbraitare sul fatto di voler essere lasciato libero per le piste con la sua tavola da snowboard e così era stato. Aveva pure previsto il padre insistere nell'obbligarlo a stare insieme a genitori e fratello, e infine previsto pure la madre premurosa persuadere il marito permettendo così a entrambi i figli maschi di girovagare liberi e indisturbati in una fredda, e dannatamente piena di neve, località della Svizzera.
Dove andare, cosa fare.
Di certo andare al corso di scii sarebbe stata una pessima idea: In mezzo a bambini dai 6 anni in su e senza nemmeno la voglia di fare, o almeno di esserci. Un disastro. Semplicemente un disastro.
Ecco perché, nascondendo la sua capigliatura spettinata sotto ad un cappello di lana scuro, con entrambe le cuffie nelle orecchie, trascina i suoi scii il più lontano possibile dalla sua famiglia, in quella che crede una zona tranquilla e poco affollata ma che, non appena svoltato l'angolo di alberi, si dimostra l'uscita di una discesa piuttosto ripida e pericolosa.
Per una volta in cui non era stato attento ai cartelli attorno a se, il caso aveva deciso di rendere la vacanza alquanto vivace; iniziando con l'essere travolto in pieno da un turista qualsiasi finendo così a muso a terra e gambe all'aria. 

  
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